domenica 1 febbraio 2015

Francesco Somaini: La lettura bersaniana dei fatti recenti e la vera natura del renzismo

La lettura bersaniana-vendolian-gotoriana di un Renzi che, costretto dalla fermezza della minoranza PD (e di SEL) e dall'esigenza di impedire la rottura del suo partito, finisce per capire la necessità di una svolta a Sinistra, e rompe il Patto con Berlusoni portando Mattarella al Quirinale (ricompattando con ciò il suo partito ma anche mettendo di fatto in discussione il percorso riformatore portato avanti fin qui assieme a Verdini) mi convince assai poco. Anzi per nulla. Più solida mi pare l'analisi svolta da Michele Prospero nella bella relazione introduttiva (di solido impianto gramsciano) tenuta ieri all'assembela del Network per il Socialismo Europeo. Renzi, secondo questa lettura, o almeno secondo l'interpretazione che io ne ho dato, si muoverebbe con abilità e spregiudicatezza in un quadro politico dominato da uno sfarinamento sostanziale di tutti i partiti e da un diffuso fenomeno di "trasformismo molecolare", per cui singole personalità politiche, singoli parlamentari o piccoli gruppetti - come i Montiani, gli amici di Migliore, i dissidenti grillini, i socialisti di Nencini, interi pezzi del suo partito fino a ieri suoi avversari dichiarati, ed altri ancora - si incorporano singolarmente nella sua clientela politica, consentendo a quest'ultimo di operare come un vero e proprio "dittatore parlamentare" di tipo ottocentesco, capace di modulare le sue scelte politiche sulla base delle convenienze tattiche del momento. In un quadro del genere, uno come Renzi, indubbiamente dotato di una notevole capacità di movimento (proprio in virtu' della sua grande spregiudicatezza) può dunque compiere con la più assoluta disinvoltura (ma potremmo anche dire con improntitudine) improvvise virate a Sinistra così come repentini sbandamenti di segno opposto, rimanendo comunque in sella, e restando il "dominus" del gioco politico (che è poi ovviamente il suo fine principela). Il punto però è che il senso di fondo della politica renziana, al di là delle virate tattiche, resta comunque di tipo essenzialmente reazionario proprio perchè, essendo una politica incentrata sul fine della costruzione e della perpetuazione del suo ruolo di "dominus", essa è costitutivamente orientato ad una progressiva e drastica riduzione degli spazi di democrazia e ad una compressione del potere di scelta dei cittadini). Non solo, tale politica, con la sua valenza intrinsecamente autoritaria, è evidentemente funzionale anche a precisi interessi economico-sociali, ed è quindi orientata a Destra anche su quel versante, per esempio nella disarticolazione dei corpi intermedi, nell'attacco frontale al sindacato, nell'inseguimento di ricette di politiche economico-sociali di sapore reaganiano o tatcheriano), Da tutto ciò ne deriva che l'apertura a Sinistra di Renzi, di cui tanto sembra gioire Bersani, in questo garrulamente seguito da Vendola ed altri, non può essere nulla più un'abile mossa tattica. Strategica è invece l'opzione del "partito unico della nazione" e dunque del patto con Berlusconi: che per il momento, in attesa di sviluppi futuri, continuerà a reggersi sul principio del "soccorso azzurro" in cambio di inconfessabili favori (vedi la famosa manina sull'articolo 19 bis). Tutto questo - è ben vero - non esclude che se Mattarella dovesse davvero dimostrare di avere quella "schiena diritta" che gli si attribuisce, la sua presidenza non possa rivelarsi un intralcio rispetto alla tranquilla navigazione del "dittatore parlamentare" verso il consolidamento del suo "dominatus". Se ad esempio Mattarella si dovesse davvero discostare dallo stile debordante, invasivo e manipolatorio del suo predecessore (di fatto il grande architetto di tutte le larghe intese), e fissasse qualche serio paletto contro la manominissione troppo disinvolta della Costituzione, potrebbero anche prodursi scenari che lo stesso Renzi potrebbe non essere in grado di controllare. Vedremo. Intanto, però, non sarebbe male pensare a costruire a Sinistra un aggregato politico serio e credibile, che ridia sovranità ai cittadini e che sappia essere davvero vicino ai più deboli. Una Podemos italiana insomma.

