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mercoledì 3 ottobre 2012
Sergio Ferrari: Dal Monti bis all'Europa
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Dal Monti bis all’Europa
Sergio Ferrari
ottobre - 1 - 2012
Monti stesso riconosce la fatica di presentarsi sempre come tecnico secondo una “finzione condivisa” che non ha alcun senso. Una sua riproposizione deve essere vista, quindi, sotto la veste delle sue convinzioni politiche: serve dunque una valutazione dell’operato dell’attuale Governo e una collocazione politica dal suo Presidente non più “tecnico”.
Dunque il paese deve sapere che il sen Monti, se fosse necessario, sarebbe a “servizio del paese” anche per il dopo elezioni. Come tutti ben ricordano, il ricorso alla “risorsa” Monti avvenne essendo arrivata la situazione del paese ad un punto molto pericoloso. Che ci potessero essere soluzioni alternative è ovviamente vero, ma questo nulla cambia della drammaticità della situazione di allora. Al momento c’è solo da auspicarsi che una riproposizione di Monti non significhi un ritorno a quella situazione.
Monti stesso, peraltro, riconosce la fatica di presentarsi sempre come tecnico secondo una “finzione condivisa” ma che, tuttavia, non ha alcun senso. Una riproposizione di Monti deve essere vista, quindi, sotto la veste delle sue convinzioni politiche. Sarebbe, dunque, opportuno, a questo punto, chiarire che una riproposizione della presenza politica ad un livello di Governo, implica da un lato una valutazione dell’operato dell’attuale Governo, e, secondariamente, una collocazione politica dal suo Presidente non più “tecnico”.
Per ora sul primo punto, anche se manca ancora qualche mese alle conclusioni formali, esiste un parere diffuso positivo a proposito del recupero di credito del paese in un’opinione pubblica internazionale – con i critici che aggiungono che su questo piano il compito era facile.
Molto diverso è il parere che occorre segnalare in materia di politica economica e sociale. Della famosa terna di valori posti come bussole dell’azione del governo e cioè rigore, equità, sviluppo, l’unico risultato appare sul tema del rigore, naturalmente se non si entra nel merito del fatto che un rigore senza equità è comunque discutibile. Sulle questioni dell’equità e dello sviluppo occorre prendere atto che quel Governo tecnico era un governo liberista e gli esisti sono quelli conseguenti: l’equità di partenza, misurata in termini di distribuzione del reddito, era tra le più basse in Europa; a fine mandato la situazione non è stata ancora verificata, ma tutte le avvisaglie indirette non suonano in positivo. Per quanto riguarda lo sviluppo si tratta, probabilmente, degli esiti più negativi: in un periodo di crisi dello sviluppo, sia sul piano quantitativo che su quello qualitativo, l’attesa della mano invisibile e della libera iniziativa, hanno agevolato la stessa crisi, che sta crescendo con effetti sul piano sociale drammatici. Il Ministro, ingiustamente chiamato dello sviluppo, probabilmente chiuderà la sua esperienza con un primato negativo che, tuttavia, in certi ambienti, potrebbe essere effettivamente un titolo di merito.
In definitiva in base all’esperienza dovremmo classificare quel Governo tra gli onesti Governi liberisti, certamente avvantaggiato dalla fiducia dei piani alti dei poteri economici e finanziari. Ma con tutta la considerazione per la difficoltà della situazione, invocare oggi un Monti bis appare una forzatura incomprensibile, forse anche un po’ sospetta, come un episodio – e non sarebbe il primo – di una lotta del mondo liberista che, sconfitto sul campo dalla crisi economica da esso provocata, non solo non intende fare nessuna autocritica ma intende certamente conservare il potere.
La questione dirimente dovrebbe essere, quindi, oltre a quella ovvia del rispetto dell’esito elettorale, proprio quella che riguarda gli esiti politici di questa scadenza. In altri termini dovrebbe essere chiaro che per fare uscire l’Europa, compreso il nostro paese, dal ricatto delle politiche finanziarie di preminenza liberiste, occorre cambiare gli orientamenti politici a quel livello istituzionale. Dovrebbe allora essere evidente che se le nostre elezioni politiche non dovessero andare incontro alle prospettive aperte dagli esiti delle elezioni politiche francesi con la nomina di Hollande, queste prospettive di cambiamento si allontanerebbe a tempi indeterminati, lasciando libero campo a logiche politiche distruttive ma anche pericolose sul piano dei rischi istituzionali. Questa è, dunque, una delle scelte di fondo per l’intero centro sinistra.
Sembra difficile immaginare che questa scelta sia coerente e conciliabile con un’ipotesi di Monti bis. A meno che Casini sia in grado di dimostrarlo.
Sarebbe utile, quindi, concentrare il dibattito su questa prospettiva europea – certo non esaustiva di tutti i problemi e di tutti i ritardi del nostro paese – ma che, deve essere chiaro a tutto il centro sinistra, rappresenta una precondizione, Una iniziativa allargata verso un incontro della sinistra a livello europeo e l’avvio di una strategia congiunta dovrebbe sostituire molti dibattiti interni, almeno quelli da bar dello sport.
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