Il Circolo Carlo Rosselli è una realtà associativa presente a Milano sin dal 1981. http://www.circolorossellimilano.org/
domenica 7 ottobre 2012
Francesco Somaini: Craxi, il psi e il sistema politico
Il PSI negli anni di De Martino perseguiva la strada dell’Alternativa
> di Sinistra. Il PCI di Berlinguer, alla luce della vicenda cilena,
> ritenne invece impercorribile quell'ipotesi, e scelse la linea del
> compromesso storico.
> Dunque se volessimo accettare la chiave di lettura dell’amico
> Martelloni (che saluto), direi che dovremmo vedere il momento dell’
> arretramento rispetto alla presunta spallata progressiva che si andava
> delineando in Italia assai più nella scelta comunista del 1973-74 che
> non in quella autonomista del Midas del 1976. Prima del Midas è già il
> compromesso storico a considerare non praticabile l'ipotesi
> dell'alternativa di Sinistra, e dunque a scegliere per una strategia di
> ripiegamento e di resa.
> Basti dire, tanto per citare un caso, che nel 1974 il PCI, proprio
> perchè inviluppato nella strategia del compromesso storico, nemmeno
> voleva impegnarsi sul fronte della battaglia per il divorzio né reagire
> all’offensiva clericale su quel versante (e tentò invece di proporre
> una soluzione di compromesso parlamentare con la DC, con il cosiddetto
> compromesso Andreotti-Jotti, che poi, per nostra fortuna, non andò in
> porto).
>
> Quanto a Craxi, venne portato alla Segreteria (e poi si impadronì del
> pieno controllo del Partito Socialista) con un’idea chiave: “primum
> vivere”. L’abbraccio tra DC e PCI delineato dalla strategia del
> compromesso storico e poi dell’Unità nazionale portava, nella lettura
> degli autonomisti, alla morte per soffocamento del PSI, e anche al
> blocco del sistema italiano, impedendo una vera stagione
> riformatrice.
> Lo scopo dell’operazione Midas, dunque, non era affatto quello di
> posizionare i Socialisti sul fronte della "grande reazione". Era quello
> – come giustamente dice Belli Paci (che egualmente saluto) – di avviare
> in Italia un’operzione di tipo mitterandiano che portasse ad un
> riequilibrio di forze a Sinistra, e che quindi consentisse di portare
> la Sinistra al governo del Paese.
> Nel 1978, il Congresso di Torino, con il Manifesto per l’Alternativa,
> è ancora chiaramente attestato su quella linea. E il Manifesto di
> Torino, è un documento molto avanzato come piattaforma politica.
> Da questo punto di vista la lettura del Midas in chiave regressiva
> dunque non regge.
>
> Il Midas rompe con l'unità delle forze di Sinistra? Certo. Porre la
> questione di una strategia mitterandiana di riequilibrio a Sinistra
> significava infatti fatalmente aprire il conflitto in seno alla
> Sinistra stessa, perchè significava sfidare l’egemonia comunista. Ma
> anche qui non c'era un disegno regressivo. Al contrario: perchè per
> portare la Sinistra al governo - come Mitterrand sarebbe riuscito a
> fare in Francia nel 1981 - occorreva, secondo la lettura che ne davano
> gli autonomisti, sottrarre ai comunisti il primato. Diversamente non ci
> sarebbero state nemmeno le condizioni perchè la Sinistra stessa potesse
> effettivamente mai andare al potere, e questo non solo per i ben noti
> condizionamenti internazionali (il cosiddetto fattore K di cui scriveva
> Alberto Ronchey), ma anche perchè il PCI, proprio per il suo non essere
> sufficientemente sganciato dalla tutela sovietica, non era compatibile
> con un progetto politico che si voleva restasse comunque agganciato
> all'Occidente. E' vero infatti che Berlinguer disse ai Sovietici cose
> che nessun altro leader comunista del mondo ebbe il coraggio di dire:
> però non arrivò mai alla rottura esplicita (nemmeno quando arrivò ad
> elogiare la permanenza dell'Italia nella NATO), e non trasse mai fino
> in fondo le conseguente delle sue parole (che avrebbero dovuto
> spingerlo ad abbandonare il campo comunista ed a scegliere quello del
> Socialismo democratico e dell'Internazionale Socialista).
> Per giunta, sappiamo (e lo sapeva bene anche Craxi, che anzi era
> perfino ossessionato da questo) che l'oro di Mosca continuava ad
> affluire verso Botteghe Oscure (e avrebbe continuato ad affluire fino
> alla fine dell'URSS, ben oltre, quindi, la crisi di Praga del 1968 o
> l'invasione dell'Afghanistan del 1979).
> Perciò la strategia craxiana era chiara: determinare un nuovo assetto
> negli equilibri di forze a Sinistra, e creare le condizioni per
> togliere ai comunisti l'egemonia.
> Tutta la politica socialista dalla fine degli anni Settanta in poi si
> spiega alla luce di questo semplice dato: abbattere l'anomalia
> italiana, rompere l'egemonia comunista, creare le condizioni per una
> Sinistra diversa.
> Non si dà un giudizio obiettivo su Craxi, se non lo si legge, io
> credo, alla luce di questa decisiva cifra interpretativa. E' una cifra
> interpretativa politicista (ma del resto Craxi credeva nel primato
> della politica e nella "politique d'abord"), ma che spiega le cose in
> modo a mio vedere corretto.
> La stessa posizione che il PSI assume nella vicenda Moro va letta ad
> esempio anche in quella chiave; e lo stesso dicasi, a maggior ragione,
> per la cosiddetta “battaglia ideologica” del 1979-1980 (con la
> rivalutazione del Socialismo Libertario in contrapposizione al
> Leninismo). Perfino l’operazione sul blocco della Scala Mobile (che
> peraltro anche Luciano Lama condivideva) è da intendersi in questa
> chiave: più ancora del merito in sé dell'operazione, è la volontà di
> sfidare l’egemonia comunista sul sindacato. E molto politicista fu del
> resto la scelta di segno opposto di Berlinguer di lanciare la sfida
> (poi perduta) del referendum.
>
> Certamente il conflitto a Sinistra indebolì la Sinistra nel suo
> insieme: la divise e la spaccò. Oltre tutto esso creò tra i comunisti
> un’ostilità verso Craxi (e verso i Socialisti in genere), che ancora,
> per certi versi continua ancor oggi (negli atteggiamenti di una parte
> consistente del personale politico ex-PCI confluito nel nulla del PD).
> E all'antisocialismo comunista rispose ovviamente una forte ostilità
> socialista verso Berlinguer e i comunisti (i famosi fischi di Verona).
> Il punto, in ogni caso, è che se assumiamo questa prospettiva,
> diventa difficile considerare il Midas, in quanto tale, come il punto
> di avvio dell'arretramento della Sinistra a seguito di una sorta di
> tradimento del PSI, che passa dalla parte del grande capitale. E' un
> giudizio inesatto sul piano storiografico (perchè non coglie le vere
> ragioni del comportamento degli attori), e anche sbagliato, io trovo,
> sul piano politico (perchè il problema di creare una Sinistra che non
> avesse ambigui legami con il mondo del totalirismo sovietico era un
> problema assolutamente reale).
>
> Il nodo vero allora è un altro. E' che Craxi - in nome di
> un'operazione che io trovo avesse assolutamente senso (l'operazione
> mitterandiana) - commise degli errori capitali, di cui porta
> interamente la responsabilità.
> Di questi errori io ne individuo essenzialmente tre.
>
> Il primo errore fu quello di far prevalere le sue esigenze tattiche
> rispetto agli obiettivi di fondo. Craxi per sfidare i comunisti apre,
> nel corso degli anni Ottanta, una stagione di collaborazione con la DC.
> Negare che quella collaborazione fosse all'insegna della competizione è
> semplicemente assurdo. Era una collaborazione assolutamente competitiva
> (si pensi in particolare alla DC di De Mita). Ma quella competizione
> era vissuta sul terreno del potere e non dei contenuti. In forza di
> quella competizione Craxi ottiene risultati significativi sul piano
> politico (per la prima volta in Italia si ha un governo a guida
> socialista). Ma quali risultati progressivi porta a casa? Nessuno. Il
> primo Centro-Sinistra aveva visto i Socialisti protagonisti, con
> l'opposizione sorda del PCI, realizzare negli anni Sessanta la più alta
> stagione riformatrice della storia dell'Italia unita. Un momento
> progressivo. Il nuovo Centro-Sinistra dell'era Craxi non opera nulla di
> nemmeno lontanamente paragonabile. Il risultato più significativo è la
> revisione Concordato (bella schifezza!). Quanto alla "grande riforma"
> resta solo uno slogan (e pure non privo di ambiguità).
>
> Il secondo errore capitale è che il PSI craxiano conosce
> indiscutibilmente una involuzione sul piano interno : è il frutto della
> scelta consapevolmente perseguita da Craxi stesso di soffocare la
> vitalità e l’indisciplina del partito per non disturbare le sue manovre
> tattiche. Il risultato è però quello di trasformare il PSI da un
> partito un po' confusionario, ma dalla grande capacità anche
> progettuale in un partito di servi e di rampanti). E’ lì che si compie
> quella “mutazione genetica” di cui parlava Lombardi nel 1980, ed è alla
> luce di questa evoluzione che lo stesso Nenni, in punto di morte,
> avverte il suo ex-delfino della deriva che il partito sta imboccando, e
> scrive quel memorabile e profetico pezzo sull’Avanti! dal titolo
> “rinnovarsi o perire!”.
