Il Circolo Carlo Rosselli è una realtà associativa presente a Milano sin dal 1981. http://www.circolorossellimilano.org/
giovedì 31 ottobre 2013
Felice Besostri: In un vicolo ceco
ELEZIONI REPUBBLICA CECA 2013
Renzi, se fosse cittadino della Repubblica Ceca alla sera delle elezioni avrebbe dichiarato alla Bartali “Tutto sbagliato Tutto da rifare! Qui non si capisce subito chi ha vinto le elezioni: ci vuole il Sindaco d’Italia!” ovvero parafrasando il famoso epigramma di Brecht dopo la rivolta operaia di Berlino 1953, che il governo avrebbe dovuto sciogliere il popolo e scegliersene un altro. La sconfitta del Governo, già segnata politicamente dallo scioglimento anticipato della legislatura per decisione della stessa Camera con 140 voti a favore e 7 contrari su 200 membri, è stata confermata massicciamente dalle urne. I due principali partiti , ODS e TOP 09, della coalizione uscente, che aveva perso pezzi nell’aprile 2012 (Úsvit) sono passati da 90 seggi e il 36,9% del 2010 agli attuali 42 seggi con il 19,71% complessivo.
Questi i risultati con le variazioni rispetto alle elezioni 2010 tra parentesi:
partiti % seggi
ČSSD 20,45 (-1,63) 50 (-4)
ANO 18,65 (+18,65) 47 (+47)
KSČM 14,91 (+3,64) 33 (+7)
TOP 09 11,99 (-4,71) 26 ( -16)
ODS 7,72 (-12,50) 16 ( -32)
Úsvit 6,88 (+6,88) 14 (-3)
KDU 6,78 (+2,39) 14(+14)
SZ 3,19 (+0,75) 0 (=)
Altri 9,30(-4,22) 0(-55)
Nella Repubblica Ceca c’è una soglia di accesso del 5%. Dei 7 partiti in Parlamento 2 sono entrati con queste elezioni, ma di essi sono uno il Movimento dei Cittadini del miliardario Andrej Babiš assolutamente nuovo, tipo M5S, mentre il KDU, L’Unione Democrati, sempre presente nel Parlamento, aveva mancato $di poco la soglia nel 2010.Sull carta, stante l’indisponibilità grillina del Movimento ANO, malgrado il suo acronimo, che in lingua ceca significa SI, la sola alleanza possibile è una coalizione di sinistra-centro dei socialdemocratici e dei comunisti, 83 seggi, con Úsvit − Úsvit přímé demokracie Tomia Okamury, Aurora della Democrazia Diretta, partito di Tomio Okamura e la KDU, entrambi con 14 seggi, per un totale di 111 seggi. L’accordo con il Partito Comunista di Boemia eMoravia è sostenuto dal Presidente della Repubblica il socialdemocratico Zeman, un attivo Giorgio Napoletano sulle rive della Moldava , in fondo alla quale vanno le pietre, ma più difficilmente si possono seppellire i ricordi della repressione della Primavera di Praga e dell’occupazione sovietica
Anno % Seggi Anno % Seggi Anno % Seggi
KSČM KDU ČSSD
1990 13,2 % 33 1990: 4,1 % – 0
1992 14,1 % 35 1992: 8,4 % – 19 1992: 6,5 % – 16
1996 10,3 % 22 1996: 6,3 % – 15 1996: 26,4 % – 61
1998 11,0 % 24 1998: 8,1 % – 18 1998: 32,3 % – 74
2002 18,5 % 41 2002: 14,3 % – 31 2002: 30,2 % – 70
2004 Europee 20,4% 6 seggi
2009 14,18% 4
7,61% 2 8,8 % 2
22,38% 7
2006 12,8 % 26 2006: 7,2 % – 13 2006: 32,3 % – 74
2010 11,3 % 26 2010: 4,4 % – 0 2010: 22,1 % – 56 (-2 usciti)
2013 14,9 % 33 2013: 6,78% - 14 2013: 20,45% 50
Dalla tabella risulta stupefacente che il Corriere della Sera del 27 ottobre scorso abbia messo in un occhiello che i Comunisti entrano nel Parlamento per la prima volta dal 1989. Sicuramente un refuso volevano scrivere nel Governo, il che è possibile, ma non sicuro. Nel Parlamento sono presenti fin dal 1990 e lo sono stati per più tempo di socialdemocratici, che rimasero sotto soglia nel 1990, e dei democristiani, che saltarono il turno del 2010. Una riflessione merita il fatto, che, a differenza di altri paesi ex comunisti come la Romania e la Bulgaria, il Partito Comunista, allora cecoslovacco, era forte anche elettoralmente tra le due guerre e nelle prime elezioni del secondo dopoguerra, anche se pose fine al simulacro di democrazia con il colpo di Stato del 1948. Come in altri paesi l’occupazione russo-sovietica favorì l’unificazione forzata di socialdemocratici e comunisti, ma c’era una forte componente socialdemocratica di sinistra, quella del presidente Fielbinger, politicamente convinta. La diversità dei comunisti cecoslovacchi è stata drammaticamente messa in luce dai processi di Praga, dove accanto ai soliti trotzkisti vi era l’accusa di sionismo e di collaborazionismo con partiti socialisti occidentali, in particolare con i laburisti britannici. Infine dal PCCS venne il più serio e tragico tentativo di riformare il comunismo dall’interno con la Primavera di Praga e il Socialismo dal volto umano. Con l’occupazione sovietica ci fu un’epurazione del Partito Comunista, che liberò una serie di compagni, che raggiunsero come Zeman il Partito socialdemocratico dandogli una forza prima sconosciuta, fino a farne il primo partito nel 1998 riuscendo a porre Zeman a Capo del Governo fino al 2002, ma con la stessa percentuale nel 2006 non ebbe la possibilità di governare pur con il 50% dei seggi alla sinistra. Il terzo partner, la KDU, presenta anch’esso una particolarità avendo tra i suoi precursori nel XIX secolo un singolare partito Cristiano Socialista, invece che sociale. Un problema è costituito dalla non nascosta nostalgia dei Comunisti per il passato regime, compresa la sua fase più buia della normalizzazione, senza uguali nell’Europa ex sovietica: la Linke secondo i loro parametri è un covo di revisionisti. Tuttavia non ci sono altre soluzioni ad eccezione di un’instabilità foriera di un ritorno al potere della destra, ora sconfessata dall’elettorato. Speriamo che a Praga non si caccino in un vicolo ceco. La soluzione ceca alla crisi sarebbe un segnale di livello europeo e di rapporti non solo conflittuali a sinistra, come imporrebbero le elezioni europee del 2014. Come ha ribadito Martin Schulz nella manifestazione di Bergamo del 29 ottobre scorso: se le prossime elezioni europee si fanno sul tema Europa Sì o No si rafforzano i populisti e la destra. Dobbiamo invece imporre un dibattito intorno a quale Europa, per sottolineare le differenze tra destra e sinistra.
Milano 29 ottobre 2013
mercoledì 30 ottobre 2013
Franco Astengo: L'irresistibile tendenza all'autodistruzione
L’IRRESISTIBILE TENDENZA ALL’AUTODISTRUZIONE CHE EMERGE NEGLI ATTORI DEL SISTEMA POLITICO ITALIANO dal sito: http://sinistrainparlamento.blogspot.it
All’interno di un quadro internazionale molto complicato, stretto tra le inedite caratteristiche della situazione economica e l’esplosione di una vera e propria “questione morale” a livello planetario innescata dalla vicenda relativa alle intercettazioni “globali” attuate dai servizi di sicurezza USA, il sistema politico italiano rischia il tracollo soprattutto per responsabilità dei suoi attori, quelli principali e quelli apparentemente “minori”.
Tracollo e non semplice “riallineamento sistemico” come accadde nel 1993, quando si pensò che sarebbe bastato mutare il sistema elettorale e le forme dell’offerta politica per risolvere un’avanzata e generalizzata crisi di credibilità.
Questa volta le cose stanno diversamente, anche perché alla fase appena ricordata è succeduto un ventennio di “eterna transizione” con l’intero sistema politico avviluppato attorno alle sorti di una sola persona, al riguardo della quale tra l’altro tutte le tornate elettorali sono state giocate quasi come si trattasse di un plebiscito a favore o contro, pur nell’alternanza dei risultati.
Perché alla fine, è bene ricordarlo sempre, hanno governato tutti, estrema destra, estrema sinistra, dall’MSI a DP più un gran numero di “tecnici”.
Le cause di questo possibile (anzi probabile) tracollo complessivo sono, comunque, quasi del tutto provocate dall’interno del sistema e dovute, in gran parte, alla perspicace volontà degli attori di mantenere ad ogni costo il proprio ruolo senza concessioni a una minima parvenza di “mobilità democratica” da attuarsi in funzione di un ritorno al collegamento tra vere istanze sociali e la politica.
Non si tratta semplicemente di porre l’accento sulla “bulimia dell’apparire” che pure ha contato eccome, al punto che il cosiddetto “rottamatore/riciclatore” appare del tutto ingordo in quella direzione usando – appunto – l’apparire quale unico strumento della sua resistibile scalata, e altrettanto si può affermare del “grande oppositore” che, comunque, a sua difesa può sempre affermare di svolgere davvero il mestiere di istrione dell’opera buffa.
Il punto vero si colloca, invece, dalle parti di chi vuol far credere di sviluppare una politica “seria”, in nome di non ben precisati “interessi del Paese”, considerati come gli ingredienti di un misterioso minestrone politico, sociale, economico e culturale definito “delle larghe intese” assunte come momento essenziale di una vera e propria filosofia politica.
In questo senso emerge un’insopportabile discrasia tra il “dire” e il “fare” che ormai è stata ben intuita da parti rilevanti dell’opinione pubblica.
Non è tanto, si badi bene, di “politica dell’annuncio” perché questa è stata in larga parte praticata anche nel passato compreso quello meno recente.
Il tema è invece quello di provvedimenti legislativi assunti in base a presunte pressioni della base sociale magari avvertite attraverso i sondaggi e poi clamorosamente disattesi perché inapplicabili in quanto elaborati in forme e contenuti tali da lasciar aperta la porta alla situazione precedente: oppure, pensiamo ai temi di carattere istituzionale, rivolgendoci semplicemente agli anelli deboli della catena, senza alcuna valutazione di carattere strutturale, sia sotto l’aspetto economico, sia del funzionamento della struttura stessa.
Il vertice dell’incredibilità e del ridicolo si è poi raggiunto con la bozza attualmente in discussione al riguardo della “Legge di Stabilità”: una bozza che senza entrare nel merito si qualifica da sola come la migliore testimonianza dell’assoluta incapacità di questi governanti, tutti attorcigliati dal filo delle “loro questioni”, di vedere la realtà drammatica e apparentemente senza sbocco delle condizioni morali e materiali che investe milioni e milioni di persone.
Un sistema politico, governo, opposizione, forze politiche rimaste loro malgrado (e con grande sconcerto) extraparlamentari accomunate in questo quadro di totale insipienza rispetto ai veri e problemi e, per questo motivo, davvero a rischio (a possibilità?) di tracollo complessivo.
Il tutto mentre, attraverso il combinato disposto della legge elettorale e delle modifiche costituzionali si prepara una vera e propria svolta autoritaria.
“Gli dei rendono ciechi, chi vogliono perdere”. Sembra proprio così.
E’ assente, in Italia, un’opposizione di sistema, politicamente organizzata, in grado di competere anche sul terreno istituzionale, capace di proporre un’alternativa di società e insieme un credibile programma di cambiamento.
