Mi pare una riflessione importante, che personalmente sento vicina.
Devo ammettere che hoo sempre più difficoltà a comprendere il linguaggio "politico-femminile"; in passato ho creduto alla logica della "differenza", oggi ne diffido, anche perché diffido di qualsiasi discorso fatto in termini troppo "collettivi", e dubito che vi sia una "logica delle donne" distinta da quella degli uomini, in politica come nel mondo del lavoro, ma ovviamente il discorso qui andrebbe meglio approfondito e non si presta a certezze.
Personalmente però mi lascia un po' perplesso che si riscopra la dignità delle donne sullo stampo delle faccende del premier: spero che il discorso femminile - se esiste, come si diceva - sappia "incarnarsi" anche in altre occasioni, senza richiedere "quote" o "protezioni" o "privilegi", ma creando nuovi spazi di libertà, come in passato è stato per alcune importantissime conquiste di autodeterminazione che vogliamo vedere estese anche in altri luoghi e in altre culture.
Detto questo, faccio i migliori auguri alle compagne, alle amiche, ai compagni e agli amici che saranno in piazza domani.
Francesco Maria Mariotti
http://mondiepolitiche.ilcannocchiale.it/
ELENA LOEWENTHAL, la Stampa del 12 febbraio 2011
Non me la sento di scendere in piazza domani per difendere la dignità delle donne. Né la mia né quella altrui. Non vedo perché. Mi desta persino qualche perplessità la sigla della manifestazione. Non perché la considero una profanazione è il titolo dell’ultimo romanzo di Primo Levi, ma prima ancora un antico adagio rabbinico che invita alla responsabilità. Piuttosto, non colgo il nesso fra questo richiamo all’impegno e l’indignazione che sta alla radice di questa chiamata femminile.
Perché mai le donne si sentono in dovere di difendere la propria dignità, alla luce di quell’oscena realtà che trapela da casa del nostro presidente del Consiglio (o dal suo aereo, o dalle auto della sua scorta, o dal suo telefonino)? Forse che gli uomini nel senso di maschi si sono sentiti in dovere di lanciare una manifestazione per difendere la loro, di dignità? Che a dire il vero mi sembra decisamente più violata della nostra. Loro, hanno per caso sentito l’impulso di prendere le distanze, di chiamarsi fuori da quel modello di maschio lì? Ci hanno forse detto, con rabbia e con dolore e con indignazione, che non sono tutti dei vecchi bavosi incapaci di amare o stabilire una relazione affettiva, e bisognosi invece di palpare parti intime femminili in quantità industriali, per sentire vivo il proprio corpo?
Non mi pare. Eppure, se di dignità parliamo, quella dei maschi ne esce decisamente più malconcia della nostra. Perché in fondo, ma neanche tanto in fondo, in questa storia di festini, nudità, giochi stupidi e prestazioni in cambio di somme niente affatto irrilevanti, il nostro presidente del Consiglio a me pare più preda che cacciatore, più vittima che dominatore. La sua fragilità di maschio mi preoccupa ben più della compulsione sessuale. Quel suo non poter fare a meno di olgettine e palpatine, con l’evidente conseguenza che un folto gruppo di sciacquette più giovani di mia figlia (lui invece potrebbe esser mio padre) dispongono del suo numero di telefono, lo minacciano, lo ricattano e gli fanno pure la morale politica. Se non è caduta di dignità questa, ditemi cos’è.
Quanto a noi donne, perché mai dobbiamo sentirci in dovere di dimostrare che non siamo tutte così, come quelle? A me pare ovvio. Persino bello, pensare che non siamo tutte uguali: (...)
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=8405&ID_sezione=&sezione=
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