lunedì 16 gennaio 2012

Felice Besostri: E adesso povero elettore?

E ADESSO POVERO ELETTORE?
di Felice Besostri
Con un secco comunicato la Corte Costituzionale ha posto fine alle attese e alle speranze di un mutamento di orientamento giurisprudenziale in tema di ammissibilità di referendum elettorali :“La Corte costituzionale, in data 12 gennaio 2012, ha dichiarato inammissibili le due richieste di referendum abrogativo riguardanti la legge 21 dicembre 2005, n. 270 (Modifiche alle norme per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica).”
Parliamoci chiaro si trattava di un referendum “truffa”, con due finalità, una chiara, sabotare il Referendum Passigli-Sartori-Ferrara-Villone e l’altra inconfessabile, cioè provocare elezioni anticipate con la legge di cui pubblicamente si chiedeva l’abrogazione. La conferma la si è avuta con la rabbiosa reazione alla notizia della decisione, quando demagoghi senza senso del pudore hanno voluto coinvolgere nella polemica il Capo dello Stato, il Governo presieduto da Monti. e il Parlamento, accostando la decisione della Consulta al diniego di arresto dell’on. Cosentino. Siamo una democrazia rappresentativa con forma di governo parlamentare: invocare la piazza e gli elettori, che (ripeto: deliberatamente ingannati), hanno sottoscritto i quesiti referendari, grazie a una campagna mediatica ossessiva, è atto di irresponsabilità politica. Si alimenta consapevolmente l’antipolitica qualunquista per trarne qualche beneficio elettorale. Siamo, grazieaddio, alla lotta di Liberazione e alla volontà popolare, uno Stato di Diritto, che è il requisito minimo di libertà e democrazia. Se saremo ancora uno Stato democratico sarà grazie alla decisone del Capo dello Stato di non sciogliere anticipatamente le Camere per votare con questa legge elettorale incostituzionale: insieme con l’emergenza economica avremmo goduto dell’emergenza democratica, se avessimo dovuto eleggere per la terza volta di seguito un Parlamento di nominati (scusate la contraddizione). Una legge, che sulla carta doveva assicurare maggioranze blindate e un Presidente del Consiglio, unto dal Signore e direttamente eletto dal Popolo, clamorosamente fallita se per la seconda volta si fosse andati a elezioni anticipate. Purtroppo questa legge piace a troppi leader di partito, perché da un potere immenso nella formazione delle liste e al prescelto di figurare con il suo solo nome sulla scheda elettorale. Come potrebbero altrimenti Di Pietro scegliere il suo Scilipoti prossimo venturo e Berlusconi la più graziosa delle sue donzelle e tutti gli altri cortigiani, clienti, leccapiedi e amici fedeli?
Il Capo dello Stato può esortare i partiti a modificare la legge elettorale e Monti ripetere che non è competenza del Governo, ma dei partiti, ma già questo è un problema, perché i “partiti” formalmente presenti in Parlamento superano tranquillamente la decina, ma sono nati per gemmazione da liste elettorali apparentemente più omogenee, senza consenso elettorale. In compenso fuori dal Parlamento c’è tutta la sinistra in tutte le sue gradazioni, perché sotto soglia ovvero esclusa da Veltroni da un apparentamento per favorire Di Pietro. Come insegna il Talmud, se non sei in grado di sopportare il peso dell’irriconoscenza, è meglio non fare del bene. I partiti sono “andati”, sono macchine elettorali senz’anima e senza un progetto di società, con un capo carismatico o autoritario o semplicemente con in mano i cordoni della borsa dei rimborsi elettorali e/o delle sue personali fortune. Il PD fa eccezione soltanto perché la leadership è per sua natura provvisoria. L’Italia è l’unico paese europeo che non abbia una legge sui partiti politici, benché richiesta dall’art. 49 della Costituzione. I veri paria del nostro sistema politico sono gli iscritti ai partiti non appartenenti né alla nomenklatura interna, né alla casta: non hanno diritti, non decidono la linea, al massimo un leader con sistemi plebiscitari e per di più devono farsi carico del disprezzo dei normali cittadini, disgustati dalla politica e dai politicanti. Si continuano a sfornare modelli elettorali che per avere un nome in latino maccheronico dovrebbero avere effetti taumaturgici, dal Mattarellum al Tatarellum per finire, inevitabilmente, nel Porcellum. Se non c’è la politica e la morale in politica e manca il senso delle istituzioni e dello Stato l’ingegneria elettoral-costituzionale non risolve nulla. Nella Prima Repubblica di governi