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giovedì 7 dicembre 2017
Andrea Ermano: Giuliano se n'è ghiuto
Dall'Avvenire dei lavorati
Giuliano se n'è ghiuto…
di Andrea Ermano
«Vittorini se n'è ghiuto e soli ci ha lasciato», così Togliatti titolava un articolo apparso su Rinascita, mensile del PCI, nell'agosto 1951 commentando, in modo estremamente polemico, la rottura del grande scrittore con il suo partito. «A dire il vero, nelle nostre file pochi se ne sono accorti. Pochi si erano accorti, egualmente, che nelle nostre file egli ci fosse ancora», aggiunge Togliatti irridente.
Chi mai direbbe oggi lo stesso in occasione dell'uscita di scena annunciata da Giuliano Pisapia?
Lui lo annunciava da mesi, che non aveva nessuna intenzione di candidarsi. Glielo si leggeva in faccia, che stava impersonando controvoglia una leadership poco confacente al suo carattere. Aveva governato Milano nella migliore tradizione amministrativa della metropoli lombarda. E da circa un anno, dopo la fine del suo mandato, teneva insieme la sinistra a sinistra del PD. Ora, con la nomination di Grasso, papa straniero alla guida di "Liberi e Uguali", si registra un cambio di fase. E Pisapia esce di scena.
Con il che il panorama intorno al PD renziano si fa sempre più solitario. E ripropone la questione delle alleanze, questione antica e dimenticata, che la natura stessa di quel partito, fin dal suo atto di fondazione, rimuoveva come "obsoleta". Questione "obsoleta" in forza della vocazione maggioritaria agitata da ex-democristiani ed ex-comunisti nell'amalgama di codesta loro invincible armada. Ma "obsoleta" anche a causa della cornice giuridica statuita da leggi elettorali fatte per manipolare geneticamente talune minoranze elettorali in talaltre maggioranze parlamentari, affinché i cittadini potessero sapere chi governava la loro Repubblica (parlamentare) ancor prima di aver riunito le assemblee di Camera e Senato.
La "vocazione maggioritaria", oggi, sta poco bene, dopo la bocciatura della Legge Calderoli operata dalla Consulta su istanza del pool guidato da Felice Besostri, che per altro ha portato a una (fatale) verifica di costituzionalità anche il cosiddetto Italicum.
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Giuliano Pisapia con la presidente della
Camera dei Deputati, Laura Boldrini
Al momento il livello di consenso "democrat" è quello noto, intorno al 25%. "Liberi e Uguali" si attesta al 6%, ma può rafforzarsi di qualche punto grazie all'effetto Grasso. Il Centrodestra assomma un 36%, a fronte del 26% attribuito al M5S. Allo stato attuale, dunque, e non diversamente da precedenti legislature, la guida del Paese dovrà essere affidata a un governo di coalizione. Tutti in qualche modo ne parlano già, persino i grillini. La retorica giornalistica sugli "inciuci" appartiene perciò al bipolarismo che fu. Non ha mai risolto nessun problema in passato e men che meno ne risolverà domani.
Renzi sembra, dunque, condannato a quella solitudine nella quale il suo partito si è manovrato con troppa sicumera per troppi anni. E meriterebbe una seconda lezione. Ma il nostro spartiacque politico reale è l'Europa. Perché senza un'Unione forte, le nostre piccole nazioni, come diceva il vecchio Helmut Schmidt, verranno misurate "in Promille", espressione tedesca che significa "in millesimi", ma esprime anche il tasso alcolimetrico alla guida di un veicolo.
La coalizione di centrodestra non fornisce alcuna seria garanzia in questo senso, anche se il partito di Berlusconi, riconciliatosi con la Merkel, cresce di qualche punto, attestandosi intorno al 15% dei consensi. Ma Lega e postfascisti (che insieme fanno il 20% circa dei consensi sondati) mantengono posizioni decisamente anti-europee. E lo stesso vale per parte consistente degli elettori grillini. Sicché, in tema d'Europa il paese è spaccato a metà. E ciò avviene in un passaggio cruciale per l'Europa stessa, che ha bisogno assoluto di un effettivo sostegno da parte italiana.
Nessuna coesione europea appare possibile senza superare in senso "sociale" l'ideologia ordo-liberista, rivelatasi una mera variante del pensiero unico globale. Ma nessuna stabilità di consenso democratico, indispensabile a compiere questo superamento "sociale", sarà possibile nel nostro paese senza mettere in moto una vera politica d'integrazione capace di governare l'emergenza migratoria in una prospettiva di accoglienza, impegno civile e cooperazione internazionale.
C'è poco da scherzare, e chi riveste alte responsabilità istituzionali non può non saperlo. È decisivo che prevalgano in Italia politiche europeiste, attive sul fronte sociale e impegnate nell'accoglienza. E perciò – repetita iuvant – occorre che le forze di centro-sinistra si coalizzino, pur mantenendo le ragioni delle loro differenti realtà, per non disperdere seggi e consensi preziosi in un passaggio d'epoca dai contorni abbastanza "weimariani".
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