16 commenti:

salvatore ha detto...

Francesco Somaini, hai interpretato molto bene il mio pensiero. Con il post che ho scritto ieri volevo proprio sottolineare che questa mossa tattica di Renzi (che però, consentimi, è comunque dettata da alcuni mutamenti nel quadro politico che Renzi ha dovuto subito "assorbire") lascia aperte alcune possibilità per noi, fermo restando il giudizio sul personaggio Renzi.


Il compagno Franco Astengo mi dice che sono "ottimista". Forse ha ragione, però preferisco sperare che nella sua spregiudicatezza Renzi abbia commesso un errore di valutazione piuttosto che considerare definitivamente chiusi i giochi: a volte la storia ha molta più fantasia di noi che la viviamo senza comprenderla appieno.


Però adesso è il momento di passare a delle proposte politiche concrete, dobbiamo parlare alla gente, altrimenti quei pochi spazi di democrazia che potenzialmente ancora ci sono li faremo atrofizzare, e ci estingueremo da soli.

E questo lo dico soprattutto ai compagni di SEL: siamo in parlamento, possibile che non abbiamo la capacità di fare proposte? Ad esempio, sulla scuola stiamo subendo la "buona scuola" di Renzi, ma noi che proponiamo, a parte la LIP, che, per quanto condivisibile al 100%, è comunque inefficace rispetto ai punti di cui si discute oggi? Ecco. la mia preoccupazione, da iscritto a SEL, è che non vedo una vera linea politica, ma solo risposte tattiche, più o meno valide, alle mosse di Renzi.

felice ha detto...

Basta poco per sostituire speculazioni e congetture con certezze: se la revisione della Costituzione prosegue con la terza lettura e se l'Italikum viene approvato prima delle elezioni di maggio Bersani ha torto. Resta il fatto che di costruire un'alternativa A sinistra del pd è COMPROMESSA, PERCHé IL SUO COLLANTE ERA L'ESISTENZA DI UN PATTO DEL NAZZARENO. Se il patto non c'è più si farà un accordo col PD per le regionali, come in Calabria o in Emilia Romagna, per non parlare di Province e Città metropolitane. Gli eletti a sinistra del PD, ma col PD avranno 5 anni di tempo per passare in gran parte nel PD. Si accettano scommesse.

Felice C. Besostri

maurizio ha detto...

Con l'elezione a PdR di Sergio Mattarella è nato ufficialmente il Partito della Nazione, che va da SEL al NCD e a settori consistenti di FI. Il buon Bersani esulta dimostrando per l'ennesima volta la sua totale insipienza politica. Berlusconi è di fatto all'angolo, ma resto convinto che ci sia ancora spazio per trattative non politiche ma con altri contenuti (le reti televisive, innanzi tutto). Il vero dominus della scena politica è Renzi, che ha condotto il gioco con indiscutibile capacità anche se talvolta mi sembra un buon pugile fronteggiato soltanto da degli sparring partner. E' vero che Mattarella ha fama di uomo rigoroso e sicuramente sarà meno spregiudicato e debordante di Napolitano, ma quando si è eletti da una maggioranza così ampia ci si può al massimo limitare a qualche rilievo formale. Del resto un PdR interventista non era più necessario, anzi rischiava ormai di essere soltanto fastidioso. Quella che è andata al di là di ogni mia previsione è stata l'ansia di Vendola e di SEL di correre in soccorso del vincitore, come diceva ai suoi tempi Ennio Flaiano.
Credo che a questo punto ogni residua illusione nei confronti di SEL e della cosiddetta sinistra del PD vada definitivamente abbandonata (personalmente l'ho fatto da parecchio tempo) per realizzare, con tutte le difficoltà del caso, un'opposizione di sinistra che sia quanto meno credibile.
Maurizio Giancola

luigi ha detto...