Franco Astengo
Felice Besostri: Martin Schultz a Bergamo
L'incontro di Schulz con Bergamo è stata un successo. Il Centro Congressi di
un
>migliaio di posti era pieno da un terzo alla metà di giovani di scuole
>secondarie superiori di Bergamo e provincia, che sono stati anche i
>protagonisti della seconda parte, quella delle domande con risposta
immediata,
>come è d'uso in molti paesi europei. Credo che ci sia stato un buon ritorno
di
>immagine per i giovani italiani, poiché metà delle domande sono state
rivolte
>in un ottimo inglese. Solo tra over 20 sono stati ammessi a svolgere
domande.
>Il tempo stretto mi ha impedito di esordire con "anch'io sono un giovane di
50
>anni fa!". La domanda era del seguente tenore "Signor Presidente! Se i
partiti
>europei sono confederazioni di gruppi dirigenti nazionali non possono
assolvere
>ai compiti loro assegnati dall'articolo 10, c. 4 del Trattato sull'Unione
>Europea, non pensa che sia necessaria una riforma del PSE-e degli altri
partiti-
>nel senso di un partito sovranazionale, cui sia possibile anche
un'iscrizione
>diretta. Bisogna tenere presente che Schulz era in veste ufficiale e non
come
>socialista. Tuttavia è stato politicamente tranchant: Le prossime elezioni
>europee non devono essere un referendum su Europa sì- Europa no, a tra due
>modelli d'Europa con una scelta tra sinistra e destra, tra un'Europa giusta
e
>un'Europa competitiva, tra un'Europa che abbia tra le priorità il pieno
impiego
>e in particolare dei giovani e l'Europa dell'austerità e del taglio alla
spesa
>pubblica, che invece è elemento essenziale per una politica di investimenti
per
>uscire dalla crisi. La Presidente della Fondazione e volpediana d'onore, la
>compagna on. Pia Locatelli( che ringrazio a nome di tutti e alla quale
formulo
>i complimenti per l'iniziativa e la sua organizzazione) , mi ha presentato
come
>esponente del Gruppo di Volpedo e ho potuto dopo l'intervento consegnare il
>documento che avevamo fatto circolare. In tale contesto mi sono rivolto
in
>tedesco al Presidente Martin Schulz, e pertanto come Genosse. Spero che ci
sia
>presto on line il testo del discorso del Presidente Schulz. Ci sono le
>condizioni per ultimare il documento con il contributo di tutti i
destinatari
>e farne una piattaforma per tutta la sinistra italiana. Cordialente
>
>
>Felice Besostri
Documento dei compagni del Network per il socialismo europeo iscritti al PD
QUESTO DOCUMENTO E’ PRESENTATO DAI COMPAGNI DEL
“NETWORK PER IL SOCIALISMO EUROPEO”
ISCRITTI AL PD
A SOSTEGNO DELLA CANDIDATURA DI GIANNI CUPERLO ALLA
SEGRETERIA NAZIONALE DEL PD
"Quando mai, se non adesso, il Pd dovrebbe fare il primo congresso vero della sua storia, mettendo a confronto non solo candidati più o meno ipotetici, ma idee, proposte, progetti che abbiano un senso per il Paese, e insomma cercando di decidere quale partito vuol essere? E come è possibile fare un congresso vero senza uno scontro vero tra candidature vere, e cioè fondate su piattaforme politiche vere, discusse apertamente dai militanti, o come si chiamano adesso, e dagli elettori? (cit. Paolo Franchi)
Il PD, nonostante una cultura politica che rispetto ad altri partiti della sinistra europea appare meno orientata ai valori del socialismo e nonostante la presenza, al suo interno, di forze e culture moderate, rappresenta ancora la maggior forza progressista del Paese. Per questo motivo ogni ulteriore ritardo nella definizione di quali debbano esserne, senza più finzioni pseudo organizzative, gli elementi costitutivi ed i riferimenti sovranazionali, si ripercuote drammaticamente sulla sinistra nel suo complesso.
La sinistra è in crisi. Il PD può essere lo strumento per iniziare a venirne a capo, in caso contrario rischia di dare un contributo decisivo ad una stasi difficilmente recuperabile
I limiti, le contraddizioni, le carenze strutturali – culturali, politiche e programmatiche – della sinistra nel suo complesso, non potranno risolversi se il congresso del PD sitradurrà in una semplice presa d’atto del leaderismomediatico (tendenza rappresentata specie da Renzi) come stato di necessità, approdo necessario di un partito afflitto da idee rivelatesi errate: dal fallimento del socialismo europeo, all’esaurimento dei conflitti sociali, alla supina acquiescenza nei confronti di un processo di globalizzazione dell’economia che – svincolato da ogni regola – ha determinato la più grave crisi economica dell’età contemporanea.
Il partito leggero, lo snellimento burocratico ed organizzativo, è stato confuso con il partito liquido; ciò ha comportato la svalutazione, la devalorizzazione di quella che è sempre stata la ricchezza della sinistra: un insieme, un reticolo di presenze sul territorio che consentivano di capire ed interpretare le piccole e grandi tensioni sociali e di cercare, acquisire, consolidare il consenso grazie alle iniziative, agli incontri ed ai confronti politici e di idee che si svolgevano nelle sezioni e nei circoli.
Il processo decisionale si svolge, ora, pressoché esclusivamente in una direzione, dall’alto verso il basso. L’impegno di iscritti e militanti è stato mortificato con la sacralizzazione delle primarie aperte e la cooptazione da eccezione è diventata regola.
Il PD è diventato il partito degli eletti e degli assessori. Un partito che vive esclusivamente nelle istituzioni ma che con esse, come diretta conseguenza, non può aver nessun rapporto di natura dialettica subendo, spesso senza aver alcuna voce in capitolo, le decisioni assunte dai suoi rappresentanti nelle istituzioni, limitandosi ad esserne cassa di risonanza.
Si capovolge il meccanismo decisionale e quindi viene meno la possibilità, se non la capacità, di interpretare i movimenti e le dinamiche che intervengono sul tessuto e nel vissuto sociale.
Questo è il prezzo più alto della destrutturazione del partito ed è stato pagato dolorosamente in occasione delle scorse elezioni politiche, che hanno reso evidente l’assoluta assenza di qualsiasi legame tra il partito ed il popolo. Che non è il cd “popolo della sinistra”, che non è il “popolo delle primarie” ma è il popolo nella sua accezione più larga, vale a dire quella parte, la più numerosa, di cittadini che soffre il dramma della crisi economica e sociale, per l’annullamento delle speranze di crescita individuale e collettiva, per la mancanza di canali di comunicazione e, quindi, di rappresentanza dei propri bisogni.
L’azzeramento della speranza, può facilmente trasformarsi in rabbia. Una rabbia muta, all’inizio, che magari può trovare conforto iniziale nel populismo e nell’antiparlamentarismoma che poi può diventare preda di ben altri mostri, molto più pericolosi e distruttivi.
I - La sinistra, questa sinistra, ha rinunciato ad essere espressione di un blocco sociale, ha rinunciato a dare una priorità agli interessi da difendere.
Le esigenze della grande impresa, dei gruppi bancari e del dominio del mercato e della libera circolazione dei capitalinon possono essere poste sullo stesso piano di quelle di chi combatte quotidianamente una battaglia per non perdere la propria dignità di persona e di lavoratore, affrontando, spesso da solo, i costi di una crisi senza precedenti.
Dichiarando l’inutilità, l’inattualità, la “non modernità” di un blocco sociale di riferimento, dichiarando l’impossibilità di definire una scala di priorità degli interesse sociali ed economici, è venuta meno la possibilità di dar vita ad una coalizione sociale. Si è rinunciato, quindi, a ciò che è sempre stata la base, il cuore pulsante di ogni partito della sinistra, sempre ed ovunque nel mondo.
Nel passato, questa coalizione si concretizzava nell’alleanza tra classe operaia e ceto medio la globalizzazione, il declino del lavoro “fordista” ed il processo di impoverimento progressivo (se non in alcuni casi diproletarizzazione) del ceto medio, hanno reso più difficile questa alleanza che resta, però, fondamentale, rivisitandone gli attori, per il futuro della sinistra.
La questione sociale in Italia c’è, è più attuale che mai e la crisi economica l’ha resa ancora più evidente – e più complicata.
Da un lato c’è sempre il lavoro dipendente, anche se fatto di partite IVA, il lavoro precario, il lavoro che non c’è. Dall’altro c’è il capitale, il capitalismo finanziario, soprattutto: improduttivo e rapace, senza frontiere e senza regole, che impone le sue leggi facilitato dall’accondiscendenza miope e complice dei custodi dell’ortodossia neoliberista, basata sul binomio “austerità + rigore”.
La questione sociale si risolve accettando le ragioni del conflitto tra capitale e lavoro. Nulla è cambiato. Sono interessi legittimi entrambi, contrapposti, che nel conflitto si misurano ed il compromesso possibile è dato dai rapporti di forza in essere in un dato momento e dalla attuazione di politiche pubbliche che orientino lo sviluppo in termini socialmente ed ecologicamente sostenibili
La forza è data dalla rappresentanza politica e se questa manca, se al lavoro è negata una adeguata rappresentanzadei suoi interessi, a prevalere saranno sempre gli interessi dei grandi gruppi industriali e del capitalismo finanziario transnazionale
.
A tutto questo il PD ha intenzione di rispondere con chi vuole portare alle estreme conseguenze il “lingotto” veltroniano? Con chi vuole ridimensionare il ruolo del sindacato e pensa che una crisi da domanda e recessione si risolve con maggiore flessibilità e quindi una più elevata precarietà nei rapporti di lavoro?
II - C’è chi, nel partito, si è elevato a campione della battaglia per ridurre i costi della politica. Una battagliasacrosanta contro le degenerazioni e gli scandali legati alla politica è spesso tracimata nell’assecondare l'onda lunga dell'antipolitica. Il primo risultato è stato l’abolizione di qualsiasi forma di sostegno pubblico ai partiti con cui si è inferto un colpo mortale al sistema democratico, da semprebasato sulla partecipazione e sul principio di eguaglianza. Che può essere garantito solo dallo Stato. Che in tutta Europa esistano sistemi di sostegno pubblico al sistema dei partiti è, evidentemente, un dettaglio. Ma questo resta il modo più efficace per garantire la tenuta del sistema democratico
Si punta ad annullare il ruolo dei partiti come corpi intermedi, soggetti principali per consentire la partecipazione alla vita politica dei cittadini ed a renderepressoché impossibile l’autonomia della politica e dei partiti che (quasi regredendo alla situazione pre-fascista) ritornerebbero unioni di personalità locali, senza alcuna comunità di intenti e di valori, né identità riconoscibili, inermidinanzi agli interessi di quanti siano in condizione di esercitare attività di lobbying grazie alla disponibilità di ingenti risorse economiche.
Si rischia una democrazia delle elites, censitaria, ostaggio e proiezione degli interessi del capitalismo italiano ed europeo
III - L’apprezzamento di facciata che alcuni riservano ad iscritti e militanti del partito, nasconde, in effetti, un aristocratico disprezzo nei loro confronti, considerati - nel migliore dei casi - dei semplici portatori d’acqua, attacchini, “volantinatori”, che devono cedere il passo agli elettori tout court, che possono - secondo i “nuovisti” -decidere delle sorti di un partito per il quale nonspenderanno un minuto del loro tempo e che, ad ogni buon conto, neanche voteranno.
Il partito diventa un mezzo di promozione personale e perde le sue caratteristiche storiche di comunità, di strumento attraverso il quale uomini e donne, uniti dai medesimi ideali e che si riconoscono nel medesimo progetto, lottano – insieme – per cambiare la società. Il partito diventa un autobus sul quale salire e dal quale scendere a proprio piacimento.
