martedì 5 giugno 2018

Paolo Bagnoli: Il vuoto e la totalità

il vuoto e la totalità paolo bagnoli L’Italia è un Paese cui certo non difetta l’innovazione politica. La nascita del “governo del cambiamento” – formula rubata a Pier Luigi Bersani, tanto per dare a ognuno il suo – ne è una dimostrazione. A leggere i commenti dei vari giornali un cambiamento ci sarà e sarà verso destra; non è una novità: se il governo fosse nato non poteva che essere questo lo sbocco. Oggi l’Italia con il governo Salvini – Di Maio, ospite gradito Giuseppe Conte, guadagna un primato europeo; infatti siamo il primo grande Paese europeo che ha alla guida due vere forze populiste e demagogiche. Esse sono presenti anche in altri Paesi europei, ma non hanno conquistato il governo come da noi e, i due Paesi che hanno governi simili al nostro – la Polonia e l’Ungheria - destano inquietudine, sicuramente, ma non hanno una rilevanza simile al nostro. Questa è la democrazia. Il popolo ha votato e, in un vuoto generale di politica democratica, il “partito della rabbia” ha preso il sopravvento. E’ inutile ripetere la litania dello “staremo a vedere” perché tutto ciò che vedremo non potrà che essere di destra al di là di qualche narrazione che si renderà necessaria per ragioni di immagine e di consenso, soprattutto. Anche se qualcosa di oggettivamente giusto sarà fatto ciò non cambierà la realtà del regresso culturale e civile della nostra democrazia già abbastanza malridotta dopo la crisi di sistema dell’inizio anni Novanta. Il cambiamento, in parte, c’è già stato, soprattutto per quanto concerne la prassi costituzionale. Intendiamoci: bene ha fatto il Presidente Mattarella – avvalendosi delle sue prerogative - a negare l’accesso al Tesoro a Paolo Savona. Le accuse infamanti che gli sono state rivolte rilevano solo la sostanza di chi le ha formulate, ma ci domandiamo perché, in tanto conclamato rispetto della Costituzione, invece di produrre tempo, il Quirinale non abbia prima incaricato, secondo il peso dei voti riportati, i due laeder di formare il governo. Se nessuno dei due ce la faceva allora poteva passare a Giuseppe Conte oppure tentare la soluzione Carlo Cottarelli. L’incaricato che ce la faceva aveva l’onere di comporre una maggioranza politica e un programma a sostegno del governo che stava nascendo. Invece è successo tutto l’inverso e, al di là di ogni stato di necessità, mutare le prassi costituzionali non è mai positivo. Non lo è in generale; tanto meno in Italia ove ogni leader tende a spostare sulla presunta inadeguatezza della Carta la propria intima debolezza o smoderata ambizione di potere. Matteo Renzi, naturalmente docet . E’ proprio dei governi di questa tendenza di mettere mani nella Costituzione per trarne un vantaggio. Lo hanno fatto il governo polacco e quello ungherese e pure quello turco che continua a stare con una gamba dentro e una fuori dell’Europa. Pensiamo che cercherà di farlo anche quello italiano. Già Salvini ha detto che il presidente della Repubblica deve essere eletto dal popolo; Di Maio, tanto per non smentire le proprie infantili e incolte fanfaronate, ha gridato al suo popolo “ora lo Stato siamo noi” e un certo Nicola Morra, senatore calabrese, citando il Manifesto per la soppressione dei partiti, ne ha dato questa interpretazione “I partiti fanno gli interessi di qualcuno, mentre noi siamo la totalità”. E lasciamo perdere il colpo a effetto di Giuseppe Conte quale “avvocato del popolo” – pensiamo vs lo Stato – che dà la dimensione della cognizione istituzionale che ha del proprio ruolo il neo presidente del consiglio. La crisi della infinita transizione della non politica si attorciglia con forza su se stessa. Al sorgere del nuovo fa da contraltare l’eclissarsi di quanto resta: il Partito democratico e Forza Italia: il primo travolto dal renzismo, il secondo dalla decadenza politica di Silvio Berlusconi che continua a parlare di un centro destra che non c’è più, non vedendo la solitudine in cui si ritrova dal momento che Salvini gli ha portato via Fratelli d’Italia e pure il neoministro del Tesoro. Il panorama è veramente desolante. L’unico che applaude è Vladimir Putin che alla nuova e crescente ondata di autoritarismo e di indebolimento delle liberaldemocrazie europee è oggettivamente legato per una specie di eterogenesi dei fini: ossia lo svuotamento dell’Europa quale soggetto politico. Va detto che questa non fa niente per battere un colpo vero e nemmeno si ripara dai colpi che le vengono assestati, compresi quelli che provengono dall’America trumpiana.

Nessun commento: