martedì 14 giugno 2011

Aldo Penna: Quorum, battiquorum e i nuovi sconfitti

Con il raggiungimento del quorum la gente si è riappropriata
di uno strumento che era stato reso inutile. Berlusconi e Bossi sono gli sconfitti, hanno scommesso sul fallimento, sull'astensione, hanno invitato a urne aperte a disertare il voto ma sono stati clamorosamente smentiti. Nel 1991 il referendum sulla preferenza unica segnò l'inizio della fine della prima repubblica. Venti anni dopo la parabola berlusconiana sta accelerando la sua fase discendente e lo splash down e il conseguente inabissamento è imminente. Ma inaspettatamente c'è un compagno di rovina. Quella Lega ritenuta forte e inossidabile ha perso la sintonia con il suo elettorato, il declino è iniziato e i suoi avversari possono affrettarlo.
I leader del centronistra che in questi anni sono stati sonoramente sconfitti da Berlusconi, che hanno permesso l'immonda legge elettorale del 2005 vedendone uno strumento della perpetuazione del loro potere, quei leader non possono guidare la rinascita del paese. Occorrono strumenti di coinvolgimento e partecipazione che non devono attivarsi solo se si è perdenti e ritirare quando ci si ritiene vincitori. Veltroni e i suoi epigoni scalpitano e tirano fuori la solita arroganza. Il popolo del centrosinistra, i dirigenti avveduti del Pd devono farli smettere. Infine una raccomandazione per il centrosinistra.

Gli avversari del referendum nei decenni scorsi hanno imparato a sommarsi all'astensionismo fisiologico rendendo inefficace la volontà popolare. Dopo Fukushima e il terrore nucleare, la partecipazione ha avuto un sussulto. Ma l'istituto su cui è stata edificata la Repubblica e resa più civile e moderna la società italiana non può vivere della notorietà dei disastri e della voglia di liberarsi di Berlusconi. Il centrosinistra vincitore alle amministrative e il centrodestra leale con lo spirito repubblicano, devono impegnarsi in una riforma semplice e virtuosa, risparmiando centinaia di milioni: abbinare sempre i referendum alle amministrative. Affermarlo ora per non dimenticarsene domani.

Aldo Penna

18 commenti:

luciano ha detto...

Caro Penna,
mi dispiace dirti che sono totalmente in disaccordo con la tua proposta
conclusiva. Prima non lo potevo dire, perché non volevo favorire la
propaganda berlusconiana, ma la tesi dell'abbinamento dei referendum alle
elezioni - amministrative, politiche o europee che siano - come risparmio
virtuoso è a mio modesto parere una autentica bestialità costituzionale.
La nostra Costituzione, come è noto, sfavorisce in ogni modo il referendum
abrogativo.
Limita le materie per le quali il referendum può essere proposto, richiede
500.000 firme per indirlo (che nel 1948, con la popolazione di allora, il
tasso di analfabetismo, e senza TV e posta elettronica erano un numero
enorme !), condiziona la validità del referendum al raggiungimento di un
quorum di votanti altissimo, il 50 % più uno degli aventi diritto al voto.
Perché tutto questo sfavore ?
Perché la Costituzione adotta ed esalta il modello della democrazia
parlamentare rappresentativa. Il centro delle decisioni legislative è il
Parlamento formato dai rappresentanti eletti dal popolo.
Il referendum è un caso del tutto eccezionale di espressione della
"democrazia diretta".
Perché la democrazia diretta potesse disfare quello che la democrazia
rappresentativa aveva deciso occorreva, per i padri costituenti, che la
volontà abrogativa fosse manifestata davvero a furor di popolo, dunque con
un gran numero di richiedenti e con una partecipazione maggioritaria al
voto.
A me il principio pare molto giusto e molto attuale, specie in tempi di
dilagante populismo.
Ogni fattore estraneo che alteri di fatto le regole del gioco, favorendo il
raggiungimento del quorum non per forza propria della proposta referendaria
ma per via di un "traino" diverso dovrebbe essere rigorosamente evitato.
Arrivo a dire che perfino l'abbinamento tra quesiti diversi, in questa
ottica, è molto discutibile, essendo evidente che affiancando un quesito di
scarso appeal (esempio: la fecondazione assistita, purtroppo per noi laici)
ad uno che suscita una grande mobilitazione (esempio: il nucleare, purtroppo
per i nuclearisti come me), si otterrebbe artificiosamente il raggiungimento
del quorum per entrambi.
Ma l'abbinamento con le elezioni è la cosa peggiore perché non solo
contrasta con la ratio eccezionalistica di cui si diceva prima, ma determina
inevitabilmente una lesione della par condicio tra referendum e referendum.
C'è una bella differenza, ai fini del quorum, tra essere abbinati a elezioni
generali o parziali, a elezioni regionali dove vota naturaliter il 70 %
degli aventi diritto ed elezioni provinciali o europee dove la
partecipazione è molto più bassa ...
Insomma, lasciamo i referendum per conto loro e non miriamo a risparmi di
spesa dove sono in gioco principi costituzionali fondamentali.
Piuttosto, in tema di "torniamo allo Statuto", direi che dovremmo
concentrarci sul ripristino di una autentica democrazia rappresentativa,
quale la Costituzione aveva disegnato ed il porcellum ha devastato,
nell'indifferenza dei più.