Un partito senza identità, senza memoria condivisa, senza un ideale progetto di cambiamento della società.
Questo è il vero partito gassoso. Un partito fast food:patatine e coca cola.
Forse, è un grave pericolo, accadrà questo. Ma la sinistra non può permetterselo.
Il congresso del PD avrà una importanza fondamentale per la sinistra italiana, presente e futura. Riportare il PD sulle posizioni che furono di Veltroni, addirittura estremizzandole, allontanarsi dalla sinistra europea, proprio in vista delle elezioni del 2014, rappresenterebbe un ritorno ad un progetto che non aveva funzionato, e che condannerebbe la sinistra italiana al declino e l’Italia alla marginalità politica ed economica nel continente.
IV - C’è bisogno di un partito della sinistra che sia di governo, europeo ed europeista ma che non acquisisca come leggi fondamentali quelle decise tra Bruxelles, Francoforte e Berlino, che trovi nell'adesione al PSE sia i motivi di una rinnovata idea di Europa, sia la possibilità di sostenere le spinte - interne al movimento socialdemocratico europeo ma non ancora "maggioritarie" - che tendono ad una definitiva fuoruscita da politiche di sostanziale subalternità a quello che si è caratterizzato come un vero e proprio pensiero unico su scala continentale e si è concretizzato nel modello economico neoliberista.
L’ approdo – definitivo - al PSE non sarà la panacea di tutti i mali ma, almeno, può rappresentare una occasione per contribuire ad uno sforzo comune che possa consentire di cambiare in profondità l'atteggiamento dei partiti socialdemocratici di fronte alla crisi, ancora troppo remissivonei confronti della Commissione UE e della BCE.
L’obiettivo deve essere quello di costruire un soggetto unitario della sinistra che conservi la memoria storica ed il patrimonio di idealità, di lotte, di battaglie politiche della sinistra storica e del movimento operaio e sindacale, che abbia un chiaro profilo identitario ed una solida cultura politica e di governo, riconducendo a sintesi queste esperienze nell'ambito più ampio del movimento socialdemocratico e laburista europeo.
Paolo BORIONI e Marco LANG – PD Roma
Michele PETRICCIONE –PD Napoli
Paolo ZINNA e Angelo TURCO – PD Milano
Matteo GORINI – PD Firenze
Giacomo BOTTOS – PD Bologna
Stefano DE BARTOLO e Luigi BENNARDO – PD Cosenza
Stefano POGGI – PD Vicenza
lunedì 28 ottobre 2013
Luigi Fasce: Spinello libero, forse.... in Uruguay
La notizia l'ho trovata su La Stampa ma non viene riportata su La
Repubblica.
Non so se su altri giornali sia stata passata la notizia.
Non credo sui TG delle TV sia pubbliche si private, però questa sera
- sabato 26 ottobre 2013 - su RAI 3 alla trasmissione di Gramellini in chiusura di trasmissione ne ha accennato anche
se ha voluto aggiungere che è prevista anche una restrizione
sull'alcol, cosa altrettanto giusta a mio avviso, senza sognarsi il
proibizionismo di un tempo negli USA.
Si deve sapere che con la legalizzazione dell'uso delle droghe
leggere non consente solo il diritto individuale di fumarsi uno
spinello ma elimina il monopolio e guadagni enormi alle mafie, si
fanno uscire dalla galera il 30% dei carcerati, meno lavoro e spese
inutili per le forze dell'ordine e i Tribunali, si aiutano i malati a
usare farmaci a base di cannabis per lenire il dolore.
Non si trova l'articolo riportato sulla rete e dunque non posso
scaricarlo e inviarlo integralmente, dunque devo copiare a mano
qualche passaggio significativo dell'articolo.
Temo che la notizia tra l'altro una mezza pagina e con tanto di
foto del presidente José Pepe Mujica con il suo staff serenamente
sorridente rimarrà unica nel panorama dell'informazione.
Dobbiamo dunque farla passare sulla rete e estenderla dappertutto.
Titolo
<"Il vecchio Uruguay diventa l'Olanda del Sudamerica
Il presidente Mujica cambia il Paese: marijuana libera e nozze gay
Un Paese di tre milioni di abitanti, con mezzo milione di pensionati
e con un presidente di 78 anni che in pochi mesi è riuscito a far
pèassare la legalizzazione della droga leggera, la marijana di Stato
che sarà venduta a un dollaro al grammo. Il tutto senza spaccature
profonde nella società, in un clima di dialogo fra le diverse
politiche unico in America Latina.
La rivoluzione dle piccolo Uruguay porta il nome di José Pepe Mujica,
presidente di sinistra, ex guerrigliero uscito da 13 anni di carcere
duro durante il regime militare, austero nella vita quotidiana,
idealista e pragmatico in politica. Mujica vive da sempre in una
casetta in campagna alla periferia di Montevideo e dona l'ottanta per
cento dello stipendio a organizzazioni non governative impegnate nel
sociale perché convinto che un presidente deve dare l'esempio. «Con
poco più di mille euro - spiega - posso tranquillamente vivere, come
fa oggi la maggior parte dei miei connazionali».
"L'ultima sua battaglia sta per essere sancita con l'approvazione al
Senato del progetto di legge sulla legalizzazione della cannabis."
L'iniziativa, pensata per combattere il narcotraffico, prevede la
creazione di un registro di consumatori che potranno comprare in
farmacia e punti autorizzati fino a 40 grammi di marijana al mese,
proveniente da coltivazioni gestite dallo Stato. Chi vorrà, inoltre,
potrà richiedere un brevetto per poter coltivare a casa fino otto
piante. Agli albun possono iscriversi solo cittadini uruguaiani, ai
quali verrà garantito l'anonimato.
Spinello libero e legale, quindi, un meccanismo che dovrebbe, secondo
il governo, spezzare la catena del commercio illegale.
...
Un approccio pragmatico, quello di Mujica, e non certo un deriva
verso la vita senza regole, anzi tutto il contrario; se la marijana
viene infatti legalizzata, l'esecutivo di sinistra ha varato una
strategia per limitare il consumo di alcol, soprattutto fra i più
giovani. ...>
Si capisce bene dalla mia evidenziazione che la battaglia non è
ancora vinta.
Spero tanto che la casetta del presidente Mujica sia protetta
adeguatamente da qua alla votazione della legge in Senato.
Infine, ci sarà un Deputato o Senatore, meglio un Partito attualmente
all'opposizione nel nostro Parlamento che si decida di presentare un
disegno di legge per la legalizzazione della marijana che fa meno
male che fumare tabacco ?
Diffondere, diffondere, diffondere.
Luigi Fasce
PS
perché non si pensi che parlo senza cognizione di causa, ricordo che
sono stato psicologo SSN, a suo tempo vicepresidente comitato
prevenzione tossicodipendenze Regione Liguria, e poi componente
sezione speciale tossicodipendenze Tribunale Genova --
Luigi Fasce
luigi@fasce.it
domenica 27 ottobre 2013
sabato 26 ottobre 2013
venerdì 25 ottobre 2013
Felice Besostri: Relazione alla Costituente delle idee
BESOSTRI RELAZIONEXCOSTITUENTE DELLEIDELABORATORIO Roma 24 ottobre 2013
Ringrazio Laboratorio Politico-Costituente delle Idee per aver accettato una mia proposta di riflessione sulle riforme istituzionali ed elettorali in vista delle elezioni europee del maggio del prossimo anno. Dalla sua costituzione faccio parte di Laboratorio Politico* pur non essendo come molti altri membro del PD: la decisione di costituirlo, motivò la mia decisione di lasciare i DS al Congresso di Firenze dell’aprile 2007 Resto tuttavia convinto che senza il PD, i suoi iscritti ed elettori, non ci sia alcuna possibilità né teorica, né fattuale di costituire un’alternativa democratica e progressista al centro e alla destra, tantomeno che una sinistra europea si possa costruire contro il PD, invece di recuperalo ad una prospettiva di fronte democratico, laico e progressista, che abbia la sua corrispondenza in un gruppo parlamentare europeo vincolato maggioritariamente al PSE.
La congiuntura politica istituzionale è condizionata dai problemi non risolti. Con le sentenze n. 15 e 16 del 2008 del 23/01/2012 (l’udienza pubblica nella quale ho discusso l’ammissibilità dei referendum Guzzetta, opponendomi si era tenuta il 13/12/2011), la nostra Corte Costituzionale, non pronta proceduralmente ad accogliere le obiezioni sul premio di maggioranza che i quesiti referendari avrebbero accentuato con il divieto di coalizioni, aveva lanciato un forte monito al Parlamento e alle forze politiche di modificare il premio di maggioranza prevedendo una soglia minima in voti o seggi. L’invito, reiterato con la sentenza n. 13 del 2012, è rimasto inascoltato al pari degli appelli del Capo dello Stato. Si è votato, invece, con quella legge di dubbia costituzionalità nel 2008 e nel 2013, confidando in quella giurisprudenza, consolidata delle SS.UU. di Cassazione e del Consiglio di Stato sulla carenza assoluta di giurisdizione nei confronti delle operazioni elettorali, grazie ad un’abnorme interpretazione dell’art. 66 della Costituzione., Le Camere elette, anche con legge di dubbia, anzi addirittura manifesta incostituzionalità, sono arbitre di giudicare sui ricorsi contro le operazioni elettorali. Il risultato pratico è che una legge incostituzionale che fosse votata da una maggioranza artificiale, grazie ad un premio di maggioranza, che fosse promulgata da un Presidente eletto dalla stessa maggioranza non avrebbe un giudice nemmeno per le operazioni elettorali preparatorie, benché il Parlamento con la norma di delegazione dell’art.44, c. 2 lett. d) l.n. 69/2009 avesse previsto lo stesso giudice per le operazioni elettorali di Comuni, Province, Regioni e Delegazione italiana nel Parlamento Europeo, anche per le operazioni elettorali preparatorie di Camera e Senato. Il codice del processo aministrativo non l’ha previsto, con dubbi che ciò sia avvenuto con violazione dell’art. 76 Cost.. Lo stesso decreto di convocazione dei comizi elettorali sarebbe atto inimpugnabile, TAR Lazio Sez.IIbis n. 1855/2008 e CdS, sez.IV, n.1053/2008, quindi anche se emanato ln violazione del termine di 70 giorni dallo scioglimento delle Camere. Eppure la Corte Costituzionale aveva fatto una richiesta minimale di fissare una soglia di accesso, che ben poteva coincidere con il 25% della fascistissima legge Acerbo. Il mancato adeguamento della legge elettorale non dipendeva dalla soglia di accesso o dalla difficoltà di rinunciare al premio di maggioranza, ma probabilmente dalle liste bloccate, che sono un bene irrinunciabile per i gruppi dirigenti o per i padroni di partiti e/o liste. Un parlamento di nominati, e la cui ripresentazione dipende da un gruppo ristretto di persone, è un organo più docile di chi debba rispondere ai propri elettori. La docilità e la prevedibilità dei loro comportamenti, salvo che quando entrano in gioco, altri fenomeni come la corruzione o semplicemente il desiderio di non perdere il posto e i connessi vantaggi, consentono di assicurare la stabilità e quindi la governabilità, che è la chiave di lettura delle scelte compiute in materia elettorale. Non si è tenuto conto che in una democrazia rappresentativa, che resta, a mio avviso, la miglior forma di governo, che può essere integrata e completata, ma non sostituita, da istituti di partecipazione popolare e democrazia diretta, è il dibattito pubblico che deve precedere le deliberazioni, l'essenza della democrazia, come ci insegna Nadia Urbinati, più dei sistemi elettorali, aggiungo io. Si spiega così che scelte come la modifica degli artt. 81, 97, 117 e 117 Cost. con una maggioranza straripante superiore ai due terzi sia sta presa in condizioni di semi-clandestinità. Stabilità e governabilità spiegano la preferenza per sistemi elettorali maggioritari e bipolarizzanti, come se questo fatto potesse sostituire l’elaborazione di programmi all’altezza dei problemi da risolvere e la capacità di organizzare un blocco politico e sociale egemone, in grado di garantire una maggioranza non solo numerica ed apparente, come quella che deriva dalla combinazione di premi in seggi e soglie di accesso che trasformano minoranze