> La conferenza di Rimini, nel 1982, vede ancora una certa fase di
> vitalità progettuale socialista. Poi l'esigenza di non disturbare il
> "conducator" porta al soffocamento di qualunque dissenso, allo
> spegnersi delle intelligenze. Molti se ne vanno. Altri vengono messi in
> condizioni di non contare più nulla.
>
> Il terzo errore è quello che si verifica quando crolla il muro di
> Berlino, e si aprono oggettivamente le condizioni per il superamento
> del conflitto a Sinistra. Lì Craxi perde davvero un’occasione storica.
> Assume nei confronti del PCI un atteggiamento che i comunisti avvertono
> come annessionistico, e dunque anzichè chiudere il conflitto a Sinistra
> lo prolunga indefinitivamente. Il PCI, dopo il 1989, ha esaurito la sua
> ragione d’essere (il Comunismo è clamorosamente fallito), ma trova nell’
> anti-socialismo un collante su cui ritrovarsi. E questa è una storia
> che in parte ci stiamo ancora portando dietro: e per esempio spiega la
> riluttanza nel creare un partito di Sinistra oggi che si collochi senza
> incertezze nel quadro del Socialismo europeo.
>
> L'aver intuito l'esigenza del riequilibrio a Sinistra è un dato che a
> Craxi va riconosciuto come un merito. In questo il Midas non fu
> regressivo. Però poi Craxi sbaglia tutto. Collabora in modo competitivo
> con la DC, ma porta la competizione non già sul terreno delle riforme
> bensì su quello del potere (e la corsa del PSI ad occupare il potere
> attira verso Craxi e il PSI una folla di soggetti che con il Socialismo
> non hanno davvero nulla a che vedere: l'asse con Berlusconi nasce in
> quel contesto, e ne stiamo ancora pagando le conseguenze). In secondo
> luogo Craxi uccide il PSI distruggendone la democrazia interna (per
> preservare una leadership che diventa sempre più fine a se stessa) e
> innesca la "mutazione genetica" del partito (aprendo una gigantesca
> "questione morale" frutto della selezione dei peggiori). Infine, quando
> la storia sembra offrirgli la possibilità di vincere la sua battaglia,
> si muove in modo goffo: vuole stravincere umiliando gli avversari, e
> così consuma l'ultima delle sue sconfitte.
> A Craxi, io credo, vanno riconosciuti anche dei meriti. Tra i leader
> del Socialismo europeo è ad esempio uno dei più attenti al problema
> della lotta per la libertà nei paesi del blocco sovietico (è di nuovo
> l'anticomunismo a spingerlo in questa direzione, ma in questo caso
> aveva tutte le ragioni, mentre per esempio i socialdemocratici
> tedeschi, presi dalla loro "Ostpolitik", erano molto più arretrati su
> questo versante). Ma nel complesso il giudizio storico su Craxi, pende,
> a mio vedere sulla negativa. Ma non è il Midas in sè che va criticato:
> è il modo sbagliato in cui l'intuizione del Midas (cioè la strategia
> del riequilibrio a Sinistra) venne poi realizzato. Così almeno la vedo
> io.
> Un saluto,
> Francesco Somaini
>
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39 commenti:
Caro Francesco,
l'opzione mitterrandiana consisteva in una collaborazione competitiva con il PCF, che ebbe come conseguenza il progressivo svuotamento del bacino elettorale comunista a favore dei socialisti. Bettino Craxi apparteneva a una cultura politica assai diversa da quella di Mitterrand: si riconosceva infatti nelle componenti più moderate della socialdemocrazia europea, che consideravano prioritaria la lotta senza quartiere al comunismo, in tutte le sue forme e a prescindere dai contenuti, anche a scapito delle riforme democratiche e delle conquiste sociali. Tutto si giustificava in nome di essa, compreso il ricorso ad alleanze politiche discutibili, se non imbarazzanti (gli esempi di Saragat e di Guy Mollet sono illuminanti in questo senso). Io sono convinto che la politica di Craxi abbia impedito al PCI di fare la fine del partito di Marchais: molti elettori, pur non condividendo l'ideologia comunista (del resto ormai ridotta a puro simulacro), continuavano a vedere nel PCI degli anni '80, a torto o a ragione, l'unica speranza per la sinistra. Non dimentichiamo che pochi mesi prima del crollo del muro di Berlino il partito di Occhetto ottiene alle elezioni europee il 27,58%! In sostanza, allo stesso modo in cui gli errori di Berlinguer hanno favorito l'ascesa di Craxi, le colpe di quest'ultimo hanno fatto la fortuna del PCI-PDS-DS-PD. Il PSI, di fatto, non esiste più e il PD, pur numericamente ragguardevole, è ridotto nelle condizioni di cui tutti sanno: insomma, il combinato disposto Berlinguer-Craxi ha assestato un colpo quasi mortale alla sinistra italiana.
Quanto alla cosiddetta "mutazione genetica" post Midas, l'unico esponente di primo piano del PSI che vide profeticamente ciò che sarebbe accaduto di lì a qualche anno, fu Tristano Codignola. Egli imputava al nuovo corso craxiano di aver modificato la ragion d'essere del PSI, che da partito (con tutti i suoi limiti) di trasformazione in senso socialista dell'esistente era diventato un partito di gestione moderata (e spregiudicata) dello stesso: la questione, con le sue varie implicazioni di ordine etico-politico, era a mio avviso e semplicemente tutta lì.
E comunque, al di là dei nostri antichi dissensi, ho particolarmente apprezzato, come sempre, il rigore e l'equilibrio della tua ricostruzione storica.
Cordialmente
Simone Zecca
Caro Francesco, questa è una delle poche volte che non condivido talune delle tue valutazioni, in particolare la premessa. Nei mesi precedenti al Midas, durante la campagna elettorale, ho passato qualche ora con De Martino, avendogli fatto da autista in occasione di manifestazioni socialiste in alcune città lombarde. Ricordo di aver avuto a tratti paura alla guida, dovendo non perdere contatto con la scorta che mi precedeva e che guidava a velocità per me inusitate ed in modo spericolato. Durante i tragitti si parlava del più e del meno, comunque di politica e De Martino commentava fatti di attualità e si soffermava talvolta sulle scelte fondamentali del Partito. Sono certo che non pensava affatto ad un alternativa di governo con il PCI, ne riteneva possibile una partecipazione di esponenti comunisti al governo, ma una qualche forma di associazione dei comunisti alla maggioranza parlamentare o, per lo meno, ad alcuni significativi provvedimenti di riforma. In questo consisteva quello che De Martino defini "gli equilibri più avanzati", slogan che non avrebbe avuto senso per indicare un totale rovesciamento politico e delle alleanze. Si trattava di obiettivi che De Martino condivideva con Moro, come ebbe a dirmi Cesare Bensi, che con Moro aveva contatti assidui. Si trattava di una prospettiva che comportava il consolidamento delle alleanze fra PSI E PCI negli enti locali , nella CGIL e nella Lega delle Cooperative. Nel gruppo dirigente socialista era diffusa la convinzione che il PCI si sarebbe venuto a trovare in crescenti difficoltà nel giustificare la sua sudditanza al sistema sovietico e De Martino riteneva che si dovessero sedare il più possibile le ragioni di scontro con il PCI, per ridurre l'esasperazione dei contrasti in periferia: ciò avrebbe facilitato la progressiva attenuazione dei rapporti fra il PCI ed il sistema comunista internazionale. Diversa era la posizione di Craxi, che in vista di crescenti difficoltà per il PCI intendeva aggredirlo nella convinzione di poterne ridurre la consistenza sociale e parlamentare. Io sono sempre stato convinto che l'intuizione demartiniana degli "equilibri più avanzati" fosse assai valida e che un gruppo dirigente all'altezza della situazione avrebbe continuato su quella strada, spiegandone meglio e con perseveranza i contenuti: in seguito ne avrebbe raccolto frutti positivi.
Per quel che riguarda la vicenda del Midas, ricordo che De Martino à caduto a seguito di un'iniziativa stolta di Giovanni Mosca. Nel suo insieme il gruppo dirigente demartiniano, dopo un tentativo di convincere De Martino a recedere e dopo aver constatata l'impossibilità di una sua rielezione, si orientò per l'appoggio a Giolitti, che cadde dopo l'intervento di questi al Comitato centrale. Del resto l'attribuzione della battuta sul meno forte a Manca, che io sento per la prima volta, si adattava meglio a Giolitti che a Craxi, visto che il gruppo più debole del Partito era proprio quello giolittiano. Caduta la candidatura di Giolitti è venuta avanti prepotentemente quella di Craxi, voluta dai manciniani e dai lombardiani e subita dai demartiniani. Cari saluti. Giovanni Baccalini
la grande contraddizione degli anni 70 è che non fu una politica in grado di
dare una risposta ai movimenti di massa che avevano cambiato l'Italia, a
partire dalle grandi lotte operaie del 69. Che furono favorite dall'unità
sindacale fortemente voluta dai socialisti e dalla sinistra DC di allora
(Donat Cattin) . Il voto di protesta contro la DC però si polarizzò sul PCI
che auspicava il compromesso storico. Quindi il PCI incamerava voti di
protesta contro la Dc e per l'alternativa ma voleva fae l'accordo con la DC.
