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martedì 23 settembre 2014
Franco D'Alfonso sull'Area metropolitana
da Critica sociale
Tra qualche giorni si vota per i consigli metropolitani, l’organismo che nelle maggiori realtà del Paese dovrà riorganizzare su un nuovo piano istituzionale - aggregandole - le municipalità appartenenti ad aree omogenee ma tuttora frammentate.
Le città metropolitane non godono di grande attenzione nell’opinione pubblica, mentre potrebbero costitute una reale e concreta trasformazione sociale dello Stato.
Ad esempio la città metropolitana potrà avere nel suo statuto la possibilità di una iniziale, seppur parziale, autonomia fiscale, necessaria in particolare per l area milanese il cui capoluogo ha subito un drastico taglio dei trasferimenti. Il bilancio e le aziende municipalizzante o partecipate dal Comune di milano hanno retto bene finora la prova della crisi, ma la generale prospettiva negativa non solo italiana ma ormai europea, richiede radicali cambiamenti dell’organizzazione dei piani istituzionali di governo, in particolare del governo locale.
Tra i più impegnati sul tema è l’assessore socialista al Comune di Milano, Franco D’Alfonso, che apertamente rievoca per l’occasione l’esperienza di Emilio Caldara, teorico ed organizzatore del Comune moderno.
“La questione si può suddividere in due aspetti.
Il primo riguarda l opportunità con la città metropolitana ( che non deve essere una fotocopia della vecchia provincia) di riorganizzarsi. Il cambiamento istituzionale che comporta permette di in profondità. Non ho mai visto nella mia vita qualsiasi Ente capace di autoriformarsi. Quindi l unica occasione e quella di cambiare il pia o dell assetto istituzionale.
In questo modo segue una redistribuzione dei poteri che implica la necessita di una riorganizzazione amministrativa, prima di tutto. Poi ci sara da vedere la questione delle implicazioni e delle opportunità anche nel campo sociale. Ma prima di tutto c e una opportunità di riorganizzazione amministrativa. Spero, e questa e la scommessa, che non si ripeta l errore fatto con le regioni, quando all introduzione di un quadro istituzionale innovativo come era quello di allora, ha corrisposto la sedimentazione di una nuova burocrazia aggiuntiva alla precedente con gli effetti negativi che 40 anni dopo fanno oggi parlare di fallimento di quell'esperienza.
Facciamo allora alcuni esempi, anche banali.
Senza toccare il problema dei trasposti, che e un problema già complicato, ci limitiamo a quello degli uffici, come ad esempio il servizio civico e anagrafico deve essere centralizzato e se sommiamo l organico a quello dei 101 comuni con quello della città di milano, facciamo certamente un risparmio. Milano tra l altro e ad un livello più avanzato nel settore dell e-office rispetto ai comuni del, hinterland. Estendendo questa funzione avanzata all area metropolitana si guadagnerebbe la disponibilità per altri settori in cui c e carenza di personale, di impiegati che in questa prospettiva sarebbero un doppione di loro colleghi. Naturalmente nessuno pensa a licenziamenti o scombussolamenti esistenziali, poiché stiamo parlando di un mobilita garantita ed in un area limitata, quella milanese. Tutte le volte che si incorporano organizzazioni complementari, senza fare praticamente niente, si risparmia dal 10 al 15 per cento di costi.
Ci sono poi settori più avanzati, come il complesso del sistema informatico. Il Comune di Milano spende 90 milioni di euro all' anno tra personale ed investimenti. Io sono convinto che si tratti di una somma che sarebbe più che sufficiente per coprire tutta la rete dei comuni e avanzerebbe pure qualcosa. Si deve razionalizzare. Il fatto che alcune funzioni si spostino di posto non deve portare ad un consorzio, ma da la possibilità di ridisegnare tutto il sistema. Se vogliamo e l approccio di Bill Clinton. Quando ho detto più volte che la spending review e " una boiata pazzesca" ho inteso insistere su fatto che invita le stesse persone e gli stessi sistemi a far le cose diversamente. Invece come insegna Einstein, se tu "ripeti lo stesso esperimento con gli stessi ingredienti hai lo stesso risultato" di prima.
