lunedì 31 agosto 2015

The Grexit Plan: My Experience With Wolfgang Schäuble

The Grexit Plan: My Experience With Wolfgang Schäuble

Il risveglio tardivo dei critici di Renzi - micromega-online - micromega

Il risveglio tardivo dei critici di Renzi - micromega-online - micromega

Goodbye Syriza, per Tsipras si apre la fase 2 - micromega-online - micromega

Goodbye Syriza, per Tsipras si apre la fase 2 - micromega-online - micromega

L’idea di politica dalle parti di Podemos - micromega-online - micromega

L’idea di politica dalle parti di Podemos - micromega-online - micromega

Tsipras' Gamble | Foreign Affairs

Tsipras' Gamble | Foreign Affairs

Luciano Belli Paci: Sante parole

Il Meeting di Rimini si svolge dal 1980. Da allora, dunque da ben 35 anni, tutti i politici invitati – di qualunque schieramento fossero – si sono prestati al gioco della setta ciellina facendo a gara per ingraziarsi il pubblico, guardandosi bene dal criticare l’oscurantismo del movimento fondato da don Giussani e naturalmente fingendo di non sapere nulla dell’osmosi tra il potere formigoniano e la formidabile rete affaristica della Compagnia delle Opere. Una versione perfezionata e decuplicata dell’antico (ed al confronti ingenuo) intreccio tra regioni rosse e coop. Una moderna piovra in grado di insediarsi nei gangli del potere a 360 gradi: istituzioni, enti pubblici e parapubblici, imprenditoria privata. Dove il potere alimenta la creazione di ricchezza e viceversa in una spirale geniale ed all’apparenza inarrestabile. Per la prima volta quest’anno un esponente politico è andato a parlare al Meeting ed ha pronunciato esattamente le parole che da decenni speravo di ascoltare. Avrei preferito che non fosse un grillino ad osare dire che “il re è nudo”, ma non posso impedirmi di esultare perché qualcuno finalmente l’ha fatto: http://www.repubblica.it/politica/2015/08/26/news/meeting_di_rimini_l_ospite_grillino_attacca_cl_dal_palco_siete_lobby_di_denaro_e_potere_-121677421/?ref=HREC1-11 LBP

L’occupazione non aumenta con la flessibilità | Barbieri e Cutuli

L’occupazione non aumenta con la flessibilità | Barbieri e Cutuli

Salario minimo “made in Germany” | Gruppo Tortuga

Salario minimo “made in Germany” | Gruppo Tortuga

Regole per un salario minimo efficace | Garnero e Scarpetta

Regole per un salario minimo efficace | Garnero e Scarpetta

La Cina tra esperimenti di mercato e vecchio dirigismo | Amighini e Goldstein

La Cina tra esperimenti di mercato e vecchio dirigismo | Amighini e Goldstein

Franco Astengo: Populismo e nazionalismo

POPULISMO E NAZIONALISMO: GUAI GROSSI IN VISTA di Franco Astengo Il Populismo è un atteggiamento politico apparentemente favorevole al popolo, identificato nei ceti soci economici più umili e sovente culturalmente più arretrati, ma concepito in modo generico e velleitario che gli fa assumere un carattere del tutto demagogico. Infatti, si suole adulare il popolo quale depositario di tutte le virtù politiche e sociali e difenderlo dai raggiri machiavellici di non meglio identificati “ceti dominanti”. Chi si colloca in una dimensione di tipo populista svolge, in sostanza, una funzione adulatoria si sente in dovere di formulare proposte politiche atte a gratificare i desideri di rivalsa del popolo minuto, contrapponendoli alle élite. A questo proposito si pensi alla vera e propria “furia iconoclasta” che accomuna Renzi e Grillo nell’idea di distruzione dei “corpi intermedi” dai sindacati, alle stesse associazioni imprenditoriali, fino al sistema delle autonomie locali e all’idea di cancellare il bilanciamento di poteri tra diverse istituzioni rappresentative anche a livello centrale, come nel caso del Senato. Funzione adulatoria e “furia iconoclasta” insite nel populismo, che risultano, però, del tutto fuorvianti rispetto alla necessità di risolvere i problemi complessi di una società moderna. Le proposte avanzate dai populisti, come abbiamo sicuramente verificato nel periodo in cui è stato Silvio Berlusconi a risultare centrale nell’attenzione dei “media” che stavano occupandosi del sistema politico italiano, svolgono esclusivamente una funzione strumentale, perché dirette a obiettivi di mera conquista e conservazione del potere, da parte di chi avanza tali proposte pretendendo di farlo presuntamente in nome del popolo. In tal senso, allora, il popolo è assunto come mito per individuare un livello di confronto di tipo quasi irrazionale ed emotivo: si pensi , ad esempio, al tono tenuto da Grillo nei suoi comizi in piazza: tono molto diverso dalle sue più recenti apparizioni televisive o nel confronto con i gruppi parlamentari del suo movimento. Il concetto di popolo nel populismo non è razionalizzato, ma piuttosto intuito o postulato apoditticamente. Anzi se vi è chi scrive che il populismo è una “sindrome”, si può dire che al populismo non corrisponde un’elaborazione teorica organica e sistematica. Elementi fondamentali del populismo appaiono essere così l’appello alla nazione (Renzi) e l’appello al popolo (Grillo e Berlusconi). Per ritornare sul tema delle origini teoriche si può dire che il populismo si accompagna con un concetto di democrazia senza intermediazioni che si colloca in antitesi alla democrazia rappresentativa che si proietta, alla fine, su forme di vero e proprio fascismo. Anche i tentativi in atto di “ricostruire a sinistra” soffrono della sindrome populista: se esaminiamo il dibattito in corso sulle colonne del Manifesto sotto il titolo “C’è vita a sinistra” ci accorgeremo che la cifra teorica dominante è quella del movimentismo “radical” di matrice Lotta Continua e la (egemone da tempo nella linea portata avanti dal quotidiano) “teoria delle moltitudini” di matrice “negriana” (da Toni Negri, ovviamente). Manca totalmente, ormai, nel confronto a sinistra sia il rigore dell’etica rivoluzionaria che comunque attraversava ancora settori del disciolto PCI, sia la visione progressista di matrice socialdemocratica: due visioni che PDS e Rifondazione Comunista non hanno saputo interpretare teoricamente e politicamente . Non esserci riusciti ed essersi adagiati su nazionalismo e populismo intrecciati all’interno della logica della governabilità costituisce l’elemento alla base del disastro attuale e della scomparsa di una qualsiasi identità riferita alla storia e alla tradizione del movimento operaio, non solo italiano beninteso. Nella sostanza il soggetto politico più vicino agli atteggiamenti prevalenti attribuibili al populismo possono ben essere assegnati alle stesse categorie che, in altri tempi, generarono il fascismo. Tanto più che, sempre per fermarci dentro i confini del sistema politico italiano (senza approfondire cioè quanto il populismo stia incidendo sui destini della sinistra europea, da Podemos a Syriza, mentre appaiono più “classiche” le divisioni interne alla Linke e rimane da valutare un eventuale Labour con segretario Corbyn) emerge un altro spauracchio: quello del nazionalismo che il PD targato Renzi sparge a piene mani. Si tratta di un nazionalismo legato a una visione quasi “futurista” da anni ’10 con una visione quasi salvifica del ruolo della Nazione in tutti in campi, con forti tensioni militaresche. Tanto è vero che sulla tragica questione dell’immigrazione più volte il ministro degli esteri Gentiloni (ex-PdUP, tanto per ricordare che nessuno è perfetto) ha espresso la volontà di intervento militare all’interno della complicatissima crisi libica. Insomma, un PD da 1911: soggetto veramente pericoloso per la democrazia italiana. Dal modello della quale, così come impostata dalla Costituzione Repubblicana, il partito di maggioranza relativa sta cercando di uscire anche a costo di pagare il prezzo di una scissione interna. Un PD che, appunto, intende dirigersi verso una frontiera di tipo nazional/populista. Tutto ciò appare molto pericoloso in una fase di scontro a livello globale, con il Medio Oriente e l’Asia centrale pervase da una realtà pesantissima di conflitti armati, zone dell’Africa in vero e proprio dissolvimento dal punto di vista di una possibile convivenza civile e politica, manovre militari in atto sulla linea del Baltico dove si fronteggiano la NATO e la Russia e nel Pacifico dove operano in maniera congiunta le flotte russe e cinesi. Sono questi semplici spunti di riflessione sviluppati al solo fine di indicare la pericolosità dello stato di cose in atto a livello globale e l’assoluta perversione che emerge all’interno del nostro sistema politico nel senso del nazionalismo populista trasversale alle forze politiche: l’Europa è sullo sfondo, capace soltanto di imporre i diktat dei tecnocrati ai popoli più affamati e di costruire muri, di filo spinato in Ungheria, di poliziotti anglo-francesi a Calais. Varoufakis in un’intervista apparsa oggi sui quotidiani, al riguardo dell’Europa, afferma che lo scopo della Germania è demolire la Francia: insomma è l’Europa del 1870. Un riferimento storico ancora più arretrato rispetto a quello riguardante il 1914 che parrebbe emergere da un’analisi della situazione attuale. Chissà come stanno veramente le cose e riusciremo questa volta a fermare gli eterni interventisti dannunziani d’Italia?

