lunedì 14 febbraio 2011

Peppe Giudice: Berlinguer e il socialismo italiano

Come ho già detto, Berlinguer è stata una figura importante e centrale della sinistra italiana. Una figura degna di rispetto e di considerazione.

Ma è una figura che a me non piace, come non piace alla maggior parte dei socialisti – e parlo dei “socialisti veri” non certo dei post-martelliani.

Che non mi piaccia non fa venir meno la stima umana e politica di un uomo che con convinzione ha dedicato al partito ed alle sue idee la propria vita. Ma al tempo stesso ritengo che i suoi errori abbiano fortemente e negativamente condizionato la sinistra fino ad oggi. Ed e’ per questo che voglio discutere della sua figura.

Non abbiamo mai cessato, come “socialisti per la sinistra” di mettere sotto i riflettori gli errori e le colpe di “noi socialisti”. Lo abbiamo fatto perché è doveroso sapersi mettere in discussione, analizzare criticamente il passato, non spaventarci di evidenziare ciò che in esso non solo è stato sbagliato ma anche fonte di gravi degenerazioni. Il socialismo italiano non è crollato solo perché c’è stata una azione persecutoria verso di esso (che comunque c’è stata). E’ che questa azione persecutoria è stata abbondantemente favorita dai processi degenerativi prodotti. Tutto vecchio.

Veniamo al tema di oggi.

Berlinguer non amava i socialisti, né la loro cultura politica. Non è un reato: è una posizione legittima, ma gravida di conseguenze negative.

Non li amava perché riteneva che la democrazia italiana si dovesse reggere sui due principali partiti di massa: la Dc ed il PCI. In lui c’era una visione organicista della democrazia. Concepita come processo che viene creato dall’alto in modo organico dai partiti radicati e strutturati. In questo c’è un residuo giacobino e leninista: l’idea di una politica e di una democrazia guidata da avanguardie che però (e qui c’è un Lenin corretto da Gramsci) si strutturano in forme articolate e molecolari nel suo radicamento nel territorio. La Chiesa Cattolica è il modello.

I socialisti per politica e cultura non potevano stare in tale schema. Perché non potevano accettare l’irrigidimento della democrazia in uno schema stabile nel tempo. Per cui i socialisti erano visti come una variabile impazzita che volevano mettere in discussione l’anomalia italiana rispetto all’Europa. Voglio sottolineare che questa idea negativa della funzione dei socialisti la ritrova simmetricamente in De Mita, Andreatta e …..Prodi. Non è un caso che i socialisti avessero negli anni 60 e primi anni 70 un rapporto privilegiato con la sinistra sociale cattolica di Donat-Cattin, Carniti e Labor che non con i morotei ed i demitiani. La sinistra sociale era anche essa fortemente contraria alla ingessatura della democrazia sistematizzata poi nella proposta del compromesso storico.

Nel PCI la linea politico-culturale di Berlinguer era alternativa a quella di Amendola, Napolitano e Lama per i quali il compromesso non doveva essere storico, ma limitarsi a gestire in modo circoscritto una situazione d’emergenza come quella della II metà degli anni 70. Tale linea era simile a quella sostenuta da Lombardi e Giolitti nel PSI.

La sinistra secondo sia Lombardi e Giolitti da un lato che Lama e Napolitano dall’altro doveva puntare ad essere sinistra di governo in una democrazia dell’alternativa. Il compromesso storico negava esplicitamente tale possibilità.

Così come con quello italiano il rapporto di Berlinguer fu controverso anche con quello europeo.

Berlinguer contestava alla socialdemocrazia di agire all’interno del capitalismo per migliorarlo e non per “fuoriuscire da esso”. A parte il fatto che il programma del PCI nella II metà degli anni 70 non prevedeva alcuna “fuoriuscita” dal capitalismo, il giudizio sommario e negativo sulla socialdemocrazia è tutto ideologico ed identitario ed anche frutto di una cattiva conoscenza di essa.