Podemos !!!... se si riesce a fare lavoro umilmente lavoro di
squadra ... nei rispettivi territori ... ma ne dubito.
Luigi Fasce

felice ha detto...

La dinamica istituzionale è più forte degli attori. Il Partito della Nazione è nato. Renzi è una figura chr incarna e combina il dittatore parlamentare, del tipo Giolitti, con quella del leader carismatico populista. Il parlamento non esiste più e una Presidenza della Repubblica notarile e garantista non può fare da contrappeso ad un primo ministro che con il premio di maggioranza alla lista è come fosse eletto direttamente. Per la prima volta, ma nella Costituzione materiale i precedenti contano, nella storia repubblicana il governo ha governato la legge elettorale, e la revisione costituzionale estromettendo il Parlamento e i parlamentari dalla stressa scelta del Presidente della Repubblica. Cosa si vuole di più. Paradossalmente un un conoscitore della Costituzione cercherà di ridimensionare un ruolo presidenziale ipertrofico. Questo sarebbe un bene se ci fosse un parlamento di eletti e non di nominat. lA CARTINA DI TORNASOLE SARà IL TEMPO CHE LA CAMERA IMPIEGHERà PER APPROVARE LA TERZA E DEFINITIVA LETTURA DELL'iTALIKUM. e' OVVIO CHE IO SPERI DI AVERE TORTO E TU RAGIONE.


Felice C. Besostri

sergio ha detto...

Mi pare che non venga colta la questione della mancanza di quadri di qualità dell'area comunista o socialista al di sotto dei 45 anni in grado di rappresentare una nuova classe dirigente per una buona politica.
Sergio Tremolada

paolo ha detto...

Concordo completamente con l’analisi di Francesco (e, attraverso lui, di Michele Prospero). Forse Francesco ricorda che lo pensavo anche in estate, e la svolta autunnale del Matteo, che pareva aver scelto la destra senza se e senza ma, mi aveva molto stupito. E concordo anche col giudizio di Salzano su Mattarella. (Mi infastidiscono le santificazioni a cui stiamo assistendo, ma gli riconosco proprio i tratti positivi che Salzano sottolinea).

Ma la qualità della politica prodotta dai maggiori attori dipende anche dalla qualità dei gruppi che ad essi fanno, o dovrebbero fare, contrappeso. Purtroppo, la sinistra PD nelle sue varie articolazioni (alla quale mi considero appartenente) non ha mostrato, per ora, di saper sviluppare una visione creativa e propositiva e una strategia efficace. Sempre a rimorchio, sempre “in contrasto”, sempre impegnata a rallentare invece di cercare di dettare l’agenda, di mettere in campo linee alternative … La nostra frammentazione in troppe piccole confraternite ne è una ragione, ma conta anche una sconcertante insufficienza di analisi: ma come si fa a credere nella versione “bersanian – vendoliana”? Suvvia … Oltretutto vorrebbe dire che MR ci ha valutato più determinati e pericolosi nella partita della Presidenza che in quella del Jobs Act – cioè che ci considera un’opposizione parlamentare senza radici sociali.

Il PD assomiglia sempre più alla DC di un tempo. Non lo dico per parlar male del mio partito, tutt’altro. La DC introiettava al proprio interno la complessità della società italiana, l’Eni vi si appoggiava, vi si appoggiava la CISL, come vi si appoggiavano i latifondisti siciliani. E, mutatis mutandis, lo stesso fa il PD. Lì, e solo lì, si può combattere per definire lo sviluppo del paese. Ma per poter aspirare ad essere di nuovo influente,

l’opposizione interna deve rinnovarsi radicalmente.