Ed infatti in tre anni perse il 4,4% dei voti. Ma per fare l'alternativa
doveva trasformarsi in partito socialista che Berlinguer non volle mai fare.
Il male oscuro della sinistra (oggi me ne rendo conto in modo chiaro) era
tutto nel PCI e nella sua lentezza evolutiva. Certo anche il Psi fece errori
ma indotto dagli errori del PCI. Del resto è sempre sul partito più grande
che ricadono le maggiori responsabilità. Il settraismo e l'integralismo
dell'ultimo Berlinguer poi favorirono il rafforzamento di craxi nel Psi in
un modo tale che produsse quelle conseguenze che Francesco ha bene messo in
evidenza.
Dice il Talmud se 2 persone si accapigliano è così importante stabilire chi ha
incominciato per primo o chi abbia ragione? o piuttosto che torni la pace? Il
superamento della divisione tra socialisti e comunisti è a mio avviso
l'obiettivo non chi avesse le maggiori responsabilità: non togliamo il mestiere
agli storici
Nel ragionamento proposto da Francesco Somaini (che saluto), credo sia centrale questo passaggio:
”Lo scopo dell’operazione Midas, dunque, non era affatto quello di posizionare i Socialisti sul fronte della “grande reazione”. Era quello – come giustamente dice Belli Paci (che egualmente – a mia volta- saluto) – di avviare in Italia un’operazione di tipo mitterandiano che portasse ad un riequilibrio di forze a Sinistra, e che quindi consentisse di portare la Sinistra al governo del Paese. Nel 1978, il Congresso di Torino, con il Manifesto per l’Alternativa, è ancora chiaramente attestato su quella linea.”
Condivido, ed anche se alla notizia della elezione di Craxi segretario strappai la tessera del partito, e sino al 1982 me ne stetti “rintanato” politicamente (per quel poco che valevo) alla Cdl di Piacenza, oggi anche con il senno del poi sono per chiedere:
….ma cosa c’entra Craxi con lo “scopo dell’operazione Midas”.
Certo l’operazione Midas lo ha eletto segretario, ma già nel 1980, anzi, già il 1° gennaio del 1980, alla morte di Nenni, con la successiva “finta elezione” di Lombardi a Presidente del Partito, finzione che si esaurì nel breve volgere di pochi mesi, era chiaro che Craxi stava al senso dell’operazione Midas “come i cavoli a merenda”, che il suo “primum vivere” riguardava non già l’autonomia socialista, ma la sua convinta (e perché no, in partenza anche legittima) “brama di potere”.
E se non fosse stato per il salto della quaglia dell’intelligentissimo (opinione sentita esprimere di persona da Riccardo Lombardi che ne patì il “tradimento” politico) De Michelis, Craxi avrebbe concluso la sua carriera di “futuro killer-becchino” del PSI, prima di fare danni all’Italia, regalando al paese, come cadeau non richiesto, anche se alla prova dei fatti gradito, niente meno che ….. il Cav. Silvio Berlusconi.
È accaduto invece che Bettino Craxi abbia raccolto il PSI, che stava al suo minimo storico, quel 9,6% dei voti, che nel 1972 avevano rappresentato la prima volta del PSI sotto il 10%, venendo dalla scissione del PSU (1969), e che non aveva fatto gridare allo scandalo, come fu invece nel 1976 quando il 9,6% si ripetè.
Così al Midas, mallevadore Giacomo Mancini, ci fu il parricidio, non solo di De Martino, ma, come sostenne Scalfari nel suo editoriale del 17 luglio 1976, di fatto, anche di Riccardo Lombardi, che pur con la sua componente, favorì l’elezione di Craxi.
Ma tornando allo “statista” grande socialista Craxi, e alla sua profetica visione, questa è stata l’evoluzione del PSI, nei numeri:
9,8/1978; 11,4/1983: 14,3/1987; 13,6/1992 con una punta massima del 14,8 alle europee del 1989.
Poi al momento di cedere il passo, i suoi successori hanno trovato le casse vuote, per cui Benvenuto e Del Turco non hanno potuto pagare le bollette del telefono, e il PSI è letteralmente scomparso.
So bene che attorno al cadavere, tanti sciacalli, si sono avvicendati per strappare quel che si poteva, e so bene che molti dirigenti del PCI-PDS-DS-PD, quanto a miopia politica, non sono stati da meno di Bettino Craxi, ma il cadavere del PSI, per quanto ancora caldo, quando sono arrivati gli sciacalli, era già cadavere e i nomi degli assassini, erano noti e quello di Bettino Craxi era il primo della lista.
Il “riformista” che con tutte le carte in mano, non ha saputo far di meglio che dare spazio a nani e ballerine, costituire il CAF, cioè la formula politica più fallimentare della storia repubblicana, lasciare che il suo partito si consumasse di corruzione, e poi……
……. giungere all’appuntamento storico con il crollo del muro di Berlino, con le mani legate al punto, che l’unica cosa giusta che è stato capace di sostenere, è stata quella più sbagliata.
Perché il PDS con le sue evoluzioni successive, ha dimostrato nei fatti, che non era assolutamente meritevole di entrare nell’internazionale socialista, dove oggi, aggiornatosi in forma PD, non siede nemmeno più, ma sin da allora sempre vergognandosi, a dirsi appunto socialista.
Questa è la realtà dei fatti, ma l’ipocrisia strisciante, ben peggiore nei suoi effetti, del peggior Berlusconi che di tale ipocrisia, non dimentichiamoci mai è figlio e non padre, vorrebbe anche riabilitare la statura politica, e l’onestà intellettuale e persino quella formale e legale, dell’uomo che ha fallito tutti i suoi appuntamenti.
Per carità, non è il solo ad aver fallito, appunto, ma dovergli carità umana non significa esaltare qualità che non ha avuto, anche se oggi ci tocca riconoscere che quella che abbiamo oggi sotto gli occhi sia una realtà in cui, gli epigoni di Craxi e anche i suoi detrattori, sono molto, ma molto, ma molto peggio di lui.
Ma la cosa non è per nulla consolante.
Vittorio Melandri
Giovanni grazie dei frammenti importanti. Just for the records risulta anche a me che al Midas Craxi fosse considerate un leader debole e facilmente controllabile. Nel gruppo lombardiano di allora era una idea radicata e l'errore continuò a lungo, anche dopo il MIDAS. Ma non erano i soli, ancora tempo dopo Giuliano si lamentò con me (l'ho già scritto a Stefano Rolando) della difficoltà che trovava a sostenere la credibilità di Craxi presso gli altri leaders nazionali, da Andreotti in giù che lo consideravano "un ragazzetto con i calzoni corti", grazie anche alle intemperanze verbali e un po' goliardiche frequenti nel soggetto. Guardando in controluce alcuni di questi segnali deboli, mi pare di trovare un filo, forse ancora esile nella mia mente, tra tutti questi innovatori che chiamerei di "innovazione distruttiva", chissà forse derivante dalla frusaglia rivoluzionaria, ma assai diffuso in Italia, e cioè l'idea o anche solo la generica sensazione che non si possa cambiare se non si abbatte quello che c'è ("rivoltare come un calzino", senza troppo preoccuparsi di dove stiano le cuciture). L'esatto contrario, io credo, dello spirito riformatore. G
Guido, ricordo molto bene - ero molto giovane, allora - quegli anni. Vidi da testimone e da oppositrice, come molt* altre, quella mutazione genetica. Ne portiamo le cicatrici, tuttora, inutile nasconderselo. Mi viene in mente una poesia: "Nero latte dell'alba, lo bevemmo ...". Poiché nominare è importante, è un gesto politico, le parole sono importanti: la parola "Perbene" non piaceva a chi era giovane come me. Ma come nominare che cosa intendevamo? Come nominare la contraddizione tra la rottura con un passato codino e perbenista e il rischio di avvalorare bollicine, nani e ballerine? Io capìì - credetti di capire - che il problema era un sistema simbolico in cui la libertà, la materialità vivente e pensante, il corpo e la parola non potevano trovare posto. Non potevo stare lì. Scelsi altre strade, totalmente minoritarie. Vi ho trovato senso e relazioni che mi permettono - penso - di vivere meglio di altri e altre la devastazione presente. ne sono felice, ne sono orgogliosa. Come me, circa 800 donne di tutta Italia si sono trovate a Paestum, per due giorni, e hanno parlato di questo e di molto altro. Compagni e compagne, vi invito a leggere. E' un pensiero fecondo, ricco, ha dietro di sè decenni di storia e di elaborazione vera, non è un'invenzione mediatica, non c'entrano le mode, c'erano vecchie più di me, come me - che orgoglio, dire "vecchie" - e ventenni-trentenni lucide, belle, sapienti e incazzate. Con un'agenda. Compagni e compagne, andate a leggere quelle cose. Dai, non fatevi bloccare dalla puzza al naso, dai risolini, dai pregiudizi. Sareste davvero sciocchi, e mi auguro che non lo siate. Lì c'erano vita e pensiero. Chi può dire altrettanto?
