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venerdì 14 agosto 2020
Franco Astengo: A sinistra
A SINISTRA di Franco Astengo (Grazie per la vostra attenzione)
Domani ricorre il 128° anniversario della fondazione, avvenuta a Genova, del Partito dei Lavoratori Italiani (poi diventato Partito Socialista e scissosi nel ‘21 a Livorno dal Partito Comunista).
I risultati delle regionali del 20 settembre prossimo ci forniranno una prima impronta circa l’andamento possibile dell’evoluzione del M5S verso una strategia delle alleanze .
Così come, a quel punto, disporremo di alcuni elementi concreti per valutare il vagheggiamento del PD verso la formazione di una “entente” con il MoVimento destinata a diventare strategica, per dirigersi verso l’elezione del Presidente della Repubblica e successivamente verso le elezioni legislative generali previste per il 2023.
Nel frattempo però si apre spazio a sinistra per avviare un ragionamento di più ampio respiro.
Il muoversi del M5S in direzione di un processo di cosiddetta “evoluzione” corrisponde infatti,almeno in parte, a una necessità del sistema di veder riempito un vuoto che il “né di destra, né di sinistra” aveva lasciato.
Oltre la destra e oltre la sinistra, infatti, c’è soltanto il centro che molti stanno cercando di occupare: da Renzi a Calenda a settori “moderati” (chissà su cosa si ritengono “moderati”?) della stessa Forza Italia.
Si tratta di tentativi autodefiniti “trasversali” che in alcuni casi sfiorano la cosiddetta “antipolitica”.
Questi tentativi “trasversali” non hanno però alcuna possibilità di riuscita perché sprovvisti della necessaria “massa critica”.
Per occupare il vuoto lasciato al centro serve, infatti, una consistenza numerica e una presenza territoriale sufficientemente omogenee nel Paese: caratteristiche che, pur nel contrarsi delle abnormi dimensioni raggiunte con le elezioni del 2018, sono ancora in possesso del M5S anche se nel frattempo questo ha accentuato caratteristiche da partito del Sud obbligato allo “scambio politico” e alla soddisfazione immediata dell’ emergenza.
Un’emergenza dettata da quegli elementi di individualismo assistenzialista e di corporativismo, ben presenti nella società italiana soprattutto dalla parte di imprenditori privati che nel pianto delle “Partite IVA” e di una peculiare precarietà innestata nel mondo del lavoro e pur nella necessaria articolazione che pure va tenuta in conto nei riferimenti economici e sociologici, appaiono ben provvisti sul terreno dell’evasione fiscale e del riciclaggio.
Sicuramente non siamo più nei tempi di “Ceti Medi e Emilia Rossa” di togliattiana memoria (anche rispetto al movimento cooperativo).
Così come individualismo assistenzialista e corporativismo trovano, nel campo del lavoro autonomo, il loro corrispondente nella caduta di ruolo delle grandi associazioni datoriali investite dalla sindrome di distruzione dei corpi intermedi che si è accompagnata a quella del populismo “antipolitico” da destra (berlusconismo “docet”) e da presunta sinistra.
Torniamo per alla stretta attualità riflettendo sullo schema di “occupazione degli spazi” equivalante a quello di “occupazione del potere” che mosse in origine il MoVImento.
Operazione di occupazione del potere riuscita, da parte del Movimento 5 stelle, sulla base di una capacità di spargere a piene mani quel qualunquismo che rimane anch’esso parte integrante del tessuto sociale e politico della nazione.
Non approfondisco oltre: mi fermo qui per affermare che l’occupazione del centro come punto di possibile saldatura dell’alleanza PD – M5S potrebbe avvenire (a prescindere dalle indicazioni che saranno offerte dal sismografo elettorale) sulla base di un intreccio tra individualismo competitivo, corporativismo, qualunquismo “storico”.
Beninteso il PD sfugge a ogni tipo di valutazione organica per via delle sue caratteristiche non solo interclassiste ma di mero “partito – taxi” del tutto autoreferenziale nelle presenze istituzionali e privo, fin già dallo scioglimento del PCI e dall’ingresso della sinistra democristiana, di una qualche definizione plausibile di confini politici.
