giovedì 26 giugno 2014

PERCHE’ LA SINISTRA: LA CANDIDATURA DELL'AVV.BESOSTRI ALLA CORTE COSTITUZIONALE: UN FATTO POSITIVO PER LA DEMOCRAZIA ITALIANA di Patrizia Turchi e Franco AstengoA

PERCHE’ LA SINISTRA: LA CANDIDATURA DELL'AVV.BESOSTRI ALLA CORTE COSTITUZIONALE: UN FATTO POSITIVO PER LA DEMOCRAZIA ITALIANA di Patrizia Turchi e Franco AstengoA

PERCHE’ LA SINISTRA: OPPOSIZIONE E PARTITO UNICO di Franco Astengo

PERCHE’ LA SINISTRA: OPPOSIZIONE E PARTITO UNICO di Franco Astengo

Documento: Iniziativa 21 giugno

Iniziativa 21 giugno: un campo aperto per la sinistra. COMUNICATO Il 21 giugno 2014, nella sede romana della Fondazione Nenni, si è svolto un incontro informale tra persone che, a titolo individuale o nella qualità di esponenti di Associazioni, Circoli, movimenti, esprimono realtà ed esperienze facenti parte della Sinistra Italiana, diverse, ma accomunate dalla preoccupazione per il progressivo degrado delle condizioni economiche e sociali del Paese e per lo stato della nostra democrazia, e dall’esigenza di operare perché dal vuoto di oggi possa emergere una Sinistra moderna e capace di un riformismo volto alla trasformazione della società più che alla sua ordinaria manutenzione. Questo incontro fa seguito a quello tenutosi a Bologna il 17 Maggio. La quasi totalità dei partecipanti all’incontro ha fatto propri i concetti espressi nel testo col quale l’iniziativa è stata proposta ed avviata (Allegato 1). Di conseguenza, i sottoscrittori di questo comunicato hanno convenuto sulla necessità di avviare un percorso comune senza che ciò comporti il predefinire forme e strutture organizzative e partecipative. E quindi, ferme restando le esistenti forme associative nelle loro individualità, caratteri culturali e politici, autonomie, hanno stabilito di costituirsi come un gruppo di liberi cittadini, denominato “iniziativa 21 giugno – un campo aperto per la sinistra”, aperto a tutti coloro che, individualmente, o a nome di Fondazioni, Associazioni, Circoli, soggetti politici, riviste, condividano quella preoccupazione e quell’esigenza, e ritengano di doversi impegnare in tal senso. In tal senso, ed in vista di ulteriori e più larghi confronti e della necessaria articolazione delle comuni iniziative da avviare, si è convenuto sul fatto che compito prioritario ed ineludibile di una forza di sinistra sia quello della tutela e dello sviluppo della democrazia; a maggior ragione in un ciclo culturale e politico nel quale vengono stravolte le premesse giuridico-istituzionali della rappresentatività, della tutela delle minoranze, e del principio dei “checks and balances”. Si osserva però come la degenerazione della nostra democrazia non si manifesti unicamente nella manomissione di quelle regole ed Istituzioni che ne consentono il funzionamento. Da oltre due decenni si sono isterilite e sono state messe in discussione quelle forme partecipative e di democrazia diffusa, che richiedono la presenza, la vitalità, e l’apertura di corpi intermedi quali partiti, sindacati, associazioni; sono state contratte le possibilità di partecipazione dei cittadini alle scelte riguardanti le comunità locali; è venuto meno il concetto che diritti individuali, civili, sociali, seppur configurantisi in ambiti e realtà diverse, costituiscano un corpus inscindibile che solo in una concezione democratica, laica e sociale dello stato può essere tutelato e promosso. Infine, ma non per ultimo, il ventennio appena trascorso ha visto la progressiva erosione di quelle basi economiche senza le quali la democrazia rischia comunque di restare pura affermazione di principii, infragilite