http://paestum2012.wordpress.com/
Mitterrand e Craxi si detestavano. Io frequentavo molto i socialisti francesi e un giorno andai alla sede di Parigi e davanti alla porta di Mitterrand trovai Craxi incazzatissimo perchè il segretario lo ha fatto aspettare un'ora prima di riceverlo. Inoltre Mitterrand aveva rapporti privilegiati con Berlinguer che teneva Claude Estier, uno dei mitterandiani più fedeli e che parlava bene la nostra lingua. A conferma, nel 1979 in vista delle elezioni europee, fu organizzata una conferenza di tutti i socialisti europei a Lille dove il sindaco era Mauroy. Craxi non c'era, forse perchè non era stato invitato, mentre erano presenti Willy Brandt e Gonzales e altri leaders. Gli organizzatori dissero a Paolo Grassi che avrebbero gradito Strehler, da loro amatissimo, e un sindaco che ero io. Noi parlammo il primo giorno e ci furono dati 15 minuti di tempo. Il giorno seguente entrando nell'Operà di Lille trovai Signorile da solo e molto depresso mi disse che non volevano farlo parlare perchè la rappresentanza socialista aveva già parlato. Mi scattò un sentimento di appartenenza e gli dissi che avrei parlato con Mitterrand per fargli capire che Craxi se la sarebbe presa. Lo fermai mentre entrava nella sala, mi rispose un pò seccato e mi liquidò. Dopo di che andai da Estier il quale mi pregò di dargli dieci minuti di tempo. Aspettai, ritornò e disse che Signorile poteva parlare, per primo, i leaders più importanti parlavano per ultimi, cinque minuti e che doveva stare al tema. Cosa che avvenne. Poi Claudio mi pregò di accompagnarlo alla stazione perchè era stata convocata una conferenza stampa e non lo avevano invitato. Ho scritto l'episodio nel libro da CRAXI a craxi . Elio Veltri
antropologicamente si aprono sempre nuove prospettive Craxi-Davigo- Renzi:
peccato che non si possa dire 3 facce della stessa medaglia. povero Andreotti
come ha dovuto soffrire per l'errore iniziale di valutazione
si sono dette tante cose sulla "mutazione genetica" (il termine era di Berlinguer non di Lombardi a cui viene spesso attribuito) del Psi che vi fu ma dopo il 1987 non nel 1980 come pretendeva Berliguer. Riporto le frasi di Lombardi relative alla questione affrnatta con problematicità e senza nessuno schematismo- è un aintervista del 1984 cunque mesi prima della sua scomparsa:"Il richiamo alla vice
nda passata del primo centro sinistra viene spontaneo. Anche se oggi la situazione è diversa, rimane il fatto che l’ostilità tra socialisti e comunisti esplode sempre nel momento in cui il PSI assume responsabilità di governo. E’ una reazione facilmente spiegabile, sostiene Lombardi: i comunisti intuiscono che, nonostante la loro superiorità numerica, i socialisti eserciterebbero un’indiscutibile egemonia culturale e politica in un governo di sinistra. Nell’ipotesi di un governo di collaborazione tra le sinistre, sarà la tradizione della democrazia socialista a prevalere, sarà cioè la politica riformatrice iscritta nella storia del PSI, non (o troppo di recente) in quella del PCI. Del resto, il partito comunista sta da molti anni attraversando una profonda crisi di identità; il patrimonio della tradizione comunista è in parte dissolto, e anche se il PCI esita a compiere alcuni passi, la sua fisionomia è profondamente mutata. Altro che la "mutazione genetica" attribuita da qualcuno al PSI! E’ logico che questa incertezza di sé pesi negativamente sulla capacità di elaborazione politica, e si rifletta in un moto di difesa esasperato, specie in una situazione obiettivamente difficile.
Lo abbiamo detto all’inizio: il momento attuale non è di agevole lettura. Quanto più i partiti della sinistra si affannano nella ricerca di una politica, tanto più si accentua la crisi di rappresentanza, il distacco tra società civile e poteri politici. Il che vale anche per i sindacati, perché non ci sono dubbi che lo scontro di oggi sui punti della scala mobile nasce soprattutto da un ritardo dei vertici sindacali ad interpretare le esigenze nuove del mondo del lavoro. Tanto è vero che si è accentuata la tendenza, da aperte dei sindacati, a delegare ai partiti l’elaborazione di una politica. Cos’ come per un lungo periodo fu il sindacato a esercitare la supplenza dei partiti! Ma la confusione di compiti e di ruoli che non si è mai dimostrata feconda nel passato, cade oggi in un momento di incertezza generalizzata. La pretesa del PCI, o di chiunque altro, a rappresentare la maggioranza delle masse lavoratrici è in stridente contrasto con la diffusa crisi di fiducia dei lavoratori nelle loro organizzazioni, che è poi peculiare a quel distacco o disincantamento della popolazione verso i partiti."
Se si deve a Berlinguer, come dice Peppe, la proposizione “mutazione genetica” applicata al PSI, è pur vero che non nel 1987 (Riccardo Lombardi purtroppo all’epoca era anche già morto), ma l’8 marzo 1981 a Piacenza, Lombardi diagnosticava….
“…inizi gravi di inquinamento anche del nostro partito, per imitazione compagni…”
Le mutazioni genetiche non si compiono nel volgere di poco tempo, anche se poi capita che liberino i loro effetti dall’oggi al domani, soprattutto se l’INQUINAMENTO viene lasciato sedimentare a lungo, nonostante ci sia anche chi, come appunto nel caso di Riccardo Lombardi, lo denunci per tempo.
“La risposta più credibile in questo momento è stata quella morale. Si è detto in definitiva che la sinistra, in questo hanno avuto la parte fondamentale i compagni comunisti, era una politica di buon governo. Un governo corrotto, un governo clientelare, un governo corporativista come quello della DC, un governo che ha inquinato la vita pubblica, e devo dire ha inquinato se stesso e ha contribuito anche ad inizi gravi di inquinamento anche del nostro partito, per imitazione compagni….”
(Riccardo Lombardi - Piacenza, 8 marzo 1981)
vittorio melandri
P.S.
Resta sempre viva comunque la nostra capacità di farci le pulci e dividerci (per quel che vale non mi sottraggo dal riconoscere la mia parte di responsabilità), intanto che i Galli Della Loggia e i Vivarelli spiegano che addirittura il fascismo è un lascito del socialismo
in quell'intervento Lombardi diceva che vi persone onestissime ma che sono fior di reazionari. Io credo che quello che diceva LOmbardi nell'84 era una riflessione seria sui mutamenti della società. Quella di Berlinguer era propaganda. Poi quando sono andati al govrerno i nipotini di Berlinguer si sono comportati come sapppiamo: Penati docet
----- Original Message -----
Il corposo contributo del caro e stimato Somaini meriterebbe diverse
riflessioni. Qui mi limito a due notazioni critiche: la prima – di metodologia
storiografica – e che parafrasa quella notoriamente marxiana – rileva che
proprio per far buona storiografia non si devono giudicare gli uomini – e ancor
più i politici e i partiti – soltanto dall' idea che hanno di sé stessi e,
ancor più, da quanto affermano di voler fare ma, soprattutto, da ciò che
effettivamente fanno, da come operano in in un dato contesto economico-sociale
e storico-politico, con quelle effettive forze, nazionali e internazionali, in
campo. Anche perché – come è noto – delle migliori intenzioni (ammesso che tali
siano) son lastricate le vie dell'Inferno. E bisogna anche nel nostro caso
verificare la coerenza tra propositi, enunciazioni e prassi.La seconda
obiezione è innanzitutto fattuale – e soltanto dopo di interpretazione storico-
politica.
La premessa del ragionamento di Somaini risulta sostanzialmente
infondata e questo fatto ne inficia considerevolmente il suo successivo
giudizio sugli anni '73-'79, sulle parti in campo e sul loro concreto operare.
Infatti, gli anni della nuova segreteria nazionale di De Martino (1972-1976)
non sono affatto anni in cui il PSI adotta, concretamente, la linea politica
della alternativa di sinistra! Già nel celebre articolo sul'Avanti del 31
dicembre 1970, quello sugli «equilibri più avanzati», De Martino chiarisce che
il coinvolgimento anche del PCI nell'area di governo è un processo lungo, che
richiede la maturazione di varie condizioni oggettive e soggettive delle
diverse forze politiche e comunque che non si porrà prima delle elezioni
politiche previste allora per il 1973. Dopo i due governi Andreotti del 1972 –
senza la partecipazione governativa dei socialisti – nel novembre di quell'anno
De Martino – come è noto – ritorna segretario del PSI al 39° congresso.
