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giovedì 25 settembre 2014
Piketty: "Basta con la dittatura del debito ma non si salva l'Europa con gli slogan"
LA REPUBBLICA 22-9-14
Piketty: "Basta con la dittatura del debito ma non si salva l'Europa con gli slogan"
L'economista: "Penso a un parlamento dell'eurozona con un solo
ministro delle Finanze e un bilancio unico. Draghi ha fatto molto, ma
ha dei limiti oggettivi. Servirebbe un fondo per emettere eurobond"
dal nostro corrispondente ANAIS GINORI
Piketty: "Basta con la dittatura del debito ma non si salva l'Europa
con gli slogan"
PARIGI. "Errare è umano, perseverare è diabolico. Cambiamo strada,
ora". Thomas Piketty è in testa alla classifica degli economisti che
proprio non amano l'austerità. "Non per partito preso o per bieca
ideologia" premette. "Semplicemente perché ho studiato la storia del
debito pubblico dall'Ottocento ad oggi". A 43 anni appena compiuti è
ormai entrato nella ristretta cerchia degli oracoli, o guru che dir si
voglia. Tutta colpa, o merito, de "Il capitale del XXI secolo", appena
pubblicato in Italia da Bompiani, il libro con cui analizza
l'esplosione delle disuguaglianze e un capitalismo basato sulla rendita
finanziaria più che sul lavoro. Un bestseller mondiale a sorpresa,
incensato da Paul Krugman, che addirittura mette Piketty sulla rampa di
lancio per la candidatura al Nobel. "Non ero preparato a questo
successo" racconta l'economista francese nel modesto ufficio alla Paris
School of Economics. "Come vede - ironizza - l'università manca di
fondi. Se pensiamo che solo lo 0,5% del Pil francese va all'istruzione
e alla ricerca. Molto meno di quanto spendiamo per rimborsare il debito
". A sorpresa, però, Piketty non crede che il vulnus dell'eurozona sia
economico, ma politico. La sua proposta: "I paesi dell'euro devono
avere un parlamento che possa decidere in autonomia rispetto alle
istituzioni dei 28 paesi dell'Ue. Abbiamo creato un mostro: non
possiamo più avere una moneta unica senza una politica di bilancio
comune".
Cominciamo dal debito pubblico. Smettiamo tutti di pagare?
"I debiti pubblici non sono più elevati che in America, nel Regno Unito
o in Giappone. Solo qui, in Europa, abbiamo trasformato questa
situazione in una crisi di sfiducia e stagnazione dell'economia. Sono
molto preoccupato. Vedo soprattutto un immenso spreco. Nel mio libro
dimostro che i fondamentali dell'Europa sono migliori di quel che
pensiamo. I patrimoni e redditi non sono mai stati così alti. Anzi,
sono aumentati in percentuale del Pil più che i debiti pubblici. Sono i
nostri governi ad essere poveri".
Quale soluzione allora?
"Per ridurre il debito con avanzi primari sul bilancio statale, come
cerca di fare l'Italia, ci vogliono decenni. Nell'Ottocento il Regno
Unito aveva il 200% di debito pubblico sul Pil. Nel 1910, attraverso
continui avanzi primari, è arrivato al 20% del Pil. Ma in un secolo il
Regno Unito ha speso più per rimborsare debito che per investire nel
sistema educativo. E' un esempio triste, che ci dovrebbe far
riflettere".
Più flessibilità sui deficit, come chiedono François Hollande e Matteo
Renzi?
"Mi fa paura l'assenza di proposte che colgo in Hollande e Renzi. Non
si può dire solo meno austerità, più investimenti. Per la Germania è
facile rifiutare. È come se qualcuno chiedesse di avere una carta di
credito in comune, facendo la spesa per conto suo. Italia e Francia
dovrebbero avere più coraggio. Mettere subito sul tavolo un progetto di
unione politica. A quel punto, anche i tedeschi sarebbero in
difficoltà".
Cosa significa per lei unione politica?
"Un parlamento dell'eurozona, anche con meno paesi degli attuali 18, ma
con un bilancio comune, un solo ministro delle Finanze, un livello di
deficit votato di anno in anno in base alla congiuntura. Non potrà mai
funzionare una moneta unica con 18 sistemi economici e sociali, 18
debiti pubblici e 18 tassi di interessi su cui i mercati possono
speculare".
Quali paesi dovrebbero far parte di un eurogruppo ristretto?
"Francia, Italia, Germania, Belgio, Olanda, Spagna. Serve un gruppo
pilota per dimostrare che l'integrazione delle politiche di bilancio è
possibile. Oggi i tassi di interesse sui titoli di Stato nell'eurozona
vanno dallo 0 al 4%. Non è normale per paesi che fanno parte della
stessa unione monetaria. I mercati continuano a mettere in conto che
qualche paese possa fare default o uscire dall'euro".
La governance europea non è già abbastanza farraginosa?
"L'attuale sistema istituzionale è bloccato dalla regola
dell'unanimità. In un sistema parlamentare le decisioni sarebbero prese
attraverso compromessi e coalizioni. Bisogna dare fiducia alla
democrazia. I cittadini sono pronti se spieghiamo che con un parlamento
dell'eurozona si potranno adattare i deficit alla congiuntura, lottare
meglio contro l'evasione fiscale, oppure votare un imposta sui redditi
delle società. Oggi in Europa le multinazionali pagano meno tasse delle
piccole e medie imprese. E' un'assurdità".
Il piano di investimenti della nuova Commissione può aiutare la
ripresa?
"Per arrivare a 300 o 400 miliardi di euro sono stati addizionati
investimenti pubblici e privati che ci sarebbero stati comunque. Non ci
sarà alcun impatto sui bilanci nazionali e sull'economia europea. E'
solo un trucco contabile".
Mario Draghi ha salvato l'Europa?
"In questi anni ha fatto molto. Non a caso, la Bce è l'unica
istituzione federale europea che non rispetta la regola dell'unanimità.
Ma non si può chiedere tutto a Draghi. Ha limiti oggettivi. Se ogni
mattina la Fed dovesse scegliere tra il debito di New York, Texas o
California, cercando accordi sui singoli bilanci, sarebbe il caos. Solo
con un fondo comune di redenzione dei debiti pubblici, che possa
emettere eurobond a un solo tasso di interesse, la Bce potrà davvero
stabilizzare il sistema".
L'uscita dall'euro è un pericolo?
"Ritornare alla moneta nazionale sarebbe catastrofe. Ma l'unione
monetaria senza unione fiscale e politica è la situazione peggiore. La
speculazione sulle monete è stata sostituita da quella sui tassi
d'interesse. E oggi i governi non hanno più l'arma della svalutazione.
Siamo in trappola. Dobbiamo aprire gli occhi e trarre insegnamento dai
nostri errori".
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