Luciano Belli Paci

francesco ha detto...

Sono d'accordo con Luciano.

L'abbinamento referendum-elezioni è anche secondo me una prassi da
evitare.

Però il quorum del 50 % mi pare davvero alto; e trovo anche
profondamente scorretta la prassi invalsa da alcuni anni a questa
parte: per cui chi è contrario all'abrogazione di una legge, anzichè
battersi lealmente per il no, invita i cittadini a non andare a
votare.

In realtà bisognerebbe evitare l'abuso dell'istituto referendario,
perchè in una democrazia che funziona le leggi si discutono, si fanno
ed eventualmente si modificano (o si abrogano) in Parlamento. Il
referendum dovrebbe dunque restare uno strumento eccezionale (e per
questo bisognerebbe tendenzialmente anche evitare la prassi di abbinare
troppi quesiti alla volta, anche perchè questo impedisce di
sensibilizzare adeguatamente l'opinione pubblica sui quesiti di volta
in volta in oggetto).

Però bisognerebbe anche fare in modo che quando c'è un referendum i
cittadini sentissero il dovere di andare a votare, e quindi l'arma del
quorum elevato come alibi per tentare di far fallire un referendum deve
secondo me essere assolutamente disinnescata.

Penso che si potrebbe utilmente ragionare in termini di innalzamento
delle firme (per lo meno portandole ad un milione) e, nel contempo, di
sensibile abbassamento del quorum (un quorum del 30%, ad esempio,
sarebbe secondo me assolutamente ragionevole).

Un saluto,
Francesco Somaini

PS: Sono comunque molto d'accordo con Luciano sul fatto che ora il
vero problema della nostra democrazia è quello della legge elettorale,
perchè con questo sistema (a premi di maggioranza, a liste bloccate e a
sbarramenti elevati) si è davvero prodotta una forte limitazione della
libertà dei cittadini.
In nome della governabilità (peraltro mai davvero conseguita) si è di
fatto violentato il principio di rappresentanza (che dovrebbe però
essere la base di ogni vero sistema democratico).

guido ha detto...

