lunedì 23 gennaio 2012

Lanfranco Turci: Relazione al seminario del 21 gennaio

LANFRANCO TURCI
RELAZIONE SEMINARIO GRUPPO VOLPEDO, NETWORK SOCIALISMO EUROPEO, LEGA DEI SOCIALISTI, MOVIMENTO D’AZIONE LABURISTA
ROMA 21 GENNAIO 2012
Chi siamo.
Il Network per il Socialismo Europeo (NSE ) è una realtà associativa che opera da poco più di un anno ed alla quale aderiscono circoli, associazioni e singoli compagni e compagne che ,a prescindere (almeno per i meno giovani) dalla loro provenienza dal Psi,dal Pci o da altre formazioni della sinistra della prima Repubblica,si definirebbero di sinistra e di orientamento socialista, come è ben evidenziato nel nostro documento costitutivo. Diversi di noi hanno anche partecipato alla Costituente socialista del 2007/2008. Degli attuali aderenti al network molti non sono iscritti ad alcun partito, altri sono iscritti a SEL, altri al PD, altri al PSI.
Che cosa ci caratterizza? Due cose.
a)Non siamo una delle tante manifestazioni della diaspora socialista. Anzi rifiutiamo ogni progetto che si qualifichi come tentativo di recupero della diaspora in quanto tale.
b)Siamo insoddisfatti dell’assetto della sinistra italiana. Il nostro lavoro, soprattutto politico-culturale e programmatico, tende a sollecitare un processo di rinnovamento degli attuali partiti della sinistra-anche attraverso eventuali passaggi graduali e le scomposizioni e ricomposizioni che ciò possa determinare- verso un potenziale nuovo partito di sinistra ,popolare,unitario, collocato a sinistra dell’attuale asse mediano del PD. Un partito collegato al socialismo europeo in questa fase di rinnovamento e di ripensamento delle sue basi programmatiche imposte dalla profonda crisi provocata dal capitalismo finanziario internazionale.
Perché siamo qui oggi?
Abbiamo deciso di rispondere positivamente all’appello di Volpedo che noi interpretiamo come un tentativo per costruire tutte le possibili forme di collaborazione intanto fra di noi promotori (G. di V:,NSE,Lega dei socialisti,Movimento di azione laburista ) come un’area di cultura socialista e di sinistra per la riorganizzazione e il rinnovamento politico-culturale della sinistra, nella prospettiva di quella che il titolo del seminario chiama la Sinistra-dopo-Monti.