Nel
Comitato centrale del febbraio '73 la maggioranza del PSI si dichiara
disponibile ad un reingresso del partito al governo con la DC. L'ipotesi
mitterandiana per l'italia continua ad essere non un'opzione politica
effettiva, ma una improbabilissima prospetiva di lungo periodo per tutte le pre-
condizioni che le si pongono. In effetti, grazie alla nuova segreteria Fanfani,
la DC accetta i ministri socialisti nel il IV governo Rumor, nato nel luglio
1973. A settembre c'è il golpe cileno. A ottobre '73 Berlinguer propone la
strategia del «compromesso storico» come nuovo compromesso politico
«progressivo», di garanzia democratica e di trasformazione economico-sociale,
dopo quello antifascista e poi "costituzionale“ del 1944-47. Profonde riforme
di struttura – e non semplici alternanze politiche – richiedevano, secondo
Berlinguer ampio coinvolgimento di masse popolari e delle loro migliori
rappresentanze politiche.
A dicembre '73 Lombardi – e non certo la maggioranza
del PSI – si schiera per l'alternativa di sinistra, senza la Dc, mentre il
governo di centro-sinistra Rumor sopravvive fino al novembre 1974. Allora, dopo
anni già duramente segnati dal terrorismo rosso e nero e dallo stragismo «di
Stato» (altro che «magnifiche sorti e progressive» come incautamente ironizza
Belli Paci), si erano registrate: in Italia, la vittoria referendaria che
confermava il divorzio, in Francia la sconfitta, sia pur di misura, di
Mitterand, candidato delle sinistre unite, alla presidenza della repubblica.
A
giugno '75 c'è la travolgente avanzata del PCI alle elezioni amministrative. Il
"moroteo" Zaccagnini sostituisce Fanfani alla segreteria, mentre Forlani
(quello del successivo CAF!) organizza l'opposizione alla nuova linea politica
democristiana di graduale, possibile, apertura ai comunisti. Moro, allora capo
del governo bicolore DC-PR si esprime in favore di una «terza fase» della
democrazia italiana dopo quella centrista e quella del centro-sinistra.
L'articolo sull'Avanti di De Martino del dicembre 1975 spinge Moro alle
dimissioni e alle nuove elezioni politiche del giugno '76 che vedono tanto
l'avanzata della DC, quanto la forte affermazione del PCI («i due vincitori»).
Il PSI era andato alle elezioni con la parla d'ordine «mai al governo senza il
PCI». De Martino – e non solo lui nel medio-lungo periodo – pagheranno
caramente questo indirizzo al comitato centrale del Midas (come tanta utile
memorialistica, anche in questa mailglist, sta ricordando)
Per una valutazione della parabola del craxismo – e per una qualche
prospettiva futura – non pare inutile riportare qualcosa dell'amara intervista
rilasciata da De Martino al Corriere della Sera il 7 maggio 2001 – a PSI da
tempo esploso, e PCI – da destra e da sinistra – definitivamente liquidato.
Cioè con almeno un 40% del Paese degli anni Settanta e Ottanta avente allora,
dopo dieci anni circa, una rappresentanza politico-partitica assolutamente
stravolta.
Domanda – «L’eredità della stagione craxiana, secondo lei, è da liquidare in
blocco?»
«No, l’intuizione di Craxi era giusta, l’Italia andava ammodernata, a
cominciare dal sistema politico: ma, nel concreto, Craxi fece tutto l’opposto.
Il vero motivo di divisione tra noi e i comunisti consisteva nel loro rapporto
con l’Urss. E proprio negli anni in cui il Pci si rendeva sempre più autonomo
da Mosca, la polemica di Craxi si faceva più aspra, come se il Psi avesse
deciso di andare in senso contrario al processo storico, mettendosi sulla china
che, passo passo, lo avrebbe portato fino alla scelta del cosiddetto Caf».
Domanda -– Qualche responsabilità, magari, la avranno avuta anche i comunisti
.
«Sì. Però io non dimentico che alla metà degli anni Settanta, dopo che a Mosca
aveva solennemente dichiarato di considerare la democrazia un "valore
universale", io dissi a Berlinguer: "Adesso non ti resta che cambiare il nome
al tuo partito"...».
E lui?
«Mi rispose: "Non posso, perché quelli là (e intendeva i russi) farebbero
nascere subito un altro partito comunista, e i miei non sono preparati a un
simile trauma". Evidentemente, Berlinguer teneva all’unità del suo partito più
ancora di quanto io tenessi all’unità del mio».
Massimo D’Alema e Giuliano Amato, ma non solo loro, sostengono che, comunque
vadano le elezioni, bisognerà porre mano alla costruzione di un partito
socialista di stampo europeo. Lei considera ancora attuale questa prospettiva?
«Attuale? Sì, ma in forme nuove rispetto al passato. E utile. E necessaria. La
politica ha bisogno di riferimenti che durino nel tempo, di partiti in cui si
sta assieme anzitutto perché se ne condividono gli ideali».
Ma lei pensa che questa parola così carica di storia, di grandezze ma anche di
miserie, socialismo, possa significare ancora, per i giovani, qualcosa per cui
vale la pena di impegnarsi?
«I giovani... Ogni tanto mi viene da pensare che servirebbe non dico un nuovo
Marx, ma qualcuno che si impegni ad affrontare un po’ meno superficialmente
categorie che oggi vanno per la maggiore, come la globalizzazione: possibile
che a così pochi venga in mente che, per adesso, rischia di coincidere con il
potere indiscusso di una sola grande potenza sul piano mondiale?».
Fin qui De Martino – anche per contrastare le consuete e livirose opinioni di
un cattivo Giudice. Aggiungo solo che, oggi, ci siamo persi anche D'Alema ma la
questione della costruzione di una grande e rinnovata forza socialista in
Italia resta sul tappeto. Costituisce la recente, grave, anomalia Italiana. Ma
per cominciare ad affrontarla seriamente occorrerebbe superare tutti i
settarismi politico-culturali della sinistra. Anche in sede storiografica.
Insomma la cultura socialista oggi potrebbe diventare propriamente egemone
nella ancor sparsa sinistra italiana se fosse più equanime e lungimirante.
Mi ero ripromesso di non intervenire più, ma non ce la faccio.
Martelloni sottolinea, giustamente, che "per far buona storiografia non si devono giudicare gli uomini – e ancor più i politici e i partiti – soltanto dall' idea che hanno di sé stessi e, ancor più, da quanto affermano di voler fare ma, soprattutto, da ciò che effettivamente fanno, da come operano in un dato contesto economico-sociale e storico-politico".
Bene, atteniamoci ai dati fattuali.
Il Pci decise di cambiare nome e simbolo solo tre giorni dopo (DOPO !) la caduta del muro di Berlino: novembre 1989.
Nella festa nazionale dell'Unità di quell'anno - settembre 1989 - l'ospite d'onore era la DDR di Honecker (leggere "Per passione" di Piero Fassino per credere !).
Il segretario di Berlinguer, Antonio Tatò, nelle sue memorie, dà atto del persistente disprezzo del capo del Pci verso la socialdemocrazia e conferma la ferma volontà dello stesso di preservare la diversità comunista.
Non viene a Martelloni il dubbio che Berlinguer fosse più sincero quando parlava con Tatò che quando parlava con De Martino ?
La realtà incontrovertibile è che il Psi di De Martino era subalterno sia alla DC, che lo teneva buono con vicepresidenze di enti e qualche fetta di sottopotere, sia al Pci, che gli imponeva la linea ("mai più senza il Pci") e gli lasciava qualche vicesindaco nelle amministrazioni delle regioni rosse, i vari segretari "aggiunti" nella CGIL e qualche vicepresidenza nelle Coop. Con Craxi, con tutti i vizi e difetti dell'uomo e della sua cerchia, il Psi rompe ambedue queste subalternità e gioca da protagonista la partita, rivendicando la presidenza del consiglio, i sindaci ecc..
La fine, 16 anni dopo, è nota e le responsabilità di Craxi in essa anche.
Però questo nulla toglie al fatto che il Psi ante-1976 era un ente inutile (e la corruzione già dilagava), mentre il Psi post-1976 divenne un soggetto attivo della storia.
Poi si può sempre preferire l'ente inutile ...
Ciao.
Luciano Belli Paci
anche la germania tra il 1919 e il 1933 era un ente inutile (e però visse
una stagione di straordinario fervore intellettuale e culturale, come il PSI
degli anni '60 e 70) e poi divenne
una protagonista della storia... Insomma, se proprio si doveva morire,
meglio dignitosamente, con De Martino, Giolitti e Lombardi che ecc. ecc.
Caro Luciano,
anch'io, dopo il nostro scambio privato, mi ero ripromesso di non intervenire più, ma le tue ultime affermazioni sono francamente insostenibili.
La nazionalizzazione dell'industria elettrica; l'istituzione della scuola media unica e obbligatoria; la programmazione economica e la politica dei redditi; la riforma dei patti agrari; l'introduzione degli standard urbanistici; le leggi istitutive del divorzio e dell'obiezione di coscienza; la creazione del Servizio Sanitario Nazionale; la riforma della scuola e dell'università; l'istituzione delle Regioni; lo Statuto dei diritti dei lavoratori. Oltre a un clima generale di libertà e di emancipazione personale e sociale ("Da oggi ognuno è più libero", titolava l'Avanti! all'indomani della nascita del primo governo di centro-sinistra), che il nostro paese non aveva mai sperimentato fino a quel momento, e che non avrebbe più vissuto negli anni a venire.
