martedì 19 giugno 2018

Paolo Bagnoli: Il capo vero e il fuoco di paglia

Da Non mollare la biscondola il capo vero e il fuoco di paglia paolo bagnoli Non era difficile capire – lo avanzammo già su queste pagine – che, se si fosse fatto il governo, esso sarebbe stato targato Matteo Salvini. Così è stato. Non c’è bisogno che il Ministro dell’Interno di metta la felpa con la scritta GOVERNO perché lo si capisca meglio. La svolta a destra è stata istituzionalizzata dalla Lega oggi nazionale, che Salvini ha voluto e costruito, tanto da farne l’unico partito articolato sul territorio, capace addirittura di subentrare, nelle cosiddette regioni rosse, a quella che era la sinistra dominante e sulla quale aveva campato il Partito democratico. Il Movimento 5 Stelle, finché si è trattato di sfruttare la rabbia e di urlare nelle piazze la necessità del cambiamento soprattutto in funzione anticasta, ossia di tradurre in narrazione politica quel Vaffa che è, e rimane, l’unico indirizzo politico del grillismo, ha raccolto il consenso della pancia di un Paese sconcertato e depoliticizzato rispetto alla politica democratica e alle sue regole. Ciò gli ha fruttato il primo posto nei consensi elettorali, ma non è sulla rabbia che si costituisce una nuova classe dirigente ossia personale all’altezza di compiti istituzionali aventi cultura della Repubblica. Alla prova del governo sono arrivati impreparati, pieni di parole, ma sostanzialmente vuoti di idee vere eppure, come ci dicono i fatti romani di questi giorni, intrallazzatori se pur non professionali. La Lega, invece, è arrivata agli appuntamenti con un disegno preciso; un azzardo che poteva anche non funzionare, ma la furbizia e la capacità di muoversi di Salvini le hanno permesso di intitolarsi il governo. Salvini ha sfruttato soprattutto la paura degli italiani verso gli stranieri ridando sostanza politica a una questione mai seriamente governata e, su ciò, non solo ha tolto Di Maio dalla scena per quanto riguarda lo specifico, ma a poco a poco lo ha relegato a badante politico di Giuseppe Conte. Singolare personaggio il presidente del consiglio; da persona educata, come si è visto durante il dibattito sulla 7 nonmollare quindicinale post azionista | 022 | 18 giugno 2018 _______________________________________________________________________________________ fiducia alla Camera, ha chiesto addirittura a Di Maio il placet sulle cose da dire in Aula. Il giovane “capo politico”, di par suo, per lo più sorride, proclama, ma sostanzialmente annaspa; cerca di recuperare soprattutto via social . Con la comunicazione, tuttavia, non si risolvono questioni di fondo quali l’Acciaieria di Taranto oppure le Infrastrutture, sulle quali il balbettio banale del nuovo ministro che dovrebbe avere la competenza è addirittura assordante. Alla fine, per capire il vento che tira, basta vedere i telegiornali: Salvini viene sempre prima di Di Maio, fatte salve le notizie sull’indagine di Roma relativa al nuovo stadio nelle quali i 5Stelle vengono prima della Lega Pensare che Salvini abbia in mente il modello Putin fa venire i brividi. Per divenire il nuovo dominus della politica italiana la scaltrezza e la furbizia non sono fattori sufficienti perché, come le pile, dopo un po’ si consumano e non c’è possibilità di ricaricarle. La parabola di Matteo Renzi, al proposito, è addirittura da manuale. Non occorre essere raffinati politologici per sapere che le crisi acute delle democrazie finiscono sempre a destra e questo governo lo conferma con buona pace dell’anima di sinistra del M5S che, se c’era davvero, doveva venir fuori al momento opportuno. Le sortite di Roberto Fico non ingannino; parla a nuora perché suocera intenda, ma la suocera, anche se volesse, non può intendere; esse non smuovono nulla e poi il Presidente della Camera ha il dovere esclusivo di far funzionare con autorevolezza Montecitorio; in questo e solo in questo è un’istituzione. Al resto devono pensarci altri. Le presidenze delle Camere non possono essere strumenti della politica politicata. Con i Vaffa si possono prendere voti, ma, alla lunga, non si va tanto lontano anche se la smania di farsi notare sembra quasi insopprimibile. Viene da domandarsi se Salvini sarà in grado di realizzare una destra compiuta, magari profilata sul modello decisionale e autoritativo di Putin o se la deriva sia quella che conduce a Visegrad. Ad oggi la crescita della Lega sembra quasi inarrestabile, ma l’Italia è un Paese complesso e, al di là della contingenza, quale idea di esso abbia il Ministro degli Interni non è dato sapere. Le piazze producono consenso, ma a questo non vi corrisponde sempre la politica. Silvio Berlusconi lo dimostra; oggi Forza Italia non sembra nelle condizioni di bloccare lo smagrimento continuo e pure per il partito democratico il futuro appare assai incerto.

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