a seguito di dilazioni e scelte coscienti, e non solo a causa di una crisi finanziaria che, dopo aver colpito le economie di tutto il mondo, vede l’Italia tra i Paesi ancora in fase di stagnazione. Mancato sviluppo, disoccupazione, malaoccupazione, insicurezza e scarsa mobilità sociale, eccessive disparità nella distribuzione della ricchezza, iniquità fiscale, hanno peggiorato le condizioni di vita della maggior parte degli italiani, chiudendo e non aprendo la società, disconoscendo meriti e capacità, vanificando la pienezza dei diritti dei cittadini, pur sanciti in Costituzione. La struttura ed il funzionamento dell’economia devono quindi esser tali da non render la democrazia un esercizio inutile o privo di effetti: ciò riguarda il peso e l’effetto delle scelte economiche private e pubbliche, che spetta alla politica di indirizzare verso l’utilità comune. Ma non si vedono all’orizzonte politiche capaci di operare in tal senso e ribaltare la situazione. Ciò premesso, ed in relazione a quanto sopra, quali prime iniziative da condurre immediatamente, si è convenuto di: • Dover combattere in ogni modo ed in ogni ambito la manomissione istituzionale rappresentata dal progetto di legge elettorale Berlusconi-Renzi e dalla prevista riforma del Senato: controriforme gravissime in sè nella distruzione della rappresentanza democratica dei cittadini, e gravissime nella loro conseguenza immediata di far venir meno il sistema dei pesi e contrappesi, omologando gli Organi di garanzia all’Esecutivo. A tal fine, avvertendo come la menomazione dei diritti civili dei cittadini comporti, non molto alla lunga, anche la compressione dei diritti individuali e sociali, verranno avviate e condotte tutte le iniziative sviluppabili in ambito politico e nei confronti della pubblica opinione e della società civile; e si esprime sostegno a quelle avviate in ambito giudiziario e rivolte a veder ripristinare i principii costituzionali violati da leggi ordinarie, come già è avvenuto per il “Porcellum”, per la legge 40, per la legge sulle tossicodipendenze. La designazione parlamentare di due membri della Consulta, in corso in questi giorni, acquista significato non solo simbolico: a tal proposito, si è ritenuto significativo il fatto che la candidatura dell’Avv. Felice Carlo Besostri, che si invita a sostenere in ogni sede, abbia ottenuto nelle prime votazioni un buon numero di voti. Al riguardo, si fa proprio il comunicato qui avanti allegato (Allegato 2). • Sempre in questa logica, si è convenuto di sostenere i quesiti referendari miranti alla modifica della Legge n°243 del 2012 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di Bilancio ai sensi dell’Art.81, comma VI, della Costituzione), e di esser presenti nei relativi costituendi Comitati Promotori. I firmatari di questo comunicato hanno poi convenuto sulla necessità di allargare e dare concretezza ad “iniziativa 21 giugno”, avviando laboratori politici territoriali nei quali si ritrovino tutte le esperienze e le realtà qui presenti, ed altre che dovessero aggiungervisi, concretamente finalizzati all’indagine ed alla definizione di proposte e politiche territoriali, coinvolgendo e confrontandosi con altre realtà associative e politiche, ed avviando capacità di collegamento, iniziativa, impegno, e presenza politica saldamente connesse alle esigenze più acutamente sentite dai cittadini. E’ stato infine stabilito di dotarsi di uno strumento di comunicazione interna ed esterna via web, quale l’avvio di un gruppo di Facebook, moderato da un amministratore. Roma, 21 giugno 2014 Sottoscrivono questo comunicato: Enrico