Le basi su cui impiantare questo sforzo, prima che nei contributi recuperabili dalle storie passate socialiste,comuniste e della sinistra critica,vanno cercate nella natura della crisi che stiamo attraversando.
Una crisi che segna il fallimento della ideologie liberiste o neoliberali che dominano la scena internazionale da trent’anni. Ideologie cui gran parte della sinistra europea,compreso il Pd e l’Ulivo, hanno aperto porte e finestre negli anni passati.
Una crisi che si è tradotta in disoccupazione massiccia in tutti i paesi sviluppati, in un aggravamento della ingiustizia sociale, nell’arretramento del Welfare e dei diritti. Tutti dati accumulatisi nel corso degli ultimi trent’anni,ma che la crisi partita nel 2008 dagli Stati Uniti,ha portato alla luce del sole in forma esplosiva.
Una crisi che sta portando al rischio di fallimento il progetto europeo nato dalle nobili aspirazioni dei padri fondatori, memori degli immani disastri di due guerre mondiali combattute sul suolo europeo, ma ora ridotto alle condizioni di un meccano paralizzato o impazzito,bloccato dai precetti liberisti e monetaristi di cui la Germania come potenza egemone si è fatta tetragono baluardo.
Una lettura critica di questo sviluppo capitalistico e delle forme assunte dalla globalizzazione, la riscoperta del conflitto sociale e del mondo del lavoro nelle sue nuove e contraddittorie articolazioni come referente imprescindibile, il rilancio del ruolo dell’intervento pubblico e democratico (quindi del ruolo della democrazia e della politica) almeno su scala europea e nazionale, per uno sviluppo socialmente e ecologicamente compatibile: questi elementi possono dunque costituire le basi per un rinnovamento unitario della sinistra italiana, che proprio in ragione di questa ricerca non può non avere nel socialismo europeo,attraversato ora dalle stesse problematiche,il suo principale punto di riferimento.
Credo sia giusto parlare di Sinistra-dopo-Monti, perché dopo l’esperienza del tutto atipica di questo governo,qualunque ne sarà l’esito, difficilmente la sinistra potrà essere la stessa di oggi. Il governo Monti ci ha liberato dalla umiliazione di essere governati e rappresentati all’estero da una squadra da cabaret,come l’ha definita il Financial Times. E’ un governo fatto di molte persone autorevoli e competenti. Ma è anche un governo politico,nel senso che la sua cultura e il suo programma si iscrivono nell’impianto liberale e liberista che ancora domina la politica europea Per di più esso deve fare i conti quotidianamente con l’equilibrio precario della coalizione di emergenza che il Presidente della Repubblica è riuscito a costruire all’interno di questo screditato Parlamento. Per pensare alla sinistra dopo Monti dovremo guardare prima di tutto a ciò che si muove nel PD e in Sel, come le forze più importanti della sinistra. Senza con ciò trascurare la dialettica interna al Psi, dove accanto a vocazioni neoterzaforziste (si veda l’appello di Covatta- Teodori, o la tendenza di Nencini a giocare da “apostrofo rosa” fra Pd e Udc) esiste una combattiva componente di sinistra qui rappresentata dalla Lega. Ed esiste una non sopita voglia di sinistra in quelle aree di militanti che si sono liberate da quel paralizzante complesso di vittimismo rancoroso, che, ancora comprensibile nei primi anni dopo l’esito di Tangentopoli, è diventato poi semplicemente la copertura per un passaggio dal socialismo al campo opposto del berlusconismo. Aggiungo che l’attenzione va tenuta aperta anche verso quanto succede nella variegata area della Fed. Ricordo, a conferma,che quando noi nel marzo scorso promuovemmo,con l’aiuto di un qualificato gruppo di economisti critici,un appello contro il vertice europeo da cui scaturì quel “Patto Europlus” che è alla base del “Fiscal Compact” che si sta discutendo ora, quell’appello fu firmato da !4 organizzazioni,fra cui le fondazioni socialiste qui presenti,ma anche Socialismo 2000 di Salvi e Marx XXI dei comunisti italiani. Sarebbe dunque sbagliato considerare quell’area come una pura ridotta di nostalgici.
E’ nel Pd che l’esperienza del governo Monti è destinata a lasciare i segni più profondi, perché ne evidenzia la frattura politica e culturale che lo attraversa da tempo. Basti pensare all’accoglienza mostrata dal PD verso la lettera della BCE, e prima ancora verso il patto Europlus del marzo 2011. Accoglienza divisa fra le nette riserve di una parte, sempre però preoccupata di essere accusata di antieuropeismo, e la adesione quasi entusiastica, di un’altra, che salutava l’intervento della tecnocrazia europea come convalida della politica da essa sempre sostenuta. Questa diversa valutazione conferma la profonda differenza di visioni politiche fra un’area nettamente schierata per politiche di tipo liberista, sia pure attenuate da un vago senso di solidarietà sociale, e un’area che potremmo in senso lato definire a vocazione socialista (Bersani-Fassina). E’ questa divisione che ha fatto sì che il PD si trovasse impreparato di fronte alla crisi del governo Berlusconi e finisse per accettare il governo Monti, anche in questo caso profondamente diviso fra la giustificazione dello stato di necessità da parte di alcuni e il sentimento di totale adesione da parte di altri. Questo conflitto di valutazioni dovrà prima o poi essere risolto!
Naturalmente molto dipenderà dalla evoluzione della crisi, in primo luogo se ci sarà o no una svolta della Germania e della BCE sulle politiche dei tassi di interesse. Dopo la retorica sul baratro da cui ci saremmo allontanati grazie alla nascita del nuovo governo e alla manovra SalvaItalia, scopriamo di essere ancora lì, ai bordi di quel baratro. E Monti è costretto ad alzare la voce e a evocare ,sia pure in modo ancora indiretto, il vero tabù di questa crisi:l’intervento della BCE e il lancio degli Eurobond. Se questa svolta arriverà potremo almeno respirare, ma la continuazione della politica di austerity in Europa e in Italia non ci sottrarrà alla prospettiva della recessione e di un possibile avvitamento dello stesso problema del debito. Resta inoltre, in assenza di un drastico intervento sui tassi, la possibilità ravvicinata di una esplosione della crisi fino al default, con quello che ciò significherebbe in termini di disastro europeo. Questi diversi possibili scenari influenzeranno la evoluzione del quadro politico e degli orientamenti del paese su tutti i lati dello schieramento, compreso il rischio di una ondata populista e antieuropea, quale quella che anche Monti ha dichiarato di temere. I costi sociali della crisi e delle manovre del governo stanno infatti