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venerdì 12 settembre 2014
Lettera-Appello dell’Associazione LABOUR: Riccardo LOMBARDI (1901-1984): la condizione della sinistra e del socialismo in Italia nel 30° anniversario della sua scomparsa
Lettera-Appello dell’Associazione LABOUR
Riccardo LOMBARDI (1901-1984): la condizione della sinistra e del socialismo in Italia nel 30° anniversario della sua scomparsa
Il trentennale della morte di Riccardo Lombardi - 18 settembre 1984 - cade in una fase della vita politica del nostro Paese che impone una riflessione critica intorno alla questione della sinistra e del socialismo in Italia.
Nessuna commemorazione, quindi, che sarebbe, peraltro, detestata da Lombardi, ma una lettura del suo pensiero e della sua proposta politica alla luce degli eventi intervenuti da allora.
Il crollo del muro e la pressoché concomitante distruzione del PSI ad opera della mutazione genetica ha, infatti, portato ad una, tuttora incomprensibile, scelta verso un partito liberal-democratico senza storia e senza memoria. Una scelta che ha connotato una anomalia provinciale tutta italiana. Una scelta che nella versione veltroniana-renziana pensa di trovare un decoro coprendosi a sinistra dietro al compromesso storico berlingueriano a scapito dell’alternativa di sinistra disegnata a suo tempo, appunto, da Lombardi. Che poi Berlinguer potesse condividere una interpretazione del suo pensiero come quella che si è voluto diffondere è una questione tutta da verificare; ciò che è certo è che quel compromesso storico si proiettava in tempi politici precedenti alla caduta del muro e non prevedeva nessuna confluenza tra i partiti.
Questa riflessione critica si deve necessariamente confrontare anche con la crisi profonda di un liberismo economico che ha dominato lo scenario della politica economica in questi ultimi decenni. Un liberismo accolto in varia misura nelle posizioni politiche del PD almeno come identità di valori tra micro e macro economia, come fondamento di un passaggio verso la confluenza con l’area politica centrista.
Quale siano le basi teoriche, culturali, sociali di una tale posizione non è facile comprendere anche perché le adesioni a tali posizioni, pur essendo state molto ampie, non hanno corrisposto ad analisi e riflessioni autocritiche almeno adeguate al mutamento. Il riconoscimento inevitabile della fine dell’esperienza sovietica non aveva come necessario sbocco una posizione paraliberista, anche se esistevano evidenti alcune debolezze di quelle posizioni socialiste e socialdemocratiche di allora e che avrebbero dovuto costituire il naturale riferimento di una storia che aveva avuto nel secolo precedente origini comuni.
Fatto sta che vicende esogene e limiti gravi interni hanno portato, di fatto, alla sconfitta dell’alternativa di sinistra e al successo del compromesso storico, almeno nella versione attuale. La conseguente eliminazione di fatto di una cultura politica socialista è stata, in qualche misura, una logica conseguenza. Sennonché proprio la realtà e i contenuti di quel successo stanno generando domande e interrogativi crescenti.
Il primo e principale problema consiste proprio nella necessità di porsi un interrogativo circa il superamento o meno delle motivazioni sociali, culturali ed economiche dei valori di riferimento di un Progetto socialista: sono scomparse le cause e le realtà di una situazione di sfruttamento dell’uomo? Non esistono più le separazione di ruoli sociali tra chi comanda e chi esegue? La distribuzione della ricchezza segue criteri qualitativi e quantitativi diversi? Insomma i valori dell’eguaglianza e della libertà, che sono i riferimenti per la costruzione di una società socialista, sono ormai esauriti o superati in quanto ormai attuati?
Se le risposte, guardando le realtà internazionali, non possono che essere negative, tuttavia anche le realtà nei paesi cosiddetti avanzati hanno mutato i termini dei conflitti, il terreno e le condizioni dei diversi contrasti sociali, ma non ci sembra per niente che si possano considerare superati quei valori di riferimento ai quali si è accennato. Si tratta, piuttosto, di una fase di evoluzione dove alcune conquiste generano nuove esigenze e impongono nuovi contrasti e dove le difficoltà di un sistema, certamente flessibile e spregiudicato, come il sistema capitalistico, sposta e crea nuove frontiere e nuovi terreni di scontro: la questione ambientale come la questione delle nuove tecnologie, le vicende demografiche come le relazioni internazionali non sono certo quelle di 50 anni fa e lo stesso mondo del lavoro ha attualmente una dimensione e una qualità allora sconosciuta.