I ragionamenti costituzionali di Luciano danno a pensare, ma ci sono alcuni
punti sui quali si può essere in disaccordo senza far venir meno il
principio, che concordando con Luciano, condivido e cioè l'eccezionalità del
referendum abrogativo e il rifiuto di quello propositivo (basta guardare
alla California per vedere i guasti che può provocare la democrazia diretta.
In Svizzera è diverso, piaccia o no, c'è una tradizione radicata che ha i
suoi contrappesi). Tuttavia le cose cambiano nel tempo e la posizione dei
costituenti (influenzata credo dai dialoghi con la folla di Mussolini) credo
sia oggi un po' rigida, soprattutto se vista in controluce delle inerzie del
nostro sistema. C'è il rischio del populismo, ma c'è anche il rischio
opposto (in ampliamento) dell'apatia politica. Forse era giusto chiedere un
quorum così elevato quando il turnout elettorale normale era del 90%- Le
cose cambiano con un turnout che si stabilizza, per il momento, attorno al
60%. Così un primo aggiustamento che non implica una variazione
costituzionale, mi sembrerebbe proprio l'abbinamento. Non mi piace la parola
traino, direi piuttosto servizio e risparmio. I cittadini sono chiamati a
votare periodicamente e talvolta c'è anche un referendum, chi vuole non
ritira la scheda, chi vuole vota contro,. L'apparato davvero imponente su
firme e ammissibilità mi sembra una difesa sufficiente contro gli abusi. Con
turnout al 60% il governo ha un ampio margine di manovra per convincere i
suoi a non ritirare la scheda, ma almeno è un atto delberato e quindi
cosciente. Invece mescolarsi con quelli che stanno a casa
(disproporzionatamente perché vecchi, disabili, malati, assenti o
semplicemente italici fancazzisti) mi sembra un po' come truccare la partita
invece che giocarla. E di trucchi, io sono un po' stanco G

donatella ha detto...

Sono anche io assolutamente d'accordo con l'impeccabile inquadramento
della questione referendum e democrazia data da Luciano.
E come su
questo tema sono convinta che anche su molti altri da oggi, con altro
clima politico nel paese, si possa, si debba, tornare a rimetter le
cose al loro posto e tornare a discutere nel merito e non nella forma
o "sostanza avvelenata" che ci ha condizionato questi anni, attraverso
le nefande distorsioni che si sono venute acreare praticamente su
qualsiasi tema giuridico-costituzionale nella ormai speriamo passata,
era del berlusconismo.
Cordiali saluti
Donatella

lanfranco ha detto...

le proposte di somaini di riforma del referendum sono del tutto condivisibili.Più firme e un quorum più realistico.è la convinzione che avevamo maturato anche dopo l'esito negativo sulla fecondazione assistita

dario ha detto...

Sono come sempre d'accordo con Luciano, in Italia non mancano occasioni di
democrazia diretta, ma la base solida di uno Stato democratico sono le
assemblee elettive, a tutti i livelli.
Io non limiterei la discussione al solo porcellum, ma la amplierei a tutte
quelle leggi che in questi vent'anni hanno fatto strame della democrazia e
della rappresentanza, non ultima, anzi prima, quell'autentico golpe
autoritario della legge Bassanini, che ha tolto ogni potere di indirizzo e
di controllo al primo livello in cui si impara a praticare la democrazia:
il Consiglio Comunale.
Dario Allamano

felice ha detto...

Mi sembra che la partecipazione abbia fatto giustizia di tanti tatticismi sul
quorum. Non abbinarli non significa farli in periodi poco favorevoli. Già la
vicinanza alle elezioni ha impedito una chiara conoscenza dei quesiti.
L'abbinamento avrebbe fatto sparire del tutto o i referendum o le elezioni.
Quando vengo convocato a un referendum svizzero, ricevo oer psta un librettino
moltro chiaro che illustra le ragioni favorevoli e quelle contrarie e tutt
ipossono votareperposta e fra poco con voto elettronico. Il quorum non si può
abbassarlo troppo perché abrogativo e in una democrazia rappresentativa, che
secondo Nadia Urbinati è la forma più elevata di democrazia, una divaricazione
tra parlamento e opinione pubblica è pericolosa. Peraltro se resta questa legge
elettorale si può abbassare perché i parlamentari non rappresentano più la
Nazione( art. 67 Cost) ma il Capo che li ha collocati in posizione utile.
Piuttosto vanno introdotti referendum di indirizzo che non creano contrasto
perché il popolo si esprime prima del Parlamento

stefano ha detto...

