lunedì 6 luglio 2015

Franco Astengo: lo scenario sbagliato

LO SCENARIO SBAGLIATO? Senza alcuna intenzione di costruire dietrologie improprie o andare alla ricerca di improbabili complotti internazionali, purtuttavia lo scenario sul quale stanno agendo gli attori del post-referendum greco sembra proprio non essere quello reale. Troppo semplice, infatti, pensare alla riapertura della trattativa così come questa era stata lasciata al momento della rottura pre-votazione e per il buon esito della quale lo stesso ministro delle finanze Varoufakis ha rassegnato le dimissioni, togliendo di mezzo una sorta di ostacolo già indicato dalle controparti. Il voto greco, infatti, presenta due duplici aspetti fino a questo momento scarsamente valutati dagli analisti e dai “columnist” dei media più importanti, sui quali però sarebbe bene riflettere. Il primo dato è quello dell’indicazione che viene proprio dall’esito delle urne in Grecia di un rifiuto di ulteriore cessione di sovranità nazionale. Questo elemento era già venuto fuori in diverse altre situazioni ogni qual volta si è andati a chiedere direttamente alla totalità di un elettorato nazionale una scelta riguardante l’Europa. Appare evidente che l’esito dell’apparente cessione di sovranità avvenuta negli anni scorsi e conclusasi non nella determinazione di una nuova soggettività politica sovra nazionale, ma nell’acquisizione di ulteriore potere da parte di soggetti non eletti democraticamente che rispondono, nel loro operato, a movimenti dettati dal puro egoismo finanziario in favore dei più forti sia risultato un esito disastroso che ha influito moltissimo sugli orientamenti di massa. Orientamenti di massa fortemente condizionati e modificati nella loro capacità d’espressione dagli esiti, drammatici, della gestione del ciclo capitalistico verificatasi nel corso degli ultimi anni a partire dalla “bolla” USA del 2007 e dell’affacciarsi della Cina come potenza economica sullo scenario mondiale. Un mutamento complessivo di equilibri che, nella vecchia Europa, ha causato un vero e proprio impoverimento complessivo tale da determinare un mutamento profondo nelle condizioni di vita degli stessi ceti intermedi che sono stati sottoposti, prima ancora di un processo di proletarizzazione, a un vero e proprio fenomeno di “smarrimento sociale” determinato non soltanto dalle mutate condizioni di vita (nel senso della creazione di ostacoli al proseguimento della logica del consumismo individualistico) ma anche dal presentarsi di una contesa inedita, sul terreno della difesa del proprio benessere, da parte di concorrenti fino a quel momento ignoti, com’è stato nel caso degli immigrati e delle delocalizzazioni industriali (anche all’interno della stessa Unione Europea, da Ovest verso Est, in Romania, Polonia, ecc, oppure dalla Finlandia verso la Germania). Si sono così costruite le condizioni per quell’allargamento delle diseguaglianze che ha aperto la strada, sul piano politico, a una serie di rivendicazioni immediate che hanno trovato sfogo nella crescita di movimenti populisti o più semplicemente avversari dichiarati e inconciliabili dei protagonisti politici degli establishment che avevano retto le sorti dei paesi europei nella fase immediatamente seguente alla caduta del muro. Queste certamente sommarie indicazioni, confermate dall’esito del voto greco, indicano come risulti del tutto utopica e dal debolissimo consenso sociale la via di una richiesta di accentuazione nei caratteri di una “Europa politica”, non soltanto per via dell’opposizione evidente degli attuali reggitori dell’impostazione monetarista ma soprattutto per la sua inattualità rispetto a un’ulteriore cessione di sovranità dello Stato – Nazione che si verificherebbe del tutto “al buio”. Per la sinistra europea, della quale non s’intravedono i tratti all’orizzonte, questo dato dovrebbe essere assunto per una riflessione riguardante gli elementi di condizione materiale di vita delle classi subalterne, la complessità delle contraddizioni sociali moderne e post-moderne, l’esigenza di adottare una strategia di proposta di cambiamento unitaria guardando oltre la punta delle proprie scarpe (come fa, invece, il governo italiano) ed elevandosi a una visione internazionalista che può trovare, in questo momento, applicazione in una dimensione di tipo sovranazionale. E’ necessario muoversi a questo livello soprattutto perché lo scenario di fondo, come si accennava all’inizio, è ben diverso da quello così ristretto che è stato definito nel corso di quest’ultima crisi cui il voto greco ha posto un provvisorio suggello. Lo scenario, infatti, non è quello europeo ma quello di un rinnovato confronto a livello globale tra le due maggiori superpotenze, USA e Russia. Un confronto che appare direttamente presente quale fronteggiamento militare in alcune delicatissime zone del mondo (Ucraina, manovre NATO nel Nord Europa, minaccia di un nuovo schieramento missilistico nel cuore del vecchio Continente) e per interposti soggetti nella vastissima area compresa tra l’Asia Centrale e l’Africa sub-sahariana: zona nella quale le azioni condotte dagli USA come sola potenza e dalla ripresa di vocazione coloniale di alcuni stati europei (in particolare la Francia che, in questo caso, non ha proprio ceduto alcun pezzetto di sovranità e la Gran Bretagna) hanno scoperto il vaso di Pandora e l’otre di Eolo dei fondamentalismi terroristici provocando anche il dissolvimento di intere entità statuali (torna anche in questo caso il discorso sulla realtà politica dello “Stato – Nazione” in questa fase). Al riguardo dell’Europa probabilmente verrà al di fuori tutto lo spessore dell’allargamento a Est attraverso la richiesta (già avanzata da Obama nel corso del suo recente viaggio a Berlino sulle orme di quello “storico” di J.F. Kennedy) di un allineamento il più possibile pedissequo all’ordinamento atlantico. Con tanti saluti all’autonomia europea. Nel corso della stessa vicenda greca (a questo punto marginale rispetto a un possibile scenario reale imperniato sulla centralità del confronto bipolare) si sono avuti segnali importanti sotto quest’aspetto, attraverso il botta e risposta tra JP Morgan (uscita della Grecia dall’Euro) e la Russia (pronta disponibilità ad accogliere il paese ellenico, decisivo per l’affaccio al Mediterraneo sia per la Russia, sia per la Cina, nel proprio ambito). Mancano a quest’analisi molti elementi per essere completa (soprattutto rispetto allo scenario globale al riguardo del ruolo degli ex-BRICS) ma da queste indicazioni può emergere la necessità di “cercare ancora” nell’insieme delle relazioni geopolitiche mondiali. Un “cercare ancora” che risulterebbe già, nella confusione generale, un’indicazione importante.

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