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domenica 9 agosto 2015
Paolo Borioni su Bobbio
dall'unità 9 agosto 2015
Il principio di eguaglianza, dice Bobbio, va collocato in un ambito di giustizia piuttosto che di libertà. E il concetto di giustizia può essere declinato non solo come eguaglianza, ma anche come mera legalità, la quale tuttavia non è necessariamente progressista. Nella prima modernità la sovranità monarchica assoluta è stata fondamentale nello stabilire un principio di legalità nuovo, imposto all'artistocrazia feudale o a rivoluzioni teocratiche, illusoriamente liberatorie e "giuste". Si tratta di un fondamento della modernità e, sostiene Bobbio, la giustizia come legalità è un presupposto anche dell'eguaglianza, poiché nella totale illegalità il più debole (o, diceva Lutero, il più giusto) non ha alcuna possibilità di sopravvivenza di fronte all'arbitrio (economico o armato).
La permanente centralità dell’eguaglianza, in senso contemporaneamente e concretamente politico e sociale, nasce poiché la legalità diviene spesso ingannevole, per esempio quando si interpreta la libertà di finanziamento pressoché sconfinata della politica alla pari della libertà di parola, o si penalizza l’organizzazione sindacale sul lavoro. Ne viene innegabilmente una distorsione sia della rappresentanza sia della legislazione conseguente. Per evitare questi aspetti di elevata ingiustizia della legalità, le democrazie hanno attuato la libertà di associazione nella tendenziale eguaglianza (legale, ma anche economica) sia delle associazioni sia dei ceti più svantaggiati (per cui associazioni libere ed economicamente eguali sono indispensabili).
Oggi appare del tutto riconfermato che senza eguaglianza maggiore e tendenziale delle condizioni economiche (legate all’eguaglianza reale delle opzioni politiche ed associative) non vi è pieno dispiegamento della mobilità sociale, e quindi della società aperta. Ciò perché, dando su questo ragione a Popper, un punto di vista che confuta utilmente il sapere acquisito innova più di mille conferme del sapere già universalmente approvato, ma ormai insufficiente. Per trarre tutto il potenziale innovativo da questo meccanismo occorre aggiungere alla libertà e all’eguaglianza democratico-costituzionale anche una maggiore eguaglianza sociale: solo così i punti di vista esclusi o svantaggiati, le risorse umane, intellettuali ed economiche trascurate dal privilegio del denaro vengono incluse ed utilizzate. Il concetto di eguaglianza e le politiche che ne derivano vanno, lo ripete spesso Bobbio, sempre aggiornate. Ma appare costante l’importanza della questione sociale, a partire dal dislivello di potere fra capitale e lavoro. Nei paesi con maggiore eguaglianza primaria e maggiore parità fra capitale e lavoro (soprattutto i nordici) è più elevata la mobilità sociale, ed è elevata l'innovazione (cioè l'investimento in innovazione, che spesso dà i suoi frutti). Ciò è connesso alla relativa parità fra capitale e lavoro (dovuta anche alla forte capacità associativa di quest’ultimo) quanto alla norma costituzionale. Le costituzioni nordiche ad esempio dichiarano, o hanno dichiarato per lungo tempo, assai meno sull'eguaglianza e le finalità sociali di quanto dica il nostro articolo 3. Ma l'eguaglianza, per quanto in arretramento, le politiche attive, le spese in innovazione e la mobilità sociale sono in quei paesi molto più elevate che da noi o nel Regno Unito, o negli USA.
A tutto questo non osta quanto sostiene Bobbio, cioè che l’eguaglianza in sé non è giusta né ingiusta “è soprattutto un fatto”. Infatti, sul piano dei fondamenti di una società aperta e mobile (cioè dinamica nelle convinzioni e nelle soluzioni) non importa stabilire se un certo tipo di eguaglianza sia giusta in modo ultimativo (cosa che si suppone peraltro impossibile e indesiderabile). Basta questo: senza intrecciare sempre eguaglianza legale/costituzionale ed eguaglianza sociale una società è meno aperta, meno in grado di includere il punto di vista escluso, meno auto correttiva, meno rispettosa del potenziale critico di tutti. In questo caso le soluzioni più utili ai già potenti e favoriti, per esempio nel campo dell'economia e della produzione, nonché della opportuna (e utile) redistribuzione, rischiano di auto-confermarsi oltre il lecito. Per esempio causando crisi ripetute. In una società simile (meno innovativa e libera del potenziale) declina anche il livello di dignità dei più (la “dignità sociale” di Bobbio). Ma anche una legalità autentica, cioè norme su cui possano paritariamente influire davvero tutti.
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