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mercoledì 24 giugno 2015
Francesco Maria Mariotti: Grecia? Accordo, forse, ma senza illusioni (rassegna stampa)
Probabilmente non ha vinto nessuno, ieri, nella "partita" fra Grecia e Ue; ma parimenti - è la cosa più importante - non ha perso nessuno. Come al solito, in questi casi, conviene essere prudenti; e - come ben spiega come sempre Cerretelli sul Sole24Ore - occorre non illudersi che il problema greco si risolva facilmente: ce lo porteremo dietro per un bel po' e probabilmente (vedi articolo de Gli Stati Generali) solo un reindirizzamento di lungo periodo della economia greca può veramente essere la "soluzione".
La speranza è che questa crisi - non potendosi risolvere con uno "strappo" (né della coesione europea con il Grexit, ma nemmeno delle regole, Deaglio racconta bene la paura di un "precedente greco" che può far esplodere l'Unione) - convinca i governi UE a spostare a livello più avanzato il senso dello stare assieme. Un'Unione più profonda forse può realmente essere protagonista - e non solo vittima - dell'economia globale; e raccoglierne i frutti più positivi.
Francesco Maria
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> In un primo momento non erano stati forniti molti dettagli, ma nella serata di ieri ha cominciato a circolare l’elenco delle proposte ai creditori. Si tratta di un documento di 21 punti in cui si specifica che è il «risultato di difficili negoziati per raggiungere un accordo che non pregiudichi i diritti del lavoro e che non metta in crisi la coesione sociale, ma che dia una prospettiva e sia una valida soluzione per l’economia greca senza colpire i redditi bassi e i medi».
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> Le proposte prevedono:
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> – un avanzo primario di bilancio (cioè il saldo positivo tra entrate e uscite prima del pagamento degli interessi sul debito) pari all’1 per cento nel 2015 e al 2 per cento nel 2016. Si tratta delle cifre proposte dai creditori: Tsipras, per limitare i tagli, aveva chiesto in precedenza cifre più basse (0,75 per cento per quest’anno, 1,5 per cento per il 2016 e 2,5 per il 2017).
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> – sulla questione dell’aumento dell’IVA, il governo greco ha deciso di applicare il tasso più basso pari al 6 per cento soltanto a medicinali e libri, mantenendo l’IVA al 13 per cento su servizi e prodotti come l’energia e gli alimenti di base, e di aumentarla al 23 per cento su tutto il resto. L’IVA resterebbe al 13 per cento anche su uno dei settori più importanti dell’economia del paese, cioè il turismo. I creditori chiedevano invece due fasce di IVA e la fine dell’IVA speciale per le isole. Il governo greco sarebbe anche disposto a mantenere una controversa tassa sugli immobili, l’Enfia, che si era invece impegnato ad abolire.
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> – tassa di solidarietà: il piano prevede di aumentare la “tassa di solidarietà” estendendola a chi guadagna più di 30 mila euro all’anno e alle imprese che hanno utili superiori ai 500 mila euro.
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> – privatizzazioni: il governo di Tsipras si è sempre dichiarato contrario alle privatizzazioni che erano state avviate dal precedente governo conservatore, ma nel corso dei negoziati ha ceduto ai creditori proponendo infine la privatizzazione di alcuni aeroporti e porti, compreso quello del Pireo, ma non delle società energetiche.
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> – pensioni: la Grecia si impegna ad alzare gradualmente a 67 anni l’età in cui i greci vanno in pensione e a ridurre dal 2016 le possibilità di pensionamento anticipato.
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> – ristrutturazione del debito: i leader europei non hanno fatto dichiarazioni precise a riguardo. «Questo non è il problema più urgente», ha detto per esempio la cancelliera tedesca Angela Merkel. Tsipras parla invece da tempo della necessità di una rinegoziazione immediata del debito greco rivendicando di nuovo, subito dopo l’ultimo vertice, un “debito sostenibile”. Si tratta in pratica di dire ai creditori o a parte dei creditori: noi dobbiamo darvi 100 entro X anni in teoria, ma non ce la facciamo e rischiate di non vedere i vostri soldi; facciamo che vi diamo 100 entro Y anni, oppure 70 entro X anni. (...)
