venerdì 6 febbraio 2015

Franco Astengo: Atene è sola?

ATENE E’ SOLA? Di Franco Astengo Com’era facilmente prevedibile i primi passi del governo di Atene sono stati compiuti in direzione dell’apertura di una difficile, complessa, trattativa sulla questione del debito: una trattativa, in pratica, “triangolare” con le istituzioni comunitarie e la Germania. A dimostrazione, se mai ce ne fosse stato bisogno, della natura “vera” della costruzione europea. Tsipras e Varoufakis stanno portando in giro per le varie cancellerie la miseria del loro martoriato Paese, ma nel frattempo non è che sulle tavole delle famiglie greche siano tornati i piatti di portata o negli ospedali ellenici sia ricomparse le medicine. Anche in questo caso non c’era nulla da scoprire nel merito della ferocia nella gestione del ciclo capitalistico da parte dei grandi potentati economico- finanziari. L’interrogativo, però, è questo: dove sta la sinistra europea, socialista, comunista, ecologista, in questa battaglia? Cosa stanno facendo gli allegri gitanti della “brigata Kalimera” tutti dotati di buoni stipendi o pensioni parlamentari, andati in Grecia a sventolare la bandiera della vittoria e a imparare come si fa il “partito sociale”? Quale convocazione d’urgenza sul caso greco è stata chiesta, al Parlamento Europeo, dal GUE o dal PSE? Su quali impegnativi documenti sta lavorando il Parlamento Italiano per iniziativa di SeL e della Sinistra PD (individualisti miracolati dalla nomina attraverso il premio di maggioranza)allo scopo di appoggiare l’iniziativa greca e costringere il governo italiano a un atteggiamento concreto in questa vicenda? Quale mobilitazione dei lavoratori sta mettendo in piedi la terribile FIOM, ultimo avamposto del sindacato di classe ed anche le forze del sindacalismo di base che si erano cimentate nel “Controsemestre”? Quali piazze sta riempendo Podemos in Spagna? E’ prevista una manifestazione unitaria di tutta la sinistra europea nel luogo simbolo della libertà del continente: Place de la Republique a Parigi? Cosa fanno Izquerda, Union de la Gauche, Linke? E la grande socialdemocrazia tedesca sempre ferma sulla linea dell’appoggio di crediti di guerra? E il Partito della Sinistra Europea che aveva riunito l’esecutivo in forma solenne per “appoggiare la campagna elettorale di Syriza”? Riecheggia un antico : “Praga è sola”. Atene sembra isolata in una fase dove risalta il carattere “nazionale” dello scontro europeo, quasi se si trattasse del “debito in un paese solo”. L’assenza del carattere internazionalista della lotta di classe appare come il buco nero più ampio in questo strappo totale dell’identità storica dei socialisti e dei comunisti: tutto sembra davvero ridotto a propaganda politicista, ed è questa la considerazione più amara ma forse anche più vera che viene alla mente pensando al disastro economico, sociale, culturale prodotto ancora una volta dal capitalismo (tout court: senza aggettivi, né “turbo”, né “globalizzato”, né “iper liberista).

12 commenti:

roel ha detto...

Gli interrogativi posti da Astengo sono tutti pertinenti e suscitatori di risveglio coscienziale specie per quanti in Europa si dichiarano posizionati a sinistra o di orientamento democratico riformista. Anche le Comunità religiose non possono ritenersi fuori rispetto ad un Popolo quasi agonizzante. Sono tutte le Nazioni civili che non possono estraniarsi rispetto alle sofferenze e alle privazioni d'una comunità che ha dato luce a tutto l'Occidente e arricchito il patrimonio culturale del Mondo.
Uno dei limiti che porta i segni del cinismo della logica capitalistico-finanziaria è costituito dalla reiterata richiesta di "avere" da parte di chi non ha più nulla da "dare".
Intanto, dice bene Astengo, i "marpioni del bengodi" e dei privilegi, sonnecchiano, quando invece, necessiterebbe una mobilitazione generale di quanti aspirano alla costruzione di un'Europa politica del Popoli nel segno solidaristico di una maggiore equità e giustizia sociale. Il fatto più grave è rappresentato dalla intransigenza della Troika che non intende offrire alla Grecia un qualche spiraglio di flessibilità temporale capace di metterla nelle condizioni di far fronte alle necessità della gente ormai allo stremo e alla soluzione dei suoi problemi.Quali iniziative prenderanno i rappresentanti istituzionali per aprire un confronto serrato
su quanto sta accadendo? Un saluto, Roel

sergio ha detto...

Tre sole osservazioni:

1) Il Capitalismo è brutto e cattivo ed allora? Gli altri sistemi sono stati migliori? Fino ad oggi no. Si può gestire il Capitalismo? Si se si è forti.

2) Il debito non è più prevalentemente con i privati ma con gli stati nazionali (Italia: 40 Mld)

3) Ma i governanti greci hanno o no responsabilità? Io penso di si, anche se tendo valutare, forse pregiudizialmente, non in modo uguale.

C'è una forza politica in Europa e nel mondo che può apertamente aprire un conflitto (sia pure di lungo respiro) col capitalismo attuale dove persino la Cina scende a patti?