Queste “novità” proiettano a loro volta ipotesi e condizioni che, in assenza di una visione politica socialista, non possono che tradursi in un degrado sociale e culturale. E in questo degrado occorre porre anche quel segnale proveniente dal crescente assenteismo elettorale. Non sembra sbagliato rintracciare nella attuale crisi internazionale gli elementi di un conflitto sociale in qualche misura “classico” ma occorre riconoscere che esiste poi uno specifico nazionale che nel caso del nostro paese sembra potersi identificare in un ritardo nella costruzione di una società democratica e in un sistema industriale moderno. Da qui nasce un secondo interrogativo e cioè: è ragionevole collegare questo nostro specifico declino economico, sociale e culturale all’emarginazione della storia e della presenza di una cultura socialista? La domanda ci pare del tutto appropriata e pertinente.
Dunque quello che è venuto a mancare in questi anni, è stata una capacità di aggiornare le analisi dei mutamenti sociali, delle relazioni economiche, delle relazioni tra questi cambiamenti e la permanente domanda d’eguaglianza e libertà. Questa situazione trova, come sappiamo, un riscontro anche a livello europeo e la grave e prolungata crisi economica internazionale pone in evidenza i limiti di un’Europa la cui costruzione si avvita intorno a dimensioni puramente contabili. La domanda crescente di un nuovo modello di sviluppo chiama in causa tutte le attuali forze politiche socialiste dei paesi europei: l’uscita dai limiti e dagli errori della terza via rappresenta l’unica risposta positiva per il superamenti di quella crisi che sta creando ricadute negative in termini di condizioni sociali, ambientali e della stessa vita democratica. Peraltro la dimensione internazionale assunta dal capitalismo trova nell’assenza di un equivalente progetto politico socialista, gli spazi per le sue specifiche esigenze.
Opporsi a questi processi dovrebbe essere il primo impegno di una forza politica progressista che intenda superare una posizione puramente critica; ma questo impegno per essere reale deve elaborare una proposta alternativa, deve manifestarsi nella capacità di elaborare riforme e cambiamenti coerenti con i principi socialisti, altrimenti siamo alla manutenzione se non alle controriforme.
Tornare a leggere le dinamiche imposte dalle logiche capitalistiche è, dunque, una condizione essenziale e preliminare per costruire una alternativa progressista, per elaborare le nuove vere riforme di struttura. Anche in questa operazione la rilettura del pensiero lombardiano agevola il superamento dei ritardi accumulati, evita di rincorrere la cronaca politica come unico segno di una propria presenza. Certamente per andare oltre ma, in questi casi, anche trovando le nuove forme di incontro e di socializzazione, allargando l’impegno nella necessaria dimensione europea. Ancora una volta il mondo del lavoro deve essere il terreno privilegiato di questa ricerca anche perché quelle domande fondamentali di eguaglianza e libertà trovano in quel mondo una sorgente storica e insieme nuova.
Certamente la nostra Associazione non ha la pretesa di coprire da sola questa operazione, ognuno in partenza deve scegliere il terreno politico più congeniale rispetto alla propria storia, alla propria collocazione e alle proprie responsabilità politiche. La base minima da condividere è rappresentata dalla convinzione di recuperare nella storia della civiltà i comportamenti dettati da una visione comune dei valori della eguaglianza e della libertà.
Con la presentazione del volume sulla prima fase della vita politica di Lombardi abbiamo, come Labour, pensato di contribuire nella direzione indicata. Intendiamo procedere promuovendo uno studio sulla seconda parte della sua vita politica, ma vogliamo immaginare che su questa riflessione e in questo impegno si possano unire altre forze, altre competenze, altre iniziative, altri compagni. A tale fine il sito online dell’Associazione è aperto ai contributi che si riconoscono e fanno riferimento a questa storia e a questa ricostruzione del movimento socialista.
Per l’insieme di questi motivi la nostra lettera si propone di essere anche un Appello.
Associazione LABOUR “Riccardo Lombardi”
www.labour.it
Roma, 12 settembre 2014
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