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mercoledì 24 giugno 2015
Franco Astengo: Europa
EUROPA di Franco Astengo
La dimostrazione della forzatura di tipo ideologico sul tema dell’Europa e della distanza dalla realtà da parte dei livelli di governo della Comunità appare evidente alla lettura del documento “Completing Europe’s Economic and Monetary Union”, 25 pagine attraverso le quali i vertici di BCE, Consiglio, Commissione ed Eurogruppo hanno disegnato la prospettiva della moneta unica.
Su questo è già possibile rappresentare un primo, fermo, punto di dissenso: tutto l’impianto programmatico presente nel documento è finalizzato alla difesa della moneta unica, in una prospettiva di continuità nella logica monetarista.
Il documento è stato scritto, con un tono di leggiadra indifferenza, nel pieno del confronto sulla complessa vicenda greca e nel contesto di un quadro di formidabile difficoltà dell’Unione sia sul piano politico, sia su quello economico: un quadro di difficoltà che pare proprio non aver suggerito nulla a questi signori.
In più si prevede una “manutenzione” senza toccare i Trattati, figurando la possibilità di un’Europa a due velocità all’interno di un quadro generale che è quello della filosofia di fondo espressa proprio in questa fase dalla Germania.
In aggiunta, soltanto a questo livello, è previsto un passaggio di ulteriore cessione di sovranità. Si legge: “I governi dovranno accettare una crescente condivisione delle decisioni sui loro bilanci e sulle loro politiche economiche. Un successo nella convergenza economica e nell’integrazione finanziaria apre la strada ad alcuni gradi di condivisione dei rischi”.
Sarà creato un “Euro Area System of Competitiveness Authorities”.
Con quale obiettivo.
Naturalmente il solito: “ In ogni stato membro nascerà un’autorità indipendente che dovrà controllare che I salari evolvano in linea con la produttività e valutare I progressi delle riforme”.
La Commissione terrà in considerazione le loro conclusioni per scrivere le indicazioni ai singoli governi e valutare se mettere un Paese sotto procedura per deficit eccessivo o per squilibri macroeconomici.
Proprio la procedura per squilibri macroeconomici (finora mai azionata) dovrà essere usata di frequente anche per incoraggiare “le riforme strutturali”.
Dunque “forzando” i governi ad agire (è un commissariamento che prevede anche sanzioni).
Nello “Stage 2” dell’Unione Economica si legge: “Nel medio periodo il processo di convergenza per rendere più resistente l’Euro deve diventare più vincolante concordando una serie di standard di alto livello definiti nella legislazione europea. La sovranità sarà condivisa, ci saranno decisioni forti a livello di area euro e di singoli paesi. Gli standard comuni riguarderanno mercato del lavoro, competitività, ambiente economico, pubblica amministrazione e politica fiscale”.
Con una stretta ancor più potente sulle riforme dal 2017 e il completamento dell’Unione Bancaria per rendere gli istituti di credito più forti.
Nascerà una “Unione dei Capitali” e un European Fiscal Board, dotando l’Eurogruppo di un presidente a tempo pieno e incorporando il Fondo Salva – Stati e il Fiscal Compact nel diritto comunitario.
Dal 2017 sarà creato un ministero delle Finanze europeo.
Il patto di stabilità “resta l’ancora per la stabilità e la fiducia nelle nostre regole di bilancio”.
Il risultato complessivo sarà quello di una cessione di sovranità che darà sempre più peso a Bruxelles nelle decisioni economiche.
Nella sostanza pare proprio che le vicende di questi anni non abbiano insegnato niente a nessuno e che il cammino intrapreso, in una visione di assoluto deficit democratico, di processo ulteriore di finanziarizzazione dell’economia, di austerità feroce, sarà proseguito in una visione del tutto ideologica e al di fuori da un quadro di ragionevole rapporto con la realtà della crescita delle diseguaglianze e dell’impoverimento generale.
Per la sinistra d’alternativa dovrebbe essercene d’avanzo per aprire un confronto serrato su questo stato di cose, cercando di disegnare una prospettiva diversa.
Partendo, in questa elaborazione, da ciò che manca nel freddo discorso dei banchieri: la politica, le grandi questioni della pace (la guerra è la vera causa dei sommovimenti di popolo cui stiamo assistendo in questi giorni davanti a tutte le frontiere dell’Europa) e delle partnership (ad esempio il tema delle sanzioni alla Russia); la disparità nelle condizioni materiali dei lavoratori; il tema della sovranità; la costruzione di un’ipotesi di alternativa basata su di un progetto di società fondato sull’intreccio tra le grandi contraddizioni dell’oggi e del domani sul piano sociale, ambientale, delle nuove relazioni tra le persone, dell’innovazione tecnologica.
Un confronto politico di respiro internazionalista, recuperando tutti i valori dell’eguaglianza e della solidarietà sociale che hanno caratterizzato, per decenni, la vita della parte migliori della sinistra politica.
Soltanto cecando di ragionare assieme a questo livello potrà essere possibile aprire un varco per il futuro, rompendo il cerchio di questo ottuso irrigidimento ideologico liberista, attraverso il quale si cerca di incamminare il destino dell’Europa (e oltre) verso il mantenimento dei privilegi appannaggio dei pochi, l’esercizio di una democrazia limitata a senso unico, il persistere di un quadro di insopportabili diseguaglianze a tutti i livelli.
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