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giovedì 25 febbraio 2016
Franco Astengo: Democrazia governante e rappresentanza politica
DEMOCRAZIA GOVERNANTE E RAPPRESENTANZA POLITICA di Franco Astengo
La decisione del tribunale di Messina di rinviare alla Corte Costituzionale la nuova legge elettorale “Italikum” nelle sue parti fondamentali apre ufficialmente la necessaria battaglia politica di contrasto verso un fattore fondamentale della costruzione in Italia di un sistema politico fondato su di un decisionismo autoritario personalistico e sulla logica della “dittatura di una minoranza relativa”.
Un processo che dura ormai da molti anni e che, in questa fase, i cultori della governabilità come sola essenza possibile di un sistema politico intenderebbero rendere irreversibile forzando le tappe anche attraverso una vera e propria “deformazione costituzionale” attraverso la quale la possibilità dei cittadini di esprimersi in materia di rappresentanza risulterebbe drasticamente ridotta da tutti i punti di vista.
La questione del rapporto fra quella che è stata definita “democrazia governante” (fallacemente introdotta attraverso la costruzione del soggetto politico “a vocazione maggioritaria”) e la rappresentanza politica non è però limitata al “caso italiano”, ma è ormai inserita nell’agenda del dibattito politico a livello europeo.
Ne è esempio la recentissima uscita del saggio di Pierre Rosanvallon dal titolo “Le bon gouvernament” (Seuil) laddove l’autore pone un tema di assoluta valenza strategica sul piano della dimensione politologica” : “ I nostri regimi possono essere considerati democratici, noi però non siamo governati democraticamente”: un paradosso che a prima vista rappresenta una irrisolvibile aporia.
L’autore di “Controdemocrazia, la politica nell’era della sfiducia”, asserita l’impossibilità dell’autogoverno, propone che “ per diventare davvero responsabile l’esecutivo deve essere sottoposto a valutazioni più frequenti, a un controllo continuo da parte della gente comune. Così si evitano le derive autoritarie o populiste”.
Rosanvallon in un passaggio coglie anche un altro aspetto decisivo: “ la necessità di anteporre la decisione all’elaborazione della norma e la mediatizzazone portano a focalizzare l’attenzione sugli uomini più che sulle idee”.
E’ chiaro l’accenno alla personalizzazione della politica come elemento atto a favorire cesarismo e populismo.
Sia permesso però , a questo punto, obiettare attorno a un altro tema di fondo: nell’analisi , concretamente pessimistica, di Rosanvallon manca la ripresa del concetto di rappresentanza politica e della sua piena espressione a livello di assemblee elettive.
Il nodo del governo è infatti quello della sua derivazione parlamentare, in una assise effettivamente rappresentativa delle sensibilità politiche organizzate presenti in un Paese.
Sensibilità politiche organizzate (torna qui il tema del partito) espressione di idee da confrontare proprio nella sede dell’espressione di rappresentanza.
Si riprende allora, a questo punto, il tema trascurato della legge elettorale da intendersi come cardine del sistema politico.
Il tema della legge elettorale risulta, così, strettamente collegato a quello di presenze politico-istituzionale in grado di confrontare l’elaborazione di “progetti di sintesi” .
Ripercorriamo velocemente le caratteristiche dei due principali sistemi elettorali: il maggioritario (nella cui direzione ci si è rivolti, in Italia, al fine di costruire un artificioso bipolarismo).
L’idea del maggioritario è stata frutto, al momento dell’implosione del sistema politico nei primi anni’90, di una vera e propria “ubriacatura ideologica”, strettamente connessa all’ondata liberista: non si sono avuti risultati sul terreno della frammentazione partitica e su quello della stabilità di governo (sono, forse, diminuite le crisi formali ma di molto accresciute, se guardiamo anche alla stessa fase più recente fibrillazione come è stato nel caso delle Unioni Civili).
Ritorno su temi già abbozzati in principio di questo intervento: il maggioritario ha aperto la strada allo svilimento nel ruolo delle istituzioni, alla crescita abnorme della personalizzazione , alla costruzione di quella pericolosissima impalcatura definita “Costituzione materiale” attraverso l’esercizio della quale si tende verso una sorta di presidenzialismo surrettizio, all’allargamento del distacco tra istituzioni e cittadini.
Il varco, quello della surrettizietà di un presidenzialismo “de facto” e non di diritto che ha aperto la strada alla controffensiva in atto oggi proprio rispetto alle già citate “deformazioni costituzionali” e alla legge elettorale “Italikum”.
Il sistema proporzionale è stato accusato di rappresentare, nel passato recente della storia d’Italia, il veicolo di quel consociativismo considerato l’origine di tutti i mali del sistema politico, inefficienza e corruzione “in primis”.
Preso atto di tutto ciò va colta, in questo frangente, l’occasione per esprimere una valutazione di fondo favorevole al sistema proporzionale: il proporzionale, infatti, rappresenta un sistema fondato necessariamente sul ruolo dei partiti, quali componenti fondamentali di una democrazia stabile, inoltre lo scrutinio di liste esige, necessariamente, un diverso equilibrio tra le candidature, affrontando così il tema del decadimento complessivo della classe politica.
Interessa, però, soprattutto il legame tra sistema elettorale e struttura dei partiti.
E’ questo il punto fondamentale del discorso che intendiamo sostenere in questa sede: emerge l’esigenza di una ridefinizione della soggettività politica che, proprio alla presenza di un’articolazione così evidente nelle richieste della società , produca reti fiduciarie più ampie e meno segmentate, più aperte verso le istituzioni.
Una qualità di espressione della soggettività politica in grado di essere considerata produttrice e riproduttrice di capitale sociale, di allentare la morsa del particolarismo dilatando anche le maglie delle appartenenze locali e rilanciando il “consolidamento democratico”.
Sarà su questo punto che potrà essere affrontato il dilemma che il testo di Rosanvallon pone con così grande urgenza e acutezza: il voto quale espressione di convinzioni politiche, di intreccio tra l’appartenenza e l’opinione risulta ancora essere lo strumento più adeguato per far sì che il governo della società complessa risulti essere frutto di una spinta sociale di piena espressione democratica.
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