Antonioni (Network per il Socialismo Europeo) Luciano Belli-Paci (Circolo Rosselli – MI) Alberto Benzoni (Iniziativa Socialista) Felice C. Besostri (Iniziativa Socialista – Rete Socialista) Roberto Biscardini (Iniziativa Socialista) Daniele Bonifati Andrea Cabassi (Alleanza Lib-Lab) Marco Calabrese Gim Cassano (Presidente di Alleanza Lib-Lab) Andrea Costa Critica Liberale Elena Hileg Iannuzzi (Circolo La Riforma – MI) Associazione “Il Socialista” Marco Lang (Network per il Socialismo Europeo) Franco Lotito (Laboratorio Politico per la Sinistra) Claudio Melchiorre Silvano Mulas (Sinistra d’Azione) Giancarlo Nobile (Comitato Piero Gobetti – Napoli) Antonio Panaccione (Azione Socialista per la Costituente) Saro Pettinato (Alleanza Lib-Lab) Silvana Prosperi Fabio Quadrana Giovanni Rebechi (Rete Socialista) Cesare Salvi (Socialismo 2000) Francesco Somaini (Presidente Circolo Rosselli – MI) Spazio lib-lab Stefano Sylos Labini Lanfranco Turci (Coordinatore del Network per il Socialismo Europeo) Geppino Vetrano Giovanni Vetritto Vincenzo Vita Olimpia Volpe (Comitato Piero Gobetti – Napoli) Paolo Zinna Marco Capodaglio per Repubblica e Progresso, Maurizio Caserta per Officine Siciliane, Angelo Giubileo per Associazione Guido Calogero – Salerno, dichiarano il loro interesse e disponibilità per comuni iniziative ed attività a carattere territoriale. e-mail: iniziativa21giugno@gmail.com ALLEGATO 1. Presentazione preliminare dell’incontro del 21 giugno. Crediamo inutile ripetere ragionamenti che, con diverse angolature, tutti stiamo facendo, per spiegare a noi stessi quanto siano preoccupanti lo stato e le prospettive del Paese. Non solo per quanto riguarda le regole di funzionamento della democrazia e la manomissione istituzionale già avviata, ma anche osservando il progressivo degradarsi di quelle basi sociali ed economiche, venendo meno le quali una democrazia degenera verso oligarchia o populismo, ed una società si divide sempre più nettamente tra chi prende e chi da, tra chi può e chi non può. Crediamo anche inutile spender troppe parole per spiegare quanto grande sia il bisogno che il Paese ha di una sinistra nuova, aperta e plurale; e come, per chi ritenga necessaria questa presenza, i partiti attuali -nessuno escluso- non possano più rappresentare un adeguato punto di riferimento. Se nelle democrazie industriali la sinistra politica annaspa, in Italia, e più per errori propri che per altrui responsabilità, essa è ridotta ad un campo di macerie, sul quale sia anche stato sparso il sale: senza rivoltare profondamente il terreno, ben poco potrà ricrescervi sopra, anche perché oramai essa parla un linguaggio comprensibile, e non sempre, solo a se stessa. Quest’opera di dissodamento non può essere avviata dai partiti oggi esistenti: si rende necessario che la composita galassia dei “sans papiers” di una sinistra critica e non irreggimentata, fatta di associazioni, gruppi, circoli, realtà territoriali, tra cui si collocano quelle-i di cui siamo esponenti, nonché da individualità significativamente impegnate, inizi a farlo col cercare una via comune e nuova, dandosi una consistenza culturale, politica, operativa che vada oltre le capacità ed i meriti dei singoli, che devono diventare patrimonio comune e non individuale o di piccoli gruppi sovente litigiosi. Non è pensabile che un tale patrimonio di idee, tradizioni, esperienze, vada disperso in inutili rivoli, in personalismi, in disquisizioni sul sesso degli angeli e miranti a stabilire il tasso di socialismo, di liberalismo, di comunismo, di questo o di quell’altro dei nostri antenati (i quali probabilmente si