Riflettiamoci: il Socialismo per affermarsi e vincere qualche battaglia ci messo decenni. Possiamo mettere le basi (le radici) teoriche e politiche dell'azione di un nuovo movimento socialista?

Sergio Tremolada (Nuova Società)

maurizio ha detto...

Caro Sergio,
sono convinto da sempre che per il capitalismo valga quello che Churchill affermò della democrazia politica: "è un pessimo sistema, peccato che finora non ne sia stato inventato uno migliore". Infatti tutti i tentativi di superare il capitalismo attraverso la statalizzazione integrale dell'economia si sono rivelati un rimedio peggiore del male. Però è anche vero che se i socialisti abbandonano anche solo il principio e l'orizzonte, per quanto vago e lontano, di un superamento del sistema capitalistico cessano di essere socialisti per diventare altro; saranno magari dei liberali progressisti e riformatori, ma non sono più socialisti. Questo a mio giudizio fu l'errore di Blair, del New Labour e del cosiddetto Ulivo mondiale. Una cosa però va detta. Un conto era il capitalismo tradizionale (o manageriale, secondo la definizione di Ruffolo), altro il capitalismo finanziarizzato globale e delle multinazionali con cui dobbiamo fare i conti ormai da circa 30 anni. Con il primo fu possibile stipulare quello che tutti ricordano come il "compromesso socialdemocratico", che portò crescita economica, redistribuzione del reddito e una conquista storica come il welfare state. Con il finanzcapitalismo, per usare l'espressione di Gallino, mi sembra che non ci siano margini di compromesso. Questo non significa certo che io abbia abbandonato ogni prospettiva riformista e che mi sia convertito ad un'impraticabile visione rivoluzionaria. Il problema è che, come tu dici, per gestire (o anche solo per affrontare) il capitalismo bisogna essere forti. Il Socialismo europeo oggi è forte? No, per nulla, anzi è debolissimo. Perché? Le risposte possono essere molte, ma a mio giudizio una si impone su tutte: quando non si hanno più idee perché non si crede più in se stessi è inevitabile essere deboli fino all'irrilevanza.
Non intendo avventurarmi ora in un discorso sulla Grecia, ma è certo che se di fronte alle richieste di Tsipras, per nulla irragionevoli, Hollande e Schulz (lasciamo perdere Renzi che socialista non è mai stato) fanno asse con la Merkel, allora è evidente che il Socialismo europeo è morto e sepolto. Può sopravvivere in alcune ottime fondazioni culturali, non certo nella pratica politica. Prima ne prendiamo atto meglio è. Direi anzi, ritornando all'origine del discorso, che alcuni economisti liberal di solida formazione keynesiana, come Krugman, Stiglitz e Amartya Sen, sono oggi su posizioni decisamente più avanzate di molti leader di partiti aderenti al PSE. Anche su questo sarebbe bene ragionare.
Maurizio Giancola

felice ha detto...

Chi comincia è alla metà dell'opera. In nessuno dei programmi dei partiti con rappresentanza parlamentare in Europa a quanto mi consta non è messo in discussione il sistema capitalista in quanto tale. Nella Seconda Internazionale invece sì, poi si litigava coi comunisti sul come. bisogna porre all'ordine del giorno il sduperamento se crescono le diseguaglianze e le persone non hanno più dignità. L'economia sociale di mercato cercava di regolare le perversioni è sicuramente meglio dell'austerrtà, ma non basta più.


Felice C. Besostri

claudio ha detto...




Il dramma della Grecia è che non hanno niente da vendere, oltre al turismo: io faccio fatica a ricordare un prodotto greco, oltre alle olive, alla feta (che non mi piace) e al vino bianco resinato, che mi piace e non trovo più. Bisognerebbe fargli un piano di investimenti produttivi, perchè altrimenti ogni pochi anni saranno di nuovo a chiedere. In sostanza sono entrati nell’Euro imbrogliando sui numeri, con l’aiuto prezzolato di una società USA di rating, e il vantaggio di pagare poco i debiti se lo sono mangiati in sprechi (gigantesco quello delle Olimpiadi, neanche in Italia arriviamo a tanto) e moltiplicazione di pubblici dipendenti con obbligo di tessera di partito ma senza obbligo di lavorare, tanto non c’era neanche la scrivania..Un buon contributo sarebbe mandargli Cottarelli, che noi non abbiamo lasciato lavorare...ma adesso che sono entrati non credo sia possibile metterli fuori. Il problema è che se UE trova un modo di condonarli, il giorno dopo sono spazzati via i governi di Spagna, Portogallo, Irlanda e altri che han fatto sacrifici forti, e la Slovenia non comincia nemmeno, va a Bruxelles e fa una pernacchia. Viceversa nella sinistra europea c’è una romantica ondata byroniana che vuol correre in aiuto alla Grecia. Ma almeno Byron c’è andato e ci ha rimesso la pelle con i Turchi. Oggi non vedo molti pronti a rischiare dei soldi, magari delle nostre coop, che peggio di quel che han fatto nelle nostre banche e nelle assicurazioni non possono fare neanche in Grecia... PS: a proposito di Turchi, se non sono nella UE è colpa della Germania e, in piccola parte della Grecia, e oggi sarebbe proprio necessario averli.

roberto ha detto...