Sicuramente dimentico qualcosa, ma dobbiamo tutti questi risultati in massima parte all'"ente inutile" guidato per 11 anni da Francesco De Martino e per altri 2 da Giacomo Mancini. Era un partito forse ideologicamente un po' confuso, ma assai più libero, vivo e dialettico del PSI craxiano: è strano, ma tu tessi gli elogi di un partito che nella sua articolazione interna e in alcuni tratti esteriori (il centralismo democratico, il culto della personalità del capo, ecc.) somigliava molto a quel tal modello da te fortemente aborrito.
E infine: è vero che con Craxi gli assessori sono diventati sindaci e i vice presidenti. Ma a quale scopo? Per fare che cosa?
Quali sono le riforme introdotte da Bettino Craxi, padrone quasi assoluto di 10 anni di politica italiana, con un potere contrattuale di gran lunga superiore a quello di cui godevano i Nenni, i De Martino e i Giolitti?
Il taglio della scala mobile? L'istituzione del condono edilizio? La punibilità dei tossicodipendenti? Se queste sono le riforme socialiste, era meglio lasciar perdere...
La politique politicienne, che prescinde totalmente dai contenuti, a me non interessa. Neppure quando si erge a "soggetto attivo della storia".
Mi sta a cuore il socialismo, non la fortuna elettorale di un partito che era socialista solo nel nome.
Perdona lo sfogo, con stima e amicizia immutate
Simone Zecca
Luciano,
ma tu ci costringi a risponderti!
"La corruzione già dilagava". Beh, qualche caso clamoroso già c'era stato, non mi è mai piaciuto chi rivendica una presunta inattaccabilità morale di un corpo collettivo quale un partito. Ma come fai a non riconoscere l'enorme diversità, da questo punto di vista, fra il partito del 1972 e quello degli anni '80? Il nome di Alberto Teardo e il ricordo della sua banda savonese, ad esempio, non ti dice niente? Ti sembra che fossero semplicemente dei singoli individui corrotti?
Paolo Zinna
Rispondo sia a Simone Zecca sia a Paolo Zinna.
Simone parla di conquiste del centro sinistra anni ’60 (divorzio e statuto
lavoratori arrivano ad approvazione nel 1970) e quello fu un periodo fecondo
anche per il Psi.
Io parlo degli anni successivi allo sciagurato naufragio dell’unificazione
socialista, parlo degli anni ’70 più precisamente degli anni dal ’72 al ’76,
nei quali il ruolo del Psi diviene totalmente irrilevante, è un partito
sterile, confuso, a sovranità limitata, provinciale e residuale.
Paolo sottolinea giustamente la degenerazione tangentizia dell’era craxiana.
Sono d’accordo con lui e non l’ho mai negato (sul sito del Rosselli penso si
trovi ancora un mio articolo scritto nel primo anniversario della morte di
Craxi …), ma dico due cose:
1) Nel Psi il marcio c’era già prima e stava crescendo naturalmente,
basta vedere come e dove sono finiti i vari delfini di De Martino, Lombardi,
ecc.
2) La degenerazione leaderistica ed affaristica all’interno del Psi si
accompagna a processi simili, se non identici, dell’intero sistema politico.
Si torna al problema del sistema, al quale tutti i miei contraddittori si
sottraggono. Finitela una buona volta di dire che non vale il “così fan
tutti”. Certo che non vale davanti al giudice e neppure davanti al
confessore (per non dire del mio giudice supremo: la mia coscienza), ma
nell’analisi di un’epoca politica se non tieni conto del contesto e dei
processi sistemici fai solo del moralismo peloso. Se rubavano tutti, e
rubavano tutti (andate a vedervi il protocollo per la spartizione delle
tangenti della MM nel libro di Gerardo D’Ambrosio, il coordinatore del pool
di Mani Pulite), non si può bollare uno solo dei compartecipi di un sistema,
il Psi, come la sentina di tutti i mali. Lo so anch’io che Craxi è stato
condannato e invece De Mita no (perché c’era Citaristi) e Occhetto no
(perché c’erano Greganti e altri). Questo farà tecnicamente di Craxi un
pregiudicato e di De Mita e Occhetto degli incensurati, ma non modifica di
un millimetro il giudizio politico e storico su questi leaders e sui loro
partiti.
E adesso la finisco davvero Se volete continuare con la damnatio memoriae,
continuate pure: contribuirete a una vulgata che ci ha massacrati tutti. E
i risultati si vedono.
Luciano Belli Paci
Ricordo sommessamente che la nazionalizzazione dell'energia elettrica, 1962, fu realizzata dal governo Fanfani, al riguardo del quale i socialisti si astennero, nella logica definita da Moro delle "convergenze parallele". Il governo comprendeva esponenti del PSDI e del PRI. Il provvedimento fu approvato il 27 Novembre 1962, con il voto favorevole di socialisti e comunisti.
Il 21 Dicembre 1962 fu poi approvata la legge sulla scuola media unica.
Con Craxi, il PSI divenne l'ago della bilancia degli enti locali: al governo stavamo in maggiornaza con la DC, negli enti locali col miglior offerente. non eleggevamo più consiglieri comunali, ma degli assessori. I quali sgomitavano per essere eletti e poi dovevano pagare i debiti. Craxi rinunciò a qualunque controllo dei suoi cacicchi locali, accettando che nelle federazioni ci fossero più mozioni che facevano riferimento a lui. Naturalmente ha dovuto allargare il comitato centrale, presto diventato consiglio nazionale, perchè doveva metterci tutti i suoi capicorrente locali per non creare gelosie. e che facessero quel che volevano, basta che non gli facessro perdere tempo...
Caro Luciano, non condivido per nulla le tue valutazioni sulla vicenda
italiana degli anni ’70, così come non condivisi allora le irrequietezze e
le impazienze dei lombardiani (del resto divenuti parte della maggioranza
del Partito condivisero la linea moderata e contro-riformista gradualmente
imposta da Craxi a partire dal 1978). Furono anni difficili, ma non vennero
mai meno il libero dibattito e la democrazia interna nel Partito, furono
combattute memorabili battaglie per l’attuazione di riforme sociali di
fondamentale importanza. E’ vero che la legge istitutiva del divorzio fu del
1970, ma anche che fu difesa con vigore sino al referendum del 1974, voluto
soprattutto dal PSI contro chi non lo voleva, o intendeva affossarlo con l’
astensionismo e vinto grazie al particolare impegno del PSI, che si trascinò
dietro un PCI assai demotivato. E’ vero che lo Statuto dei lavoratori venne
approvato nel 1970, ma la sua concreta attuazione impegnò i sindacati e la
sinistra per tutti gli anni ’70. E’ vero che il Servizio sanitario nazionale
vide la luce nel 1978, ma si trattò di un processo durato un decennio di
forte iniziativa politica, le cui tappe fondamentali, ancor più della legge
833 del 1978, furono le leggi 132 del 1968 e 386 del 1974. Di fronte al
progressivo irrigidirsi su posizioni moderate della DC, partì da Milano la
stagione delle giunte di sinistra anche laddove il centro-sinistra sarebbe
stato possibile. Partì da Milano una nuova stagione dell’urbanistica con il
Regolamento edilizio del ’75 e la variante urbanistica generale del 1976,
preludio della legge 10 del 1978. Non eravamo poi così maltrattati anche
nelle organizzazioni della sinistra: in famiglia lo abbiamo sperimentando,
il sottoscritto essendo stato eletto Presidente della Lega delle Cooperative
in Lombardia, assieme all’Emilia la regione più rilevante per la Lega e mio
fratello Gabriele Segretario responsabile della CGIL nella stessa Lombardia.
Il gruppo incaricato di studiare ed attuare la trasformazione della rete
distributiva delle cooperative della Lega in quella che si sarebbe alla fine
chiamata Coop Italia, oggi la più importante catena della grande
distribuzione in Italia, negli anni ’60 e ’70 era prevalentemente costituito
da socialisti. Non sto a farla lunga su questo punto, salvo ricordare che in
molte provincie i socialisti avevano posizioni di rilievo ed in sede
nazionale ricordo la presidenza di Unipol. Due fatti determinarono nel ’78
una drastica inversione di tendenza: la sciagurata conclusione del congresso
di Torino del PSI, che darà il via ad una profonda degenerazione del
Partito, condotto con metodi personalistici e populistici e con l’assemblea
dei nani e delle ballerine, sinistri presagi di ciò che sarà il
berlusconismo e la morte di Moro, nel giorno in cui quella che De Martino
aveva definito la politica degli “equilibri più avanzati” avrebbe dovuto
avere la sua sanzione in Parlamento. Con la legge sull’aborto del 1978
termina il periodo delle riforme ed inizia una fase di regressione
conservatrice che dura tuttora. Cari saluti. E’ vero che gli anni ’60 furono
più ricchi di impegno, di speranze e di realizzazioni, ma i ’70 non sono
stati affatto da buttar via, come invece gli ’80 e quelli successivi.