CONTRIBUTO PROGRAMMATICO DEL NSE A FUTURO A SINISTRA | Ricostruire.

CONTRIBUTO PROGRAMMATICO DEL NSE A FUTURO A SINISTRA | Ricostruire.

Franco Astengo; Praga è sola

COME OGNI ANNO E’ NECESSARIO RICORDARE: “PRAGA E’ SOLA” di Franco Astengo Come ogni anno è necessario ricordare: “Praga è sola”. Mi permetto di rammentare ancora una volta questa data indicandola come fatidica nell’intera storia europea e mondiale. 21 Agosto 1968: i carri armati del Patto di Varsavia entrano a Praga, spezzando l'esperienza della “Primavera”, il tentativo di rinnovamento portato avanti dal Partito Comunista di Dubcek. 1968: l'anno dei portenti, svolta verso il dramma l'anno della contestazione globale, del “maggio parigino”, di Berkeley, Valle Giulia, Dakar, della Freie Universitaat di Berlino. Si chiude bruscamente un capitolo importante nella storia del '900. Non è nostra intenzione rievocare, il dettaglio di quegli avvenimenti o tentarne, una interpretazione complessiva. Il nostro riferimento è rappresentato, molto più modestamente, da una riflessione sui risvolti che quell'avvenimento ebbe sulla sinistra italiana. Si compirono, in quel frangente, scelte che poi avrebbero informato la realtà politica della sinistra italiana per un lungo periodo ed, ancor oggi, si può ravvisare la presenza di “contraddizioni operanti”. Prima di tutto l'invasione di Praga spezzò lo PSIUP :a distanza di tanti anni possiamo ben dire che si trattò di un fatto politico importante. Il partito, rappresentativo dell'esperienza della sinistra socialista che aveva rifiutato nel 1963 l'esperienza di governo con la DC, aveva appena ottenuto (il 19 Maggio) un notevole risultato alle elezioni politiche (il 4,4% dei voti con 24 deputati) e su di esso si era appuntata l'attenzione di molti giovani che avevano cominciato a ritenerlo l'espressione di un avanzato rinnovamento a sinistra. Lo PSIUP si spaccò in due, da un lato il vecchio gruppo dei “carristi” approvò incondizionatamente l'invasione con toni da antico Comintern (come nessun altro settore della sinistra italiana, usando un enfasi non adoperata neppure dalla corrente del PCI vicina a Secchia); dall'altra esponenti di spicco del “socialismo libertario”, epigoni della lezione di Rosa Luxemburg, come Lelio Basso e Vittorio Foa, si misero da parte; ma soprattutto furono i giovani, al momento protagonisti del '68, a ritrarsi. Lo PSIUP iniziava così la china discendente, che sarebbe culminata nell'esclusione dal Parlamento con le elezioni del 1972: un evento ripetiamo di un peso rilevante sulle future sorti della sinistra, in particolare al riguardo delle possibilità di aggregazione, iniziativa politica, capacità di rappresentanza di quella che sarebbe stata la “nuova sinistra” di origine sessantottesca. Sul fronte di quell’analisi fu assente anche la componente socialista democratica, in quel momento riunificata nel traballante cartello della “bicicletta” (doppio simbolo alle elezioni del 1968 di PSI e PSDI con risultato molto deludente) e avviata verso una concezione quasi esaustiva della governabilità che, nel giro di qualche anno (consumata un’ulteriore scissione) avrebbe portato a quella che Riccardo Lombardi definì “mutazione genetica” (1980). La componente cattolica che poi diede vita ad importanti esperimenti sul piano politico e che, in quel momento risultava soprattutto presente nel Sindacato e in alcuni significativi soggetti associativi (la scelta “socialista” delle ACLI a Vallombrosa proprio nel 1968) risultò ancora immatura per affrontare un dibattito di quelle proporzioni, schiacciandosi alla fine su posizioni sicuramente libertarie ma non incisive sulla realtà di un possibile schieramento di dissenso rivolto sì verso l’atto proditorio compiuto dall’URSS ma anche verso una prospettiva storica alternativa nell’ambito del socialismo. Il peso più importante, però, della drammatica vicenda praghese ricadde, ovviamente, sul PCI. Il più grande partito comunista d'Occidente si trovava , in quel momento, in una fase di forte espansione elettorale (il 19 Maggio aveva raccolto 1.000.000 di voti in più rispetto all'Aprile 1963) ma in difficoltà organizzativa, in calo d'iscritti, non avendo ancora superato il trauma dell'aver svolto un congresso inusitatamente combattuto come l'XI del 1966, il primo celebratosi dopo la morte di Togliatti: Un congresso contrassegnato dallo scontro ( ovattato, ovviamente, com'era costume dell'epoca, ma vissuto intensamente in una larga fascia di quadri) tra le ragioni di Amendola e quelle di Ingrao. Inoltre il quadro europeo appariva alquanto problematico: il PCF appariva scosso dall'impeto del Maggio e si rinchiuse in una rigida ortodossia, PCE e PCP erano piccoli partiti ancora clandestini, la Lega dei Comunisti Jugoslavi obbedì, ovviamente, alla ragion di stato. La notizia dell'invasione piombò su di una deserta Roma agostana: i principali dirigenti del PCI erano in ferie, tutti al di là della cortina di ferro. I membri dell’Ufficio Politico presenti in Italia si riunirono dopo una convocazione di fortuna per varare un documento che suonò immediatamente come un punto molto avanzato di condanna dell'invasione. Tralasciamo, per brevità, la narrazione del fortissimo dibattito che si scatenò subito, alla base del partito, nelle sezioni, nei comitati federali di tutte le province: un dibattito dove si registrarono anche elementi di netta contrapposizione e di insofferenza, da parte dei settori più arretrati del partito, verso quelle che sembravano le scelte del vertice. Inoltre il PCI era chiamato a difendere le posizioni di apertura tenute verso il nuovo corso cecoslovacco. Qualche mese prima si era svolto, infatti, un incontro tra Longo e Dubcek. I problemi maggiori, come era prevedibili, vennero dall'esterno e, più precisamente, dall'URSS: la pressione del PCUS per un arretramento nelle posizioni dei comunisti italiani e, semplificando al massimo un vigore di dibattito che ripetiamo risultò altissimo e del tutto inedito per la vita del partito, si arrivò, dopo un incontro Cossutta- Suslov avvenuto a Mosca ad una sorta di rientro nell'alveo. Di quale alveo si trattava? Il PCI, nella sostanza, si assestò all'interno dei confini della linea tracciata da Togliatti, dopo il XX Congresso del PCUS e l'invasione dell'Ungheria del 1956. Alla base di tale linea c'era la convinzione secondo cui il modello staliniano, essendo collegato alle condizioni di arretratezza e di accerchiamento in cui si era sviluppata la rivoluzione russa, era destinato ad evolvere verso la democratizzazione nella misura in cui si fosse compiuto il processo di industrializzazione, urbanizzazione e alfabetizzazione nel momento in cui fosse avanzato il processo di distensione internazionale. Ancora più a fondo, c'era la convinzione che l'autoritarismo politico e la centralizzazione amministrativa, nei paesi dell'Est, fossero fenomeni prevalentemente istituzionali e rappresentassero semplicemente un ritardo e una incongruenza della sovrastruttura rispetto alla struttura. Il gruppo dirigente sovietico rimase così l'interlocutore, come protagonista necessario di una riforma graduale. Nessun altro soggetto ,anche del dissenso comunista, seppe rispondere adeguatamente su questo terreno: né trotzkisti, né maoisti, né terzomondisti. Forse soltanto in alcuni settori della socialdemocrazia di sinistra (cui si accostarono, in seguito, esuli della primavera praghese riparati in Occidente) si registrarono fermenti rivolti nel senso di una ricerca più avanzati. Nel PCI però non tutto rimase fermo su quelle posizioni. Si registrò, invece, un confronto inedito che diede origine ad un aspetto particolare di quello che, poi, per molti anni fu denominato “caso italiano”. Un gruppo di intellettuali che, nel corso dell'XI congresso avevano sostenuto le posizioni di Ingrao, aveva via, via, elaborato posizioni autonome in contrasto netto con la direzione del Partito, dando anche vita ad una rivista teorica ”Il Manifesto”, promotrice di un ampio dibattito e seguita con molto interesse anche da settori esterni al PCI. Un dibattito che, culminato qualche mese dopo, con la pubblicazione dell’articolo di Lucio Magri “Praga è sola” rappresentò una dei fattori principali della separazione forzata dal PCI (il 25 Novembre 1969 infatti il Comitato Centrale del Partito si pronunciò per la radiazione dei componenti del gruppo del Manifesto). Tralascio, ovviamente, anche la narrazione di questa vicenda perché si tratta di un'altra storia, del resto ben conosciuta, per limitarmi alle posizioni che si espressero sulla vicenda cecoslovacca in contrasto con quelle ufficiali. Le posizioni del “Manifesto” partivano dalla considerazione che ripetere “vogliamo il socialismo nella democrazia”, non bastava più. Era necessario, invece, partire dal dato che nei paesi del “socialismo reale” ci si trovava di fronte alla restaurazione di una società di classe, e che lì stava la radice dell'autoritarismo. Bisognava interrogarsi sul come mai questo dominio di classe non potesse permettersi il lusso quantomeno di un pluralismo di facciata, ed avesse bisogno di un soffocante apparato repressivo e di una ideologia autoritaria. Al PCI, alla sinistra occidentale, toccava rispondere compiendo uno sforzo serio per alimentare e organizzare, in un progetto consapevole, la proposta alternativa della classe operaia, traducendo gli elementi più avanzati, più radicalmente anticapitalistici presenti nei bisogni e nei comportamenti di massa in modificazioni reali dell'economia, dello Stato , delle forme di organizzazione, così che l'egemonia operaia potesse crescere e consolidarsi nella realtà, non nel cielo della politica, o all'interno delle coscienze, e soprattutto potesse via, via, vivere come dato materiale. Per far questo sarebbe stato necessario assumere, nei confronti del blocco sovietico un atteggiamento di lotta politica concreta, prendendo atto che ormai era senza senso pensare ad una autoriforma del sistema. Solo la crescita di un conflitto politico reale, di un'opposizione a cui dar vita dall'interno del movimento comunista internazionale, avrebbe potuto costruire un'alternativa. Queste posizioni, sommariamente ricordate in questa sede, risultarono sconfitte, emarginate, espulse. Non è ovviamente nostra intenzione ricostruire la storia con i se e con i ma: il nostro giudizio è quello che la scelta maggioritaria assunta dal PCI in quel cruciale tornante della storia causò il formarsi di alcune contraddizioni di fondo che rimasero operanti per un lungo periodo, ben oltre la stessa fase di liquidazione del partito avvenuta nel momento della caduta del muro di Berlino e dello scioglimento dell’URSS (1989 – 1991). Proprio il mancato superamento di quelle posizioni ancora interne alla logica del XX Congresso e presenti in dimensione rilevante nel PCI al momento della caduta del muro di Berlino, nel 1989 e nonostante alcuni seri tentativi compiuti nella metà degli anni'70 dalla segreteria di Enrico Berlinguer (segretaria accantonata, nei suoi contenuti di fondo, dai “nuovisti” non tanto per i tanti e gravi errori politici commessi nel corso della sua gestione, ma per l'accusa di “moralismo”), consentirono agli “ultras estremisti” (ricordate ci sono anche gli estremisti di un presunto moderatismo; scambiato con la subalternità e la sudditanza psicologica nei confronti delle posizioni dell'avversario da unire alla bramosia di essere “ricevuti a palazzo”) del PDS e poi del PD di cacciare via l'intera tradizione ideale, storica, politica dell'area comunista italiana. Il PD trasformato in una semplicemente componente del “cartel party” che agita il teatrino televisivo e salottiero della politica italiana è diventato così soggetto “contendibile” da parte di gruppi di avventurieri legati alla logica di un potere finalizzato a sé stesso e portato avanti attraverso un impasto di populismo e nazionalismo degno della peggiore tradizione della storia politica italiana. Tutto questo è avvenuto mentre i gestori del ciclo capitalistico stanno attaccando con ferocia, ormai da molti anni, le condizioni materiali di vita dei ceti subalterni all’interno di un quadro internazionale dominato da “Signori” di una guerra endemica, in alcuni casi addirittura mascherata da guerra di religione, che sta provocando crisi di portata epocale e da una apparentemente inattaccabile tecnocrazia economicista che opera per ridurre, in Occidente, gli stessi spazi della democrazia borghese. Aver mancato una vera e battaglia politica su Praga'68 causò, quindi, nel PCI una crisi (apparentemente soffocata dai grandi successi elettorali del partito negli anni'70) che esplose vent'anni dopo ed agisce, ancor oggi, nella totale deriva che la sinistra italiana sta subendo sulla strada della sua quasi compiuta estinzione..

Jeremy Corbyn: la rivoluzione neosocialista del rottamatore della Terza Via

Jeremy Corbyn: la rivoluzione neosocialista del rottamatore della Terza Via

Il piano per la Grecia? Non risolve il problema

Il piano per la Grecia? Non risolve il problema

A New Approach To Eurozone Sovereign Debt

A New Approach To Eurozone Sovereign Debt

Explaining The EU's Politics Of Austerity

Explaining The EU's Politics Of Austerity

venerdì 14 agosto 2015

Un paese spaccato in due / italie / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

Un paese spaccato in due / italie / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

Murray Bookchin and the Kurdish resistance | ROAR Magazine

Murray Bookchin and the Kurdish resistance | ROAR Magazine

L’Araba Fenice dell’Unione Politica europea | Pandora Pandora

L’Araba Fenice dell’Unione Politica europea | Pandora Pandora

Grexit: le considerazioni errate della sinistra italiana - nuovAtlantide.org

Grexit: le considerazioni errate della sinistra italiana - nuovAtlantide.org

Labour's choice: death in glory, or death in boredom

Labour's choice: death in glory, or death in boredom

Is there anyone in Labour who can stop Corbyn?

Is there anyone in Labour who can stop Corbyn?

Renewal | Ivor Crewe, Jon Cruddas, Marc Stears, Gregg McClymont, Emily Robinson | After Miliband

Renewal | Ivor Crewe, Jon Cruddas, Marc Stears, Gregg McClymont, Emily Robinson | After Miliband

Franco Astengo: Le ragioni del socialismo

LE RAGIONI DEL SOCIALISMO di Franco Astengo Il 14 agosto 1892, esattamente centoventitre anni fa, si riuniva a Genova il Congresso che, preso atto della divisione dagli anarchici, avrebbe rappresentato il momento fondativo dell’allora Partito dei Lavoratori Italiani, divenuto dodici mesi dopo al Congresso di Reggio Emilia Partito Socialista dei Lavoratori Italiani. Principiava in allora la lunga, gloriosa e drammatica storia della rappresentanza politica del movimento operaio italiano, tra grandi lotte, grandi divisioni tra riformisti, massimalisti, rivoluzionari, grandi conquiste e altrettante tragedie, in un Paese provinciale, diviso, dominato da quello che Antonio Gramsci definì il “sovversivismo delle classi dirigenti”, quel sovversivismo che abbiamo visto all’opera anche nei tempi più recenti e che è stato capace di generare il fascismo. Non è certo questa la sede per ripercorrere una storia che tutti conoscono o di fornirne più o meno originali interpretazioni, stante anche la limitatezza culturale di chi prova a stendere queste poche note: la realtà di oggi è quella, incontrovertibile, che i lavoratori italiani, del braccio e della mente secondo le definizioni arcaiche, oppure quel complesso ”mondo del lavoro” come disegnato dalla moderna sociologia attenta ai nuovi processi di internazionalizzazione e di innovazione tecnologica, è priva di un’adeguata rappresentanza politica. I 123 anni dalla fondazione del Partito dei Lavoratori debbono essere ricordati chiedendo a tutti di riflettere seriamente su questo dato di fondo. Si tenterà di farlo in quest’occasione riportando di seguito il testo del Programma del Partito approvato al termine di quel Congresso e pubblicato da “Lotta di Classe” il 20-21 agosto 1892. “Considerando Che nel presente ordinamento della società umana gli uomini sono costretti a vivere in due classi: da un lato i lavoratori sfruttati, dall’altro i capitalisti detentori e monopolizzatori delle ricchezze sociali; Che i salariati d’ambo i sessi, d’ogni arte e condizione, formano per la loro dipendenza economica il proletariato, costretto a uno stato di miseria, d’inferiorità e di oppressione; Che tutti gli uomini purché concorrano secondo le loro forze a creare e a mantenere i benefici della vita sociale, hanno lo stesso diritto a fruire di cotesti benefici, primo dei quali la sicurezza sociale dell’esistenza; Riconoscendo Che gli attuali organismi economico – sociali, difesi dall’odierno sistema politico, rappresentano il predominio dei monopolizzatori delle ricchezze sociali e naturali della classe lavoratrice; Che i lavoratori non potranno conseguire la loro emancipazione se non mercé la socializzazione dei mezzi di lavoro (terre, miniere, fabbriche, mezzi di trasporto, ecc.) e la gestione sociale della produzione; Ritenuto Che tale scopo finale non può raggiungersi che mediante l’azione del proletariato organizzato in partito di classe, indipendente da tutti gli altri partiti, esplicantesi sotto il doppio aspetto: Il primo della lotta di mestieri per i miglioramenti immediati della vita operaia (orari, salari, regolamenti di fabbrica, ecc.) lotta devoluta alle Camere del Lavoro ed alle altre Associazioni di arti e mestieri; Il secondo di una lotta più ampia intesa a conquistare i poteri pubblici (Stato, Comuni, Amministrazioni Pubbliche, ecc.) per trasformarli, di strumento che oggi sono di oppressione politica e di sfruttamento, in uno strumento per l’espropriazione economica e politica della classe dominante; I lavoratori italiani, che si propongono l’emancipazione della propria classe Deliberano DI COSTITUIRSI IN PARTITO, INFORMATO AI PRINCIPI SUESPOSTI E RETTO DA UNO STATUTO.” Fu altrettanto deciso: “ IL Comitato centrale conserva per ora la sua sede a Milano. Ne fanno parte: BERTINI ENRICO, tipografo; CROCE GIUSEPPE, guantaio, segretario della Camera del Lavoro di Milano; DELL’AVALLE CARLO tipografo; FERLA ANNETTA delle “Figlie del Lavoro” di Milano; FOSSATI GIUSEPPE meccanico; LAZZARI COSTANTINO, contabile; MAFFI ANTONIO, deputato La “Lotta di Classe” il cui direttore PRAMPOLINI confermato per acclamazione, diventa ufficialmente l’organo centrale del Partito. Le Associazioni aderenti al Partito s’impegnano a sostenerlo colla loro propaganda e con loro contributo. Su tutto questo c’è molto da riflettere anche a 123 anni di distanza (n.d.r.)

mercoledì 12 agosto 2015

Renzo Penna: Il Pd rappresenta ancora la sinistra?

IL PD RAPPRESENTA ANCORA LA SINISTRA? di Renzo Penna In una delle recenti interviste di Stefano Fassina ho ritrovato alcune delle motivazioni che, nel 2007, mi hanno convinto a non aderire al Partito Democratico. Iscritto ai Democratici di Sinistra dopo il congresso che si tenne a Torino nel febbraio 2000, l’anno seguente, in quello che si concluse a Pesaro, mi sono schierato, insieme a Fausto Vigevani e ai compagni dell’Associazione Labour, con la mozione “Per tornare a vincere”, quella del cosiddetto “correntone”, che per la segreteria opponeva Giovanni Berlinguer a Piero Fassino. Le ragioni che indussero l’Associazione Labour, composta in prevalenza da compagni di cultura e tradizione socialista “lombardiana”, a sostenere con uno specifico documento la candidatura di Berlinguer dipesero, tra l’altro, da una maggiore attenzione del suo programma: “al mondo del lavoro e alle trasformazioni sociali e culturali in atto e… ad una riflessione che sappia utilizzare anche le capacità del mercato senza subirne i limiti e senza i rischi di un ‘mercato’ della società civile, dei diritti fondamentali dell’istruzione, della salute, della sicurezza, della legalità”. Si evidenziava in quel passaggio la preoccupazione di Labour per la debolezza del nostro riformismo, autoreferenziale e scarsamente collegato ai valori, che su due questioni essenziali per una forza di sinistra: il lavoro e il welfare state, non era stato in grado di misurarsi a fondo con i cambiamenti radicali indotti dalla rivoluzione tecnologica e, soprattutto, dai processi di finanziarizzazione dell’economia e della società. Cambiamenti che stavano causando, i primi, una forte riduzione del lavoro necessario, nuove professionalità a rapida obsolescenza, aumento della precarietà e una gigantesca redistribuzione della ricchezza dai ceti medio-bassi a quelli alti, mentre i secondi si sottraggono a ogni regolazione degli Stati, impoveriscono la politica, riducono la democrazia e rendono i paesi poveri sempre più distanti da quelli ricchi. Una debolezza di analisi che ha finito per favorire una subalternità culturale e politica dei Ds, prima, e del Pd, poi, al pensiero e alle politiche neo-liberiste, finendone per mutuare idee e modelli. Tipica, ad esempio, la concezione dello stato sociale di Walter Veltroni, il primo segretario del PD, e la sua adesione a proposte come il “welfare mix” o il “welfare community”. Secondo l’economista Paolo Leon: “il welfare mix è una manifestazione precisa della concezione piccolo-borghese sui diritti che nascono dallo stato sociale: loddove lo Stato non è più in grado di sostenere la spesa sociale allora si deve lavorare insieme con il volontariato. Il volontariato è un’istituzione importantissima e serve a correggere gli elementi negativi della burocrazia, ma non è un sostituto dello stato sociale, non crea diritti, crea sempre dipendenza e una condizione di sottomissione in chi è beneficiato”. Mentre lo stato sociale universale (sanità, scuola, pensioni) assegna i diritti delle persone in modo che esse non siano responsabili per eventi che non nascono dalla loro volontà. Dunque il welfare state, immaginato dai liberali in Inghilterra, ma applicato dai laburisti, è un diritto permanente, non è una concessione. Con la segreteria di Fassino i DS, invece di mettere mano con impegno alla costruzione del partito del socialismo europeo in Italia decisa a Torino e, prim’ancora, nel ’98 a Firenze (il suo riformismo, la sua identità, il suo progetto), ripresero la strada del compromesso, non più storico, con la Margherita di Rutelli per dare vita al Partito Democratico. Un partito senza storia e senza memoria. Ricordo la tristezza che mi procurò l’intervento di Giorgio Ruffolo al congresso di scioglimento dei DS a Firenze nell’aprile 2007: dopo una puntuale e analitica elencazione dei limiti del soggetto politico che si stava decidendo di costituire, decise, comunque, di farne parte. Mentre la sinistra, uscita sconfitta dal congresso di Pesaro, con la costituzione dell’Associazione Aprile, si affidò per un tratto di strada a Sergio Cofferati - reduce come segretario della Cgil dal vittorioso confronto sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori con il governo Berlusconi - che, però, sorprendendo molti, decise di candidarsi a sindaco di Bologna. Prima di quella scelta Cofferati, invitato dalle associazioni Città Futura, Labour e Critica marxista, partecipò ad Alessandria ad un incontro pubblico presso il salone del DLF che per partecipazione e adesione popolare è risultato, in assoluto, il più riuscito degli ultimi anni. Personalmente ho, invece, aderito con scarsa convinzione al progetto di Sinistra Democratica, messo in campo da Fabio Mussi dopo la nascita del Pd, e preso le distanze, prevedendone l’esito fallimentare, dalla lista la Sinistra Arcobaleno alle elezioni del 2008. Nella citata intervista di Fassina si denuncia, poi, un altro dei limiti già presenti in origine nel Pd che Matteo Renzi, l’attuale segretario, sta solo portando alle conseguenze estreme: una concezione della democrazia plebiscitaria, di un uomo solo al comando, la preferenza per un sistema semplificato di bipartitismo che mal sopporta la fatica delle alleanze, testimoniato dall’Italicum. La proposta dell’attuale legge elettorale che permette ai partiti di nominare la maggioranza degli eletti, assegna un premio rilevante in seggi alla formazione più votata e si affianca alla riforma costituzionale di un Senato non più elettivo, ma composto anch’esso da consiglieri regionali designati dai partiti. Un evidente sbilanciamento di potere tutto a favore dell’esecutivo che riduce fortemente il peso politico, il ruolo e la funzione democratica e istituzionale del Parlamento e del Presidente della Repubblica. Analogamente sui temi sociali, del lavoro, della scuola, del mezzogiorno, nell’insofferenza verso le organizzazioni intermedie della società, nelle ripetute e generiche critiche al Sindacato, nelle ricercate polemiche con la Segretaria della Cgil Renzi adotta un modello autoritario e - sostiene Fassina - rende esplicita una concezione liberista già contenuta nel discorso di Veltroni al Lingotto di Torino: “dove, non a caso, era presente Piero Ichino, l’autore, assieme a Sacconi del Jobs Act”. Ma queste estremizzazioni del segretario e del Presidente del Consiglio su temi sensibili per la sinistra in Italia come in Europa, quali l’assenza di una idea di valore sociale del lavoro, lo snaturamento dei diritti presenti nello Statuto del ’70 - dal possibile demansionamento al licenziamento senza una giusta causa e un giustificato motivo - che toccano la dignità del lavoratore, hanno il pregio di porre in esplicito il tema sull’appartenenza ancora del Pd alla sinistra o la sua definitiva rinuncia e trasformazione in una formazione di centro, nel partito della nazione. I prossimi mesi si incaricheranno di dare una risposta, a me sembra che mai come in questa fase lo spazio per una sinistra riformatrice, con una cultura di governo e di cambiamento della società, non subalterna alle concezioni liberiste, capace di inverare i grandi valori di libertà e di eguaglianza, sia molto grande. E avverto in molti anche una attesa, nel corpo sociale del Paese, tra le associazioni ambientaliste, di volontariato, per la difesa dei beni comuni. Occorrerà, però, non ripetere gli errori del passato, evitare soluzioni affrettate e lavorare ai valori, all’identità, ai contenuti programmatici. C’è da ricuperare credibilità e fiducia favorendo, nei territori, la partecipazione, l’incontro con i problemi, il disagio, la sofferenza, ricercando nel concreto le soluzioni. E promuovendo, attraverso queste azioni, la formazione di una nuova e impegnata classe dirigente. Alessandria, 12 agosto 2015

Germany In, With And For Europe

Germany In, With And For Europe

martedì 11 agosto 2015

Staino, la resa e la porta stretta - Piovono Rane - Blog - L’Espresso

Staino, la resa e la porta stretta - Piovono Rane - Blog - L’Espresso

Il “matrimonio greco” con l’Europa

Il “matrimonio greco” con l’Europa

Corbyn, l’outsider che scompiglia il Labour | l'Unità TV

Corbyn, l’outsider che scompiglia il Labour | l'Unità TV

European Trade Union Institute (ETUI) - Ten years EU enlargement: what impact on the forces of labour in Central and Eastern Europe? / News / Home

European Trade Union Institute (ETUI) - Ten years EU enlargement: what impact on the forces of labour in Central and Eastern Europe? / News / Home

Il vento anti-UE di Jeremy Corbyn tra i Labour inglesi - Eunews

Il vento anti-UE di Jeremy Corbyn tra i Labour inglesi - Eunews

Perché la questione meridionale è nazionale - Eddyburg.it

Perché la questione meridionale è nazionale - Eddyburg.it

Renzi e il Mezzogiorno | Economia e Politica

Renzi e il Mezzogiorno | Economia e Politica

La congiuntura italiana n.6 – luglio 2015 | CER – Centro Europa Ricerche

La congiuntura italiana n.6 – luglio 2015 | CER – Centro Europa Ricerche

Misery index dell’economia italiana | CER – Centro Europa Ricerche

Misery index dell’economia italiana | CER – Centro Europa Ricerche

La congiuntura internazionale n.3 – agosto 2015 | CER – Centro Europa Ricerche

La congiuntura internazionale n.3 – agosto 2015 | CER – Centro Europa Ricerche

Crimini disumani e gerarchie valoriali - Caratteri Liberi

Crimini disumani e gerarchie valoriali - Caratteri Liberi

Turchia, califfato,curdi, uno scenario complicato - Caratteri Liberi

Turchia, califfato,curdi, uno scenario complicato - Caratteri Liberi

Tramonto e fine del Socialismo europeo? - Caratteri Liberi

Tramonto e fine del Socialismo europeo? - Caratteri Liberi

I Referendum di Civati. » AldoGiannuli

I Referendum di Civati. » AldoGiannuli

How The German Government Gained 100bn From The Greek Crisis

How The German Government Gained 100bn From The Greek Crisis

lunedì 10 agosto 2015

Franco Astengo: Nel merito delle riforme

NEL MERITO DELLE RIFORME di Franco Astengo Il dibattito sulla riforma del Senato sta incendiando l’estate della politica italiana assumendo risvolti legati esclusivamente alla tattica contingente, in particolare rispetto alle invero poco esaltanti, dinamiche interne al PD nello scontro che si sta realizzando attorno al progetto di “Partito della Nazione” inteso come supporto alla leadership di Renzi e alla prospettiva di durata del regime fin qui realizzato attraverso una sorta d’intestazione personalistica. Sfugge tuttavia il merito di questa riforma e la confusione regna sovrana: addirittura, in una loro proposta di mediazione fra le parti, il ministro Martina e il sottosegretario Pizzetti parlano di rilancio del regionalismo: un obiettivo non solo del tutto impopolare (vedasi la partecipazione al voto alle ultime consultazioni elettorali) ma anche ormai ampiamente fallito nel concreto come dimostrano i bilanci concreti delle più importanti regionalizzazioni fin qui tentate: sanità e trasporti. Senza contare, al riguardo delle Regioni, l’esplosione di una gigantesca “questione morale” del tutto interna al sistema politico e ai presunti “professionisti” che lo hanno frequentato nel corso degli ultimi anni. Nel corso della discussione in atto appare, tra l’altro, del tutto trascurato il nesso tra Riforma del Senato e Legge Elettorale per la Camera dei Deputati (il mai abbastanza deprecato “Italikum”: una relazione, invece, del tutto fondamentale rispetto all’obiettivo che si sta perseguendo di ulteriore e definitiva mortificazione nel ruolo del Parlamento. Attorno a questo punto si potrà realizzare il vero superamento del dettato costituzionale, al di là della modifica di questo o quell’altro articolo : la Costituzione è basata, infatti, dal punto di vista dell’assetto dello Stato sulla centralità dei consessi elettivi, a tutti i livelli, al centro e in periferia. Un concetto, quel del superamento della centralità dei consessi elettivi negli Enti Locali, già superato da tempo con l’elezione diretta dei Sindaci (1993) e dei Presidenti di Regione (2000) ormai del tutto impropriamente denominati come Governatori. Tornando al dibattito in corso l’impostazione che i contrari al progetto del Governo hanno fin qui fornito alle loro proposte non sfugge all’impressione di una semplice operazione conservativa: quanto di meno popolare si può incontrare rispetto all’opinione pubblica. Come dovrebbe svolgersi, invece, un dibattito serio al riguardo del ruolo del bicameralismo in un sistema democratico moderno? Dovrebbero essere sviluppati almeno tre possibili punti di riequilibrio sul piano istituzionale: 1) Equilibrio tra l’elezione del Parlamento e la formazione del Governo (legge elettorale maggioritaria/fiducia in un solo ramo del Parlamento o in entrambi); 2) Equilibrio tra il potere del governo, e quel pluralismo istituzionale, politico, culturale essenziale nell’applicazione di un coerente costituzionalismo (tanto per fare un esempio concreto: un equilibrio da ricercare muovendoci esattamente al contrario di quanto avvenuto qualche giorno fa con la vicenda RAI); 3) Equilibrio tra centro statale e periferie regionali: come già espresso poc’anzi si tratta di un ordinamento da rivedere nel profondo dopo il fallimento totale della già fragilissima opzione “federalista” (pensiamo allo squilibrio tra il Nord e Il Sud, tanto per aggiungere un ulteriore argomento) Sia nel disegno di legge presentato dagli esponenti del “Regime Renzi”, sia nelle obiezioni presentate dalle variegate opposizioni mancano totalmente i presupposti legislativi per affrontare questi nodi. L’obiettivo del progetto di riforma fin qui parzialmente approvato dovrebbe essere quello di garantire la rappresentanza territoriale, attraverso consiglieri regionali “nominati”. In questo caso la seconda Camera dovrebbe disporre del potere di definire, di volta in volta, il concetto di “interesse nazionale” e di fissare, con proprie leggi, i principi fondamentali cui deve attenersi la legislazione territoriale con l’obiettivo di far tornare le Regioni al ruolo di ente legislatore sottraendo spazio ai ruoli di nomina e di spesa. Il progetto del Senato marcato “Regime Renzi” non garantisce questo e non garantisce neppure l’uguaglianza rappresentativa delle Regioni (come accade, invece, tanto per fare un esempio sicuramente non sospetto, nel senato USA, che è elettivo). Quest’uguaglianza, in una realtà di forti scarti geo – economici come quella italiana, dovrebbe significare l'indispensabile condizione per realizzare, attraverso la perequazione finanziaria, quella “solidarietà territoriale”, finora garantita dalla Conferenza Stato – Regioni (non si tratta soltanto di questioni di tipo redistributivo, pensiamo alle drammatiche vicende dell’immigrazione). Se non si realizza questo elemento il Senato smarrirebbe la sua funzione più importante, quella di “chiusura” del sistema delle Autonomie : il rischio che stiamo correndo è quello di arrivare a una sorta di Repubblica “invertebrata” (per dirla con Andrea Manzella) riducendola davvero (qui la citazione è più colta: si tratta del principe di Metternich) a una “espressione geografica”. Sul piano più direttamente politico però il tema fondamentale rimane quello di fare in modo che elettrici ed elettori non possano più pronunciarsi sulla scelta dei propri rappresentanti . Anzi si sta cercando di andare anche oltre: zittendo completamente le voci di un’opposizione alternativa posta politicamente al di fuori dal perimetro del sistema. Intanto è comunque fondamentale il prossimo passaggio al Senato: sconfiggere il disegno del “Regime Renzi” attraverso il ritorno al principio dell’elettività dei senatori porterebbe obbligatoriamente a una caduta dell’intero impianto di “deformazione costituzionale” ( la definizione è attribuibile all’avv.Besostri, il “padre” della battaglia contro il Porcellum e adesso contro l’Italikum). Una discussione che, complessivamente, va riportata nell’alveo della miglior elaborazione della politologia e, soprattutto, della Costituzione Repubblicana che rimane, sotto questo aspetto, limite invalicabile. Un’annotazione conclusiva: appare evidente ormai che gli obiettivi dell’insieme dell’impalcatura presuntamente riformistica non risiedono assolutamente nell’idea, propagandisticamente sbandierata a suo tempo, di riduzione del “costi della politica. Com’è stato ben dimostrato dal pasticcio solenne combinato con la trasformazione dell’assetto istituzionale delle Province.