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http://www.ilpost.it/2015/06/23/quali-sono-le-nuove-proposte-della-grecia/
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> Quindi il prevedibile ed ennesimo fallimento dell'Eurogruppo per mancanza (?) del tempo materiale per sviscerare la proposta greca. Fallimento soffuso però di speranze nuove. A seguire il vertice dei capi di governo dell'Eurozona, cioè il contentino politico invocato e concesso a Tsipras, poi conclusosi con un'altra raffica di buoni auspici e propositi. Dopo tante false partenze in questi cinque mesi di passione, davvero siamo al capolinea? Di sicuro Tsipras questa volta ha presentato riforme concrete: incremento dell'Iva e, con cautela, pensioni , da finanziare aumentando le tasse sui redditi oltre i 30mila euro all'anno e sui profitti societari sopra i 500mila. Senza tagli di spesa, nulla sul mercato del lavoro, niente rincari Iva sull'energia, come preteso dai creditori.
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> Nell'insieme segnali veri di disponibilità sia pur limitati, nel tentativo di contraddire al minimo le promesse elettorali di guerra all'austerità senza rimetterci gli aiuti europei di cui la Grecia ha disperato bisogno. Una partita spericolata che prevede di ottenere anche, contestualmente, l'alleggerimento del debito ritenuto insostenibile. Finora il teorema Tsipras non ha convinto ma solo irritato Eurogruppo, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale, decisi a non stravolgere le condizioni fissate per l'erogazione dell'ultima tranche di aiuti da 7,2 miliardi di euro. Per principio e per non dare cattivi esempi. Ora il premier greco ha fatto concessioni, quasi certamente ancora insufficienti, ma il suo gesto, magari con qualche ritocco, può offrire a tutti l'alibi per salvare la faccia, recuperare razionalità negoziale e chiudere un braccio di ferro troppo pericoloso. Un salto collettivo nel buio. Se alla fine sarà accordo e non default della Grecia, nessuno si illude che sarà la panacea e la fine di un incubo. Il problema ellenico resterà per anni la malattia cronica dell'Eurozona: però meglio imparare presto a conviverci piuttosto che tentare di liberarsene con un'amputazione che rischierebbe di uccidere, con la malattia, anche il malato.
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di Adriana Cerretelli - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/hTnCT6
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La vera paura, che attanaglia mercati e governi, è un’altra: visto il parziale condono alla Grecia del debito, altri Paesi indebitati potrebbero mettersi sulla stessa strada. Perché il Portogallo, che sopporta, senza contestare Bruxelles, misure economiche molto gravose, a causa dei suoi debiti, dovrebbe continuare a essere «virtuoso», visto che un grande accordo sul debito greco dimostrerebbe che la virtù finanziaria non paga? Perché, la Spagna - che tra qualche mese potrebbe essere governata da Podemos - non dovrebbe opporsi alla continuazione di pesanti misure di austerità?
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Questo rischio - che si può definire «rischio politico» - non è facile da controllare e rende particolarmente inquieta un’Unione Europea che vede aprirsi così, la strada della propria disgregazione. Per questo si sta facendo strada l’idea che, anche nel caso di un’uscita della Grecia dall’euro, dovrebbe essere fissato l’obiettivo del suo rientro: l’Unione Europea dovrebbe essere pronta, oltre ad accettare un lunghissimo prolungamento del periodo di restituzione, anche a finanziare trasformazioni produttive dell’economia ellenica, senza le quali, dentro o fuori dell’euro, l’economia greca rimarrebbe disastrata.
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Il rischio che però intimorisce di più la comunità internazionale è quello di cui si parla di meno e che potrebbe essere definito il «rischio ideologico». Alcuni mesi fa, in diverse occasioni, il primo ministro greco, Alexis Tsipras, definì come «ricatto alla democrazia» l’intimazione al suo Paese di restituire, alle date concordate, quanto ricevuto in prestito. Affermando implicitamente che «la democrazia passa davanti al debito», Tsipras ha sostenuto che uno stato democratico potrebbe legittimamente non pagare, specie se i creditori sono banche straniere.