Giovanni Baccalini
non condivido i toni sprezzanti su De Martino. Io sono entrato nel partito
quando lui era segretario. Ha dovuto gestire un afase difficilissima
(scissione Psiup, unificazione fallita con il PSDI). Cose che segnano una
organizzzaione. E poi De Martino nel 1975 aveva già 70 anni. Quindi si
poneva il problema della sua successione. Quel Psi degli anni 60 e 70 aveva
meno potere di quello di Craxi ma produsse la politica riformatrice più
avanzata mai fatta, ed era un partito in cui il dibattito era molto vivo. E
comunque De Martino era un autonomista convinto: solo chre pensava che il
PSi dovesse favorire l'evoluzione in senso socialista del PCI. Ma Berlinguer
lo ripagò male. Quindi nel 1976 era neccassria una svolta per rafforzare
l'orgoglio socialista. Svolta che alla fine degli anni 70 produsse cose
serie. Ma che negli anni 80 ci ha dato Berlusconi ed i nani e le ballerine.
Comunque Luciano ha ragione su Berlinguer. ERa uno incapace di fare svolte
decisive.
Caro Luciano
pensavo che la vicenda del periodo craxiano del PSI fosse una questione da delegare agli storici, soprattutto dopo la lettera di Napolitano alla vedova nel decennale della morte, purtroppo vedo che ancora oggi troppi, anche stimati storici, faticano ad essere obiettivi su quel periodo del Partito socialista e continuano ad andare avanti con la testa rivolta all'indietro.
Le tue puntualizzazioni esatte ed obiettive su Craxi sono purtroppo annichilite da un rumore di fondo persistente di chi da ventanni, nell'incapacità diproporre una politica innovativa, si trastulla nel mito dei socialisti ladri, perchè Craxi fu la punta dell'iceberg di una politica poortata avanti con triste determinazione dal PCI:PDS di allora, con DiPietro (l'uomo di Razzi e mazzi vari) nella funzione di Killer, volta a descrivere non tanto e non solo Craxi ma in generale i socialisti come ladri, a tutti i livelli.
Dopo ventanni quella politica è miseramente fallita, Mani Pulite e tangentopoli erano poco più che titoli utili per sollevare un polverone sotto cui nascondere le loro porcate, la campagna di delegittimazione dei socialisti ( e di legittimazione di una destra cialtrona, populista e fascista) non ha prodotto la nascita di una nuova etica delle responsabilità dei politici ma solo un moralismo un tanto al chilo.
Oggi coloro che allora facevano i moralisti sono nel pieno della loro tangentopoli, Mariotto Chiesa rispetto a Penati era un piccolo ladro di polli, e cercano con la riforma in discussione sulla corruzione di accorciare iol tempo della prescrizione per salvare il capo della segreteria di Bersani (Penati per l'appunto).
Il giorno che noi socialisti la smetteremo di farci male da soli, da buoni servitori delle cause altrui e chiederemo agli storici di riflettere pacatamente sulla nostra Storia, tutta la nostra storia, con le cose buone e le cose cattive che sono avvenute nel secolo di vita del PSI storico, beh forse allora si potrà seriamente pensare di veder rinascere un'Idea Socialista, ad oggi vedo solo reazioni frustrate di chi allora non volle o non seppe fermare la deriva del PSI craxiano ed oggi continua a dire, per salvarsi l'anima, "ma io l'avevo detto".
Fratewrni saluti
Dario Allamano
PS
tanto per ricordare ai compagni e per evitare di beccarmi del craxiano rammento, come ho già fatto altre volte su questo blog, che il sottoscritto nel 1987 si dimise da segretario di una zona importante del PSI torinese e da 1988 al 1992 non si iscrisse più a quel partito, proprio perchè ne vedeva allora i limiti e le derive
Caro Luciano,
sul PSI 1970-76 ha argomentato in maniera magistrale e inoppugnabile Giovanni Baccalini.
Volevo solo aggiungere che io non ho parlato di questione morale (hai ragione tu, rubavano tutti, anche se non allo stesso modo e con la medesima protervia: anche gli stili di vita e i comportamenti hanno la loro importanza), ma di contenuti politici.
Il PCI, pur attingendo all'oro di Mosca, ha continuato negli anni '80, con tutti i suoi limiti, a svolgere una politica di sinistra.
Il PSI, nonostante l'oro di Berlusconi & C., ha scelto una strada diversa, controriformista.
Quanto alla "damnatio memoriae", sono convinto, e non da oggi, che l'unica possibilità di ricostruire una presenza socialista in Italia consista nell'accantonare definitivamente la stagione craxiana, con le sue poche luci e le sue troppe ombre.
Della "vulgata che ci ha massacrati tutti" il principale responsabile è stato proprio il leader assoluto di quegli anni: non ti chiedi, Luciano, perché Craxi venga osannato continuamente dalla stampa, dai politici e dagli elettori di destra, e persino dai neofascisti di Casa Pound?
Qualche riflessione in questo senso andrebbe fatta.
Fraternamente
Simone Zecca
P.S. Rispondo anche ad Astengo, ringraziandolo per la giusta precisazione. E' vero che i provvedimenti in oggetto vennero approvati prima che nascesse il centro-sinistra organico, ma era il prezzo che la DC fu costretta a pagare per l'ingresso dei socialisti nel primo governo Moro, di lì a qualche mese.
Cari compagni (ed è bello trovare una mailing list dove poter usare
queste parole),
Pur non avendo la vostra preparazione ed esperienza, ho seguito con
molto interesse quanto avete detto a proposito del PSI, del PCI e
degli anni 70, e vorrei contribuire con una piccola memoria personale,
la mia per far vedere come veniva percepito il PSI di quegli anni, e
che lezione potremmo trarne oggi.
Mi sembra infatti di cogliere nel dibattito una cesura netta fra il
periodo pre e post Craxi. Oggi forse può anche essere visto così, ma
vorrei che ritornassimo a quegli anni di passaggio, 78, 79.....,
insomma dopo il congresso del 76 e prima del CAF, in cui le cose
potevano andare diversamente.
Premetto che in quegli anni ero un giovane (sono del 62) militante del
MLS, poi confluito nel PdUP e vivevo in Puglia. La situazione storica
della sinistra la conoscente meglio di me: DP, Autonomia, MLS, AO,
PdUP...... solo per ricordare i nomi più noti a "sinistra" della
sinistra storica. E non rappresentavamo numericamente qualcosa di
insignificante, anzi.... In quegli anni noi mordevamo a sinistra il
PCI chiedendo di attuare politiche più radicali, peccando, su molti
aspetti, di un massimalismo verbale che ha fatto.
Il PCI era quindi molto sensibile a questa emorragia a sinistra, anche
perchè si innestava direttamente sull'onda dei movimenti degli anni
70, che, come avete ricordato anche qui, furono, per la sinistra
italiana tutta, un periodo fecondo, e quei movimenti vedevano la nuova
sinistra lavorare fianco a fianco con la tradizionale base operaia e
intellettuale del PCI.
Il PCI aveva quindi un grosso problema di collocazione che veniva
proprio da noi ala sua sinistra: era ad un passo per diventare il più
grande partito socialdemocratico (nel senso giusto del termine, alla
Palme, per intenderci) ma non poteva "strappare" radicalmente con una
tradizione in cui i nomi e i simboli contavano ancora troppo. Alla sua
"destra" (non trovo un aggettivo migliore, ma non mi piace) c'era un
PSI che, pur in declino elettoralmente, aveva in realtà dato un
contributo decisivo all'emancipazione dell'Italia per tutto il
decennio precedente e continuava ad essere tale ancora per molti
versi. In potenza, il PSI occupava lo spazio che il PCI avrebbe dovuto
occupare, ma ammettere ciò avrebbe politicamente significato gravi
contraddizioni nella base del PCI. L'unica soluzione che si presentava
al PCI era di togliere al PSI il suo spazio, per poter poi avviare una
politica di egemonia nella sinistra. Questo spiega due cose: la
durezza da parte di molti esponenti del PCI nei confronti di una
apertura al PSI e l'ascesa di Craxi, che si vide costretto, per far
sopravvivere il partito, a conquistare potere in qualsiasi modo
(diciamo pure che fece il patto con il diavolo e fece la fine
dell'apprendista stregone).
Ma se questo è stato l'esito infausto, ci sono alcuni episodi che val
la pena ricordare:
- caso Moro. Ricordo che solo noi del MLS e il PSI proponevamo di
essere possibilisti verso una trattativa che salvasse Moro. Il PCI era
inchiodato sulla linea della fermezza (fermezza de che? boh!) e i
nostri simili a sinistra addirittura sembravano se non giustificare
almeno "comprendere" il gesto delle BR!!!
- Sigonella: forse l'ultima volta che mi sono sentito orgoglioso di
essere Italiano, mondiali di calcio a parte.
