Sono da sempre convinto che non esiste, ne è mai esistito fra i grandi organi di stampa italiani uno definibile progressista. Leggo preferibilmente il Corriere, perché nella sua attitudine conservatrice e di tutela dei grandi interessi finanziari è più sincero di Repubblica e con qualche frequenza ospita anche articoli di persone dissenzienti dalla sua linea editoriale, mentre Repubblica mi è parso che abbia fatto sempre il gioco di confondere le idee agli italiani di orientamento progressista, fingendosi tale, ma perseguendo fini analoghi a quelli del Corriere. Dunque, in una fase in cui ai grandi poteri della finanza preme convincere gli italiani della necessità di fare sacrifici e che l’equità dei provvedimenti governativi consiste nel far gravare le misure contro la crisi in maniera inversamente proporzionale ai redditi percepiti e alle ricchezze possedute, non mi meraviglia affatto che le prese di posizione siano anche più esplicite e determinate. Oltretutto per convincere la gente che vive del proprio lavoro a votare il PD di Bersani di confusione bisogna farne proprio tanta (non era forse meglio la linea di Tremonti, che le liberalizzazioni e le privatizzazioni ha cercato di tenerle a freno?). Cari saluti. Giovanni Baccalini
Circa il ruolo politico di Repubblica basta la storia di Carlo DeBenedetti, che in Sudamerica sarebbe definito un esponente della "borghesia compradora". Certo che la pochezza culturale dei berluscones si misura anche dal fatto che non han mai provato a attaccarlo raccontando la storia di come ha liquidato l'Olivetti, la prima azienda al mondo che fece dei computer, vendendo per buono il magazzino obsoleto alle banche che dovevano rientrare dei crediti e alle poste che per decenni ci han fatto fare code incredibili. Ma lui andava a tirarsela, riverito, ai festival dell'Unità...E c'era anche lui, se non mi sbaglio, nel gruppo di quelli che saccheggiarono la Telecom e che D'Alema chiamò "capitani coraggiosi" (beh, lo era di certo il pirata Barbanera...)
3 commenti:
Bella e condivisibile l'analisi di Pellizzetti. Totalmente assente il "come"dovrebbe strutturarsi il governo democratico del'economia.
Carlo Salvioni
Sono da sempre convinto che non esiste, ne è mai esistito fra i grandi organi di stampa italiani uno definibile progressista. Leggo preferibilmente il Corriere, perché nella sua attitudine conservatrice e di tutela dei grandi interessi finanziari è più sincero di Repubblica e con qualche frequenza ospita anche articoli di persone dissenzienti dalla sua linea editoriale, mentre Repubblica mi è parso che abbia fatto sempre il gioco di confondere le idee agli italiani di orientamento progressista, fingendosi tale, ma perseguendo fini analoghi a quelli del Corriere. Dunque, in una fase in cui ai grandi poteri della finanza preme convincere gli italiani della necessità di fare sacrifici e che l’equità dei provvedimenti governativi consiste nel far gravare le misure contro la crisi in maniera inversamente proporzionale ai redditi percepiti e alle ricchezze possedute, non mi meraviglia affatto che le prese di posizione siano anche più esplicite e determinate. Oltretutto per convincere la gente che vive del proprio lavoro a votare il PD di Bersani di confusione bisogna farne proprio tanta (non era forse meglio la linea di Tremonti, che le liberalizzazioni e le privatizzazioni ha cercato di tenerle a freno?). Cari saluti. Giovanni Baccalini
Circa il ruolo politico di Repubblica basta la storia di Carlo DeBenedetti, che in Sudamerica sarebbe definito un esponente della "borghesia compradora". Certo che la pochezza culturale dei berluscones si misura anche dal fatto che non han mai provato a attaccarlo raccontando la storia di come ha liquidato l'Olivetti, la prima azienda al mondo che fece dei computer, vendendo per buono il magazzino obsoleto alle banche che dovevano rientrare dei crediti e alle poste che per decenni ci han fatto fare code incredibili. Ma lui andava a tirarsela, riverito, ai festival dell'Unità...E c'era anche lui, se non mi sbaglio, nel gruppo di quelli che saccheggiarono la Telecom e che D'Alema chiamò "capitani coraggiosi" (beh, lo era di certo il pirata Barbanera...)
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