http://www.lastampa.it/2015/06/23/cultura/opinioni/editoriali/lideologia-che-condiziona-i-risultati-DKkIrzSs7t5WUcBOm2cdUJ/pagina.html
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Due giorni fa, in visita all’Expo, un vecchio amico americano mi ha detto con l’usuale franchezza: «Se l’Europa avesse una visione geopolitica, la crisi greca sarebbe stata risolta da un pezzo». In questa rapida frase, c’è un punto importante da cogliere: viste da Washington, le ragioni per tenere la Grecia ancorata all’euro non sono tanto economiche (si tratta, come ormai ripetiamo a memoria, del 2% o poco più del Pil europeo) ma sono politiche. Considerate le difficoltà della Turchia, data la gravità della crisi del Mediterraneo e di fronte alle persistenti fragilità dei Balcani, «perdere» anche la Grecia, regalandola di fatto a Vladimir Putin, equivale a un lusso che l’Europa non può permettersi e che l’America considera insensato. E difatti, dicono gli amanti dei retroscena, Barack Obama ha dato proprio questo messaggio alla Cancelliera tedesca: prendi tu in mano la crisi greca, a noi interessa che venga risolta.
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Il governo Tsipras ha capito benissimo di quale partita si tratti. E infatti – per sottolineare l’importanza geopolitica del dossier greco – ha giocato una sua carta russa, ad effetto ma in verità abbastanza spuntata (Putin potrà anche cedere pezzi di gasdotto ad Atene ma non sostenere i costi a lungo termine di una rianimazione della Grecia). Parallelamente, Atene ha indicato nella Germania, anzi in Angela Merkel, il vero interlocutore. Non c’è da sorprendersi, quindi, se l’ultima proposta negoziale della Grecia, in vista della riunione dell’eurogruppo di oggi, sia stata rivolta direttamente alla Germania (e al suo «braccio destro», la Francia), prima ancora – od accanto – alle istituzioni europee ed internazionali.
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http://www.lastampa.it/2015/06/22/cultura/opinioni/editoriali/senza-intesa-regaleremo-la-grecia-a-putin-u2dAtPl7YSiygstwmW0IZL/pagina.html
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Come è possibile che questo programma così ragionevole non sia accettato dall’Europa? Ho chiesto ad una serie di esperti e la risposta è stata duplice. Innanzitutto questo programma è ancora troppo vago, ed effettivamente il discorso non è corredato da molti numeri. Ma il motivo principale è che nessuno si fida del governo greco. A questa sfiducia hanno contribuito non solo il comportamento nei negoziati ma anche alcune iniziative interne (tra cui l’abolizione delle valutazioni per gli insegnanti), che hanno reso il governo di Tsipras «poco credibile». Sicuramente c’è un problema di credibilità. Il governo Tsipras è fatto di outsider. Molto difficile per degli outsider prendere in mano un governo e gestire un Paese efficacemente durante una crisi come quella attuale. Ma ricordiamoci che il motivo per cui i greci hanno votato questo governo è perché gli insider precedenti erano parte del problema (ad esempio, Samaras era uno dei leader del partito il cui governo aveva falsificato i dati finanziari) e forse proprio per questo erano troppo sottomessi alle richieste della Troika. Non dimentichiamoci che nei primi mesi anche il governo Renzi ha faticato a presentare dei piani numericamente accurati e ha fatto marcia indietro sulle valutazioni Invalsi degli insegnanti. Non per questo è stato vilipeso dalla stampa europea, anzi. Certamente Syriza paga un pregiudizio alla fonte, in quanto formazione di sinistra radicale, che in alcune componenti rifiuta l’economia di mercato. È anche vero che sia Tsipras che Varoufakis hanno commesso errori. Ma anche l’Fmi ha commesso gravi errori (e li ha pure ammessi) eppure i suoi vertici non vengono trattati con la stessa condiscendenza. Syriza paga soprattutto il tentativo di cambiare il modo in cui avvengono le trattative a livello europeo. La burocrazia europea vive di segretezza, perché non è abituata a rispondere a un governo democraticamente eletto. Per questo si trova a disagio con un governo che fa della trasparenza una priorità. La sfiducia che l’Europa dimostra nei loro confronti è soprattutto sfiducia nei confronti della diversità, una diversità che minaccia la sopravvivenza degli attuali burocrati europei. Come uscirne? L’unica persona che in questo momento può salvare la situazione è Angela Merkel
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di Luigi Zingales leggi su http://24o.it/m78ck9
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In questo momento, tuttavia, lo scopo dev'essere ancora quello di mantenere il sangue freddo e raggiungere un accordo. Ma appare sempre più improbabile, con il clima di rabbia e recriminazione che si è venuto a creare. Non sarebbe comunque la fine della storia. Gli europei non possono semplicemente prendere e andarsene, come se nulla fosse: che la Grecia rimanga o meno nell'euro, bisognerebbe fare i conti con molti degli stessi problemi. Gli europei dovrebbero comunque riconoscere che gran parte dei loro soldi non tornerà indietro e dovrebbero comunque dare una mano per evitare il collasso della Grecia.