Il PD si direbbe un partito non solo “post – ideologico” ma “post – politico” che ha costruito la sua precaria identità nella strumentalizzazione del frazionamento del potere.
Ciò nonostante con questo quadro è necessario convivere anche per via della necessità di fronteggiamento di una aggressiva espansione della destra estrema.
Per noi che ci ostiniamo a non voler considerare la sinistra una pura categoria dello spirito si pongono comunque enormi problemi.
Infatti nel frattempo sono rimasti politicamente abbandonati amplissimi livelli di potenziale rappresentanza:
1) primo fra tutti il lavoro dipendente appare abbandonato dalla rappresentanza politica. Lavoro dipendente, che pure si trova in difficoltà anche rispetto alla propria rappresentanza sociale. La rappresentanza sociale del lavoro dipendente, il sindacato, non riesce ad oltrepassare quell’assenza di capacità progettuale che lo ha caratterizzato al ribasso nel corso degli ultimi decenni, almeno dall’accettazione della manovra del ‘92 e della “concertazione”, con una risposta soltanto episodica al tentativo (riuscito) di disintermediazione attuata con l’abolizione dell’articolo 18. Il lavoro dipendente si trova in una dimensione di allargamento nelle condizioni di sfruttamento non ancora individuata sul piano di una definizione di progettualità strategica ma messa ben in luce,ad esempio,dalla questione dei migranti posti nella condizione di funzionare da mero “esercito di riserva”(situazione sulla quale si sta ragionando molto poco);
2) in secondo luogo non è possibile pensare a una rappresentanza politica separata per l’emergere delle contraddizioni un tempo definite post – materialiste per le quali si sviluppavano come prioritari i classici esempi dell’ambiente e del genere, ma l’approfondimento del discorso potrebbe portarci ad un ben più articolata e meno schematica individuazione dei cleavages della modernità;
3) Serve una organicità di progetto politico di risposta alla necessità di uscire dalla subalternità al pensiero unico sul terreno cognitivo (compreso l’approccio alle nuove tecnologie di comunicazione);
4) altra questione è rappresentata dalla fievolezza (termine usato per carità di patria) dell’approccio internazionalista, come dimostrato dalla pochezza di capacità d’intervento sui temi europei;
5) infine, come si diceva un tempo “ma non ultimo” il terreno costituzionale, della centralità parlamentare e delle altre assemblee elettive, del rifiuto della forma di governo presidenzialista, del valore dell’organizzazione politica.
La strategia PD – M5S lascia liberi questi spazi non tanto e non solo di riflessione ma più propriamente politici.
Spazi che vanno occupati da una proposta autonoma, unitaria, provvista di una fortissima dimensione progettuale e nello stesso tempo impegnata nella difesa costituzionale a partire dal “NO” nel referendum e proseguendo nel rifiuto del revisionismo e nell’affermazione del valore dell’antifascismo.
Domani ricorre il 128° anniversario della fondazione, avvenuta a Genova, del Partito dei Lavoratori Italiani (poi diventato Partito Socialista e scissosi nel ‘21 a Livorno dal Partito Comunista).
L’occasione potrebbe essere buona per avviare una riflessione di fondo su di un progetto di ricostruzione come stiamo reclamando da tempo attraverso l’attività del “Dialogo Gramsci – Matteotti”.
Oso rivolgermi ai dirigenti di Sinistra Italiana, di Rifondazione Comunista, di Potere al Popolo e degli altri soggetti operanti a sinistra, al quotidiano “Il Manifesto”, ai tanti dirigenti politici e intellettuali privi da tempo di una definita collocazione.
E’ necessaria una ricostruzione “politica”, non meramente movimentista e neppure rinserrata nella ricerca comunque della dimensione istituzionale (che pure rimane necessaria, a tutti i livelli).
A qualcuno di questi potenziali interlocutori verso i quali chiedo scusa per la reiterata insistenza mi permetto di chiedere di estendere la conoscenza di questo appello: ho tirato giù questo testo che comprendo possa essere giudicato come estremamente schematico e me ne dispiace.
La schematicità è stata però voluta proprio per ricevere forti critiche utili per avviare finalmente una discussione di merito sul tema della ricostruzione.
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