occasionalmente più forti in maggioranze eterogene” Il prof. Onida , che purtroppo non può essere tra noi, ha definito queste scelta: “La fiera dei premi di maggioranza” nel valutare positivamente l’ordinanza del Tar Lombardia, che ha inviato in Corte Costituzionale la L.R. 17/2012 della Lombardia , con norme condivise da altre leggi elettorali regionali. La legge elettorale regionale lombarda può così raggiungere alla Consulta le modifiche introdotte dalla l. 270/2005, la cui discussione è fissata al prossimo 3 dicembre. Il vertice dell’equivoco si è raggiunto coll’errata convinzione che si debba sapere chi ha vinto le elezioni e quindi governerà la sera stessa delle elezioni. E’ una pretesa che non ha riscontro neppure nei sistemi presidenziali: Obama ne è dimostrazione. La situazione non è migliore neppure nei sistemi semipresidenziali: non solo ci sono state 2 coabitazioni in Francia, ma in astratto non è garantito, che il Presidente abbia la maggioranza nelle seguenti elezioni dell’Assemblea Nazional. Persino in Gran Bretagna chi avrebbe governato sarebbe dipeso dalle scelte dei liberali, come in Germania il successo personale della Merkel non le garantisce il Governo finché non firma un contratto di coalizione con un secondo partner, perché nel Bundestag è in minoranza come lo era nel 2005 e negli ultimo scorcio della coalizione con la FDP nel Bundesrat. Per noi che abbiamo gioito per la chiara vittoria di Hollande sia alle presidenziali che alle legislative desta preoccupazione il fatto che a poco meno di un anno e mezzo dal maggio 2012 non sia garantito di poter governare, cioè di poter mantener fede al proprio programma e tutto ciò malgrado una confortevole maggioranza, frutto del sistema maggioritario a doppio turno, che piace a molti, anche nel centro-sinistra. Ebbene senza la disciplina repubblicana il sistema maggioritario a doppio turno non assicurerebbe stabili maggioranze. La cultura politica, che determina i comportamenti, pare non far parte delle riflessioni o del bagaglio di conoscenze ,di chi si occupa da politico o da giurista di leggi elettorali. Il maggioritario di collegio uninominale con ballottaggio eventuale, che ha il consenso di molti, senza disciplina repubblicana, senza la polarizzazione destra-sinistra e la discriminante anti-fascista verso la destra estrema e con, a contrario, forti partiti regionali e vaste porzioni del territorio a forte dominanza clientelare, quando non di influenza elettorale della criminalità organizzata, avrebbe esiti diversi, se non opposti, in un Paese come l’Italia. Lo stesso con un sistema elettorale, come quello tedesco -l’altro grande modello di riferimento -con un sistema tripartito prima Union-SPD e FDP e quadripartito poi con i Verdi- si poteva scommettere che in Italia non avremo avuti Cancellieri democristiani o socialdemocratici ma liberali o verdi, finché DC e PCI non fossero stati pronti a praticare larghe intese o una sorta di Große Koalition grazie al Compromesso Storico. Nei paesi scandinavi, quando tramontò il periodo delle maggioranze assolute dei socialdemocratici furono possibili stabili governi di minoranza perché i partiti a sinistra dei socialdemocratici, mai avrebbero unito i loro voti a quelli dei partiti borghesi per sfiduciare o mettere in minoranza il governo: questo scrupolo è invece stato assente in Italia per sfiduciare il governo Prodi nell’ottobre 1998 e nel gennaio 2008 il logoramento del Governo ad opera di sue componenti di sinistra della maggioranza aveva preceduto la sfiducia formale. Vogliamo pensare ai paradossi della governabilità e del bipolarismo, che avrebbero dovuto essere favoriti da leggi elettorali con premio di maggioranza, si sono avute legislature a fine anticipate dopo le elezioni del 2006 e senza la crisi economica e l’emergenza dopo quelle del 2008 e la stessa legislatura del 2013 non è destinata a durare fino al 2018, anzi sarebbe già terminata come la precedente se si fosse riformata la legge elettorale. Nel dibattito attuale preoccupa, che invece di trarre lezione da quanto accaduto si pensi di accentuare l’artificialità di maggioranze con l’introduzione di un premio di maggioranza nazionale anche al Senato, malgrado l’art. 57 Cost., quando la differenza di possibili maggioranze politiche tra Camera e Senato non dipende dal premio di maggioranza nazionale per la prima e regionale per il secondo, ma dalle diverse soglie di accesso e di deroghe per le liste coalizzate, che contro ogni nozione minima di matematica, sono più elevate per il Senato anche fino al doppio, benché abbia la metà dei componenti della Camera. Questo fatto impedisce che ci sia le stessa offerta politica alla Camera e al Senato.
L’elezione diretta dei vertici esecutivi, insieme con la prevalenza dell’esposizione mediatica, nella scelta dei cittadini ha modificato il criterio di scelta della classe politica i cui effetti non positivi cominciano ad emergere anche nel caso dei Sindaci di grandi città. Tra i criteri di scelta non compare la valutazione della capacità di essere un buon sindaco, ma solo quello di poter abbattere l’avversario nei consensi. Se questo è il criterio è logico che il Sindaco di Milano non voglia fare un secondo mandato e quello di Firenze abbia da tempo concepito la carica come trampolino per altri destini, avendo un chiaro obiettivo finale la Presidenza del Consiglio. La stessa logica di stabilità ha presieduto alle riforme elettorali di comuni, province e regioni, con accentuazione per queste ultime dalla mancata previsioni di un secondo turno di ballottaggio. Siamo riusciti ad inventare un sistema elettorale sui generis, che subordina l’assemblea rappresentativa al vertice del potere esecutivo, contraddicendo 200 anni di sviluppo di democrazia e assegnando al vertice esecutivo, Sindaco, Presidente di Provincia( specie in via di esaurimento) e di Regione un potere inesistente persino nelle forme di governo presidenziale(dove non può sciogliere il Congresso) o semi-presidenziale. Negli Stati Uniti il Presidente non ha la garanzia di controllare il Congresso, le elezioni non sono mai totalmente contestuali e neppure in Francia. In questi due paesi a nessuno è mai venuto in mente di eleggere presidente e assemblee legislative in un unico election’s day, assegnando un premio di maggioranza al presidente con più voti al primo ed unico turno negli USA o al ballottaggio in Francia.
L’esperienza ha provveduto a smentire nei fatti che per assicurare stabilità fosse sufficiente assegnare un alto premio di maggioranza( se volessimo pulire il linguaggio dovremo chiamarlo premio alla minoranza più forte), senza tener conto che il premio è incentivo a raccogliere il più ampio arco di forze e quindi senza badare troppo alla loro eterogeneità. Il premio, quando si presentano problemi politici, non costituisce legame per il governo , così è stato con le elezioni del 2006, del 2008 e persino del 2013 la coalizione IBC non ha resistito 60 giorni alla mezza vittoria della coalizione (Parafrasando il Talmud sulle mezze verità, che sono una bugia intera, le mezze vittorie sono una sconfitta totale).
La riforma del sistema elettorale nei Comuni ha avuto un buon avvio, a prescindere dal premio di maggioranza legato ai voti del Sindaco, ma al primo turno le liste collegate al Sindaco devono avere almeno il 40% dei voti, il sindaco la maggioranza assoluta e nessun gruppo di liste collegato ad altro candidato il 50%( art. 72 TU EE.LL), mentre lo stesso premio viene attribuito in un unico turno al candidato presidente di regione, eletto a maggioranza relativa( che è una minoranza assoluta solo anche di poco superiore alla minoranza assoluta concorrente). Il voto personale e uguale del nostro articolo 48 Cost. è leso dal fatto che per il Presidente è ammesso il voto disgiunto, quindi chi non voti per alcuna lista o addirittura per una lista collegata ad un candidato presidente concorrente: questa possibile incostituzionalità della norma è stata oggetto di rinvio alla Corte Costituzionale dal TAR Lombardia, sez. III con ordinanza n2261/13 del 8-9/10/2013. I progetti di riforma dovrebbero tener conto di queste ordinanze di rinvio, non perché l’incostituzionalità sia certa, non siamo in Germania dove la giurisprudenza della Bundesverfassunsgericht è estremamente severa in termini di rispetto del voto uguale e diretto previsto dall’art. 38 GG, tanto che con sentenza del 2011 ha dichiarato costituzionalmente illegittime le soglie di accesso (Sperrklausel), nella legge elettorale europea in Germania, mentre noi l’abbiamo introdotta con la riforma della legge europea nel 2009 alla vigilia delle elezioni: sarebbe il caso di introdurre un semestre bianco anche per le leggi elettorali.
In ogni riforma elettorale bisogna anche tener presente la reciproca interazione tra sistema dei partiti e sistema elettorale, che con un sistema debole di partiti diventa metodo di selezione della classe dirigente. In un sistema di democrazia rappresentativa, completato con istituti di democrazia diretta devono esserci corpi intermedi stabili, che organizzino il dibattito pubblico, selezionino la classe politica e rappresentino gruppi sociali o interessi di parti della società. I partiti sono andati, il loro prestigio è basso e come conseguenza da anni si sta legiferando sotto la spinta emotiva di un'opinione pubblica aizzata più che informata i partiti non sono più un organismo che non dico indirizzi l'opinione pubblica, ma almeno fungano da vasca di decantazione. Dall’abolizione delle province, al costo della politica o al superamento del bicameralismo( detto per inciso e tra parentesi che potrebbe essere modificato eliminando alcuni difetti della spola tra le due Camere in gran parte con una semplice modica di articoli di regolamento di Camera (art. 107)e Senato(artt. 74 e 81), per evitare la decadenza di tutto il lavoro fatto nella precedente legislatura). I temi sono trattati ed imposti dall’esterno del Parlamento senza neppure la mediazione dei partiti. Un partito deve identificarsi con un leader carismatico televisivo. Questi leader hanno meno autonomia di leader di una volta, a sinistra, un Togliatti o un Nenni, questi cercavano di indirizzare le masse, mentre quelli televisivi le seguono e le assecondano, per esigenze di popolarità. Devono essere al servizio di chi ha il controllo dei mezzi di comunicazione, che non sono solo la proprietà, ma anche i conduttori, sia che si mettano in proprio ( Marrazzo, Badaloni) ovvero inventino personaggi deleteri come ha fatto Floris con la Polverini, senza doverne rispondere. Una riforma elettorale non può prescindere dal dare finalmente esecuzione all’art. 49 Cost. con una legge sui partiti politici come ne esistono in Germania, Francia e Spagna, i cui sistemi elettorali volta a volta sono presi a modello, come se fossero avulsi da un sistema dei partiti. Sulle riforme istituzionali e costituzionali condividendo il contributo del Prof. Augusto Cerri non spendo molte parole, spero solo che si sappia trovare una mediazione sull’approvazione finale, che dovrebbe essere opera di un parlamento** di non nominati, . perché i nominati sono più facilmente condizionabili, in specie se convinti che senza un loro pronta acquiescenza è in pericolo la durata della legislatura e la loro rielezione. I nominati sono naturalmente troppo sensibili alle pressioni di chi li ha trasformati in parlamentari e quindi di essere eterodiretti. La qualità del loro lavoro sarà tanto più alta quando sapranno che l’approvazione finale spetta ad altra legislatura e che la durata della loro legislatura non dipende dall’approvazione finale delle modifiche costituzionali nei tempi dettati da altri poteri, ma dalla capacità di questo Parlamento di far uscire il Pase dalla crisi economica e sociale.