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di Martin Wolf - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/BjUmCm
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Questi pochi dati dimostrano come senza una profonda ristrutturazione “industriale” del sistema paese, qualsiasi accordo sul debito greco non farebbe altro che rimandare il problema di qualche mese, o al massimo, anno; salvo poi ritrovarselo davanti ingigantito – quando esso riemergerà. Se infatti al momento del salvataggio del 2011 la richiesta di una ristrutturazione “industriale” avesse affiancato quella dell’austerità finanziaria, forse la situazione che si deve affrontare oggi sarebbe diversa.
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La cosa che mi ha più meravigliato, non tanto da parte di Tsipras quanto dal lato dei media e dei creditori che non lo hanno immediatamente contraddetto è il fatto che il primo ministro greco, a giustificazione della propria rigidità negoziale abbia dichiarato qualche giorno fa che «il suo mandato elettorale non gli permette di accettare le condizioni imposte dai creditori». Se dovessimo accettare questa affermazione – che viene peraltro da quasi tutti i politici in odore di elezioni –, ciò significherebbe accettare il principio che, un debitore dopo aver preso a prestito più di quello che era in grado di pagare (ed in questo caso la responsabilità è soprattutto di chi ha concesso il credito) ed averlo sperperato con un livello di vita superiore a quanto si poteva permettere (e qui invece la responsabilità è principalmente del debitore), si arroghi anche il potere di decidere se, quando e quanto del proprio debito pagare. Se è pur vero che i mercati hanno la memoria corta (dopo solo qualche anno dopo il default di certi paesi, i mercati hanno ricominciato a prestare agli stessi), mi pare che in questa situazione, un’affermazione di tale portata rischi di rendere i mercati molto meno propensi ad accettare i rischi di prestare a paesi in bilico e dove la buona gestione delle finanze pubbliche non sia un principio radicato e condiviso.
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Al di là delle critiche che, senza qualche proposta di soluzione, potrebbero essere considerate fine a se stesse – e che credo comunque dovrebbero essere equamente ripartite tra debitore e creditori – proporre di considerare, per una volta, un angolo di analisi alternativo. Poiché la dimensione del problema finanziario, rispetto alla posta in gioco, è relativamente limitato se non per il fatto che viola alcuni principi comunemente accettati, suggerirei infatti di procedere come normalmente si fa, o si dovrebbe fare, con la ristrutturazione di qualsiasi debitore insolvente:
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1. Iniziare a definire in quali settori economici la Grecia, magari dopo qualche riforma strutturale, possa essere competitiva in un mercato globale;
2. Definire un piano di sviluppo e di sostegno a tali settori,
3. Disincentivare lo sviluppo insostenibile di quei settori che non hanno più ragione di sopravvivere vista la loro scarsa competitività con l’aggiunta non indifferente di una vera caccia agli evasori
4. Partendo dai settori “buoni”, definire quanta ricchezza il paese possa effettivamente produrre concludendo con la definizione di quello che possa essere il debito effettivamente sostenibile seppur con scadenze molto dilazionate e tassi particolarmente favorevoli.
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Poiché la questione sociale non può né deve essere sottovalutata, in parallelo va definito quale sia un livello minimo di dignitosa sopravvivenza per coloro che da questa ristrutturazione “industriale” verranno colpiti (esempio i dipendenti pubblici in eccesso) e calcolato quanto denaro sia necessario per permettere, pro tempore, una vita dignitosa agli interessati, a cui, però, deve far riscontro una effettiva disponibilità dei beneficiari dei sussidi a riqualificarsi in quelle attività che verranno individuate come possibili.
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http://www.glistatigenerali.com/macroeconomia/grecia-e-la-ricerca-di-una-soluzione-duratura/
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