Concordo con Giancola sulla crisi esiziale del pse. A questo punto più che pensare a riorganizzare il pse si tratta a mio avviso di pensare ad una grande sinistra europea, dove sia possibile progettare un modello alternativo al finanzcapitalismo e, da subito, costruire un programma per poter da subito battere l' idea di un' Europa vincolata all' austerity e dare invece impulso ad un' Europa che metta in primo piano il fattore umano ( la recente conferenza programmatica di sel è un buon punto di partenza).
Altri ragionamenti sostanzialmente rinunciatari non mi pare che portino da nessuna parte.



giovanni ha detto...

concordo anch'io.
Temo che ci si imporranno sempre più delle scelte di campo, sperando che si limitino a scelte ideali (perché, purtroppo, sempre più forte è il sentore della "guerra che torna", anche perché il capitalismo spesso vi ricorre, per uscire dalle sue cicliche crisi strutturali).
è il tempo di dire i socialisti con i socialisti (indipendentemente dalle loro sigle), i liberisti con i liberisti, e di uscire dagli equivoci in cui la sinistra europea è caduta (per paura, servilismo o opportunismo) dopo l'89

alberto ha detto...

Caro Gambra, pensare non fa male e costa poco. Forse è per questo che la/le sinistre hanno sempre pensato molto “ ad una grande sinistra europea” che non è mai nata. Anzi più pensavano e più si dividevano. Se buttiamo anche il PSE, pur con tutti i difetti che ha, siamo a posto.

roberto ha detto...


Caro Ferrati,
se ci si confronta pur da posizioni diverse è una cosa, se invece, senza ragionamenti di merito, si tenta solo di banalizzare la posizione altrui, allora si esce dalla libera legittima dialettica per limitarsi a ribadire, quasi in modo dogmatico, premesse evidentemente ritenute indiscutibili e pertanto non suscettibili di confronto. Ma questa non mi pare davvero cultura socialista...
Non basta certo pensare a una grande sinistra, è urgente operare per costruirla, anche perchè lo scenario politici-economico la rende oggettivamente indispensabile, con urgenza, lasciando perdere le sigle.

dario ha detto...

Caro Sergio,
la tua sintesi è incontestabile, nella prima fase della crisi greca hanno trasferito i debiti dalle banche private agli Stati, cioè a noi tutti, se oggi si decidesse di cancellare il debito greco anche solo al 60% il costo per gli Italiani sarebbe di circa 24 miliardi, come dire una bella finanziaria.
L'unica soluzione praticabile è quella che propone cmq Tsipras, il rinvio dei pagamenti del 2014, che detto per inciso sono rimborsi a stragrande maggioranza verso il FMI, basterebbe quindi che la madama direttrice del FMI accettasse questa proposta e ci sarebbe tutto il tempo per trattare una ridefinizione del debito greco.
Dario

maurizio ha detto...

Sono ovviamente d'accordo con Pierpaolo Pecchiari: o si realizza - ma molto in fretta - un'Europa Federale con tutto quello che ne consegue o prima o poi il disastro sarà inevitabile e saranno lacrime amare per tutti. Purtroppo di questa volontà non c'è traccia non solo e ovviamente nel fronte che sostiene l'austerity (Germania e alleati più o meno convinti, ma comunque del tutto subalterni), ma nemmeno in quelle forze che dovrebbero proporre politiche del tutto alternative rispetto alle attuali. Il dramma dell'inesistente PSE è tutto qui. Pierpaolo conosce meglio di me l'ottima riflessione sviluppata da fondazioni e centri studi di ispirazione socialista e socialdemocratica, ma anche lui evidenzia la totale dissociazione fra questa attività di elaborazione culturale e la pessima prassi politica di gran parte dei partiti di quello che fu il Socialismo europeo. C'è indubbiamente qualche eccezione: da quello che so il Partito Socialista Portoghese è contrario all'austerity e per questo, almeno nei sondaggi, appare molto forte. Inoltre in Portogallo non sono emerse realtà come Syriza e Podemos che, comunque le si giudichi, sono sicuramente di sinistra. Ma altrove? E' evidente che se il PSE continua a latitare lo scontro del futuro sarà fra conservatori liberisti e nazionalisti reazionari ed euroscettici. Se ne rendono conto i dirigenti dei principali partiti del PSE?
Maurizio Giancola

claudio ha detto...

in effetti, dopo la dichiarazione di Atene all’inizio della crisi, il Pse su questo tema non ha detto più niente. E non stante che il nostro compagno Didò abbia ottenuto tanti anni fa un’istituzione europea che faccia da centro d’incontro tra i sindacati dell’Unione, sono anni che non si fanno riunioni, neanche, per fare un esempio di casa nostra, tra i sindacati dei diversi stabilimenti FIAT in Europa. Insomma, quando c’è una crisi forte, i socialisti sono sempre quelli della prima guerra mondiale...e sono passati giusto 100 anni...