Premesso che concordo con Luciano, vorrei che mi si spiegasse a cosa serve il referendum dato che:

Il popolo ha chiesto di abolire il Ministero dell'Agricoltura (con il mio NO) ed abbiamo praticamente sempre avuto tale ministero.

Il popolo ha chiesto l'abolizione del finanziamento pubblico dei partiti (con il mio NO) ed abbiamo il finanziamento

Il popolo ha chiesto la responsabilità civile dei giudici (con il mio NO) e (per fortuna) non abbiamo la RC dei giudici

Il popolo ha chiesto l'abolizione del nucleare (con il mio NO) ed essa è stata riproposta, sia pure dopo molti anni.

Nel merito dovrei essere contento perché la realtà è andata spesso nel senso del mio voto, peccato che io fossi sempre in minoranza.
E' una cosa seria?

In ogni caso, se proprio dobbiamo tenere il referendum abrogativo bisogna tenere il quorum o ridurlo ma raddoppiare le firme.
E soprattutto escogitare qualcosa per cui poi il responso sia rispettato.

Stefano Bazzoli

aldo ha detto...

Scusate, se si conviene sulla validità dell'istituto devono trovarsi rimedi realizzabili non perfetti ma impossibili. Il referendum era dato per morto e sappiamo tutti che riforme costituzionali sull'argomento non sono ipotizzabili.

E dato che i referendum sono antidoti alle degenerazioni del potere del governo e dell'egoismo da rappresentazione esclusiva di certa opposizione, ben venga una semplice legge ordinaria che non lo renda nuovamente vano.




Aldo Penna

sergio ha detto...

La perfezione non è di questo mondo! Un riformista, socialista per giunta, non dovrebbe scegliere la cosa migliore nel determinato momento?

guido ha detto...

Appunto, appunto caro Sergio. Proprio per ragioni di riformismo molto cauto io eviterei di introdurre cambiamenti costituzionali di alcun genere a proposito del referendum, ma contrasterei l’ampliamento tendenziale dell’apatia politica, favorendo l’abbinamento tra elezioni normali e referendum. Al fondo dipende molto dalle concezioni che uno ha della norma. C’è chi (e non sono tra questi) ha una concezione precettoriale della norma: le norme servono a bacchettare i cittadini cattivi e a raddrizzarne le abitudini alzando sempre più l’asticella. E chi crede invece che le norme debbano accompagnare la società (ovviamente devono essere norme altrimenti facciamone a meno del tutto) e l’asticella deve essere messa in modo da scoraggiare i free riders, ma da incoraggiare l’osservanza. Io sto da questa parte (ci sta anche il Beccaria, per dire). Molti anni fa un famoso psicologo di Harvard, David McLelland faceva strani esperimenti per verificare una sua teoria sul need for achievement, il bisogno di riuscire bene, si potrebbe tradurre. Uno degli esprimenti era con il gioco del piolo quello in cui si tira un ferro di cavallo a un piolo, gli sperimentandi erano liberi di collocarsi alla distanza che volevano e in genere cadevano in tre categorie, quelli che si mettevano vicino per non sbagliare mai (e poi riuscivano alti su misure di potere, eg Berlusconi) quelli che si mettevano più lontano delle loro possibilità sbagliavono molto, ma avevano grandi gratificazioni affettive quando centravano) e quelli che si mettevano una una buona posizione rispetto alle proprie possibilità ed erano quelli con scores alti sulle scale della buona riuscita. Metterei la mia viione del referendum in questo gruppo, vorrei che riuscisse, ma no vincendo a mani basse (la visione populista). Oggi Panebianco sul Corriere constata, implicitamente deprecando, che “Quelli che si sono svolti, come tante altre volte è accaduto nella nostra storia, erano referendum contro il governo”, ma mi sembra che i referendum abrogativi siano per definizione “contro il governo”, se sono fatti per abolire una legge fatta da chi è il governo. Sono proprio una valvola di sfogo contro leggi che sembrano ingiuste. E mi fa un po’ specie che proprio oggi sull’onda di una grande sollevazione contro leggi palesemente contrarie alla volontà popolare o inique, ci sia anche tra di noi, chi si preoccupa di più di abusi (possibili) e di una deriva populista (mi sembra molto meno possibile date le altre guarentigie) che non della eccessiva difficoltà di arrivare a una decisione. La mia idea è che se si toglie l’accanimento sul quorum per es abbinando i referendum alle altre consultazioni (all’occasione) ci si potrà concentrare molto di più sul merito e non è detto che gli abrogatori incontino sempre il favore della maggioranza degli elettori, ma il risultato sarà più pulito. Ma avremo modo di discuterne G