sarebbero profondamente annoiati e disinteressati a tali esegesi), in un’attività che, grazie all’avvento dei computer, trova il modo di svolgersi solo sui loro schermi, ma che, in assenza di tali strumenti, sarebbe pressochè nulla. Esistono, ben più vivaci della sinistra organizzata politicamente, al di fuori di questa, e da questa trascurate, capacità culturali, intellettuali, amministrative, di proposta e di organizzazione, di lavoro politico e nella società, nei campi del diritto, dell’economia, della tutela dei diritti, della comunicazione, insieme alle quali si può ripartire, a condizione che queste vedano in atto percorsi che, in termini di volontà di ripensamento e di aggregazione, siano credibili nell’evitare gli errori e le incomprensioni del passato. Ricominciare non implica affatto l’abbandono di tradizioni, storie, esperienze, riferimenti culturali e politici che nella storia della sinistra si sono sviluppati attraverso percorsi non di rado in conflitto tra di loro. Implica però, necessariamente: • L’attitudine ad una visione critica e relativistica degli stessi come premessa per comprendere le ragioni di un arretramento comune a tutti e per aggiornare e valorizzare quelle esperienze; e, in definitiva, per definire una comune base di partenza da cui muovere. • La rinunzia a visioni escatologiche ed alle conseguenti “reductiones ad unum” che la storia del secolo scorso ha sconfitto, per riappropriarsi invece del termine di “riformismo”, abbandonato a chi lo ha interpretato in termini di pura manutenzione ordinaria della società, ridandovi il significato di metodo finalizzato alla trasformazione della società e dell’economia che questo termine ha avuto sino a qualche decennio fa. • Metodi di lavoro culturale e politico atti a superare le vecchie abitudini e le ricorrenti tentazioni al considerarsi depositari del vero, che si concludono in velleitarismi che cercano inutilmente di nascondere frustrazioni soggettive e debolezze oggettive. • Nella consapevolezza che una sinistra “nuova” non possa oggi realizzarsi attraverso un micropartito, né col perorare l’entrismo nei partiti esistenti, provare a costituire un terreno comune ed una base di partenza a partire dalla quale sia possibile avviare elaborazioni, proposte, confronti, iniziative. E quindi: definire una base concettuale; selezionare le priorità di campagne ed iniziative comuni; avviare laboratori di progettualità politica a livello territoriale. Avvertendo da un lato le difficoltà dell’oggi, e dall’altro la necessità ed il dovere di avviare una prima esplorazione e verifica in tal senso, abbiamo convenuto di incontrarci a Roma, presso la Fondazione Nenni (Via Alberto Caroncini,19), il 21 Giugno dalle 10,30 alle 16,00, in un incontro non pubblico ed informale. Incontro che può avere un senso ove questo: • Sia concepito e nasca senza primogeniture, come la comune autoconvocazione di gruppi e persone che condividono la necessità di superare frammentazioni e di collegare strategie ed iniziative. • Non sia concepito come sovrapposizione, contrapposizione, o sconfessione nei confronti di iniziative già in essere o in fase di avviamento. • Vi si verifichi, tutti insieme, la sussistenza o meno di una comune volontà di confrontare e collegare esperienze, capacità, volontà, linee di indirizzo; e, nel caso, e per chi sia disponibile, le condizioni minime per procedere e le prime iniziative da avviare. ALLEGATO 2 Riforme elettorali ed istituzionali; elezione membri Corte Costituzionale. In Italia, la stabilità e l’efficienza del sistema politico sono state ricercate attraverso il mito di una