Vorrei soltanto concludere con un accenno alla legge elettorale europea: quella vigente deve essere cambiata. E’ stata modificata con l.10/2009 nel febbraio con elezioni già previste per il giugno, con lo scopo dichiarato dai relatori al Senato Ceccanti e Malan di impedire che rientrassero in gioco le forze politiche escluse dal Parlamento nel 2008. Poiché sono rientrate in gioco nel 2013, bisogna prenderne atto con la stessa logica. Ci sono altri argomenti più importanti. Il ruolo crescente dell’Europa e il perdurante deficit di democrazia richiedono un aumento del ruolo del Parlamento Europeo, per il quale non basta l’aumento dei poteri sulla carta, se si indebolisce la sua legittimazione politica. Il tasso di partecipazione elettorale è importante specialmente in confronto alle elezioni del 2009. Il tasso di astensione è cresciuto di quasi 27 punti percentuali, dal 30,08% del 1979 al 57% del 2009 e, quindi, per la prima volta alle elezioni europee hanno partecipato meno del 50% degli aventi diritto. Se non si inverte la tendenza c’è il rischio che i movimenti anti-europeisti, anzi anti-europei tout court siano sovra rappresentati. Preoccupante la composizione demografica dei non votanti: 18-24 anni 70,9%, 25-39 anni 64,3% cioè i giovani e quelli nel pieno delle forze produttive. Altro dato preoccupante quello dell’appartenenza dei non votanti a classe sociale: Bassa (1-4) 66,8% Media (5-6) 55,7% Alta (7-10) 46,5%
I trattati europei( art.190 TCE) affermando che “il Parlamento europeo elaborerà un progetto inteso a permettere l’elezione a suffragio universale diretto, secondo una procedura uniforme in tutti gli Stati membri o conformemente a principi comuni a tutti gli Stati membri” prevedono che l’elezione si tenga con una legge elettorale uniforme, che tuttavia non è mai stata approvata. Principi comuni a livello europeo( gli ultimi sono del 2002), sono stati approvati prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona( 1 dicembre 2009,) successiva alle stesse elezioni del 2009 e quindi non sono in completa consonanza con lo stesso. L’incostituzionalità dichiarata dalla Corte Costituzionale Federale tedesca non può essere ignorata in quanto le argomentazioni si attagliano anche all’Italia, perché l’uguaglianza del voto può, nel bilanciamento dei valori costituzionali, essere sacrificata per assicurare la governabilità, obiettivo totalmente assente nel caso del Parlamento Europeo. Di più con raccomandazione della Commissione del 12 marzo 2013 si è chiesto agli stati membri di modificare la legislazione nazionale per l’elezione del parlamento europeo introducendo per le liste concorrenti il richiamo al partito europeo di riferimento. Nello stesso senso si è espresso il Parlamento Europeo con risoluzione del 12 giugno 2013, che vale la pena di ricordare contiene anche il seguente ” considerando che la democrazia interna ai partiti e il rispetto di elevati standard di apertura e integrità da parte dei partiti politici sono un fondamento essenziale per aumentare la fiducia del pubblico nel sistema politico”: ebbene con la l. n. 10 del 2009 abbiamo eleminato dalla delegazione italiana al Parlamento europeo ben 4 partiti membri di un partito europeo(PSI, Verdi e PRC-PdCI aderenti rispettivamente a PSE, PVE e SUE). Vi è poi una ragione specifica derivante dagli effetti della Sentenza Gargani CdS Sez. V, n.. 02886/2011 del 13/05/2011 resa nel ricorso R.G. 00642 , con la quale interpretando il combinato disposto degli artt. 2 e 51 della L. 18/79/2011. Ha disapplicato l’art. 21 della legge applicando in suo luogo l’art. 83, comma 1, n. 8, del decreto. D.P.R. 367/1957 e s.m.i. affinché i seggi restino nella Circoscrizione cui sono stati assegnati in rapporto alla popolazione residente invece di trasmigrare in altra Circoscrizione in relazione alla partecipazione e al comportamento elettorale degli elettori residenti penalizzando il Sud (15 eletti, in luogo dei 18 seggi assegnati dal D.P.R. 18.4.2009) e le Isole (6 eletti, in luogo degli 8 seggi assegnati dal D.P.R. cit.). La Lega si è trovata con 2 europarlamentari in più nel Nord-Ovest e nel Centro, perché al Sud e nelle Isole non l’hanno votata ma hanno votato per Sinistra e Libertà di Vendola e socialisti e per il MPA di Lombardo. Altro problema di rilievi costituzionale è costituito dall’art. 12 della l. 18/1979 che fa un trattamento di favore le minoranze linguistiche francese, tedesca e slovena, in realtà per la sola SVP, mentre la L. 482/1999 ne riconosce 12 e con una differenza di trattamento ingiustificabile rispetto alla norma per la camera dei deputati (art. 83 D.P.R. 361/1957 e s.m.i, c.1 n. 3 lett. a) prevede un trattamento particolare per le minoranze linguistiche che hanno presentata liste “esclusivamente in una delle circoscrizioni comprese in regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche”. Il friulano e il sardo sono quindi tutelati,ma non le pur numerose minoranze linguistiche presenti in regioni a Statuto ordinario, come l’occitano, il tedesco e il franco provenzale in Piemonte e l’albanese e il grecanico in Calabria. Norme speciali per minoranze linguistiche, compreso il diritto di coalizione e la deroga alla soglia di accesso nazionale, senza prevederle per minoranze politiche( diritto di tribuna) pongono un problema di compatibilità con l’art. 3 Cost..
In relazione al diritto europeo che con l’art. 117 , c.1 Cost., nel testo novellato nel 2011, è vincolo per la legislazione statale e regionale, vi sono dubbi, anche in relazione all’art. 51 Cost., delle norme che privilegiano forze politiche uscenti esentandole dalla raccolta firme di presentazione per le liste e per le modifiche derivante dal mancato coordinamento tra le norme di introduzione della soglia di accesso e quelle sul finanziamento delle campagne elettorali. La norma prevedeva che per aver diritto al rimborso delle campagne elettorali era necessario eleggere almeno un parlamentare europeo con una legge che consentiva di eleggere un parlamentare anche con meno deell’1% dei voti validi: improvvisamente con le modifiche della L. 10/2009 soglia di accesso all’elezione e soglia per il finanziamento vengono a coincidere, il che è irrazionale e non ha precedenti in nessuna legislazione nazionale per l’elezione dei rappresentanti nazionali nel Parlamento europeo. Alla luce dei principi enunciati nella sentenza 23 aprile 1986 “ federation Les Verts v. Parlament Européen” sono illegittimi tutti i privilegi e vantaggi concessi a gruppi politici uscenti rispetto a nuove formazioni. Richiedere modifiche alla legge elettorale europea vigente è al contempo una richiesta di ricondurla a conformità costituzionale e dei trattati europei, e una scelta politica, quella che a sinistra siano possibili alleanze e convergenze sul terreno proprio dei programmi europei. Un rischio maggiore incombe sulle elezioni europee, che si celebrino dopo elezioni nazionali anticipate oscurandole, perché nella nostra cultura politica quelle sono le vere elezioni.
*La relazione riflette mie opinioni non concordate all’interno di Laboratorio Politico, che elaborerà una sua posizione dopo questo Seminario e sulla base del confronto delle legittime opinioni diverse ed anche contrastanti sui punti trattati.
**Niente di nuovo è la procedura ordinaria di revisione in Svezia
Capitolo VIII. Leggi e altre norme giuridiche
Art. 15 - Le leggi costituzionali sono approvate con due delibere di identico tenore. La seconda di tali deliberazioni non può intervenire se non dopo che si sono tenute nuove elezioni generali per il Riksdag e la nuova assemblea si è riunita. Inoltre devono trascorrere non meno di nove mesi fra la data della prima presentazione della questione all'assemblea del Riksdag e la data delle elezioni, a meno che la Commissione degli affari costituzionali non consenta una deroga per mezzo di una delibera pronunziata entro il periodo di esame della questione, e alla quale abbiano aderito almeno i cinque sesti dei membri.
e per modifiche di parti rilevanti in Spagna
Art. 168. - 1) Qualora si intenda promuovere la revisione completa della Costituzione o
una revisione parziale riguardante: il Titolo preliminare; il Capitolo II, Sezione I, del Titolo I;
o il Titolo II, si procederà all'approvazione di tale delibera a maggioranza dei due terzi di
ciascuna Camera, e allo scioglimento immediato delle Cortes.
2) Le Camere elette dovranno ratificare la decisione e procedere allo studio del nuovo
testo costituzionale, che dovrà essere approvato a maggioranza dei due terzi di entrambe le Camere.
3) Una volta approvata dalle Cortes, la revisione sarà sottoposta a referendum per la sua
ratifica.
giovedì 24 ottobre 2013
martedì 22 ottobre 2013
Lanfranco Turci: Riunificare il mondo del lavoro è possibile?
TURCI 21 OTT. 2013
RIUNIFICARE IL MONDO DEL LAVORO E’ POSSIBILE ?
In un saggio del 1990 sulla evoluzione storica del movimento operaio mondiale, Giovanni Arrighi ricostruiva la divisione del movimento operaio fra quella che egli chiamava la linea Bernstein e la linea Lenin come riflesso di una grande divisione fra le condizioni del mondo del lavoro dei paesi centrali e quelle dei paesi periferici. Le prime caratterizzate da un grande “potere sociale” del lavoro, riconosciuto anche dagli Stati e dai Governi, le seconde caratterizzate dalla “crescente miseria di massa”. Ma nello stesso saggio egli ricordava come negli ultimi 20 anni il quadro fosse cambiato profondamente in forza della svolta liberista, della globalizzazione e delle delocalizzazioni delle multinazionali, miranti a sfruttare i paesi a basso costo del lavoro e a mettere così sotto pressione il potere sociale dei lavoratori dei paesi centrali. Potere peraltro indebolito anche dalla femminilizzazione del mercato del lavoro, dai crescenti flussi immigratori e dai cambiamenti tecnologici.
“Il risultato è stato una profonda riconfigurazione dei soggetti che costituiscono l’esercito industriale attivo e quello di riserva…Un settore molto più ampio dell’esercito industriale attivo è ora localizzato nella periferia e nella semiperiferia dell’economia mondo, mentre l’esercito attivo del centro ospita al suo interno, ai livelli più bassi, un gran numero di membri femminili e immigrati e, ai livelli più alti ,intellettuali e scienziati formalmente proletarizzati. Questa riconfigurazione ha messo sotto pressione i lavoratori maschi dei paesi del centro occupati ai livelli medi e bassi, mettendoli nelle condizioni di dover accettare livelli più bassi di remunerazione in rapporto allo sforzo produttivo, pena la estromissione dall’esercito attivo.”
In sostanza non funziona più la polarizzazione fra potere sociale del lavoro in una parte del mondo e miseria crescente nell’altra. Per la parte del mondo che ci riguarda, da allora ad oggi, la miseria, la precarietà e le divisioni sono diventate di casa, con il conseguente indebolimento politico e sindacale del lavoro. Con altre parole e un diverso approccio teorico, in un saggio del 2013, Thomas Palley, un economista keynesiano strutturale, descrive la condizione del lavoro nei paesi avanzati con un grafico significativo che qui purtroppo non posso riprodurre. In sostanza egli immagina i lavoratori rinchiusi in un box sui cui quattro lati premono le politiche neoliberali, caratterizzate dall’abbandono dell’obiettivo della piena occupazione, dallo “Small Goverment”, dalla flessibilizzazione del mercato del lavoro e dalla globalizzazione. Per cambiare questa situazione e uscire dalla crisi globale che stiamo vivendo, la sua proposta è di puntare su un box alternativo, orientato dalle politiche del Keynesismo strutturale. In altri termini mettere dentro al box le Corporations e i mercati finanziari, esercitando sui quattro lati la pressione delle politiche di pieno impiego, di una politica pubblica socialdemocratica, della solidarietà nel mercato del lavoro e del governo della globalizzazione. Il governo della globalizzazione dovrebbe prevedere il controllo dei movimenti dei capitali, nuovi accordi internazionali sul modello di Breton Woods e standard sociali e ambientali nel regolamento del commercio internazionale. In relazione al tema che oggi discutiamo, segnalo che Palley include anche la proposta di un sistema globale di minimo salariale, adeguato naturalmente alla realtà dei singoli paesi, per migliorare in ogni paese la distribuzione del reddito e stabilire un più stretto rapporto fra salari e produttività. Questa politica avrebbe anche il fine di rilanciare la crescita dei vari paesi riorientandola sul traino della domanda interna e della crescita salariale, scoraggiando in tal modo le politiche mercantiliste di paesi come la Germania e la Cina, tutte basate sullo sviluppo delle esportazioni e del surplus delle partite correnti. E’ importante anche sottolineare che questo autore propone che il minimo salariale sia fissato non una tantum, salvo periodici adattamenti all’inflazione, come avviene nei paesi dove è ora applicato, bensì sia fissato in rapporto a una percentuale del salario mediano,( il livello del salario sotto il quale sta la metà dei lavoratori e sopra l’altra metà ) di modo che possa crescere in rapporto alle conquiste salariali del settore più forti del mondo del lavoro e in ultima istanza all’andamento generale della produttività.
Posso sbagliare, ma credo che se vogliamo prendere sul serio il tema drammatico delle divisioni del mondo del lavoro, il tema del salario minimo legale non possa essere più a lungo rimosso anche nel nostro dibattito nazionale. Teniamo presente che questo tema è fra quelli che stanno al centro proprio in questi giorni della trattativa fra CDU e SPD per la formazione del nuovo governo tedesco, trattativa nella quale la SPD propone la istituzione per legge di un salario minimo orario di 8,5 euro. Mi pare evidente che i socialdemocratici tedeschi stiano scontando da tempo nei loro risultati elettorali le responsabilità delle riforme Hartz del governo Schroeder e la perdita del consenso fra i 7 milioni di lavoratori intrappolati nei minijob, di cui 1,8 milioni guadagnano meno di 5 euro lordi all’ora. Per questo hanno deciso di fare del minimo salariale un tema strategico. E’ evidente altresì che il minimo salariale riguarda questi lavoratori, non certo i metalmeccanici della Wolkswagen. Trovo tuttavia molto significativo che di questo si parli anche in un recente documento del 2012 della IG Metall. Quel documento ( Change of course for european solidarity ) pone giustamente al centro per una nuova politica europea la lotta contro la deregolamentazione del mercato del lavoro e il dumping sociale, nonchè la necessità di un efficace coordinamento delle politiche salariali fra i sindacati europei. Sembra di leggere l’eco della proposta di uno standard retributivo europeo avanzata due o tre anni fa da Emiliano Brancaccio. Ma dicevo che trovo significativo che anche un forte sindacato come IG Metall, che certo conosce bene quanto il tema del minimo salariale per legge sia problematico per i sindacati, apra anche al minimo salariale” là dove è necessario farlo”. Peraltro, visto che ci avviciniamo alle elezioni europee, voglio ricordare che anche il programma fondamentale del Pse del giugno 2013, che pure sembra poco più di un brodo insipido di buoni sentimenti, apre al tema dei minimi salariali, affermando che “Minimi salariali dovrebbero essere introdotti in ogni Stato membro, tenendo conto le condizioni esistenti del mercato del lavoro e nel pieno rispetto del confronto sociale”.
So bene che ci sono preoccupazioni fondate all’interno dei sindacati anche nel nostro paese, circa il fatto che il salario minimo legale possa indebolire ulteriormente il potere contrattuale dei sindacati e possa costituire una calamita di attrazione verso il basso anche dei salari contrattuali. Una via per rispondere almeno in parte alla stessa esigenza di tutela delle fasce deboli del mercato del lavoro, potrebbe essere quella dell’estensione “erga omnes “dei contratti. Ma sicuramente lascerebbe scoperti settori e forme di lavoro non raggiungibili dai contratti stessi. Un ponte va dunque costruito verso quelle che Arrighi chiamava le aree della miseria dell’esercito del lavoro degli ex paesi centrali.
Insomma mi domando se per l’unificazione del mondo del lavoro non si possano affrontare anche temi scomodi e ambivalenti come questo. Il problema che andrebbe approfondito è come far funzionare uno strumento come questo anche per le figure spurie del lavoro dipendente come i Co.co.pro o le false partite Iva. Qualcosa è previsto nella recente riforma Fornero con riferimento ai minimi retributivi dei contratti di lavoro assimilabili. Occorre verificare che risultati e eventuali controindicazioni stia producendo questa normativa. Comunque il tema va affrontato sia sul piano sindacale sia su quello politico. Dovrebbe pur significare qualcosa la bassa percentuale di voti operai che va ai partiti della sinistra e del centro-sinistra. Più in generale ci si deve preoccupare della divisione crescente fra la parte del mondo del lavoro ancora dotata di un minimo potere sociale, anche se in progressiva riduzione, e la massa dei non garantiti. La campagna di destra contro i presunti privilegi dei garantiti e contro la presunta politica del “Tutto ai padri, niente ai figli “ha fatto la sua parte. Ma non meno responsabilità hanno le debolezze dei sindacati e soprattutto la penetrazione profonda della cultura liberista in buona parte della sinistra che ha finito per rimuovere il conflitto sociale dal suo orizzonte politico e ideale. Ora è venuto il momento di cercare di sanare la somma di fratture che dividono il mondo del lavoro. Senza impegnarsi su questo fronte la speranza di cambiare gli equilibri nel nostro paese affidata unicamente al gioco politico è destinata alla sconfitta.
Mozione congressuale della sinistra socialista
Finalmente arriva il Congresso del Partito Socialista Italiano. Dopo troppi anni di marginalità i Socialisti, in questo momento di crisi che colpisce soprattutto i soliti noti ossia lavoratori dipendenti, pensionati, studenti, piccoli artigiani e commercianti, precari ed esodati, sono in prima fila per aiutare il Paese a uscire da questo terribile momento per tutto il Popolo italiano. La Sinistra Socialista (storicamente chiamata in onore del suo indiscusso Leader storico Riccardo Lombardi, Sinistra Lombardiana) ha la sua proposta contenuta contenuta (finalmente) nella sua mozione Congressuale redatta dal suo Leader Franco Bartolomei Membro della Segreteria Nazionale del PSI e dai Compagni e le Compagne della Componente. Dando per scontato che sarebbe lungo e per certi versi noioso, soprattutto per ciò che riguarda la parte economico-finanziaria , illustrarla per intero anche perchè a questo breve comunicato allegherò per intero la Mozione, è doveroso anticipare che la Sinistra Socialista intende invertire la rotta di marcia del PSI. Se la mozione avrà l'appoggio della maggioranza del Congresso si impegnerà a non sostenere più questo Governo Letta-Alfano PD-PdL che rappresenta tutto fuor che cio che i Socialisti si aspettavano dall'esito delle elezioni ossia un Governo di discontinuità con il passato e assolutamente alternativo al centro-destra. Non ci può essere spazio per un PS in un Governo con la destra italiana. In secondo luogo il PSI dovrà impegnarsi in un cambio di rotta anche per quel che riguarda la linea politica; gli ultimi 4 anni purtroppo hanno contraddistinto il PSI per essere un partito con una non linea o meglio una linea opportunista e ondivaga. E' ora di dire Basta! Se la Sinistra Socialista avrà al consenso della maggioranza dei Delegati al Congresso di Venezia si impegnerà ad avviare un percorso senza sbandamenti sicuramente a Sinistra nel solco del Socialismo Italiano quindi Europeo e di conseguenza cercherà convergenze in quella parte di sinistra che guarda con interesse a dare anche all'Italia la sez. italiana del Partito Socialista Europeo. La strada verso il rinnovamento della Sinistra non può che essere quella che porta verso l'unità della Sinistra che si riconosce nei valori e negli ideali del Socialismo italiano-europeo. Noi ne siamo convnti e per questo continueremo a lavorare. La cosa che ci impegnerà seriamente sarà la volontà di lavorare ad un progetto che ci permetta in futuro di eleggere i prossimi rappresentanti del Socialismo italiano non più per gentil concessione di questo o quel partito più o meno "grosso" ma dalla sua base che ci auguriamo, e sinceramente ne siamo convinti dell'inevitabile ritorno, più all'altezza dell'autorevolezza e dall'onore del nome che porta. Un partito che si chiama Socialista non deve necessariamente avere (beati loro) il 36% del PS portoghese o del più "modesto" (avercelo!!!!!!) 25% tedesco ma nemmeno la percentuale da prefisso che ci danno i sondaggi. Noi non ci stanchiamo di andare contro la corrente apparentemente maggioritaria nel Paese che vorrebbe la fine delle ideologie e degli antichi partiti. Paradossalmente chi lo dice spesso appartiene a movimenti o partiti che hanno fatto propri radicalizzandoli gli stessi cavalli di battaglia propri di quella sinistra ora in crisi di identità. Noi sappiamo che di Socialismo ha bisogno l'Europa come l'Italia. Per questo la Sinistra Socialista si presenterà con il suo programma di alternativa Socialista al Congresso con la speranza che il giorno dopo chi parla e pensa Socialista possa finalmente guardare al PSI non più con la diffidenza che si ha per i piccoli partitini dai nomi gloriosi ma senza contenuti ma con interesse e con la percezione nuova che questo PSI e seriamente diventato la casa dalle porte aperte per tutta la sinistra che parla socialista..proprio come lui. Alla faccia di chi dava per morto il Socialismo italiano. Il PSI c'è.
Per la Sinistra Socialista - Partito Socialista Italiano Novara
Stefano Longo
Mozione congressuale della Sinistra Socialista
15 ottobre 2013 alle ore 20.40
I )Il Partito Socialista sta vivendo una situzione di grave difficolta' , a pochi mesi da quelle elezioni che avrebbero potuto ,attraverso il ritorno in Parlamento, riportare il PSI ad un ruolo di protagonista nella costruzione in Italia di una nuova sinistra riformatrice ed europea. Invece, il PSI appare privo di una missione, e irrilevante nel dibattito politico a sinistra, e gli sforzi dei parlamentari eletti non possono risultare incisivi, senza una linea politica complessiva che oggi non c’è, o appare contraddittoria, inadeguata, rinunciataria e spesso incoerente.
Gli ultimi risultati amministrativi, hanno evidenziato questa crisi con la scomparsa non soltanto nelle grandi città, a partire da Roma, ma anche in tanti centri medi e piccoli dove avevamo sempre mantenuto una presenza rilevante. Ma questo stato di cose è la conseguenza di errori politici di vecchia data. La mancata presentazione di un candidato socialista alle primarie aveva già innestato nell’opinione pubblica l’impressione della irrilevanza del PSI all'interno della coalizione; la scelta conseguente di non presentare liste con simbolo socialista alle elezioni politiche ha ulteriormente consolidato la percezione di una nostra marginalità. Infine il sostegno acritico al governo Letta, senza peraltro neppure alcuna partecipazione nella compagine governativa, appare come una dichiarazione d’impotenza e di subalternita' più che una scelta.
