domenica 4 agosto 2013

Franco Astengo: IL PD TRA VOCAZIONE PLEBISCITARIA E VOCAZIONE PRESIDENZIALISTA

IL PD TRA VOCAZIONE PLEBISCITARIA E VOCAZIONE PRESIDENZIALISTA dal blog: http://sinistrainparlamento.blospot.it Nadia Urbinati, dalle colonne di Repubblica del 4 Agosto, ha sviluppato un’analisi sulla natura del PD di grande interesse e che, davvero, come recita il titolo, “Riguarda tutta la politica”. L’articolo, in relazione all’attuale disputa interna sulla titolarità della scelta del segretario del Partito e all’identificazione nei ruoli di segretario e candidato alla presidenza del Consiglio, esamina gli elementi di natura fondativa del Partito stesso e li pone in relazione ai contenuti del primo articolo del suo Statuto. Il PD, infatti, com’è noto fu “pensato e strutturato come se dovesse diventare il protagonista di una democrazia bipolare all’americana e convocazione presidenzialista”. Proprio in ragione di ciò il primo articolo dello Statuto recita “il Partito Democratico è un partito federale costituito da elettori e iscritti” (quanti, tra l’altro, che hanno aderito al PD convinti della continuità PCI-PDS-DS, ecc, ecc, hanno letto con attenzione tutto ciò’). Non si tratta, attenzione (e nell’articolo in questione il tutto è spiegato con dovizia di particolari) di una visione del partito di tipo “inclusivo”, in sintonia cioè con una visione di partito permeabile, aperto a tutti in ogni momento, in piena sintonia con la tanto richiamata e decantata “società civile”. E’ questione, invece, di una visione definita “peculiarmente post-partitica” all’interno della quale il raggruppamento (definito “partito”) comprenderebbe potenzialmente l’intero corpo elettorale, o almeno color che iscrivendosi a un apposito Albo rinunciano alla segretezza del voto, affinché, scrive proprio Nadia Urbinati: “ destra e sinistra si confondano come in un grande minestrone di idee e interessi pronti a salire sul carro dell’ipotetico vincitore”. Ne deriva una vera e propria vocazione plebiscitaria, che interpreta – appunto - la partecipazione come plebiscito di conferma per un leader e per un’immagine, piuttosto che verso l’esigenza di mettere a fuoco idee e programmi. Da questo punto, giudicabile del tutto essenziale, deriva quasi naturalmente l’accettazione della forma di governo di tipo presidenziale (sia pure nella sua versione, sotto l’aspetto tecnico, del cosiddetto “semipresidenzialismo alla francese”) e la conseguenza, ovvia, della necessità di modifica della Costituzione proprio in quel senso. Uno scenario inquietante per l’intera democrazia italiana dal quale derivano almeno tre punti di riflessione diretta: 1) Appare evidentemente del tutto strumentale un ruolo del PD nella difesa dello spirito e della lettera della Costituzione Repubblicana, fondata sulla centralità della democrazia rappresentativa, a partire dal Parlamento. 2) Siamo di fronte, rispetto alla politica portata avanti dal PD, a un errore macroscopico di valutazione dell’attualità del sistema politico italiano e del rapporto tra i soggetti politici e la società. Errore di analisi che sta alla base dei ripetuti insuccessi elettorali del PD, ogni qual volta si affrontano le elezioni politiche. Il sistema politico italiano, nel suo complesso di proposizioni ideali, programmatiche, di insieme di relazioni sociali non è riducibile al bipolarismo. Di questo fatto sarebbe importante che i dirigenti del PD, ammaliati da tempo dal falso mito della “governabilità”, riuscissero a rendersi conto. L’esito elettorale del Febbraio 2013 appare essere stato la testimonianza più diretta di questo stato di cose e non basta la legge elettorale a ridurre questo elemento alla dimensione da loro sperata. 3) Appare del tutto necessario proporre da subito non semplicemente una difesa della Costituzione Repubblicana nei suoi passaggi fondamentali riguardanti l’architettura dello Stato e delle istituzioni, ma come proposta politica alternativa a questo tipo di deriva: serve un modello di democrazia diverso sia nel rapporto tra la società e le istituzioni, sia al riguardo della strutturazione partitica. A sinistra si tratta di affrontare, in piena autonomia d’analisi e di pensiero anche questo tema evitando di giudicarlo in una qualche misura marginale. E’ in gioco, ormai da qualche anno, la precondizione stessa dell’agibilità democratica e sarebbe bene rendersene conto tutti fino in fondo. Franco Astengo

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