governabilità assicurata formalmente dalle leggi elettorali, quasi che le maggioranze artificiali derivanti da abnormi premi in seggi o dalla elezione diretta dei vertici esecutivi degli Enti Territoriali o delle Regioni potessero sostituire l’omogeneità politica e la coerenza programmatica delle coalizioni, e potessero ovviare alla progressiva scomparsa dei partiti politici intesi come soggetti in grado di “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”, libere associazioni di cittadini e non oligarchie di politici di professione o appendici di un capo, padre e padrone del suo partito. Malgrado l’obiettivo fallimento delle artificiali scorciatoie maggioritarie nel 2006, nel 2008, e nel 2013, si prosegue l’errore con progetti di riforma elettorale che non tengono conto dei chiari principii affermati nella “storica” sentenza n°1/2014, con la quale la Corte Costituzionale ha annullato le parti più importanti della legge n°270/2005 (il famigerato Porcellum); cioè il premio di maggioranza e le liste bloccate. L’approvazione dell’Italikum in tempi stretti viene spacciata come “democrazia dell’investitura”, che darebbe una forma più moderna ed adatta ai tempi della democrazia rappresentativa, quando la risposta più consona alla crescente disaffezione della popolazione verso il processo democratico è, invece, l’estensione di forme di democrazia partecipativa e diretta, da innestare nella struttura rappresentativa. L’invadenza dell’esecutivo nel processo di revisione costituzionale, del tutto inusuale in una forma di governo parlamentare, è preoccupante; tanto più quando si combina con un Parlamento di nominati, cui si vuole togliere il divieto di mandato imperativo sancito dall’Art. 67 Cost., e che sarà ancora composto da designati di partito in assenza di una compiuta ed organica legge sui partiti politici, come in Germania, Francia, Spagna, e come richiesto dal combinato disposto degli Artt.2, 39 comma3, e 49 della Costituzione. La consapevolezza della forzatura costituzionale della legge elettorale all’esame del Senato comporta di modificare gli equilibri della Corte Costituzionale approfittando della scadenza di mandato di 4 giudici: 2 di nomina parlamentare, e 2 di nomina presidenziale, con una procedura assolutamente non trasparente, in assenza di proposte di candidatura. Se è comprensibile che i partiti che stanno trattando l’accordo istituzionale ed elettorale, ed anche i nomi dei futuri giudici funzionali agli accordi, votino scheda bianca o non partecipino alle votazioni con la maggioranza qualificata dei 2/3, non è giustificabile l’inerzia o l’indifferenza di chi è estraneo o addirittura contrario agli accordi, a meno che non voglia comunicare una futura disponibilità. Per iniziativa di un gruppo politico è stata formulata una rosa di candidati tra i quali è possibile individuare un candidato di bandiera, sul quale far convergere i voti, a far tempo dalla prossima votazione. Anche come segnale e monito che non vi è unanimità sulle riforme elettorali ed istituzionali volute dal Governo, a cominciare da quella del Senato, se non per la sottrazione del voto di fiducia. Tra di loro, si segnala, per il carattere simbolico della scelta, quella dell’ Avvocato Felice Besostri, difensore della legalità costituzionale delle leggi elettorali, avendo contribuito, con l’ Avvocato Bozzi, a portare davanti alla Corte Costituzionale prima il Porcellum, e successivamente, con propria iniziativa, la legge elettorale lombarda e, di recente, la legge elettorale italiana per l’elezione dei Parlamentari europei spettanti all’Italia. Roma, 21 giugno 2014