Il nostro popolo, che è il popolo della sinistra, dei lavoratori più o meno precari, delle famiglie che devono fare i conti con la quarta settimana, dei professionisti e piccoli imprenditori sempre più in crisi,che ha vissuto vent'anni di attacco costante allo stato sociale, al mondo del lavoro e alle strutture della solidarietà collettiva, ha un bisogno esistenziale di una sinistra socialista e riformatrice, capace di affrontare con coraggio ed autonomia la crisi che travolge tutte le nostre tradizionali certezze. Ma a questa domanda potenziale non ha sinora corrisposto una risposta all’altezza delle necessità. E di questo, anche noi Socialisti portiamo le nostre responsabilità, mostrando spesso di non credere alla nostra missione politica . La stessa scelta di una coalizione, Italia Bene Comune, che comprendesse i partiti della sinistra riconducibili alla cornice europea, che pareva strategica, sembra oggi solo l’ennesimo espediente elettorale, perché invece di dare un fine a quella alleanza lavorando per costruire una grande forza unitaria legata al Socialismo Europeo , e' stata assunta una linea ondeggiante ed incerta , che in modo confuso interpreta la nostra autonomia come premessa di una azione politica ispirata ad una concezione moderata di una governabilita' a tutti i costi del paese ,che si traduce in concreto in una preferenza di fondo per il dialogo con le ali piu' lontane dal PSE presenti nel PD ,attraverso una esaltazione delle politiche di larga intesa , ed attraverso la tessitura di un campo di rapporti politici ,su cui impostare la possibile fuoriuscita dall'attuale sistema bipolare ,tendenzialmente a destra del PD .Questo abbandono del progetto di Fiuggi di costruire anche in Ialia una grande forza Socialista legata al PSE , reso ora ancor piu'realistico dalla chiara presa diposizione di SEL verso il Socialismo Europeo , sta generando un processo di impoverimento e di logoramento - del consenso, della militanza e dei legami di solidarietà tra i nostri compagni .
Giunti a questo punto, occorre dare un segnale forte di fiducia nel futuro del Socialismo Italiano , decidendo di essere tra i protagonisti attivi di una nuova iniziativa socialista nella direzione della costruzione di una sinistra italiana che raccolga in sé la parte migliore della propria tradizione e cultura, e che trovi nel riferimento al socialismo europeo non la partecipazione a un club, ma nuove ragioni per promuovere la ricostruzione di una grande forza socialista in Italia.Noi pensiamo che questo sia possibile , e che il ruolo dei Socialisti in questo grande progetto sia ancora indispensabile per tutta la sinistra italiana . Noi Socialisti possiamo ancora divenire , per la nostra cultura di governo , per la nostra diretta appartenenza politica al campo del Socialismo europeo , per la nostra capacita' di rappresentanza della domanda sociale , e per la nostra capacita'di tradurre le istanze del paese in proposte di governo e di riforma , la forza piu' idonea a promuovere , sulla base di una nostra proposta complessiva di riforma del sistema paese, la ricostruzione di un tessuto unitario largo di alleanze a sinistra, destinato a tradursi in un progetto di governo autonomo della sinistra italiana , in grado di coinvolgere anche le ampie aree della contestazione al sistema politico oggi massicciamente rappresentate in parlamento .-
Queste sono le ragioni fondanti della mozione congressuale della Sinistra Socialista e di Iniziativa Socialista -------------------------------------.-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
II ) La sconfitta elettorale del PD e' stata la conferma , ad urne chiuse, della debolezza , da noi analizzata per tempo , della proposta politica contenuta nella dichiarazione d'intenti del centro-sinistra .
Il PD ha mostrato ancora una volta di non essere in grado , per i limiti del suo orizzonte culturale , frutto delle contraddizioni irrisolte del suo processo formativo , di proporre un credibile progetto di governo del cambiamento ,anche solo minimamente alternativo ,nei suoi riferimenti di programma , al modello esistente di subordinazione tra economia reale e poteri finanziari che ha caratterizzato il fallimento del sistema sistema neo - liberista .
Da questa inconsistenza di partenza ha tratto origine la risultante elettorale finale , che ha mostrato il fallimento del tentativo di costruire, attorno a quella proposta politica , un nuovo grande blocco sociale democratico, potenzialmente maggioritario nel paese ,in grado di raccogliere ed unire alle classi subalterne tradizionali , i nuovi soggetti sociali , professionali ed autonomi ,colpiti dalla crisi e frustrati dal crollo delle prospettive di mobilita' sociale , le comunita' dei produttori di beni e servizi reali soffocate dalle logiche distruttive della speculazione finanziaria, e tutte le fasce sociali ,variamente differenziate, poste dalla crisi in una condizione di assoluta incertezza di ruolo sociale e di prospettiva di vita futura .
Il PSI , da parte sua , condizionato dal gravissimo errore politico iniziale costituito dalla mancata presentazione di una sua autonoma candidatura alle primarie del centro -sinistra , che lo ha portato ad essere assorbito nelle liste del PD , non e' stato, come era prevedibile, in grado di esercitare alcun ruolo politico nello scontro elettorale , perdendo l'ultima occasione disponibile per ricostruire una sua identita' forte quale forza capace , pur nelle sue ridotte dimensioni , di tamponare gli errori ed i limiti della campagna elettorale del PD, che di fatto e' diventata la campagna elettorale della intera coalizione .
Le ragioni vere del successo elettorale di massa dei 5 stelle affondano quindi le radici , oltre che nella crisi crisi di rappresentativita' di un sistema politico sempre piu' autoreferenziale e privo di capacita' innovativa di fronte all'incedere della crisi , anche in questo fallimento complessivo della proposta del centro-sinistra , aggravata dalla assenza in campo di una nuova soggettivita' alternativa a sinistra in grado di colmare , almeno in parte , questo vuoto politico,coniugando storia, cultura e tradizione con le esigenze di rinnovamento e cambiamento.
Il quadro politico che emerge dal voto , in ogni caso presenta elementi di grande interesse per la sinistra , a partire dalla sconfitta frontale ed inappellabile subita dai sostenitori diretti di un quadro di unita' nazionale tutto concepito sulla subalternita' del paese alle logiche, assolutamente recessive , di equilibrio finanziario e di compressione di bilancio imposte dalla interpretazione germanica dei parametri di conpatibilita' del sistema euro .
Il quadro scaturito dal voto, rappresenta complessivamente , sui contenuti concreti ed in particolare sui temi del lavoro , della democrazia, e del rapporto tra finanza ed economia reale , un'Italia, pur confusamente , piu' a sinistra nel sentimento e nella volonta dei cittadini
Il risultato elettorale segna l'emergere di un quadro politico che non potra' piu' eludere il nodo decisivo della riforma strutturale del rapporto tra politica e pubblica amministrazione , e rende in ogni caso molto piu' labile la presa culturale delle elite' finanziarie , e delle sue intellighenzie di servizio, sulla pubblica opinione .----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
III) Il vero problema da risolvere sara' come sempre , ma stavolta finalmente appare in modo molto piu' nitido agli occhi degli italiani , il completamento del processo evolutivo della sinistra verso una forza autenticamente socialista , che consolidi in modo critico un suo specifico rapporto con il resto del socialismo europeo ,essendone lucidamente consapevole sia dei suoi attuali limiti di contenuto, sia delle sue grandi potenzialita' innovative . in grado finalmente di lavorare ad un nuovo modello di sviluppo delle nostre societa' , ed in grado, nell'immediato, di dialogare con le espressioni politiche della volonta' , maggioritaria nel paese , di riforma del sistema politico , a cominciare dai 5 stelle .
Appare evidente che il PD, cosi' come e' ora , non puo' reggere ad un falimento elettorale di queste dimensioni , a prescindere da qualsiasi soluzione di governo riesca ad incollare nell'immediato , non avendo ne' un adeguato livello di rappresentativita' elettorale , e ne' un autonomo progetto di governo su cui costruire una ipotesi di lavoro adeguata alla profondita' dei problemi che il precipitare della crisi economica apre nella societa' e nel tessuto produttivo del paese
Appare sempre piu' necessaria, quindi , la definitiva evoluzione del centro-sinistra verso una sua riaggregazione attorno ad una nuova forza Socialista , attraverso un inevitabile processo costituente ,nella sinistra italiana, che coinvolga in primo luogo lo stesso PD, ed all'interno del quale i Socialisti si determinano a giocare fino in fondo il loro decisivo ruolo di orientamento e di indirizzo , sulla base della propria cultura politica , del loro patrimonio ideale , e della loro appartenenza nel campo degli schieramenti europei , anche recuperando un forte alleanza con SEL ora che ha scelto nettamente l'approdo al PSE .
Una nuova forza , chiaramente individuata nel nome e nelle appartenenze europee, al Socialismo , finalmente autonoma culturalmente , e libera dai condizionamenti derivanti dal consenso dei poteri forti ,il cui appoggio e' stato sistematicamente richiesto dal centro-sinistra della II repubblica, alla perenne ricerca di una legittimazione esterna in grado di colmare i suoi limiti di rappresentanza sociale , dovuti alla debolezza e mancanza di chiarezza della propria identita' e del proprio messaggio politico .
Una nuova forza Socialista, che , a partire dal recupero pieno dello spessore democratico dei propri stessi processi decisionali interni , e dall'applicazione sostanziale del'art 49 della costituzione , sia nelle condizioni di rinvigorire i processi democratici ad ogni livelo decisionale funzionale dello Stato , divenendo in grado in grado di rappresentare anche quelle forze nuove che correttamente pongono al centro della ricerca di un nuovo modello sociale una nuova distinzione , con il rigoroso rispetto delle rispettive sfere di competenza, tra le funzioni di indirizzo politico ed i compiti di gestione concreta della struttura amministrativa, e che considerano la legittimita' dell'azione amministrativa ed il rispetto della legalita' nei raporti sociali e civili un elemento non negoziabile della vita democratica del paese .
Una nuova forza della Sinistra che ,a partire dallo stesso snellimento dei propri apparati sappia lavorare per realizare nei processi di riorganizazione della stuttura e del funzionamento del nostro governo amministrativo risparmi di spese tali da garantire ,a parita' di tagli nei trasferimenti , un livello pressoche' immutato nel livello della erogazione dei servizi , ed un recupero di forti disponibilita' per la riattivazione di una politica pubblica di interventi a sostegno della sicurezza sociale e del tessuto produttivo .