giovanni ha detto...

Io, invece, non sono d'accordo. Gli ostacoli posti dalla Costituzione ad un agevole ricorso al referendum abrogativo sono il frutto di un compromesso con una destra che non ne voleva sapere e che ha provocato un lungo rinvio della legge applicativa. In realtà il quorum, non applicato per le altre consultazioni è, a mio parere, una stupidaggine. Se non esistesse il quorum la partecipazione ai referendum sarebbe sempre altissima, perché sia i fautori del si che quelli del no mobiliterebbero i loro elettorati per tentare di far prevalere le loro tesi. La bassa partecipazione è conseguenza del quorum e del tentativo di sommare i contrari, mandandoli al mare, agli astensionisti abituali. Questa invenzione del quorum mi sembra uno degli aspetti meno gratificanti della nostra democrazia. In occasione dei referendum recenti si è gridato al miracolo per l'eccezionale affluenza: il 57% ci avrebbe fatto riflettere sulla decadenza della partecipazione democratica per qualsiasi altra consultazione. Sono anche convinto che un uso più frequente del referendum non lederebbe in alcun modo l'autorità del Parlamento, ma costituirebbe una forma di controllo democratico tale da indurre i parlamentari ad una produzione legislativa di migliore qualità e più consona con gli orientamenti della generalità dei cittadini. Cari saluti. Giovanni Baccalini

guido ha detto...

Meno male che essendo socialisti non siamo mai d'accordo. Lo dico senza ironia:mi sembra che abbiamo formulato in pochi scambi le tre posizioni possibili. Giovanni è chiarissimo nella sua posizione a favore di un uso più ampio del referendum. Luciano e Felice, se ho capito bene, invece sono per il mantenimento della forma attuale anzi consolidando la separazione tra consultazioni referendarie e normali. Io sono anche per non toccare la Costituzione (non perché la ritenga intoccabile, ma per quella posizione diciamo così scettica nei confronti delle norme che ho cercato di illustrare) ma favorirei l'accoppiamento sulla base del semplice ragionamento che il 50% è troppo alto in una situazione di partecipazione attorno al 60% 70% nelle consultazioni normali, che peraltro io a differenza di Giovanni considero fisiologica. Sergio ha detto solo una battuta e non saprei come classificalo. Mi sembrano tre posizioni chiaramente distinte che non richiedono nessuna guerra santa, vediamo come si evolvono le cose. Personalmente non piangerei se passasse una delle altre posizioni, con un piccolo warning che con l'eccezione della svizzera che fa un caso a se per la lunga tradizione che mi sembra difficilmente replicabile (nel merito poi... ma è un'altra discussione) la California fornisce un esempio ch raccomanderei di tenere presente per scoraggiare forme troppo spinte di democrazia diretta in un società complessa. Buon lavoro a tutti. G

pierpaolo ha detto...

