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sabato 27 ottobre 2012
Paolo Zanini: Per scacciare la malapolitica
La serata di mercoledì scorso al Circolo De Amicis Per scacciare la malapolitica: centralismo o federalismo? mi ha indotto a inviare per la prima volta alcune considerazioni a questa mailinglist, che seguo da tempo con interesse. Nel dibattito si è parlato di molti temi, ma solo pochi interventi hanno toccato quello che, a mio avviso, è uno dei punti centrali del malfunzionamento delle autonomie politiche in Italia. Mi riferisco all’impossibilità, con le attuali leggi elettorali, per i vari consigli e assemblee elettive di controllare giunte e governi. Le leggi elettorali comunali, provinciali e regionali, pur differenti tra loro, hanno tutte in comune una specie di elezione diretta di sindaci, presidenti e, come si dice con inquietante novità, governatori. Ora, se essi cadono, automaticamente i consigli e le assemblee che erano state elette al momento del voto, vengono sciolte. Accade così che ci siano governatori che sopravvivono a se stessi come Lombrdo, che cambia quattro o cinque giunte e altrettante maggioranze, rimanendo sempre padrone di un’assemblea che non può sfiduciarlo, pena l’autoscioglimento. Ora, poiché non è nelle corde della maggior parte degli uomini, e dei consorzi di uomini, la vocazione al suicidio, è evidente che consigli e assemblee sono sempre molto reticenti a far dimettere sindaci et similia e decretare al tempo stesso il proprio autoscioglimento. Nella cronaca recente ricordo consigli comunali sciolti per infiltrazioni mafiose (e pure grandi come Reggio Calabria), regioni sciolte manu militari da dubbie inchieste (l’Abruzzo della giunta Del Turco), innumerevoli maggioranze azzoppate da inchieste e scandali. Ma non una sola giunta di una qualche rilevanza caduta in consiglio (o qualora caduta, come in Sicilia, sempre sostituita da un’altra con identico presidente, il che è perlomeno bizzarro e ricorda il surreale “azzeramento” di Formigoni dove, attorno a un dominus inamovibile si alternano come comparse intercambiabili gli assessori). Di fatto l’elezione diretta, pure apprezzabile per altri versi, specie per quanto riguarda i sindaci, ha reso i consigli ostaggi dei presidenti, togliendo ogni possibilità di controllo e di battaglia, anche a prescindere dalle maggioranze bulgare offerte da leggi che premiano oltre ogni buon senso i vincitori.
Così l’attività dei consigli (parlando in generale) perde il suo ruolo di controllo e diviene, inevitabilmente di sottogoverno. Certamente simile svilimento delle istituzioni rappresentative non rappresenta l’unica causa del malaffare che ha inquinato la politica italiana. Ma a mio avviso nemmeno l’ultimo. Mi chiedevo e vorrei chiedere a tutti se nel mondo occidentale esistano altri sistemi elettorali altrettanto perversi, che mischino presidenzialismo e parlamentarismo in questo modo, traendo da entrambi i sistemi i dati peggiori. Mi ricordo che tempo fa gli israeliani avevano introdotto per il loro premier qualcosa di altrettanto singolare: un sistema che univa elezione diretta e controllo parlamentare (già di per sé un assurdo), ma poi lo abbandonarono presto (da noi ai tempi della sciagurata Bicamerale di D’Alema non pochi rimasero suggestionati da tal esperimento, parlando di “premierato forte”). Io non sono un esperto di sistemi elettorali, ma la ratio delle leggi elettorali locali, provinciali e regionali in Italia mi sfugge completamente: o vi è un’elezione diretta dei presidenti o vi è un consiglio che controlla. Non credo che Berlusconi sarebbe caduto se il Parlamento si fosse immediatamente sciolto votandone la sfiducia.
paolo zanini
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