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martedì 21 novembre 2017
Franco Astengo: Due notizie dal Cile
DUE NOTIZIE DAL CILE di Franco Astengo
Riflettori puntati sull’esito del primo turno delle elezioni presidenziali cilene svoltesi domenica scorsa 19 novembre.
Analisi parziale sui dati relativi al primo turno riguardante i soli candidati alla Presidenza (si sono svolte anche le elezioni legislative, ma per l’analisi dei dati in questo caso occorrerà più tempo).
Analisi comunque interessante anche per via delle similitudini che da sempre si sono evidenziate tra il sistema politico cileno e quello italiano, nonostante la diversità nella forma di governo che – appunto – nel caso cileno è di tipo presidenzialista.
Il primo dato che si rileva dal risultato del 19 novembre è l’aumento dell’astensionismo ancorché molto contenuto.
I voti validi, infatti, il 17 novembre 2013 (sempre con riferimento ai suffragi ottenuti dai candidati alla Presidenza) erano stati 6.585.808 mentre quattro anni dopo sono scesi a 6.462.754: una flessione di 123.054 unità, in percentuale circa il 3%.
Il secondo dato è quello del secco spostamento a destra.
Il ritorno in scena di Pinera, già presidente tra il 2010 e il 2014, ha significato un netto incremento per il centrodestra cileno: Matthei nel 2013 aveva ottenuto, infatti, 1.648.481 voti (25,03% sul totale dei voti validi), Pinera nel 2017 è salito a 2.400.915 voti (36,64% sul totale dei voti validi), di conseguenza un più 752.434 in cifra assoluta. Un risultato che ha comunque deluso le sue aspettative che, secondo i sondaggi, avrebbero dovuto vederlo traguardare circa il 40%.
L’incremento di suffragi per la candidatura di Pinera si è inoltre verificato senza alcuna significativa flessione rispetto all’altra candidatura di destra: nel 2013, infatti, si presentò su quel versante il giornalista televisivo Fernandez (uomo del neo – liberismo) ottenendo 666.015 voti (10,11%) mentre nel 2017 si è presentata la candidatura Kast ancor più caratterizzata verso destra rispetto a quella di Fernandez.
Kast ha ottenuto 519.325 voti (7,93%). Una flessione tutto sommato contenuta, su questo versante, che indica come i voti del centro destra rivolti al proprio candidato presidente abbiano realizzato un incremento reale, a dispetto della minore partecipazione al voto.
Dalla parte del centro sinistra, ovverosia tra chi si è disputato l’eredità della presidente uscente Bachelet, il dato più rilevante è stato proprio quello della disputa.
Non si è realizzata, infatti, la possibilità di una candidatura unica e la doppia presentazione ha mostrato la realtà di una spaccatura in parti quasi eguali dell’elettorato che, nel 2013, aveva consentito la vittoria della stessa Bachelet.
Guiller, che potremmo definire l’erede diretto della presidente uscente, ha ottenuto, infatti, 1.486. 539 voti pari al 22,69% è andrà al ballottaggio mentre Barbara Sanchez, rappresentante del “Frente Amplio” espressione di movimenti di sinistra, ecologisti, espressione di una volontà di rinnovamento di una sinistra radicale, ha avuto un vero e proprio exploit con 1.328.280 suffragi pari al 20,27% rappresentando così il vero e proprio “ago della bilancia” in vista del secondo turno per mantenere in vita una qualche speranza di successo per il centro sinistra cileno.
La candidatura della Sanchez era stata molto snobbata dai sondaggi che avevano pronosticato al massimo un 9%: come si vede i sondaggisti non sbagliano soltanto in Italia.
Lo schieramento che nel 2013 aveva sostenuto la candidatura Bachelet aveva, nel frattempo, perso un altro tassello in direzione centro, con la candidatura della democristiana Goic: alla fine la rinnovata DC cilena ha ottenuto 340.000 voti pari al 5,88%.
A sinistra, ancora, secca flessione dell’altro conduttore televisivo Ominami (fondatore del partito progressista) che nel 2013 aveva ottenuto 732.542 voti pari al 10,99% e oggi sceso a meno della metà: 332.070 suffragi, 5,71%.
Questi quindi i dati del primo turno delle presidenziali cilene che ci indicano prima di tutto un limitato incremento dell’astensionismo e, in secondo luogo, pongono in vista del ballottaggio diversi tipi di problematiche: la necessità per il candidato del centro destra di appoggiarsi sui voti ottenuti da quello della destra estrema con un netto spostamento d’asse; per il centrosinistra la questione rimane quella del recupero “unitario”.
Il dato più interessante da valutare resterà comunque quello della partecipazione al voto tra un turno e l’altro: nel 2013 i voti validi scesero da 6.585.808 a 5.582.270, circa un milione in meno.
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