di coalizione di durata media intorno all’anno l’ingovernabilità non dipendeva dalla legge elettorale proporzionale, ma dal fatto che DC e PCI non potessero governare insieme per ragioni internazionali. Nella Seconda Repubblica se Forza Italia, UDC e AN e Lega Nord, guidate da Berlusconi, Casini, Fini e Bossi fossero state coalizione coese con un progetto comune e non alleanze tattiche, incentivate dai meccanismi premiali delle leggi elettorali, non ci sarebbe stato bisogno di modificare la legge elettorale con la L. 270/2005. Se l’Unione del 2006 fosse stata una scelta politicamente seria non ci sarebbero state le elezioni anticipate del 2008 con l’ascesa di Berlusconi, che non avrebbe vinto nemmeno nel 2001, se non si fossero fatte le furbate delle liste civetta per salvare il posto ad una quindicina di parlamentari dell’Ulivo. Guardiamoci intorno i responsabili di quelle scelte perdenti e di oggettiva intelligenza col nemico, come la fine del Governo Prodi nella XVa Legislatura, sono ancora tutti ai loro posti, pronti ad inventare nuove trame.
Ognuno sta pensando a leggi elettorali su misura per se stesso ( sbagliandosi spesso)
e quindi non dobbiamo aspettarci nulla. E adesso povero elettore( parafrasando Hans Fallada di tempi altrettanto turbolenti), che si fa?! Ogni speranza è veramente perduta? No e grazie all’acribia di un pugno di cittadini democratici, che in totale isolamento politico e mediatico si sono opposti ai referendum Guzzetta-Segni-D’Amico, provocando quei passi delle sentenze n. 15 e 16 del 2008, in cui si sottolineavano gli aspetti di dubbia costituzionalità del premio di maggioranza senza quorum in seggi o percentuale di voti. Gli stessi che, avendo prestato fede all’esortazione della Corte Costituzionale, hanno impugnato innanzi al TAR Lazio il decreto d’indizione dei comizi elettorale del 2008, per ottenere un diniego di giurisdizione e un’inammissibilità del ricorso da Consiglio di Stato in quanto atto politico: si è legittimato un colpo di Stato perché, se il decreto di indizione dei comizi elettorali è atto inimpugnabile, si possono prevedere elezioni oltre il termine massimo di settanta giorni previsto dalla Costituzione(art.61). In base ad un’interpretazione aberrante del principio dell’autodichia del Parlamento e a una lettura dell’art. 66 Cost., che non tiene conto del letterale tenore delle parole, si è giunti alla conclusione che unici organi competente ad esaminare la costituzionalità d una legge elettorale sono le Giunte delle Elezioni delle Camere elette con la legge elettorale…. di sospetta costituzionalità!!! I componenti delle Giunte trasformati in tacchini, che dovessero preparare il menù del pranzo del Giorno del Ringraziamento: peccato che non possano sottoporre alla Corte Costituzionale dubbi di costituzionalità in via incidentale. Per il diniego di giustizia pende ora un ricorso innanzi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, di cui viene ritardata la decisione. Sempre lo stesso gruppo, nel frattempo allargatosi ad altri avvocati di tutte le parti d’Italia hanno citato la Presidenza del Consiglio e il Ministero degli Interni, a suo tempo Berlusconi e Maroni, per far accertare dal tribunale di Milano il loro diritto di votare in modo conforme a Costituzione. Le parti della legge, di cui si eccepisce la costituzionalità, sono le stesse che sarebbero state abrogate col referendum Passigli, che non presentava profili di inammissibilità, salvo che per il punto dell’abrogazione delle liste bloccate, ma facilmente superabile non ammettendo il quesito specifico o valutando che al vuoto poteva rimediarsi con un semplice decreto ministeriale di approvazione della scheda elettorale tipo. In più si eccepiva la violazione degli artt 3, 48 e 51 Cost, per il diverso quoziente elettorale richiesto per la proclamazione di Parlamentari di liste beneficianti del premio di maggioranza e tutti gli altri. Il primo grado si è concluso con una reiezione nel merito, confondendo l’eccezione sul premio di maggioranza, come riproposizione della tesi della costituzionalizzazione implicita del principio di proporzionalità delle leggi elettorali e non nei termini delle sentenze n.15 e 16 del 2008 della Corte Costituzionale: un equivoco necessario perché altrimenti non si poteva liquidare l’eccezione come “manifestamente infondata”. Ora siamo in Corte d’Appello, sez. IV Civile, con udienza di precisazione delle conclusioni fissata per il prossimo 22 marzo.
