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sabato 29 agosto 2020
Franco Astengo: Sondaggi, referendum, sinistra costituzionale
SONDAGGI , REFERENDUM, SINISTRA COSTITUZIONALE di Franco Astengo
Non sembra poter lasciare spazio a particolari commenti il sondaggio di Demos sul referendum, pubblicato oggi da Repubblica: 82 a 18 secco, le stesse identiche proporzioni che uscirono dalle urne il 18 aprile 1993 a favore del referendum Segni pro-maggioritario.
Una vittoria schiacciante quella di allora, per una delle più grandi mistificazioni mai viste nella storia della Repubblica.
Una mistificazione il cui esito abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni con l’evidenza del disastro di un progressivo impoverimento politico – culturale in un Paese dove si sono accentuati i connotati storici da “autobiografia della nazione” come Gobetti appellò l’avvento del fascismo .
Oggi l’autobiografia della nazione comprende una buona quota di razzismo più o meno latente, dentro a un quadro complessivo di individualismo, corporazioni e lobbie, richieste di assistenza: il Paese dei bonus sorge così a chiedere il taglio di una “casta” della quale fa oggettivamente parte.
Forza della propaganda facile.
Qualcuno obietterà: così tu dividi tra una minoranza “parte sana” e una maggioranza della “centralità della movida” e ti arroghi la solita rivendicazione della “diversità” altera e minoritaria.
Mi piacerebbe rifugiarmi nella “diversità” orientandomi anche su qualche citazione storicamente ardita, ma invece evito questo terreno scosceso per cercare di sviluppare una breve analisi con qualche pretesa più propriamente “politica”.
Innanzi tutto la possibile veridicità del sondaggio sarà sottoposta al vaglio della partecipazione al voto : partecipazione al voto sicuramente condizionata, in questa occasione, da alcune specifiche modalità
Una seria valutazione sull’esito del referendum potrà essere compiuta, infatti, soltanto scorporando i dati tra i tre livelli di competizione elettorale che, in alcune parti del Paese, si svolgeranno il 20 e 21 settembre prossimi: a) dove l’elettrice e l’elettore avranno a disposizione una sola scheda, quella referendaria, appunto; dove l’elettrice e l’elettore avranno a disposizione due schede, quella referendaria e quella regionale (oppure quella referendaria e quella comunale); dove l’elettrice e l’elettore avranno a disposizione tre schede( quella referendaria, quella regionale e quella comunale).
Dall’intreccio tra i numeri della partecipazione al voto complessivi e quelli scomposti tra le varie situazioni si determinerà l’incidenza dello squilibrio provocato dall’ “election day” sull’esito del voto.
E’ possibile che così emerga materia sulla quale potrà esercitarsi Felice Besostri chiamando in causa i tribunali.
Il combinato disposto tra le dichiarazioni di voto fin qui raccolte tra alcuni dei principali protagonisti della vita politica e culturale e le indicazioni dei sondaggi permette comunque di sviluppare alcune osservazioni di merito sulle quali sarebbe forse il caso di riflettere:
1) Se l’82% di Sì può essere considerato plausibile come dato indicatorio ,la prima osservazione da sviluppare sarebbe quella che questo referendum è proprio una questione di “casta” (come avevano individuato Rizzo e Stella nel loro fortunatissimo “pamphlet”).
Quella dimensione di “casta” portata avanti dai 5 stelle prima maniera, in precedenza al trasformarsi essi stessi in un “establishment” forte, stabile e assolutamente concentrato (sul potere).
Si sono espressi chiaramente per il “NO” una parte consistente degli esponenti politici, oltre ad autorevolissimi intellettuali e opinionisti, tutti influentissimi nei primi decenni del secolo dimostrando così tutto il loro distacco dal populismo imperante.
Ciò può significare il continuum di un esercizio dell’autonomia del politico che nelle forme in cui è progressivamente degenerato nell’immaginario collettivo. Ha rappresentato una delle cause dell’attuale situazione.
E’ stato attraverso l’autonomia del politico ben esercitata nei governi di centrosinistra (1996 – 2001; 2006 – 2008) che si è steso un un tappeto rosso alla resistibile ascesa di una sciagura come quella rappresentata dal nuovo “ceto politico” a marca 5 stelle .
“Ceto politico” di nuovo conio cui una parte del PD vorrebbe offrire addirittura il destro per una “alleanza strutturale” stipulata però alle condizioni dell’antipolitica, come dimostra proprio la vicenda di cui ci stiamo occupando.
2) Una fase politica come quella avviata negli anni’90 sulla base dello sconquasso provocato da Tangentopoli, con l’azione politica dei grandi partiti di massa sciolta come neve al sole e sostituita prima dalla supplenza della Magistratura e successivamente dall’occupazione degli spazi del “ventre molle” da parte di Berlusconi.
Una fase nel corso della quale ci si trova di fronte gli accidenti dell’euro e dei migranti (dagli albanesi in avanti) senza che mai le forze di sinistra tentassero di ricostruire un minimo di fronte di pedagogia politica.
Anzi, le forze di sinistra hanno fatto di tutto per adattarsi alle spire dell’avversario (vedi inseguimento alla Lega su devolution e quant’altro).
In questo modo non si poteva far altro che cedere al passo, oltre ai già citati 5 stelle, ad una emersione para – fascista capace di recuperare nazionalismo e razzismo, male piante mai estirpate del tutto.
3) Soprattutto è mancata a sinistra la possibilità di portare il tema costituzionale a rappresentare base per una soggettività politica. Anche su questo punto è necessaria il massimo della chiarezza possibile: la Costituzione come sfondo del sistema poteva andar bene fino a quando erano presenti i grandi partiti della Costituente e il PCI poteva bilanciare la “conventio ad excludendum” con “l’arco costituzionale”. A partire dal referendum Renzi (anzi già da quello precedente sulle trivelle) in un momento di totale disfacimento a sinistra si è sicuramente espressa, in mezzo a un incrocio di motivazioni strumentali, una sinistra diffusa le cui espressioni politiche erano fondate sul riconoscimento costituzionale e sulla richiesta di una forma di democrazia rappresentativa che si riorganizzasse per contrastare il populismo, le piattaforme, l’uno vale uno.
Invece di compiere un’operazione coraggiosa di apertura in questa direzione i gruppi dirigenti delle residue forze che fanno riferimento alla storia della sinistra si sono trincerate chi nel governo, chi in una opposizione di movimento.
Non è stato compreso che era necessario cercare di mettere in atto un progetto politico di ricostruzione (abbiamo tentato di invertire la rotta con il “Dialogo Gramsci – Matteotti” ma finora gli esiti sono stati parziali e incompleti) nel quale il tema costituzionale poteva rappresentare punto determinante di identità e di aggregazione.
Domani comunque vada, nel “NO” che uscirà dalle urne il 20 settembre ci sarà sicuramente una quota di elettrici ed elettori che avrà votato per muoversi nella direzione che ho cercato di indicare.
L’occasione fu perduta dopo l’esito vittorioso del 4 dicembre 2016; sarebbe mortale perderla anche nell’occasione della possibile sconfitta del 20 settembre 2020.
Nel porci al di fuori da inutili scoramenti preventivi sarebbe il caso di attrezzarci adeguatamente.
La storia più recente al riguardo della complessità di contraddizioni che attraversano l’intera società ci dice che è assente una forma politica di sinistra non semplicemente unitaria ma in grado di offrire una diretta dimensione costituzionale di fronteggiamento della difficile situazione in atto: semplicemente una sinistra costituzionale.
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