diventando insopportabili per la gran parte dei lavoratori e dei ceti popolari. Anche la annunciata manovra delle liberalizzazioni,al di là di molta retorica e di poche riforme davvero utili, contiene misure di dubbia giustificazione sociale come quelle sui tassisti, o assai pericolose come la ventilata separazione della rete ferroviaria e l’abolizione del contratto unico del settore, o lo scorporo della rete gas con possibili rischi di privatizzazione,o infine la privatizzazione forzosa di tanti servizi pubblici locali, sui quali peraltro si è già pronunciato negativamente il recente referendum. E non parliamo dell’art.18, su cui per fortuna sembrano rientrati i propositi della ministra Fornero. Quanto può resistere il Pd in questa situazione? Il salto nel buio di elezioni anticipate, senza uno straccio di riforma elettorale e senza una adeguata preparazione spaventa giustamente Bersani. Ma se Monti non riesce a fare un miracolo o qualcosa che gli assomigli, anche lo stallo in cui il Pd sostiene il governo che non è il suo governo e punta solamente alla riduzione del danno,diventa insostenibile. Ecco perché un chiarimento di fondo dovrebbe diventare ineludibile,a prescindere che possa tradursi in rotture più o meno marginali.
Noi dovremmo insistere perché questo chiarimento avvenga non alla fine della legislatura, né al momento di una possibile crisi di governo, ma subito per definire i termini della prospettiva che il Pd intende indicare per il futuro, mentre intanto sostiene bon gré mal gré questo governo.
Quanto a Sel si può capire la impazienza di Vendola, ma si vedono già da alcuni mesi i limiti di una scelta tutta tattica affidata alla speranza di conquistare la leadership della sinistra tramite il marchingegno delle primarie. Impostazione di corto respiro che ha indotto fra l’altro quel partito alla scelta incomprensibile di aderire al referendum Parisi, mentre invece avrebbe interesse a una legge elettorale che non la costringa a coalizioni a ogni costo. Sel dovrebbe invece lavorare, proprio in questa fase di vacanza parlamentare per dotarsi di un più robusto profilo politico,fatto meno di narrazioni e più di analisi e di elaborazioni programmatiche sui problemi che la crisi ha riproposto drammaticamente: conflitto sociale e governo democratico dello sviluppo su linee socialmente e ecologicamente sostenibili. In questo senso assumerebbe un significato eccezionale la scelta di aderire al Pse, scelta che comincia a essere discussa fra i suoi quadri anche grazie ai nostri compagni del NSE iscritti a quel partito. Tutti noi anche da fuori dovremmo proporre questa questione a Sel come decisiva per la sua prospettiva e per la sinistra-dopo-Monti.
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Alla luce di quanto sopra sostenuto, in assenza di una legge elettorale di stampo proporzionale, dovremmo pensare che per le elezioni politiche,quando che siano,gli scenari possibili a sinistra siano sostanzialmente due.
Una versione montiana di alleanza di centro sinistra. Cioè una alleanza fra il centro e il Pd sotto il segno della rivendicazione dell’eredità del governo Monti (ammesso che ci sia un bilancio in qualche modo positivo da rivendicare). Si tratterebbe di un progetto inevitabilmente moderato sul terreno economico e sociale, impostato con poche varianti sulle politiche liberiste europee, giustificata in nome della perdurante emergenza e della responsabilità nazionale. Una ipotesi di questo genere è sicuramente negli auspici dell’area moderata del Pd e potrebbe essere tanto più sostenuta in presenza di una eventuale deriva antieuropea del centro destra. Difficilmente Sel potrebbero acconciarsi a questo schema. Ma se, malauguratamente, il Pd dovesse fare questa scelta, anche a costo di qualche rottura alla sua sinistra, sarebbe veramente una iattura e dovremmo immaginare un percorso molto più lungo e tormentato per veder nascere una sinistra-dopo-Monti con possibilità di incidere davvero sulla scena politica e sociale. Certo non si potrebbe costruire sulle fondamenta di un asse Sel-Di Pietro!
Sono però convinto,forse è un wishfull thinking, che ci siano più probabilità che alle prossime elezioni si presenti una coalizione di sinistra basata sull’asse Pd-Sel (inclusiva inevitabilmente anche di Di Pietro) e aperta ai movimenti che si sono messi in luce nell’ultimo anno su terreni costruttivi quali la difesa dei beni comuni,la difesa della dignità delle donne,la denuncia del potere finanziario. Una simile coalizione potrebbe incorporare anche le esperienze originali rappresentate dalla vittoria di Pisapia a Milano e di De Magistris a Napoli, dovrebbe chiedere al Psi di farne parte a tutti gli effetti e prevedere inoltre l’alleanza con la Fed. Immagino le fortissime resistenze che ci sarebbero dentro al Pd e la possibilità di uscita di una parte dei suoi dirigenti verso il centro. Ma se si avesse il respiro necessario per presentare questa coalizione non come l’ennesima versione dell’Ulivo o della raccolta elettoralistica e residuale di tutta la sinistra , bensì come il nostro contributo a un progetto unitario della sinistra europea per uscire dalla crisi e costruire un modello di sviluppo e un’Europa diversa, credo che ce la potremmo fare. Ci vorrebbe un grande sforzo culturale per delineare una nuova ambiziosa agenda per noi e per l’Europa intera., cogliendo il meglio della critica e delle proposte alternative che sono scaturite dall’ampio dibattito intellettuale che si è sviluppato nel corso di questa crisi. Segnalo, fra i contributi più recenti, il documento dei 300 economisti italiani e stranieri dell’11 nov.2011 ”Per un cambiamento della politica economica in Italia e in Europa che rilanci domanda,sviluppo e occupazione” e il documento di ampio respiro della Fondazione Ebert di pochi giorni fa “ Social Growth: model of a progressive economic policy”. Quello di cui avremo bisogno non è solo la capacità di intercettare il disagio sociale che si va facendo sempre più drammatico fra i lavoratori e i ceti popolari, ma anche l’ambizione all’egemonia culturale e la rivendicazione di una rinnovata visione dell’interesse nazionale e del ruolo dell’Europa. Per questo non userei per la sinistra dopo Monti la “ foto di Vasto”, troppo provinciale,troppo casuale,troppo dominata dall’immagine sempre più improbabile di Di Pietro. O si cambia registro o non c’è appeal né credibilità. Questo richiede una accelerazione immediata di passo alle componenti più di sinistra del Pd e a quei compagni di Sel che hanno chiaro i limiti del movimentismo e di una politica giocata solo di rimessa sul Pd.