La socialdemocrazia ha praticato una politica, come è noto, di compromesso forte con il capitalismo, in una fase di crescita economica sostenuta nell’ambito di un capitalismo regolato dalle politiche keynesiane.

Negli anni 70, la svalutazione del dollaro e l’aumento del pezzo del petrolio e delle materie prime mette fine ad una fase più che ventennale di crescita forte, continua e stabile.

Nella socialdemocrazia e nel socialismo europei ci si inizia seriamente ad interrogare su come uscire da sinistra dalla crisi. Molti sostengono che occorre andare oltre il compromesso sociale degli anni 50 e 60 e puntare ad un compromesso più avanzato che si ponga comunque l’orizzonte di andare oltre il capitalismo sia pure in forme graduali e tenendo conto delle lezioni della storia.

La riflessione di Lombardi in Italia, dei socialisti francesi, dei socialdemocratici svedesi e dei socialisti belgi ed austriaci, andava nella medesima direzione: come superare il capitalismo nella democrazia e nella libertà, vale a dire in una direzione opposta a quella del socialismo reale che non aveva costruito il socialismo ma un capitalismo burocratico di stato fondato sulla concentrazione nella burocrazia statale di tutto il potere economico e politico ( perpetuando alienazione ed oppressione di classe con l’aggiunta di uno stato dispotico e poliziesco che reprimeva ogni forma di libertà ed autonomia della società civile).

Per cui la riflessione dei socialisti in Europa va verso il recupero di tematiche care al socialismo libertario, come l’autogestione.

Tutt’altra cosa in Berlinguer. La III via tra socialdemocrazia e comunismo resta un puro tratto identitario ed ideologico che non si sostanzia in progetto in positivo. Del resto il socialismo libertario era estraneo alla tradizione del PCI.

Insomma Berlinguer non si rese conto che il processo revisionistico del comunismo non poteva non sfociare nel socialismo democratico. Del resto un comunista senza la dittatura del proletariato non è che un socialista come gli altri.

Di fatto, negli anni 80, si uscì a destra dalla crisi. Con l’impetuosa avanzata del capitalismo liberista (che negli anni 90 si trasforma in “turbo-capitalismo) che solo oggi è stramazzato al suolo in una crisi economica uguale a quella del 29.

Come ho già detto, oggi si ripropone in parte una situazione simile a quella della fine degli anni 70. E’ evidente che il capitalismo non è l’orizzonte ultimo della storia; è evidente che il socialismo democratico e libertario immaginato in quegli anni torna di attualità.

Ma occorre un socialismo democratico rifondato a sinistra: la direzione che stanno percorrendo i socialisti francesi con il sostegno dei socialdemocratici tedeschi e dei laburisti inglesi è quella giusta, anche se andrebbe resa più incisiva. In tale sforzo occorre associare anche forze, oggi estranee al PSE, ma che sono in possibile sintonia con tale progetto (penso a SeL ma anche alla Linke tedesca se si libera di qualche fossile).

Noi come “socialisti per la sinistra” lavoriamo perché tali idee si affermino anche nella disastrata sinistra italiana. Il convegno di Livorno è la prima tappa per lanciare tali idee. E’ nel nome di Lombardi e Rosselli, di Di Vittorio e Trentin che lavoriamo per unire la sinistra possibile nel socialismo del XXI secolo. Covatta francamente non ci interessa.





PEPPE GIUDICE

8 commenti:

carlo ha detto...

E' tempo ormai di superare e mettersi definitivamente alle spalle ogni contrapposizione e diaspora nella sinistra: finche' ci saranno sterili rivendicazioni di appartenza a questa o quella frazione partitica di strada se ne fa davvero poca e si finisce per esser 'complici' e 'alleati' di una cultura e di un pensiero sostanzialmente di destra. Tengo sempre a mente l'ammonimento che vale ancora oggi di Riccardo Lombardi sul 'Fascismo'. Era il 1975 e agli studenti della Statale di Milano, il partigiano Rio disse: "Badate il fascismo e' violenza, ma non e' solo violenza...E' anche violenza, ma finalizzata alla conservazione di certi poteri e di certi privilegi. segue

carlo ha detto...