Cito da un sito di "fanatici" della cosiddetta "democrazia diretta" (tra i quali sono anch'io, almeno da quando sono rientrato dalla Svizzera dove ho vissuto per 5-6 anni ):

..." Dove esiste il quorum? In Europa esiste un quorum del 50% in Slovenia, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e quasi tutte le repubbliche dell’ex blocco comunista. Esiste inoltre il quorum del 40% in Danimarca.
Dove non esiste il Quorum? I referendum non prevedono il quorum in paesi con lunga storia democratica come Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Paesi Bassi, Islanda, Spagna, Malta, Lussemburgo, Finlandia, Austria, oltre che ovviamente nella patria dei referendum, la Svizzera e il Lichtenstein.
Negli USA non esiste il referendum a livello federale, ma i 27 stati USA che lo prevedono, hanno quorum zero. Anche in Nuova Zelanda, altra nazione che ricorre frequentemente alla consultazione referendaria, non è previsto quorum"...

Contrariamente a quanto ho letto in questi giorni, l'assenza di quorum non implica chissà quale forma di governo o l'instaurazione di una Masaniellocrazia: come vedete non prevedono il quorum paesi di democrazia occidentale o anglosassone, democrazia rappresentativa appunto.

Dobbiamo deciderci, delle due l'una.
O siamo malapartian-pasoliniani, per cui continueremo a vedere nel "nostro buon popolo" una feccia, una massa informe, una plebaglia da tenere al riparo dalle mene dei peggiori demagoghi,. soprattutto da quelli che promuovono referendum e proposte di legge di iniziativa popolare.
Oppure scommettiamo sulla maturità del popolo italiano, che sarà anche pieno di difetti, ma a dire il vero nei passaggi più importanti della sua storia ha sempre saputo scegliere la direzione giusta da prendere - e tutte le principali consultazioni referendarie hanno contribuito a cambiare l'Italia in meglio.

L'abolizione del quorum ai referendum e una miglior considerazione delle proposte di legge di iniziativa popolare da parte della "casta" potrebbero contribuire a creare le condizioni per il rafforzamento di quella "cittadinanza attiva", che tanto ha pesato nell'aprire una nuova stagione politica a Milano.
Certo che a quel punto il ceto politico professionale (sopra ho usato la parola "casta" apposta: con strumenti di democrazia diretta in campo e ben oliati si potrebbe tornare a parlare di classe politica) dovrebbe ricordarsi quotidianamente di esistere solo in funzione della rappresentanza dei cittadini elettori, e non per occupare le istituzioni.

luciano ha detto...

Caro Pierpaolo, non volevo più intervenire perché la mia l'ho già detta.
Però questa favola del bravo italiano proprio non la digerisco.
" ... popolo italiano, che sarà anche pieno di difetti, ma a dire il vero
nei passaggi più importanti della sua storia ha sempre saputo scegliere la
direzione giusta da prendere ...".
Ma quando mai ?
Questo è il popolo che ha scelto Mussolini nel 22 e Berlusconi nel 94.
E che ai referendum si è bevuto tutte le trovate demagogiche su abolizione
di ministeri, abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, demolizioni
taglia-e-cuci delle leggi elettorali ecc. Ritrovandosi poi ovviamente con
un pugno di mosche in mano, o peggio con danni di sistema pressoché
incorreggibili.
E' il popolo che al referendum sacrosanto contro la legge talebana sulla
fecondazione assistita ha deciso in massa di non votare.
Siamo il Paese che non ha una legge decente sul conflitto di interessi e la
più scandalosa concentrazione di potere mediatico in occidente.
Evito di continuare per carità di patria ...

Luciano

guido ha detto...