Soltanto la Corte d’Appello di Milano, cui sarà chiesta l’anticipazione dell’udienza, potrà rinviare alla Consulta le questioni di costituzionalità relative a premio di maggioranza, liste bloccate, indicazione sulla scheda elettorale del nome del futuro Premier e quoziente elettorale differenziato e frustrare il tentativo di rinnovare(?) le Camere con la vigente legge elettorale. Con la legge all’esame della Consulta il Capo dello Stato non scioglierà le Camere nemmeno di fronte ad una sfiducia a Monti, l’ultima carta in mano ai golpisti pro-Porcellum. Da un Parlamento di nominati agli ordine di chi li ha eletti o di chi ha promesso di rieleggerli, anche dopo un cambio di casacca, c’è da aspettarsi di tutto. Soltanto una forte mobilitazione dell’opinione pubblica, a cominciare dai firmatari che volevano eliminare lo scandalo della legge elettorale vigente e non reintrodurre surrettiziamente il Mattarellum, può impedire di tradire il diritto degli elettori di scegliere i propri rappresentanti, che rappresentino anche la Nazione italiana, come chiede l’art. 67 Cost. e non i padroni della loro collocazione utile nella lista bloccata. Finché dura il silenzio mediatico e le forze presenti in parlamento non sollevano la contraddizione di un’Avvocatura dello Stato, che difende una legge, di cui Il Presidente Napolitano e il Primo Ministro Monti auspicano una riforma, non si potrà sperarwe in un coraggio dei giudici, che pongano fine alla copertura assicurata finora alla classe politica dal Consiglio di Stato e dala Suprema corte di Cassazione, a Sezione Unite. Nella totale indifferenza della stampa e delle televisioni, comprese quelle che fustigano ad ogni piè sospinto i privilegi della “Casta” si è consumato lo scandalo di disattendere nella redazione finale un preciso principio quello dell’art. 44 L. 69/2009(Delega al Governo per il riassetto della disciplina del processo amministrativo, per cui:”
“1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto del processo avanti ai tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato, al fine di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione di princìpi generali e di assicurare la concentrazione delle tutele.
2. I decreti legislativi di cui al comma 1, oltre che ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 20, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59, in quanto applicabili, si attengono ai seguenti princìpi e criteri direttivi…omissis…)
d) razionalizzare e unificare le norme vigenti per il processo amministrativo sul contenzioso elettorale, prevedendo il dimezzamento, rispetto a quelli ordinari, di tutti i termini processuali, il deposito preventivo del ricorso e la successiva notificazione in entrambi i gradi e introducendo la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie concernenti atti del procedimento elettorale preparatorio per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, mediante la previsione di un rito abbreviato in camera di consiglio che consenta la risoluzione del contenzioso in tempi compatibili con gli adempimenti organizzativi del procedimento elettorale e con la data di svolgimento delle elezioni;(…omissis…)”.
L’ultimo tentativo di impedire agli elettori di chiedere e ottenere giustizia deve fallire, speriamo anche grazie a formazioni politiche, che la democrazia dovrebbero averla nel DNA, in quanto eredi del Partito dei Lavoratori, fondato a Genova nel 1892 e di cui quest’anno è il 120° anniversario
Milano 15 gennaio 2012

Nessun commento: