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giovedì 30 aprile 2015
Luciano Belli Paci: Pertini sulla legge truffa
Un compagno che conosco da quando eravamo nel direttivo della stessa sezione dei DS, Francesco Laforgia, è uno dei 38 deputati del PD che non hanno votato la fiducia.
Mi è arrivata oggi la sua newsletter nella quale spiega le motivazioni della sua scelta.
In fondo alla newsletter ha messo questo estratto dell’intervento che nel 1953 fece Sandro Pertini a nome del PSI.
Nel leggerlo, suggerirei a tutti di tenere a mente che quella del 1953, al confronto dell’Italicum, era la “truffa” più onesta del mondo (infatti io l’avrei votata, come fece il Psdi di allora).
Chissà cosa direbbe Pertini oggi …
Che sbadato, dimentico che Pertini terminò il settennato quando Renzi aveva 10 anni e faceva la quinta elementare. Superato: rottamare !
Un intervento di SANDRO PERTINI
Il 10 marzo del 1953, nel dibattito sulla questione di fiducia a palazzo Madama sulla cosiddetta ‘legge truffa’, l’allora senatore Sandro Pertini intervenne contro a nome del PSI.
La storia insegna molto. Bisogna avere orecchie attente per saperla ascoltare.
“Il proposito dell’onorevole De Gasperi è di strozzare la discussione con questa questione di fiducia. Questa è la verità. E nell’intento di accettare la pillola amara, nei giorni scorsi ci è stato detto con aria di rassicurazione: placatevi, c’è stata data l’assicurazione che non sarà sciolto il Senato. Signor Presidente, bisogna parlarci chiaro su questo punto. Prima che la legge fosse portata qui, quando era ancora alla 1° Commissione, la stampa governativa e la così detta stampa indipendente fecero questa minaccia, questo ricatto sul Senato. Orbene noi diciamo con molta franchezza che questo baratto noi lo respingiamo per quanto ci riguarda. Preferiamo che il Senato muoia con dignità piuttosto che esso viva con infamia. D’altra parte, signori, non è a noi che dovete offrire simili baratti con la propria coscienza; non a noi che abbiamo rinunciato a tanti anni di libertà fisica pur di mantenerci spiritualmente liberi. Comunque il Governo vuole accelerare i tempi e pone la questione di fiducia nel modo in cui l’ha posta per una legge che porta il nome dell’onorevole Scelba. Si tratta forse di una legge che dovrebbe dare lavoro e pane ai due milioni e più di disoccupati? Si tratta forse di una legge che dovrebbe dare una equa pensione alle vedove, agli orfani, ai mutilati ed invalidi di guerra? È forse una legge che riguarda le riforme di struttura contemplate dalla Carta costituzionale? No, niente di tutto questo. È una legge che dovrebbe creare una maggioranza artificiosa, così come vanno vagheggiando il partito democristiano ed i suoi parenti poveri. Questa legge incide sulla democrazia, perchè incide sul suffragio universale. […] Noi, elevando questo nostro appello, abbiamo a cuore le sorti del Paese. Voi rimarrete nuovamente sordi ad esso, lo respingerete senza comprendere l’animo che lo eleva. Non ci interessa, signori. Sappiamo che al di sopra ed al di là di voi, onorevole Piccioni e signori del Governo democristiano, al di sopra ed al di là di questa legge truffa, al di sopra ed al di là di ogni vostro inganno, sta il popolo lavoratore italiano con le sue ansie ed aspirazioni, con la sua molta miseria e con la volontà di lavoro, di pane e di pace . Ed è a questo popolo, onorevole Piccioni e signori avversari, che noi lanciamo il nostro appello, sicuri che un giorno sarà raccolto!”
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1 commento:
Sulla legge del 1953 vanno ricordati alcuni punti di carattere tecnico - politico e lo scenario complessivo all'interno del quale si mossero le vicende di quel tempo, che era quello del "bipartitismo imperfetto" e della contrapposizione dei blocchi, in quel momento, siamo all'indomani della morte di Stalin, in uno dei momenti di maggiore tensione e incertezza.
Si trattava, in effetti, di un vero e proprio "premio di maggioranza" perchè richiedeva il 50% più uno dei voti conseguiti dalla coalizione (il termine tecnico dell'epoca era "partiti apparentati") vincente. Quella di oggi, invece, è una legge elettorale imperniata su di un premio di minoranza, in quanto richiede al primo turno il 40% per il partito vincente (e non la coalizione) e, addirittura, una quota più bassa per arrivare al ballottaggio ( stando ai sondaggi, in questo momento, andrebbe al ballottaggio il M5S con il 22%). Particolare non secondario, inoltre, è quello della partecipazione al voto: al'epoca (1953) oltre il 90%, oggi sarebbe grasso che cola il 60%.
Il rapporto, però, tra percentuale conseguita e premio è rimasto inalterato: nel 1953, infatti, era prevista una assegnazione di seggi pari al 65% della Camera ( quindi il 15% rispetto al 50% più uno dei voti).
Fu quello il punto di debolezza di De Gasperi che aveva molto insistito per il 65% puntando, infatti, nell'ambito dell'assegnazione del premio alla maggioranza assoluta per la DC.
Di fronte a questo pericolo si mossero le minoranze di PSDI, PRI e PLI che formando piccole liste: Unità Popolare e Alleanza Democratica Nazionale, assieme agli ex-comunisti dell'Unione Socialista Indipendente (Cucchi e Magnani) realizzarono una quota di voti che non permise loro di entrare in parlamento ma risultò determinante per non far scattare il premio.
In verità, però, la DC rispetto al 18 Aprile perse moltissimo a destra sia verso il Partito Nazionale Monarchico di Lauro sia rispetto al Movimento Sociale, in particolare al Sud.
Una sommaria esposizione storica che tiene conto di un fatto fondamentale: allora esistevano i partiti e il risultato, da una parte o dall'altra, fu frutto della loro fortissima mobilitazione: adesso ci si muove su istanze personalistiche, cercando di creare un sistema che abbia al centro un solo Partito che si vorrebbe definire della Nazione.
In questo senso il quadro attuale assomiglia di più a quello della Legge Acerbo del 1923.
Grazie per la vostra attenzione Franco Astengo
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