E’ questo un giudizio essenziale per poter comprendere il fascismo di ieri ed efficacemente il ben piu’ pericoloso fascismo di oggi”, ossia del 2011. Come di superarno allora contrapposizioni e diaspore a sinistra? Certo, non alimentandone altre, ma con un 'pensiero' ed una 'cultura' nuovi, recuperando del socialismo delle origini, quello di prima della 'sterile' scissione del 1921, le tre parole: liberta', uguaglianza e giustizia sociale (fraternita' mi pare abbondantemente superata ed equivoca!!). Mettere assieme queste tre parole significa immediatamente uscire dallo Scilla e Cariddi delle due Chiese, quella comunista e cristiana, se si vuole dalla 'doppiezza togliattiana' del catto-comunismo. Piattaforma di base deve essere un forte e robusto sentimento laico, una netta distinzione tra ruolo e funzione dello Stato e delle Istituzioni e ogni 'credenza religiosa' che al fondo vuole imporre a tutti gli altri i propri valori. E anch'io mi domando, come si domandava nel 1951 nel suo intervento alla Camera, il partigiano Rio.. “se questa eredita’ della cristianita’ armata alla conversione degli infedeli non seduca ancora troppi cuori di cattolici…se e’ dimostrato che il concetto di cristianita’, cioe’ della cristianita’ armata che esclude e combatte l’altra parte non cristiana… Questa posizione porta a una cattiva guerra, perche’ porta alla guerra delle camere a gas, a una guerra di sterminio, alla guerra in cui non si riconosce all’altra parte se non il dovere di essere eliminata”. Messe cosi' le cose, laicita' assoluta come piattaforma delle tre parole che fecero la rivoluzione francese, si tratta di prender atto, come sosteneva nel 1981 l'Ingegnere 'acomunista', che "Viviamo e vivremo sempre di piu' in una societa' postkeynesiana e postsocialdemocratica... Occorre percio' suscitare una domanda qualitativamente diversa, non gia' piu' povera ma piu' ricca di quella di ieri, nella societa' e nella classe operaia e promuovere una risposta da parte dello Stato qualitativamente diversa. E' questa la via regia per contrastare la minaccia gia' preoccupante che la fine della globalita' del rapporto fra lavoratore e sindacato sbocchi in una frammentazione corporativa fatale al sindacato e in definitiva alla democrazia". Per quanti sforzi faccia, per quante analisi economico-finanziarie legga, nessuna riesce a mettere a fuoco, il vero grande problema del superamento del modello capitalistico, oggi capitalistico-mediatico, di quella esposta nel 1967 da Lombardi sotto la geniale frase 'una societa' piu' ricca perche' diversamente ricca'. Rileggersi quell'intervento del Primo Maggio 1967 e il bellissmo libro di Ricciardi e Scirocco del 2004 'Per una societa' diversamente ricca', rafforzato dall'onesto riconoscimento postumo di Luciano Gallino, e' come avere il completamento della piattaforma di base di un programma economico e di un progetto politico di ampio respiro. Francamente, tutto il resto e' noia, maledetta noia...che produce un solo drammatico effetto: assicurare lunga vita a Berlusconi o a chi per lui, sempre in una visione di 'destra' della societa' e dei rapporti interpersonali. Cosi' e' noia, maledetta noia stare a polemizzare con chi questi discorsi li ha sentiti milioni di volta e non ha avuto il coraggio e la capacita' di svilupparli: a cominciare dal parterre dell'ecomiabile 'rendenz-vous' della scissione del 1921....per finire ai vari Vendola, D'Alema, Di Pietro, Veltroni...Ieri le donne, e prima di loro gli studenti, ci hanno dato una grande lezione di coraggio: Se non ora quando?

luigi ha detto...