La soluzione non e la spending review, ma come accennavo l approccio di Bill Clinton, che ha cambiato tutto con un sistema che si chiama " reinventing government", un metodo per cui piuttosto che finire nelle sabbie mobili degli aggiustamenti parziali, costosi e il piu delle volte inefficaci, meglio ricominciare da capo, come se avessimo un foglio bianco su cui ridisegnare. E' meglio ridisegnare un processo piuttosto che rattoppare qua e la. Ridisegnando il processo, si ridisegnano le responsabilità, e si ridisegnano pesi con un inevitabile vantaggio.
2- l altro aspetto, e' il tratto della tradizione milanese che ci viene da Filippo Caldara, cioè le società municipalizzate. Albertini ha tentato di distruggere con pervicacia degna di miglior causa, ha venduto l AEM, un' operazione di speculazione per la quale dovrebbe essere processato per danno erariale. Tuttavia ne sono rimaste alcune altre che hanno una struttura efficiente. Queste strutture vanno innanzitutto utilizzate sui servizi. Sui servizi non si può fare business. Per fare business devi aumentare i prezzi. Punto. Non ci sono altri modi a parità di qualità del servizio. E se fai business non fai politiche per la collettività. Prendiamo ad esempio la raccolta rifiuti. Finche non siamo arrivati noi la raccolta dell umido non si faceva a Milano perché nei tempi brevi ai privati non era conviene. Ora la facciamo. Il bilancio positivo e che puoi a milano usare anche altre società municipalizzate facendo economia di scala.
Questo comporta una modifica delle procedure: non si può continuare a fare gare i tutti i comuni, e' un' idiozia. Tutti questi anni di gare hanno portato all' incremento dei costi e alla diminuzione dei servizi. Se riesco a fare un servizio " in house" di qualità migliore e oltretutto a costi inferiori, non capisco perché devo essere costretto ad appaltare all' esterno. In questo senso l area metropolitana può dare risultati sociali e amministrativi importanti.
Autonomia fiscale, un occasione da non perdere. Ed una riforma profonda nel rapporto tra Stato e cittadini.
Questo e un fatto assolutamente essenziale. Ormai il sistema tradizionale, al di la di quello che e stato detto, ha avuto la botta finale dal finto " federalismo fiscale" che ha aggiunto balzelli comunali alle tasse statali, raddoppiando i costi. Era assolutamente un risultato prevedibile.
In ogni caso il sistema non regge più. Un sistema che prevede un accentramento delle risorse e poi una redistribuzione attraverso i vari centri di spesa si capisce subito che non funziona più.
Prendiamo ad esempio il fondo dei trasporti. E' evidente che il trasporto pubblico non si può coprire attraverso le sole tariffe. milano che e la città con la maggiore resa tariffaria, arriva al 50 per cento della copertura tariffaria dei costi del servizio. Roma arriva al 28 per cento. Genova credo nemmeno sia pervenuta.
Se dunque e necessario coprire - parlo sempre di Milano - il 50 per cento di costi scoperti, con il vecchio fondo unico per i trasporti, dagli anni 90 ad oggi quel fondo si e ridotto al 10 per cento, ovvero adesso prendiamo il 10 per cento di quello che si prendeva vent anni fa. E dunque che facciamo? Ogni anno ci mettiamo a discutere con lo Stato su quanto riusciamo a strappare per Milano? Andiamo avanti col tira e molla su quanto ci ridanno indietro? Non si puo nemmeno, in questo modo, fare una programmazione dello sviluppo dei trasporti necessari o della loro manutenzione. Peraltro, come diceva Guido Martinotti (e come e' impostata Londra), la città metropolitana è innanzitutto l' area coperta dalla metropolitana, dalla rete dei trasporti. A Londra il sindaco si occupa quasi esclusivamente della rete della metropolitana.
Il Comune di Milano, soltanto fino a tre anni fa, aveva fondi trasferiti dallo Stato per 700 milioni di euro. Adesso ne ha 298 milioni. Una perdita di quasi 400 milioni, pari a un taglio di circa il 15 per cento del Bilancio comunale. Facciamo allora prima a dire: "Non dateci niente, e lasciateci le tasse comunali, senza toccarle". Sono cinque imposte. Queste imposte, a partire dalla tassa sulla casa che adesso viene trasferita con un complicato sistema, deve rimanere a Milano.