Nel diritto (o prassi) parlamentare americano (che qui viene praticato in
tutte le riunioni di ogni tipo di collettivo grazie a un aureo libretto che
credo sia uno dei più stampati al mondo o qualcosa del genere e si chiama
Roberts Rules of Order) il Chairman, pardon Chairperson, ha il diritto di
chiudere un dibattito e to move on a un altro tema o alla decisione quando
dichiara “I do not get more information” o qualcosa di simile, cioè quando
il dibattito si fa ripetitivo e le parti ribadiscono le loro posizioni. E’
una regola che ho sempre trovato molto utile, ma che per essere praticata
senza chicane richiede una tradizione antichissima di discussione
democratica, sostenuta da pratiche come appunto il fatto che il bigino di
diritto parlamentare si trova dal giornalaio. Negli anni 30 dopo la
esperienza di Weimar si dibatté a lungo da parte di autori di estrazione
diversa come Ortega, Mannheim e poi Arendt sul concetto di hyperdemocracy,
cioè di istituzioni che avevano adottato regole di procedura democratica,
non appoggiate su una cultura politica di livello corrispondente. Nella
nostra discussione percepisco un po’ di deja entendù, forse qualche persona
più competente di me potrebbe mettere in circolo le discussioni dei lavori
preparatori della Costituente su questo articolo. G

aldo ha detto...

Il referendum abrogativo in Italia ha quarantuno anni di vita, per quindici è
stato in coma da quorum sotto il concorso di calo di partecipazione e
astensionismo attivo. Avversato da molte forze che oggi lo osannano, possiamo
restituirlo alla democrazia di questo paese spuntando gli artigli ai
predicatori della salubrità del mare a giugno. Tra pochi mesi, quando i fumi
dell'esaltazione referendaria saranno smalititi, l'istintiva avversità per uno
strumento costruito per disturbare il manovratore risorgerà. Impegnare oggi il
centrosinistra, un gruppo di discussione come questo dovrebbe agire come una
lobby democratica in direzione del risultato, significa fissare un percorso e
impegnare i legislatori di fronte all'elettorato.

Aldo Penna

guido ha detto...

Come sempre occorre distinguere tra le nostre aspettative e talvolta i nostri sogni e la realtà. Lasciando, come ho già detto, da parte la Svizzera che ha una sua storia particolare (e, per un momento, anche il periodo classico della Grecia ateniese - Sparta era ancora un'altra cosa - che noi idealizziamo, ma che era in primo luogo una società schiavista ed esclusivista in cui partecipavano solo gli abitanti maschi adulti, con esclusione dei meteci e delle donne) le esperienze di democrazia diretta con referendum propositivi che non esistono in tutta l'America ma solo in alcuni stati e precipuamente in California, dovrebbero far riflettere, prima di essere chiamate acriticamente ad esempio per sostenere un ampliamento della "democrazia diretta". Proprio in questo periodo l'Economist sta pubblicando un rapporto sul disastro istituzionale della Californi causato da leggi che appaiono oggi demenziali. Proprio oggi ho ricevuto un msg dal blog di Amitai Etzioni uno dei maggiori sociologi americani che sul suo sito Communitarian prende posizione contro un advocacy group Male Genital Mutilation Bill che ha raccolto abbastanza firme (Deficit, China, and Circumcision: Ban circumcision? Why not ear piercing?)per far votare a Novembre a San Francisco una proibizione della circoncisione: se sarà approvata dagli elettori, i genitori che fanno circoncidere i propri figli prima dei 18 anni d'età verranno multati. Lascio immaginare le possibili conseguenze. E' vero che i socialisti sono per un ampliamento della democrazia contro le oligarchie e i despotismi, ma se la sofocrazia può avere dei rischi, anche la nescicrazia non scherza. Io credo che la nostra costituzione abbia un buon equilibrio, sono solo favorevole a far si che l'impedimento del 50%, che aveva un suo ragionevole equilibrio nel sistema di bilanciature quando votava il 90% dell'elettorato diventa oppressivo se il voto normale è sceso al 60-70. C'è un modo semplice no cost per fare ciò senza troppe complicazioni che è quello di abbinare referendum ed elezioni normali quando ciò sia possibile e francamente non capisco le ragioni contrarie, chi non vuole votare non ritira la scheda. GM