Perchè ricordo questi due episodi, lontani fra loro? Perchè in questi
c'è tutta la parabola del periodo Craxiano: era partito con idee che
avrebbero potuto svecchiare la politica della sinistra e farla
approdare al suo approdo naturale, una grande forza socialdemocratica
di tipo europeo, ed ha finito per prendere a bordo criminali di vario
tipo pur di mantenere l'illusione di un potere che, alla fine, aveva
anche conquistato, ma al prezzo della rinuncia ad ideali che
probabilmente aveva ancora nel suo DNA (ecco perchè ho ricordato
Sigonella).
Anche io ricordo il referendum sui punti di contingenza: momenti
drammatici, un Craxi costretto ad annullare una conquista a cui anche
il suo partito aveva contribuito appena un decennio prima. Ma siamo
sicuri che in tutto questo non vi sia stata una colpa da parte di un
PCI che, pur continuando a fare "cose di sinistra" dopo il 1980
(quali, a parte la maratona ostruzionistica del referendum sulla scala
mobile?) e a tenere presente la questione morale, non ebbe il coraggio
di unificare su valori modernamente socialisti la sinistra tutta?
Sicuramente Craxi ha commesso errori: avrebbe potuto scegliere altri
compagni di strada, e dare più peso alla grande tradizione che aveva
all'interno del partito, io ricordo ancora non solo il grande Pertini,
ma anche Nenni e Mancini e Lombardi...., ma forse fu spinto su quella
infelice strada anche da un partito monolitico (PCI) che pensava di
cambiare questo paese semplicemente eliminando ogni concorrente a
sinistra.
Oggi, purtroppo, succedono cose molto simili fra il PD e gli altri
potenziali alleati di riferimento, con l'aggravante che non è neanche
più tanto chiara l'identità socialista. La sinistra continua a
dividersi e, in un modo o nell'altro, a dare spazio ai "moderati" (!!)
Grazie per ciò che scrivete.... leggervi è sempre un piacere.
Salvatore Salzano
Due domande, non retoriche, perché per quanto possa in cuor mio ritenere valide alcune risposte a soddisfarle, sono incuriosito da altre possibili risposte alle stesse.
I domanda:
davvero possiamo credere che a massacrarci tutti come socialisti, sia stata la “cancellazione del personaggio Craxi”, ovvero la “damnatio memoriae” cui secondo Belli Paci si contribuirebbe anche sul blog del Rosselli, cancellando parimenti il ricordo del contesto in cui il personaggio Craxi operava, ovvero il “così facevan tutti” che, addirittura con “ammirevole coraggio”, si dovrebbe riconoscere, per ben due volta alla Camera lo ‘statista’ socialista aveva denunciato?
II domanda:
ma chi riconosce che Belli Paci è nel vero, come fa parimenti a ritenere che “la vicenda del periodo craxiano del PSI sia una questione da delegare agli storici”, cioè in qualche modo da sottrarre alla comprensione politica utile qui ed ora, e quindi di fatto “cancellandola”, cioè davvero condannandola ad una “damnatio memoriae”?
Resto personalmente convinto che l’unico modo per “andare avanti”, comporti di tenere lo sguardo rivolto nella direzione intrapresa, e la mente sempre agganciata al ricordo di cosa siamo stati. Nel bene e nel male.
E per quanto poi riguarda Napolitano, si è dimostrato esperto nel “riabilitare” il non riabilitabile, come ha dimostrato trasformando in “fine giurista al Quirinale” quel Presidente della Repubblica descritto da Camilla Cederna in un suo famoso libro.
Camilla Cederna che quando morì, fece piangere i “coccodrilli”, fra gli altri sulla Stampa di Torino un Pigi Battista di annata, che intervistò Paolo Mieli (allora non ancora in coppia con lui sulla tolda del primo quotidiano del Paese) e che nel titolo e nell’occhiello ci fece leggere:
“Ha fatto battaglie cruciali”, “Era indipendente fino alla solitudine”.
Ne ricavo testé l’affermazione che forse è proprio questo che dovremmo rimpiangere della storia del nostro partito:
le battaglie cruciali che ha fatto, la sua indipendenza fino alla solitudine.
Non certo la sua subalternità, confluita nelle liste comuni del ’48, nella illusoria unificazione con il PSDI del 5% (e non mi riferisco ai voti), e nella finale e tragica immersione in quel CAF che da subito tutto aveva (almeno con il senno del poi non possiamo negarlo) per essere compreso come esattamente il contrario di quello per cui veniva spacciato, non l’affermazione orgogliosa di una autonomia socialista (per qualche tempo fra l’84 e l’85 mi è capitato anche di crederci), ma la sua definitiva abdicazione.
Vittorio Melandri
Caro Vittorio, ho scritto alla mailng list del Circolo Rosselli che è stato accertato che Craxi aveva due conti personali gestiti prima da Tradati e poi da Raggio sui quali c'erano 50 miliardi di vecchie lire. I conti hanno fatto il giro dei paradisi fiscali di mezzo mondo. Inoltre Craxi ha dichiarto ai giudici che il PSI dal 1987 al 1990 aveva incassato solo a Roma(Amministrazione centrale) 187 miliardi di tangenti. Sembra che non interessino a nessuno. Finchè si difende l'esperienza craxiana, sia pure con molti se e molti ma, l'Italia non avrà più una forza socialista. Elio
Sono anch'io dell'opinione che la polvere della storia sepellisca quelle vicende, che hanno avuto come effetto di nascondere/seppellire la questione socialista nella e della sinistra italiana. La questione socialista non è la questione individuale o collettiva dei socialisti "biografici", ma della sinistrra italiana nel suo complesso, cioè la sua estraneità al Socialismo Europeo e internazionale. Tanto per chiarire è questione distinta dall'iscrizione al PSE, perché i DS hanno dimostrato che si può essere membri del PSE e dell'IS senza aderire ai valori del socialismo democratico. Anche il PSE ha bisogno di una riforma per rappresentare in Europa il socialismo democratico come dottrina e sistema di valori e non essere la camera di compensazione di partiti socialisti nazionali e dipendente finanziariamente dal Gruppo non più solo socialista del Parlamento europeo. Il Gruppo di Volpedo è stato il primo ad aver individuato il nodo, parzialmente seguito dal NSE.
Nel socialismo europeo non si entra senza socialisti di oggi e di domani, ma anche facendo finta che non siano mai esistiti quelli di ieri, soprattutto quelli che lo sono rimasti, che non sono pochi e di qualità politica non inferiore a quella di gruppi dirigenti di Partiti da cui dovrebbe rinascere( spontaneamente?, per gemmazione?) un movimento di sinistra socialista vincolato/rapportato al socialismo europeo. Lasciamo perdere paragoni tra Chiesa e Penati, il Chiesa non determinava scelte politiche neppure a livello provinciale, ma in compenso noi abbiamo avuto inquisiti e condannati a livelli di Segretari generali e ministri, che il PCI-PDS-DS non hanno avuto, perché a livelli più bassi ci si assumeva la responsabilità delle deviazioni-e non come certi collettori del PSI che per scaricarsi di responsabilità e trattenersi con la tolleranza degli inquirenti parte del malloppo hanno consegnato il "cinghialone Craxi" alla giustizia. Il giudizio morale di rubare per sè o per il partito può essere diferenziato, ma dal punto di vista politico-istituzionale è peggio e più devastante rubare per il partito che per sè, perché inquina le scelte politiche e non solo quelle amministrative e a cascata corrompe la PA e le stesse istituzioni, come le vicende dei vari scilipoti dimostrano e quindi non basta la sola sanzione penale, che anche per precetto costituzionale.colpisce gli individui e non un sistema: la storia della Secvonda Repubblica e la sua attuale agonia ne sono dimostrazione
Quando si propone di lasciare Craxi agli storici non significa rimuoverlo dal dibattito, ma di vederlo in una prospettiva storica, cioè con un certo distacco, anche se la storia è sempre storia del presente. E' una decisione politica da prendere perché continuare una discussione tra craxiani e anti craxiani paralizza ogni azione comune dell'area socialista, che, il condizionale è d'obbligo, dovrebbe avere nel contesto attuale più ragioni di concordanza che di divisione. La crisi del neoliberismo, la crisi che colpisce chi vive del proprio lavoro, lo smantellamento del welfare state, una delle più avanzate conquiste del modello sociale europeo, merito principale, anche se non esclusivo della socialdemocrazia, un'ottica sovranazionale( cent'anni fa si sarebbe detto internazionalista) pongono i socialisti in pole position per guidare il cambiamento e dimostrare che il riformismo di un socialismo moderno, se determinato ed intransigente, che non sono in contraddizione con il realismo,ha una forza rivoluzionaria. Senza i socialisti non si risolve la questione socialista della sinistra italiana, cioè la sua estraneità al socialismo europeo( non basta aderire al PSE), ma se i socialisti invece di essere stimolo, parlare di guida sarebbe eccessivo visti i rapporti di forza, preferiscono regolare i conti del loro passato, perderebbero un'occasione storica e non sarebbe la prima volta: dalle scissioni alle riunificazioni sbagliate ne abbiamo di esempi. O non aver capito da ultimo, che la caduta del muro diberlino, doveva dar luogo a scelte stratgiche di tipo mitterandiano piuttosto che una tattica di profittare delle difficoltà, molto sopravvalutate, del PCI
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