Questa realtà fiscale municipale e' pari al 3.8 per cento della spesa pubblica nazionale. Un bel risparmio per lo Stato. Lasciateceli e non dateci niente, facciamo da soli e cercheremo di cavarcela".
La società che si difende dallo Stato, attraverso la riorganizzazione delle comunità municipali?
E' vero che se questo meccanismo e' possibile per Milano, non e' possibile per altre città o aree metropolitane. Ad esempio per Roma sarebbe impossibile. E un meccanismo che ha bisogno di un tessuto sociale sottostante in grado di reggerlo, e questo nella maggior parte delle altre aree metropolitane non si può pensare di realizzare.
E' diverso dalla proposta di Maroni e della Lega, le tasse a noi, poi noi devolviamo. A noi basta che restino le tasse di pertinenza municipale.
L Imu sui magazzini ad esempio viene incassato dai comuni e una parte viene devoluta allo Stato, mentre la parte sugli immobili commerciali viene incassata dallo Stato e poi in parte ritorna ai comuni. Un via vai dispendioso e disordinato.
La costruzione dell area metropolitana sara un processo dall'alto o dal basso?
Certamente non si costruisce solo con il Consiglio metropolitano ( l'assemblea dei sindaci). Quello e' una costruzione prevista dalla legge per fare uno statuto metropolitano. Tra l'altro ho l' impressione che si incistera' sulla questione dell' elezione diretta o meno del sindaco metropolitano. E' certamente un fattore importante, ma non costitutivo. L'area metropolitana va costruita assieme, non so se dall'alto o dal basso.
Prendiamo quattro casi radicalmente diversi tra loro: New York, Denver, Parigi, Barcellona.
A NY Bloomberg si e' trovato ad avere gli stessi nostri problemi senza avere il peso dell apparato amministrativo. L'involucro c' era già, l'area metropolitana c'era già. Ma ha dovuto fare il cosiddetto nuovo Piano strategico con una operazione complessa che ha messo assieme le Universita, le Aziende ed altro: è uscito dal modello precedente di una città dei consumi, e ne è venuta fuori una città della "manifattura buona", grazie anche alla ricerca e agli investimenti in elettronica, e oggi il PIL della città è dato da una bilancia dei pagamenti di manifattura in attiva. Oggi NY è una città esportatrice di prodotti.
A Denver è stato il contrario. Anche li c' erano problemi simili ai nostri. I comuni intorno a Denver erano praticamente isolati uno dall' altro. Lo sblocco è avvenuto quando hanno deciso di costruire il nuovo aeroporto, collocandolo altrove rispetto alla città. Questa scelta economica e infrastrutturale, ha permesso che si realizzasse un reticolo di comunicazioni che ha collegato quello che prima era diviso.
Barcellona ha avuto un processo analogo, ma è partita da una associazione di elementi di cultura e tradizioni comuni. Si è trattato di un processo più lungo che è durato 14 anni, il driver è stato quello turistico. Prima hanno lavorato su questo e dopo hanno fatto la scelta amministrativa.
A Parigi hanno fatto invece come fanno sempre i francesi. C' è stato un duro scontro di potere tra Parigi e l' Ile de France, che è la sua area d influenza, scontro che è stato vinto da Parigi, ancora con Chirac. Lì non c' era ancora il sindaco. Chirac è diventato sindaco contemporaneamente alla costruzione della grande area metropolitana "città di Parigi- Ile de France".
Quindi ci sono varie strade. Quella di Parigi è verticistica, come tutto in Francia; quelle di Denver e Barcellona più associative-partecipative, orizzontali; quella di NY di riorganizzazione pragmatica, non avendo da risolvere il problema amministrativo che per loro pesa poco, ma che a Milano pesa molto. Noi dovremmo andare avanti su un modello associativo-partecipativo, tipo Denver e Barcellona, piuttosto che su quella verticistica di Parigi da cui usciremmo suonati e bastonati. E neppure su quella del modello di NY, dove l' amministrazione pesa poco, mentre da noi la cornice amministrativa conta eccome.
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