Quanto poi all’”aggregato politico serio e credibile alla sinistra del PD”, mah … pensando ai possibili protagonisti, mi spiace Francesco, non mi pare proprio dietro l’angolo.

Paolo Zinna

lanfranco ha detto...

Condivido l'analisi di Francesco. Non c'è dubbio che l'elezione di Mattarella è un raggio di sole in un cielo cupo. Renzi ha intelligentemente preso atto che non poteva mettere il " gatto sul Colle" e è riuscito a trasformare in un suo successo anche un risultato subito. Quello che non possiamo permetterci di leggere in quel voto è una inversione di tendenza della politica renziana. Questo potrebbe invece essere una lettura di comodo per giustificare il piccolo politicismo della sinistra Pd e magari nuove tentazioni " miglioriste " ( da Migliore!) dentro a Sel . E questo va assolutamente evitato.

alberto ha detto...

caro Salvatore io darei una lettura diversa. E questo non vuole affatto dire che sono dalla parte di Renzi, ma solo fornire elementi di lettura che ci consentano di capire meglio ciò che sta avvenendo.

Con il capolavoro di Renzi della elezione di Mattarella a mio avviso si è compiuto quel compromesso storico che non riuscì a Berlinguer per molti motivi che culminarono nella uccisone di Moro. Alla voce “compromesso storico”, l’enciclopedia Treccani recitascrive: “espressione con cui si indica la strategia politica elaborata e sostenuta, tra il 1973 e il 1979, dal partito comunista italiano, in seguito alla riflessione compiuta dal segretario e. Berlinguer sull’esperienza cilena del governo di unidad popular di s. Allende . .

alberto ha detto...

Tale strategia si fondava sulla necessità della collaborazione e dell’accordo fra le forze popolari di ispirazione comunista e socialista con quelle di ispirazione cattolico-democratica, al fine di dar vita a uno schieramento politico capace di realizzare un programma di profondo risanamento e rinnovamento della società e dello stato italiani, sulla base di un consenso di massa tanto ampio da poter resistere ai contraccolpi delle forze più conservatrici. “

Ma quella strategia, che non era solo tatticismo e che era presente anche in Togliatti, nonostante la sua proverbiale “doppiezza”, era in realtà qualcosa di più profondo ; qualcosa di radicato nella cultura di una parte popolare e di una parte intellettuale del nostro paese. E quel percorso culturale è continuato anche dopo l’uccisione di Aldo Moro e la morte poi di Berlinguer, sino a portare il PCI, divenuto nel frattempo PDS- Ds, non ad approdare nelle socialdemocrazie europee. Come sarebbe stato naturale ( e che io ho sempre propugnato, nel mio piccolo). Ma a confluire con la DC per dare vita al Partito Democratico. Un partito che è però rimasto per anni una sorta di ircocervo la cui cartina di tornasole della sua “non identità” è stata la sua non collocazione in Europa dove da un lato per non scontentare l’anima di sinistra non aveva il coraggio di confluire nel PSE e dall’altro lato per non scontentare l’area democristiana non riusciva a confluire neppure nel PPE ( che era il sogno di Letta). Renzi con un colpo da maestro poco prima delle elezioni europee, comprendendone l’importanza, in una settimana ha portato il PD nel PSE, facendo da ex Partito popolare ( con Mattarella) ciò che non era riuscito a fare il timoroso ex PCI Bersani. Ora con la proposta al Quirinale ( proposta solo sua e vincente) di Mattarella ( uomo da sempre della sinistra democristiana , cofondatore con Martinazzoli del PP, da quale è uscito per non seguire la scelta di Buttiglione e Casini di allearsi con Berlusconi e per dare quindi vita alla Margherita poi all’Ulivo e poi al PD di cui è stato uno degli estensori del progetto) si è chiuso il cerchio iniziato da Berlinguer e Moro. E lo ha chiuso proprio Renzi . Quel cerchio prevedeva anche la formazione di una grande forza popolare che avrebbe governato il paese perché elettoralmente maggioranza. La legge elettorale proposta da Renzi con un netto bipartitismo porta allo stesso risultato.