Il Partito Socialista deve quindi in questa fase recuperare una piena autonomia politica per essere in grado di orientare , sulla base di una propria forte riaffermazione di identita' , questa nuova ricomposizione Socialista della Sinistra , sul terreno centrale su cui la sinistra decidera' il proprio futuro, e con esso quello della nostra concezione sociale della democrazia , costituito dalla definizione , anche a livello europeo , di un programma di RIFORME di STRUTTURA che segni i contorni di una ALTERNATIVA di MODELLO attorno a cui tessere un nuovo progetto di governo dei processi sociali , all'interno di una complessiva RESTITUZIONE di POTERE agli ISTITUTI DI RAPPRESENTANZA DEMOCRATICA in grado di consentire alle societa' civili una riappropriazione di sovranita' nella determinazione degli indirizzi del proprio sviluppo ..................................................................................................................................................................................---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- IL IV) Il Partito Socialista deve quindi assumere una posizione di netta opposizione a questo governo di Larga Intesa tra PD e PDL , che trova la sua forza politica nell'essere l'unica ipotesi di governo che puo' garantire una totale conformita' di azione al rispetto dei parametri rigidi di bilancio ,voluti dalle lobby finanziarie e bancarie di Bruxelles , e dalla interpretazione rigorosamente monetaristica del sistema euro, scelta dai paesi con piu' forte equilibrio di spesa anche a costo di accelerare il processo recessivo in atto nei paesi piu' indebitati . I Socialisti devono contestare un governo caratterizzato dalla sua incapacita' di concepire una politica economica attiva ed autonoma , estranea allo schema della ulteriore dissoluzione dei nostri residui strumenti di intervento pubblico nelle scelte produttive , destinati ad essere utilizzati come pegno reale e concreto per la concessione di una salvaguardia monetaria sui mercati da parte della comunita' finanziaria . Un governo che al di la' del protagonismo del suo presidente del consiglio , esiste solo per vigilare sul rispetto dei parametri di bilancio , che avendo ricevuto quale compenso d'avvio lo zuccherino della revoca della procedura d'infrazione dei limiti a patto di tenersi nei binari prestabiliti, non e' nelle condizioni di impostare alcun significativo intervento di politica industriale e, menchemeno, alcun intervento di indirizzo delle politiche bancarie nel settore delle attivita' produttive .
Il Partito deve quindi assumere questa posizione di opposizione al governo a partire da una contestazione della sua politica economica e sociale , anche attraverso la definizione di una propria autonoma Proposta di Legge Delega Generale sulla Politica Industriale , formalizzata con tanto di immediate coperture finanziarie , in grado di coprire con proposte di intervento , di incentivazione , di ristrutturazione e di riorganizzazione , tutte le nostre principali filiere produttive , che il Governo dovrebbe assumere organizzando , in contemporanea , in collaborazione con il CNEL, una grande conferenza nazionale , sotto l'egida della presidenza della Repubblica , sulla difesa della nostra Industria , e sulla autonomia della nostra politica industriale .
Il Partito Socialista Italiano deve porre questo obiettivo al centro del proprio programma di azione immediata, costruendo su questo tema una piattaforma comune di iniziativa con tutte le altre forze della sinistra disponibili su cui incalzare da un lato il governo , e dall'altro lo stesso PSE , ancora irresoluto nell'imprimere una svolta radicale alla politica economica comunitaria .Il PSI , attraverso tutte le proprie iniziative .deve in ogni caso essere protagonista della ricostruzione di una nuova forza socialista ed unitaria , in grado di risolvere la crisi della sinistra italiana riproponendo con forza rinnovata un orizzonte di trasformazione democratica della societa' e del suo modello di sviluppo .Il primo vero banco di prova del nostro autentico recupero di autonomia politica deve quindi essere costituito da una nostra iniziativa diretta ad orientare gli equilibri di governo verso un governo delle sinistre ,di tutt'altra natura politica e ben altro spessore politico e programmatico ,che puo' trovare la sua maggioranza da un accordo esplicito e contrattato tra le forze della Sinistra Riformista ( PD , PSI e SEL ) e il Mov 5 Stelle .Un nuovo Governo in grado di gestire , sulla base di una ampia maggioranza, il rapporto con l'europa in modo assolutamente diverso rispetto all'operato di Monti e Letta . . Un governo che agisca al fine di tutelare il nostro tessuto produttivo , e salvaguardare l'interesse della nostra comunita' nazionale ad un sistema paese fondato su un equilibrio sostanziale dei propri rapporti sociali , in grado di affrontare il peggioramento della congiuntura recessiva nella quale rischiamo di affondare in modo irrecuperabile con una ben diversa credibilita' ,ed una piena autonomia nelle sue proposte di politica economica e sociale .
............................................................................................................................................................................---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Il V ) IL nostro obiettivo e' quindi cambiare la direzione politica del Partito Socialista , per portarlo su posizioni critiche della deriva neocentrista del PD , e per ricostruire un rapporto di alleanza politica con tutte le forze disponibili , a partire da Sel alla luce della sua volonta' di approdare al PSE ,nel comune orizzonte del riferimento politico al Socialismo Europeo .Il nostro disegno e' ricostruire una grande forza Socialista in Italia per rafforzare e rinovare il Socialismo europeo , risolvendo la sua crisi di prospettiva e rafforzandone il suo carattere naturalmente alternativo ai conservatori ed ai poteri finanziari che condizionano lo sviluppo e limitano gli spazi di democrazia .In tal senso l'insegnamento delle elezioni tedesche costituisce per noi una sfida nuova a cui vogliamo dare risposta .Le recenti elezioni Tedesche, cosi come le ultime elezioni in Spagna, dimostrano , per l'ennesima volta , che le forze Socialiste devono poter essere in grado di proporre alla gente una alternativa nei programmi di governo , per evitare che le forze conservatrici e moderate abbiano sempre a portata di mano ampie maggioranze di governo per politiche di gestione dell'esistente.Lo schieramento delle forze moderate e conservatrici europee, a meno che in casi limite non deraglino verso forzature estreme , allo stato ancora non ipotizzabili come soluzioni di sistema, e' infatti sempre nelle condizioni di garantire , a parita' sostanziale di condizioni , una tradizione di consuetudini di rapporti di consonanza ,e di governo, con quelle classi dirigenti economiche e finanziarie a cui la stessa sinistra finisce per riconoscere ,non solo la indispensabilita'nelle funzioni di collaborazione di governo , ma addirittura il merito di aver impostato e condotto, quali principali protagoniste, un modello di crescita da cui si ritiene di non poter prescindere pena l'arretramento sociale complessivo della societa'.Da questa contraddizione ancora irrisolta nasce la necessita' di una ridefinizione a sinistra dei caratteri dell'azione e dello spessore programmatico del Socialismo Europeo , rispetto a cui il Socialismo Italiano , per la sua storia , e' assolutamente in grado di svolgere un ruolo trainante .Il Socialismo Europeo e' infatti ormai di fronte alla necessita' , non piu' prorogabile ,di rielaborare un proprio nuovo autonomo progetto di sviluppo equilibrato e solidale delle societa'avanzate del'occidente democratico ,funzionale ad un diverso disegno di governo dell'economia e delle regole finanziarie che ne costituiscono l'attuale struttura portante , e di lavorare ad un modello di rapporti sociali in cui il valore del Lavoro, inteso come categoria generale di riferimento nei processi di creazione della ricchezza economica , e la qualita' della vita e dei rapporti civili tra gli individui , assumono una centralita' nei processi decisionali rispetto alle logiche di compatibilita' di una societa' di mercato , attraverso la valorizzazione dei processi democratici a tutti i livelli .Il compito dei Socialisti Italiani e' quindi quello di contribuire a definire questa nuova progettualita'. ,.......................................................................................................................................................................................................---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------La VI ) La nostra idea dei compiti del Partito Socialista parte dalla consapevolezza che nei sistemi di governo del paese del rapporto tra stato e cittadini non funziona piu' niente, e siamo tutti di fronte ad una crisi generale del funzionamento dello stato e della amministrazione che rende non piu' governabili gli effetti sul debito della crisi finanziaria .I dati sul fabbisogno dello Stato per l'anno in corso, ancora in incremento nonostante i tagli al welfare ed agli enti locali ,rappresentano la prova di un sistema amministrativo totalmente fuori controllo .Gli interessi sul debito ,che mangiano i margini di risparmio sulla spesa pubblica faticosamente ricavati da una politica economica sempre piu' recessiva, rappresentano un macigno che rende le manchevolezze del nostro sistema paese ancor piu' insopportabili .La crisi del sistema bancario e la totale assenza di qualsiasi politica industriale impediscono una efficace difesa del nostro sistema produttivo e dei suoi livelli ccupazionali , nonostante la capacita' di molte nostre residue aziende ancora consenta al paese di avere un surplus commerciale non minimale con i mercati esteri.In un quadro del genere la sinistra italiana puo' divenire una ancora di salvezza per il paese ,interpretando nuovamente in forma moderna il compito storico del movimento dei lavoratori ,purche sia in grado di legare la sua proposta ad un mutamento del modello di sviluppo del paese , su cui chiamare a raccolta tutti i ceti produttivi e l'intero mondo del lavoro in tutta la sua complessita' , ed attraverso cui lanciare una speranza ed una sfida d'impegno a tutto l'universo precario ed inquieto delle giovani generazioni , e con esso a tutte le fasce della polazione colpite dalla crisi del modello finanziario nelle proprie legittime aspettative di mobilita' sociale ..Su questo grande obiettivo di cambiamento democratico e di riforma sociale i Socialisti debbono e possono essere protagonisti di un processo di Rinascita della Sinistra Italiana , anche attraverso la difesa dei caratteri sostanziali del nostro patto Costituzionale , e della natura giuridica della nostra Costituzione , sopratutto in questa fase storica di crisi del sistema economico e del nostro complessivo modello di sviluppo , e di estrema confusione del nostro quadro politico ,esposto senza alcuna difesa al condizionamento ed al ricatto dei mercati finanziari e delle forze che ne governano e regolano le spinte speculative .La difesa della nostra Costituzione per noi Socialisti deve quindi costituire un primo serio argine contro l'attacco al sistema di garanzie sociali previsto dalla nostra Carta Costituzionale , concepito scientificamente fin dall'inizio della recessione come il modo con cui le classi dirigenti economiche e finanziarie pretendono di risolvere la crisi finanziaria di cui portano per intero la responsabilita' .Il Partito Socialista e' quindi pienamente nelle condizioni di recuperare un ruolo determinante in una sinistra italiana, che a causa dei limiti e delle contraddizioni che ne hanno senato l'evoluzione in questi ultimi 20 anni , non e' piu' nelle condizioni di impostare un progetto reale di cambiamento e di riforma della societa' italiana .--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Solo VII) Solo un mutamento profondo nella Direzione Politica del partito puo' consentirci di essere all'altezza di questi compiti .Un cambiamento che evidentemente non riguarda solo la figura del segretario ma implica una concezione del tutto diversa del ruolo dei socialisti nel nostro sistema politico ,e soprattutto riguarda una nuova disponibilita'naturale dei nostri nuovi gruppi dirigenti a vivere la politica come una sfida all'esistente , ed a considerare i rischi connessi alle scelte politiche, dovute in base alle nostre convinzioni , come una conseguenza inevitabile di una condizione di minorita' politica , che non puo' piu' essere assecondata con quel susseguirsi di forme di sopravvivenza subalterna che stanno portando progressivamente alla nostra morte politica .Per mettere il Partito Socialista nelle condizioni di essere protagonista di questo processo costituente e' necessario un lavoro di ristrutturazione dell'assetto direzionale del Partito .
In particolare abbiamo bisogno di un nuovo assetto della sua guida che preveda innanzitutto una distinzione di ruolo tra i componenti dei gruppi parlamentari ed i compagni incaricati del compito di Direzione politica del Partito ,allargando, da un lato , il gruppo dirigente del partito, in un rapporto di interazione e collaborazione delle due diverse esperienze, e ,dall'altro, realizzando le condizioni oggettive per cui le contingenze e le necessita' dei rapporti parlamentari non incidano e condizionino una azione di partito che deve necessariamente essere ben piu' autonoma e coraggiosa di quanto non sia avvenuto nel periodo pre elettorale .E' indispensabile , infatti , superare lo stato di emergenza vissuto negli ultimi anni , in cui la necessita' di recuperare una rappresentanza parlamentare ha spesso portato il partito ad adottare cautele ed atteggiamenti di natura tattica , che non consentirebbero piu' , in futuro , il consolidamento di quella identita' politica , nettezza di proposta , e forza d'immagine che un nuovo processo politico costituente a sinistra, come quello che proponiamo al partito , rendono assolutamente indispensabili .
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