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venerdì 6 novembre 2020
Franco Astengo: Il voto americano
IL VOTO AMERICANO di Franco Astengo
Pur non essendo ancora stato proclamato l’esito finale il voto americano del 3 novembre 2020 merita già un momento di meditazione su andamento ed esito.
A questo punto risaltano ,infatti elementi di forte difficoltà da parte del sistema di mostrarsi ancora capace di una sufficiente produzione politica, sia sul piano del fornire espressioni istituzionali ai diversi livelli di aggregazione del consenso sia rispetto alla capacità di fornire una chiara indicazione di governo: con buona pace di chi, da Veltroni a Renzi da tempo insiste sulla necessità di poter disporre di un sistema elettorale in modo che “alla sera del voto si sappia chi ha vinto”.
Al punto in cui si sta scrivendo non solo l’esito elettorale potrebbe finire ancora”sub judice” ma anche la prospettiva stessa di governo risulterà comunque fortemente condizionata dall’esito del voto per le due Camere: il Senato dovrebbe, infatti, avere una strettissima maggioranza repubblicana (si è già scritto di “anatra zoppa”) e la Camera dei rappresentanti una limitata maggioranza democratica.
Eppure mai come in questo caso la partecipazione popolare è stata così alta: nel 2016, dalla parte democratica, Hillary Clinton si era fermata nel voto popolare a 59.798.978 voti cedendo 6.883.110 voti rispetto all’Obama 2012. Adesso (a scrutinio da completare) il Washington Post ci dice che il voto popolare per Biden tocca i 73.738.210 voti. Trump nel 2016 toccò i 59.594.262 voti popolari oggi saliti a 69.655.617 suffragi. Si ricorda anche la candidata ultraliberista di Jo Jorgensen che ha avuto 1.684.757 voti, il verde Hawkins 337.646 e ci sono 368.697 voti sparsi per altre candidature. Sul terreno del voto popolare quindi i democratici hanno ben più che recuperato l’astensione che aveva condannato Hillary Clinton quattro anni fa e Trump ha dimostrato di essere comunque capace di attirare un fortissimo consenso.
Nella sostanza si è toccata la punta del 67% nella partecipazione degli iscritti nelle liste elettorali (iscrizione che, si ricorda, non è d’ufficio ma sulla base di un atto di volontà espresso da elettrici ed elettori).
Una partecipazione molto elevata ma appannata dall’esito di difficoltà nel produrre l’indicazione di governo.
Conosciamo la natura dello stato federale negli USA e la storia di quel paese ,segnata anche da una durissima e non completamente dimenticata guerra civile, il cui oggetto del contendere è ancora vivo come fattore di profonda divisione nella cultura e nell’identità .
Siamo consapevoli di quanto tutto questo abbia pesato e pesi nelle scelte istituzionali, elettorali, politiche sul piano del sistema.
In ogni caso debbono però essere sviluppate alcune indicazioni sulla base delle quali avviare una riflessione sui diversi modelli della democrazia occidentale e sui diversi aspetti di una crisi che li riguarda complessivamente:
1) Le elezioni americane hanno inaugurato una massiccia presenza di un voto a distanza (per posta) e di prolungamento nell’anticipazione temporale del voto. Si tratta di due elementi di novità ben differenti dal voto elettronico da remoto e che debbono essere ben valutati, se non non altro per il massiccio utilizzo di queste possibilità da parte del corpo elettorale.;
2) E’ emersa, ancora un volta, la possibilità di una non corrispondenza tra l’esito del voto popolare e quello dell’esito conclusivo delle elezioni con la nomina di un Presidente i cui dati elettorali potrebbero non collimare con l’espressione di consenso complessivo. Come già si è fatto notare, tra l’altro, il distacco tra Biden e Trump risulta molto più netto di quello determinatosi quattro anni fa tra Hillary Clinton e lo stesso Trump . Anche in uno stato federale l’esigenza di un pieno rispetto del voto popolare complessivo probabilmente si sta ponendo con maggior forza rispetto al tempo passato;
3) Appare tramontata l’era del “bipolarismo temperato”. La non appartenenza di Trump ad una identità di partito ha portato, in questi quattro anni e nella conseguente campagna elettorale, ad una esasperazione dei tratti sovranisti – populisti. E’ vero, come scrive Veltroni, che le distanze politiche all’interno dei due schieramenti sono molto grandi e che comunque questo tipo di sistema riesce a comprenderle all’interno proprio di uno schema bipolare. C’è da chiedersi però se non sarebbe più conveniente per la qualità del sistema provvedere a una sua strutturazione in grado di consentire ad elettrici ed elettori possibilità più articolate nell’espressione di consenso.
E il tema dell’autonomia di soggettività almeno per le principali istanze e sensibilità politiche presenti nel paese che mi pare di poter così riassumere: populisti – sovranisti (con legami razzisti, suprematisti, integralisti religiosi) legati a Trump, moderati conservatori legati alla tradizione del GOP: questo da una parte; dall’altra sembra che le diverse sensibilità tra liberal, radical e socialisti si siano abbastanza accentuate rispetto al passato).
E’ evidente che in caso di accentuazione nelle espressioni di autonomie delle soggettività emergerebbero riflessi sia sul tipo di presidenzialismo, sia sulle diverse forme in uso di “balance of power”
Si pongono questioni di riflessione sul piano sistemico che andrebbero sviluppate anche in relazione alla diverse forme di Stato, di governo, di sistema elettorale presenti in Europa, laddove nei paesi a democrazia più matura i meccanismi politico – istituzionali tradizionali sembrano in difficoltà così come nei paesi più “immaturi” da questo punto di vista (come l’Italia).
In Italia, paese di grandi disuguaglianze anche sul piano territoriale, dove il sistema dei partiti è stato distrutto e i diversi livelli di disintermediazione sociale ridimensionati, il tentativo di compressione nelle scelte politiche portato avanti nel primo decennio del secolo (maggioritario, elezione diretta a livello locale, forzatura sul bipartitismo,ecc) ha fornito l’esito del sorgere di rilevanti punte di contraddizione nel sistema con il presentarsi di fenomeni di antipolitica, neo-populismo, personalizzazione di mediocre profilo soprattutto nel sistema delle autonomie ( sistema delle autonomie che un tempo garantiva una buona parte della solidità del sistema), esasperata volatilità elettorale, ulteriore contrazione nella presenza al voto, con una complessiva fragilità della quale oggi, in tempi di emergenza straordinaria, stiamo pagando un prezzo molto salato.
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