Penso che la collaborazione fra di noi che oggi stiamo discutendo dovrebbe puntare a costruire una base di confronto e di approfondimento programmatico fra Pd,Sel e Psi. Possiamo puntare a costruire una cerniera politica e programmatica che contribuisca a far emergere una sinistra più sicura delle sue ragioni e delle idee con cui candidarsi a governare l’Italia. E ci auguriamo che ciò avvenga in parallelo al possibile governo dei socialisti e dei socialdemocratici in Francia e in Germania

Quindi prima di tutto un lavoro sui contenuti:
il profilo ideale del socialismo nel XXII secolo
la crisi economica e i contenuti a breve e a lungo termine per una uscita da sinistra
la riforma e la implementazione democratica dell’assetto europeo
la nuova legge elettorale
la riforma dei partiti e la loro rilegittimazione democratica

Dobbiamo inoltre rintracciare i fili organizzativi dei movimenti che si sono sviluppati in questi anni, compresi tanti di quelli che erano in piazza il 15 ottobre e che una violenza stupida e criminale ha cercato di oscurare.(vedi il convegno al teatro valle del 10/12 febbraio) E dobbiamo costruire rapporti e iniziative comuni con i sindacati,in primis con la Cgil, che ha saputo resistere all’offensiva del governo Berlusconi, non si è piegata a Marchionne e oggi tira le fila di un rinnovato rapporto unitario fra tutti i sindacati per correggere gli elementi più iniqui della manovra di questo governo e coordinare i tanti movimenti di lotta e di protesta di fronte ai quali la politica è quasi del tutto muta. Tocca quindi al sindacato farsi carico di interpretare e coordinare questi movimenti,anche per evitare che sfocino in iniziative disperate e pericolose come quelle in corso in Sicilia. Questa mi pare la strada da seguire nell’immediato. Senza tentazioni,che apparirebbero ridicole,di costruire l’ennesimo partitino,ma per tentare di dare vita a un movimento di sinistra socialista che si muova a tutto campo dentro la sinistra italiana, con una maggiore visibilità. Pronti a investire unitariamente sul piano nazionale le nostre forze nella prima occasione che prometta davvero di aprire la strada a un grande partito di sinistra legato al socialismo europeo. Non dimenticando infine il possibile appuntamento delle primarie per la leadership del centro sinistra qualora restasse una legge elettorale che ancora giustifichi il ricorso alle primarie.

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