Qualcuno dice che ciò che ha fatto è stato del tutto casuale rincorrendo il potere per ambizione. Ma è difficile non vedervi un preciso disegno legato alla sua cultura di uomo che ha iniziato a fare politica nel PP della sinistra ex democristiana. Oggi abbiamo dunque un PD nel PSE ma con una trazione rappresentata prevalentemente dalla cultura cristiano democratica di sinistra.

Certamente io avrei preferito che Berlinguer , per primo, avesse portato subito il PCI nella famiglia delle socialdemocrazie europee. E solo così la storia politica italiana sarebbe stata diversa.

Ma oggi, a mio parere, con Renzi si completa il lungo processo del compromesso storico e prende identità, quasi definitiva, il PD: si può essere cattolici e socialisti . Come Delors. Cattolico e uomo di punta di Mitterrand nella costituzione dell’Europa unita. E ciò varrà soprattutto per i giovani che, a differenza di noi, non vivranno più, per una tale loro scelta, alcuna contraddizione o insanabile dualismo.

Ma forse è proprio anche per questo che alla sinistra del PD è ancora più necessario che si formi una nuova area di sinistra socialista laica che ambisce a governare senza settarismi o retro pensieri pseudo rivoluzionari. In fondo anche Tsipras si sta sempre più mostrando come un socialista laico e pragmatico

lanfranco ha detto...

Non capisco come Alberto Ferrari possa richiamare la categoria del compromesso storico, che ricordiamolo, era categoria del Pci, non della Dc o di Moro, per spiegare il Pd renziano. Proporrei di ascoltare tramite il gruppo Fb del Network per il socialismo europeo, la relazione di Michele Prospero alla riunione del NSE di sabato scorso. Mi pare assai più utile per capire dove ci troviamo ed evitare di scambiare lucciole per lanterne. Cosa che ,lo dico con rispetto, mi pare che faccia Ferrari.Lasciamo poi in pace Berlinguer ormai tirato per i capelli in tutte le occasioni e proposto in tutte le salse. Coi suoi pregi e i suoi difetti Berlinguer restò fino all'ultimo un comunista di tradizione togliattiana.. Difficile davvero inquadrarlo nello schema PD!

felice ha detto...

Sergio Tremolada colto nel segno. Anche se il solo criterio dell'età visti i precedenti della generazione Renzi mi fa paura


Felice C. Besostri

alberto ha detto...

Caro Lanfranco, mi stupisco della tua reazione al mio ragionamento. Eppure tu come me, se pure da una posizione ben più rilevante, ai vissuto tutta la storia del PCI da Berlinguer ai DS. Sono tuttavia nel mio scambiare lucciole per lanterne in buona compagnia. Scrive Scalfari alla fine del suo articolo di domenica:”E’ stato eletto al Colle un antico democristiano di sinistra. Ebbene, è con Aldo Moro che si accordò Berlinguer. Pensateci bene e pensateci tutti.”. Del resto basterebbe interpellare la Bindi o lo stesso Mattarella o Raniero della Valle su che cosa fu la politica del compromesso storico e il suo seguito dal quale, a mio parere è nato poi il PD e che fu portato avanti da personalità politiche che si presero dagli oppositori l’epiteto di cattocomunisti. Allora quel processo fu condiviso da tanti che, come me avevano una formazione cattolica e vivevano la loro militanza nel PCI come un difficile dualismo. Solo dopo compresi che più coerentemente con la sua storia il PCI, già con Berlinguer, avrebbe dovuto confluire non con la DC, ma con il socialismo di Brandt e Palme. Se così si fosse fatto oggi la storia politica del nostro paese sarebbe profondamente diversa. Ma quella linea politica, che non fu tatticismo ma precisa scelta politico-culturale è continuata nel PCI-Pds-Ds sino a mio avviso a dare origine al PD. Al quale, coerentemente non aderii preferendovi Sinistra Democratica e poi a SEL. Il PD, come ho scritto è stato un ircocervo sino ad oggi, quando la scelta di Renzi di portarlo nel PSE e contemporaneamente di portare al Colle un democristiano di sinistra sembra a me la conclusione di quel lungo percorso.

felice ha detto...