Il pensiero politico del Partito d'azione era costituito tanto dal
socialismo liberale dei Rosselli, tanto dal liberalsocialismo di
Calogero in un indissolubile intreccio. E per onestà intellettuale
anche di quello mazziniano. Lombardi portò nel PSI questo pensiero
mica quello marxista.
Allego perché il testo è troppo consistente una riflessione su le
ibridazioni tra Rosselli e Calogero, che visto il furore
interpretativo sul socialismo liberale, dovrebbe per i volpediani
essere tenuta presente nel dibattito e magari farsene convinti
divulgatori.
Un dialogante saluto.
Luigi Fasce

peppe ha detto...

il pensiero di Lombardi va ben oltre il socialismo liberale. In lui c'è la
riflessione dell'austromarxismo di Bauer sulla transizione democratica al
socialismo, le idde di Rosa Luxemburg, la scuola postkeynesiana di
Cambridge, il socialismo libertario neomarxista di Socialisme ou Barbarie il
gruppo francese degli anni 50 e 60 che per primo ha fatto una critica
marxista al socialismo reale. Quindi Lombardi va oltre l'azionissmo

stefano ha detto...

Caro Compagno Fasce, se vai a rivedere i passi in merito al PSI che aveva in
mente Lombardi su "Scritti politici dal 1963 al 1978" di Riccardo Lombardi, ti
accorgerai che Lombardi era Marxista, criticamente ma Marxista. Non lo dico io,
leggendo il libro è lui a dirlo.

Cordialmente
Stefano Longo Novara

sergio ha detto...

Grande Carlo, ha perfettamente ragione: bisogna superare la lacerazione della scissione di Livorno, e lo dobbiamo fare noi, magari con una attenta e profonda ricerca storico politico culturale. Non possiamo certo lasciarlo il mano a chi delle nostre divisioni e conseguenti debolezze continua a godere e beneficiare..senza le divisioni della sinistra, ci sarebbe stato Mussolini? Ci sarebbe ancora un..Berlusconi?

peppe ha detto...

LOmbardi si considerava più un "marxiano" che un marxista. Contestava
l'ossificazione del pensiero di Marx in canoni rigidi ed immutabili.
Ma del grande pensatore ebreo-tedesco apprezzava la formidabile carica
critica e liberatoria. Lombardi riteneva che bisognava separare la
critica dell'economia politica marxiana dallo schema determistico (sia
hegeliano che positivista) in cui era stata inserito. Una posizione simile a
quella
dell'Austro.Marxismo di Bauer ed Adler per cui il materialismo storico era
da intendere non come filosofia della storia ma come socialogia dei modi
di produzione. A Lombardi (come a Foa e Panzieri) intressava il Marx
sociologo ed economista.

Luigi ha detto...

Caro compagno Peppe,
io ho poche frecce nel mio arco ... tu tante più di me, ma le mie in
particolare quelle del liberalsocialismo di Calogero, sembra da
quello che mi rispondi, ti siano ignote, a me sono ignoti i molti
rivoli marxisti che citi.
Rispondendo affabilmente alla tua prima corrucciata lettera, mentre
tu dici che
"il pensiero di Lombardi va ben oltre il socialismo liberale" ti
posso dare ragione se pensi al lib lab inglese o peggio che peggio la
recente terza via liberista di Blair.
Mentre per me il socialismo liberale di Rosselli, per un verso e per
altro verso il liberalsocialismo di Calogero vanno ben oltre il il
marxismo.
Dunque due punti di vista che divergono e che possono essere entrambi
legittimi.
Ora questa conciliante ultima letterina ... che approvo totalmente.
Un fraterno abbraccio.
A Livorno !
Luigi Fasce