domenica 9 agosto 2015

Paolo Borioni su Bobbio

dall'unità 9 agosto 2015 Il principio di eguaglianza, dice Bobbio, va collocato in un ambito di giustizia piuttosto che di libertà. E il concetto di giustizia può essere declinato non solo come eguaglianza, ma anche come mera legalità, la quale tuttavia non è necessariamente progressista. Nella prima modernità la sovranità monarchica assoluta è stata fondamentale nello stabilire un principio di legalità nuovo, imposto all'artistocrazia feudale o a rivoluzioni teocratiche, illusoriamente liberatorie e "giuste". Si tratta di un fondamento della modernità e, sostiene Bobbio, la giustizia come legalità è un presupposto anche dell'eguaglianza, poiché nella totale illegalità il più debole (o, diceva Lutero, il più giusto) non ha alcuna possibilità di sopravvivenza di fronte all'arbitrio (economico o armato). La permanente centralità dell’eguaglianza, in senso contemporaneamente e concretamente politico e sociale, nasce poiché la legalità diviene spesso ingannevole, per esempio quando si interpreta la libertà di finanziamento pressoché sconfinata della politica alla pari della libertà di parola, o si penalizza l’organizzazione sindacale sul lavoro. Ne viene innegabilmente una distorsione sia della rappresentanza sia della legislazione conseguente. Per evitare questi aspetti di elevata ingiustizia della legalità, le democrazie hanno attuato la libertà di associazione nella tendenziale eguaglianza (legale, ma anche economica) sia delle associazioni sia dei ceti più svantaggiati (per cui associazioni libere ed economicamente eguali sono indispensabili). Oggi appare del tutto riconfermato che senza eguaglianza maggiore e tendenziale delle condizioni economiche (legate all’eguaglianza reale delle opzioni politiche ed associative) non vi è pieno dispiegamento della mobilità sociale, e quindi della società aperta. Ciò perché, dando su questo ragione a Popper, un punto di vista che confuta utilmente il sapere acquisito innova più di mille conferme del sapere già universalmente approvato, ma ormai insufficiente. Per trarre tutto il potenziale innovativo da questo meccanismo occorre aggiungere alla libertà e all’eguaglianza democratico-costituzionale anche una maggiore eguaglianza sociale: solo così i punti di vista esclusi o svantaggiati, le risorse umane, intellettuali ed economiche trascurate dal privilegio del denaro vengono incluse ed utilizzate. Il concetto di eguaglianza e le politiche che ne derivano vanno, lo ripete spesso Bobbio, sempre aggiornate. Ma appare costante l’importanza della questione sociale, a partire dal dislivello di potere fra capitale e lavoro. Nei paesi con maggiore eguaglianza primaria e maggiore parità fra capitale e lavoro (soprattutto i nordici) è più elevata la mobilità sociale, ed è elevata l'innovazione (cioè l'investimento in innovazione, che spesso dà i suoi frutti). Ciò è connesso alla relativa parità fra capitale e lavoro (dovuta anche alla forte capacità associativa di quest’ultimo) quanto alla norma costituzionale. Le costituzioni nordiche ad esempio dichiarano, o hanno dichiarato per lungo tempo, assai meno sull'eguaglianza e le finalità sociali di quanto dica il nostro articolo 3. Ma l'eguaglianza, per quanto in arretramento, le politiche attive, le spese in innovazione e la mobilità sociale sono in quei paesi molto più elevate che da noi o nel Regno Unito, o negli USA. A tutto questo non osta quanto sostiene Bobbio, cioè che l’eguaglianza in sé non è giusta né ingiusta “è soprattutto un fatto”. Infatti, sul piano dei fondamenti di una società aperta e mobile (cioè dinamica nelle convinzioni e nelle soluzioni) non importa stabilire se un certo tipo di eguaglianza sia giusta in modo ultimativo (cosa che si suppone peraltro impossibile e indesiderabile). Basta questo: senza intrecciare sempre eguaglianza legale/costituzionale ed eguaglianza sociale una società è meno aperta, meno in grado di includere il punto di vista escluso, meno auto correttiva, meno rispettosa del potenziale critico di tutti. In questo caso le soluzioni più utili ai già potenti e favoriti, per esempio nel campo dell'economia e della produzione, nonché della opportuna (e utile) redistribuzione, rischiano di auto-confermarsi oltre il lecito. Per esempio causando crisi ripetute. In una società simile (meno innovativa e libera del potenziale) declina anche il livello di dignità dei più (la “dignità sociale” di Bobbio). Ma anche una legalità autentica, cioè norme su cui possano paritariamente influire davvero tutti.