La scelta di aderire all'Internazionale Socialista, non al PSE, di Brandt e Palme sarebbe stata la scelta logica SE SI VOLEVA RIMANERE NELLA STORIA DELLA SINISTRA. MA NEL PCI IL FILONE DEL PARTITO CHE FA GLI INTERESSI DELLA NAZIONE DALLA SVOLTA DI SALERNO IN POI è STATA SEMPRE PRESENTE. IN TALE OTTICA E RAGIONANDO IN TERMINI ITALIANI L'ACCORDO CON LA DC E PIù IN GENERALE CON IL MONDO CATTOLICO E LA SUA GERARCHIA, VATICANO COMPRESO, ERA PIù IMPORTANTE DEL RAPPORTO CON I SOCIALISTI ITALIANI E CON L'EUROPA. L' europeismo divenne patrimonio del PCI.PDS molto più tardi grazie a compagni come Spinelli, Napolitano e Fassino. Clinton e Blair erano modelli per l'Ulivo Mondiale. C'era poi una concorrenza con il PSI di Craxi, che aveva scelto la strategia della tensione invece che l'alleanza come Mitterrand, che si rivelò più efficace per l'egemonia socialista. Certamente le radici e gli antecedenti sono importanti, ma ora che si deve fare? Il dato è che gli interessi popolari e dei lavoratori non sono più tutelati e rappresentati e quindi pagano più di altri la politica dell'austerità. I sistemi elettorali che ci hanno propinato non consentono una costruzione di un'alternativa di sinistra. Per questo la loro accettazione o non accettazione rappresenta il discrimine.


Felice C. Besostri

roel ha detto...

Ritengo che Ferrari suggerisca una chiave di lettura sul trasformismo partitico verificatosi nel corso dei decenni, che merita non un respingimento ma una riflessione più attenta rispetto alle valutazioni sommarie. Se valutazioni e opinioni non sono dogmi, tuttavia rappresentano gli strumenti del confronto e della dialettica che consentono ulteriori chiarificazioni su cui costruire una piattaforma flessibile per un progetto futuro ispirato al cambiamento nella direzione della costruzione di un modello di società
più equa e più giusta. Per un tale modello risulta legittimata l'iniziativa del Socialismo libertario e umanitario, sostenuto, contrariamente o diversamente di quanto avvenuto presso altre formazioni politiche, dal supporto della sua tradizione e vocazione storica, capaci di renderlo protagonista in un contesto di disuguaglianze e di ingiustizie diffuse che sembrano presupporre una sopravvivenza anche futura attraverso gli equilibrismi del protagonismo renziano. Un saluto, Roel

lanfranco ha detto...

Caro Alberto mi scuso per l'espressione lucciole per lanterne. Ma l'evocazione del compromesso storico usata strumentalmente da Veltroni, Fassino e altri al momento della costituzione del PD, era già una forzatura allora. Oggi poi con Renzi e l'egemonia del pensiero neoliberale nel Pd, oltre che con l'uso più disinvolto del trasformismo, mi pare una concessione non ammissibile. Il compromesso storico di cui io non fui mai un convinto sostenitore, anche se pensato in alternativa all'alleanza della sinistra in chiave socialdemocratica, era pur sempre un progetto di grande cambiamento strutturale del paese, che Berlinguer pensava, sia pur contraddittoriamente, avrebbe dovuto portare verso il socialismo. Possiamo permettere a questo Pd di mettersi queste medaglie sul petto? Quanto a Scalfari, come è noto, spesso confonde le sue idee con la realtà.