giovedì 25 febbraio 2016

Felice Besostri: Quale Europa? Crisi evidente

Quale Europa? Crisi evidente Non c’è e non ci sarà accordo sulla questione dei migranti e la Brexit, comunque vada a finire, minerà la credibilità dell’UE. L’unico aspetto “positivo” potrebbe essere il ritardo nell’approvazione del TPPI, ma un ritardo non è accantonamento. di Felice Besostri Una delle prime cose che si insegnano è che uno Stato, vale anche per quelli federali, per esistere deve avere un popolo, un governo e un territorio. La UE, che non è uno Stato federale, ha certamente un territorio, peraltro non soggetto alle stesse leggi, perché l’adesione alla UE di Danimarca con la Groenlandia, Gran Bretagna e Repubblica d’Irlanda, prevede deroghe, ma soprattutto netta è la distinzione tra i paesi, che hanno una moneta comune e gli altri membri della UE (Capo 4 del Titolo VIII° TFUE). Il popolo non è costituito dalla sommatoria aritmetica dei possessori della cittadinanza UE, ma dal convincimento di appartenere ad una comunità con istituzioni e valori condivisi. Nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 è detto “Un paese che non conosce la garanzia dei diritti e la divisione dei poteri non ha una costituzione”: l’Europa non ha una garanzia dei diritti rimessa direttamente all’iniziativa giudiziaria dei cittadini, se non in limitati casi, quindi non ha una Costituzione. Se non c’è una Costituzione non può esserci un popolo. Eppure le premesse c’erano e ci sono e stanno tutte scritte nei Trattati istitutivi di cui ho allegato ampi estratti. Mi riferisco in particolare al Preambolo e ai titoli I° e II° del Trattato sull’Unione Europea (TUE) , al Titolo II° della Parte Prima del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) e alla Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE (CDFUE). I principi sono chiari, ma sulla carta. A volte basta un piccolo inciso per poter stravolgere il significato come quando parla di “un'economia sociale di mercato fortemente competitiva” (art. 3 c.3 TUE), ma per scelte politiche il competitivo ha prevalso sul sociale. Crescita economica equilibrata e stabilità dei prezzi stanno nello stesso articolo 3 TUE, ma ancora una volta è la politica che decide se debba prevalere la stabilità dei prezzi o la crescita economica, che potrebbe richiedere un certo tasso d’inflazione: invece ora il pericolo deriva addirittura dalla deflazione. La politica d’austerità ha provocato reazioni nazionaliste prevalentemente di stampo demagogico populista con tratti xenofobi, ma anche sinistra non ne è immune, quando una critica fondata all’euro si traduce in una proposta di uscita dall’UE. Nel breve periodo non escludo che ritrovare la sovranità monetaria possa avere benefici effetti congiunturali, sempre che non peggiori la valutazione dei nostri titoli di Stato da parte delle agenzie internazionali di rating , con il conseguente aumento del nostro debito pubblico causa l’aumento dello spread tra i nostri BTP e i Bund tedeschi ( mi scuso per l’uso di termini stranieri, cui ormai assegniamo un significato negativo: basta pensare a jobs act e a stepchild adoption o all’ossessione per la governance, che in italiano si traduce in “Renzi per sempre”, cioè for ever). Sono convito che la UE abbia molto difetti, ma la risposta dovrebbe essere un’altra costituzione europea e non la rinazionalizzazione della politica, particolarmente esiziale per una sinistra che una volta cantava “ avanti popolo non più frontiere, stanno ai confini rosse bandiere”, quella che ormai è la strofa dimenticata di Bandiera Rossa. Come sarebbe possibile invertire la rotta quando la realtà non corrisponde all’ideale normativo: dove sono “. I partiti politici a livello europeo” che “contribuiscono a formare una coscienza politica europea e ad esprimere la volontà dei cittadini dell'Unione.” delineati dall’art. 10 c. 4 TUE? Sono quelli che in esecuzione dell’ articolo 224 TFUE beneficiano degli ingenti finanziamenti sul bilancio UE, ma senza assolvere alla funzione loro attribuita dai Trattari europei. Se esistessero dei partiti politici europei il socialdemocratico slovacco Robert Fico, primo ministro dal 2012 e membro del PSE, non si sarebbe fatto promotore della resistenza degli Stati del Gruppo di Visegrád (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria) a un qualsiasi accordo sull’accoglienza dei migranti, accodandosi al reazionario Viktor Orbán, primo ministro ungherese dal 2010 e membro del PPE. Se esistessero dei partiti politici europei i socialdemocratici danesi, all’opposizione, non avrebbero votato il prelievo forzoso dei richiedenti asilo. Non voglio per rispetto del partito socialista austriaco, SPÖ, indicare tra i reprobi l’austriaco Werner Faymann, Cancelliere dal 2008, anche perché l’Austria, con la Germania, è stato uno dei paesi più accoglienti nel punto più alto dell’emergenza profughi. Il Gruppo di Volpedo, voce isolata nel panorama della sinistra italiana, aveva prefigurato proprio nel suo documento fondativo la trasformazione del PSE in un partito transnazionale e federale la chiave per una rinascita o risorgimento socialista in Europa. Purtroppo non abbiamo personaggi come Brandt, Kreisky, Palme, Mitterrand, González, Soares e anche il nostro Craxi, nei suoi momenti migliori, al vertice del socialismo europeo. Comunque dobbiamo ripartire dal federalismo europeista socialista di Eugenio Colorni e Ignazio Silone, comprese le utopie degli Stati Uniti Socialisti d’Europa del laburista Harold Laski. Prima o poi la sinistra tutta dovrà convergere su questa posizione cioè di un’integrazione più stretta dell’Europa grazie a più democrazia e partecipazione cittadina. Ne colgo il segno nella proposta, non per caso fatta a Berlino, dall’ex ministro delle Finanze del primo Governo Tsipras, Gianīs Varoufakīs. Un progetto che per avere gambe ha bisogno che tornino alla ribalta e al potere partiti come la SPD in Germania e il PS in Francia, con un’altra leadership e altri programmi. Al rinnovamento socialista in Europa possono dare un contributo i socialisti portoghesi e spagnoli e il Labour Party, come costituisce un segnale il successo di Bernie Sanders nelle primarie democratiche USA.

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