venerdì 7 agosto 2015

Jan-Werner Müller · Rule-Breaking: The Problems of the Eurozone · LRB 27 August 2015

Jan-Werner Müller · Rule-Breaking: The Problems of the Eurozone · LRB 27 August 2015

Grecia, una lezione per la sinistra / alter / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

Grecia, una lezione per la sinistra / alter / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

Fondi UE e Mezzogiorno, oltre il piagnisteo / italie / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

Fondi UE e Mezzogiorno, oltre il piagnisteo / italie / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

Europa: la crisi è strutturale, la soluzione è politica

Europa: la crisi è strutturale, la soluzione è politica

Non c’è posto per la sinistra nella gabbia dell’Euro | cambiailmondo

Non c’è posto per la sinistra nella gabbia dell’Euro | cambiailmondo

Associazione UtoyaJobs Act: il castello di sabbia di Renzi. - Associazione Utoya

Associazione UtoyaJobs Act: il castello di sabbia di Renzi. - Associazione Utoya

lunedì 3 agosto 2015

Socialist Economic Bulletin: Why Corbynomics can succeed

Socialist Economic Bulletin: Why Corbynomics can succeed

Opposizione di sinistra, uno schieramento ancora inadeguato | Risorgimento Socialista

Opposizione di sinistra, uno schieramento ancora inadeguato | Risorgimento Socialista

Cambiare governo per affrontare la crisi | Q CODE Magazine

Cambiare governo per affrontare la crisi | Q CODE Magazine

nelMerito.com - Più Europa per il futuro dell’Europa

nelMerito.com - Più Europa per il futuro dell’Europa

nelMerito.com - Europa anno zero

nelMerito.com - Europa anno zero

Hollande, Delors e l'Europa | mondoperaiomondoperaio

Hollande, Delors e l'Europa | mondoperaiomondoperaio

La lunga marcia dei neoliberali per governare il mondo - micromega-online - micromega

La lunga marcia dei neoliberali per governare il mondo - micromega-online - micromega

I pericoli del Piano Schaeuble e gli errori di Tsipras - micromega-online - micromega

I pericoli del Piano Schaeuble e gli errori di Tsipras - micromega-online - micromega

È l’Europa, bellezza! - micromega-online - micromega

È l’Europa, bellezza! - micromega-online - micromega

Francesca Lacaita: Il corto respiro dell’Europa in Italia (tra europeismo di regime e ripiegamenti neosovranisti) - micromega-online - micromega

Il corto respiro dell’Europa in Italia (tra europeismo di regime e ripiegamenti neosovranisti) - micromega-online - micromega

Renzi e il nodo del partito

Renzi e il nodo del partito

Cambiare davvero verso? L’Italia tra diplomazia e politica di difesa

Cambiare davvero verso? L’Italia tra diplomazia e politica di difesa

La vendetta di Erdogan.

La vendetta di Erdogan.

Paolo Zinna: Italcementi

Italcementi

NASCE “L’ARTICOLO 1″ LA RIVISTA ONLINE DELLA FONDAZIONE NENNI | FONDAZIONE NENNI BLOG

NASCE “L’ARTICOLO 1″ LA RIVISTA ONLINE DELLA FONDAZIONE NENNI | FONDAZIONE NENNI BLOG

Fabian Society » Never Again: Lessons from Labour’s key seats

Fabian Society » Never Again: Lessons from Labour’s key seats

Fabian Society » Window of change: what Labour’s next leader must do

Fabian Society » Window of change: what Labour’s next leader must do

A proposito di tagli alla sanità | EsseBlog

A proposito di tagli alla sanità | EsseBlog

Le anomalie di Renzi e del PD - Eddyburg.it

Le anomalie di Renzi e del PD - Eddyburg.it

Aumentano i non-occupati, ma in compenso piovono i soldi alle imprese - Eddyburg.it

Aumentano i non-occupati, ma in compenso piovono i soldi alle imprese - Eddyburg.it

I debiti della Germania nei confronti della Grecia - Eddyburg.it

I debiti della Germania nei confronti della Grecia - Eddyburg.it

La post-democrazia fondata sul premier - Eddyburg.it

La post-democrazia fondata sul premier - Eddyburg.it

L’Euro: una moneta senza Stato. Ma è proprio vero che non ha Stato? » AldoGiannuli

L’Euro: una moneta senza Stato. Ma è proprio vero che non ha Stato? » AldoGiannuli

sabato 1 agosto 2015

Germania e neoliberismo, la ridefinizione antidemocratica

Germania e neoliberismo, la ridefinizione antidemocratica

Ue e democrazia: “Le istituzioni europee devono aprirsi alla discussione pubblica” | VoxEurop.eu: notizie europee, vignette e rassegne stampa

Ue e democrazia: “Le istituzioni europee devono aprirsi alla discussione pubblica” | VoxEurop.eu: notizie europee, vignette e rassegne stampa

PUO’ ESISTERE UNA SINISTRA NELL’UNIONE EUROPEA ? (di Rodolfo Monacelli) | Scenarieconomici.it

PUO’ ESISTERE UNA SINISTRA NELL’UNIONE EUROPEA ? (di Rodolfo Monacelli) | Scenarieconomici.it

Il dottor Schäuble / globi / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

Il dottor Schäuble / globi / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

Ue, il vincolo esterno che impoverisce / capitali / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

Ue, il vincolo esterno che impoverisce / capitali / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

Euro versus Europa, un falso problema / globi / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

Euro versus Europa, un falso problema / globi / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

Grexit, è solo una questione di tempo / globi / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

Grexit, è solo una questione di tempo / globi / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

Il vero obiettivo della guerra di Erdoğan non è l'Isis - Limes

Il vero obiettivo della guerra di Erdoğan non è l'Isis - Limes

Economia e politica in Cina dopo il crollo delle Borse - Limes

Economia e politica in Cina dopo il crollo delle Borse - Limes

La crisi tra Grecia e Europa

La crisi tra Grecia e Europa

Il PD, nuova cerniera moderata della governabilità del Sistema-Paese | Risorgimento Socialista

Il PD, nuova cerniera moderata della governabilità del Sistema-Paese | Risorgimento Socialista

La Turchia prima e dopo Suruç. Prima parte | Pandora Pandora

La Turchia prima e dopo Suruç. Prima parte | Pandora Pandora

The left's way forward | openDemocracy

The left's way forward | openDemocracy

I tagli alla sanità del governo sono l’applicazione dell’austerità espansiva | Keynes blog

I tagli alla sanità del governo sono l’applicazione dell’austerità espansiva | Keynes blog

C’è una logica in questa follia: crisi nell’UE e riassetto dell’industria mondiale | cambiailmondo

C’è una logica in questa follia: crisi nell’UE e riassetto dell’industria mondiale | cambiailmondo