La riforma del senato e il modello tedesco immaginario

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Riforma del Senato, verso una nuova casta di nominati - micromega-online - micromega

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mercoledì 25 giugno 2014

Ten global consequences of the Ukraine crisis | European Council on Foreign Relations

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Freedom and Democracy: A Foreign Policy for the Left - Michael Walzer | Reset Dialogues on Civilizations

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L’Europa e il fallimento dell’austerità

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Sergio Ferrari: Cosa manca per passare da Keynes alla crisi italiana

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Il dilemma a sinistra del Pd - Laboratorio di politica - ComUnità - l'Unità

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Mazzucato: uno Stato attivo per l’innovazione | Keynes blog

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What’s Next for the German Left? | Jacobin

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Oltre il lavoro, il diritto al reddito

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Renzi, Draghi e l’Italia che affonda | Economia e Politica

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SANITÀ LOMBARDA: NON DIMENTICARE IL TERZO SETTORE | Sergio Vicario | ArcipelagoMilano

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lunedì 23 giugno 2014

MILANO, BISCARDINI (PSI), MUORE LA PROVINCIA, MA LA CITTA’ METROPOLITANA NASCE NELLA CONFUSIONE

MILANO, BISCARDINI (PSI), MUORE LA PROVINCIA, MA LA CITTA’ METROPLITANA NASCE NELLA CONFUSIONE Dichiarazione di Roberto Biscardini, consigliere socialista di Palazzo Marino: “Nel giorno della chiusura del Consiglio Provinciale di Milano, dopo 150 anni di esistenza, non ho nessuna nostalgia delle vecchie province, ma rilevo la confusione totale che regna sul progetto della nuova Città Metropolitana. Confuso dal punto di vista istituzionale, politico e democratico. Il primo gennaio dell’anno prossimo, Giuliano Pisapia assume la carica di sindaco della Città Metropolitana ed entro il 30 settembre si terranno le consultazioni di secondo grado per l’elezione del Consiglio Metropolitano. Ad oggi, non si conosce la platea degli elettori, non si conosce il regolamento per il deposito delle liste e non si conosce la data delle elezioni. Mi sembra che tutto è in ritardo, che sul piano politico e burocratico il ritardo è indice di una caduta del sistema democratico. Si sta partendo proprio con il piede sbagliato. A meno che i grandi partiti non abbiano già deciso tutto di nascosto e la Città Metropolitana nasce senza nessuna partecipazione dei cittadini.”

Aldo Penna: Porcellum e Italicum

PORCELLUM E ITALICUM SONO GEMELLI SIAMESI, LA LEGGE PRESENTATA DAL M5S HA IL PREGIO DI RENDERE MENO OSSESSIVO IL CONTROLLO DELLE SEGRETERIE DEI PARTITI E FORNISCE ALL’ELETTORE UNA FORMIDABILE NOVITA’. Dal confronto tra l’Italicum, revisione peggiorativa del Porcellum che gli accordi tra Renzi e Berlusconi vorrebbero come scenario per l’Italia esce fuori il confronto non tra due modelli elettorali ma tra due visioni della politica, delle libertà, del potere. La politica delle liste bloccate, delle candidature multiple e degli abnormi premi di maggioranza, espressione della deriva elitaria italiana, trova un correttivo democratico. Certo il sistema che gli italiani 21 anni fa avevano scelto era il sistema maggioritario all’inglese. Ma i partiti si sono ben guardati da osservare quel mandato, Prima annacquandolo con il recupero proporzionale, poi con i candidati piazzati nei collegi senza nessun legame con il territorio. Voluto ufficialmente da Berlusconi ma appoggiato nei fatti da tutto il centrosinistra, il Porcellum ha segnato una profonda ferita nella rappresentanza democratica italiana. L’Italicum trasformerebbe quella ferita in orrenda mutilazione, ancora più insopportabile perché proveniente dal medico che doveva guarire quella malattia. La proposta del m5S introduce delle interessanti novità. Intanto il voto di penalizzazione: chi vota una lista può apporre il suo non gradimento a un candidato della sua stessa lista. Sarebbe un rimedio contro le figure di cartapesta messe in testa alle liste dalle segreterie di partito. Reintroduce il voto di preferenza separandolo però dal voto alla lista. La preferenza potrà essere espressa o per un candidato/a del proprio partito, o per un candidato di qualsiasi lista presente nella competizione elettorale. Al sud dove il voto di preferenza è stato un veicolo di accesso della mafia alla politica, la separatezza di voto di lista e voto di preferenza avrebbe come primo effetto di non fare affluire i voti delle clientele politico mafiose sulla lista trasformandoli in parlamentari. L’attribuzione dei seggi con il sistema del divisore corretto, abbinato alla grandezza variabile delle circoscrizioni consentirebbe sia il diritto di tribuna, che la governabilità. Un partito del 40% per il sommarsi del vantaggio riservato alle liste maggiori nelle diverse circoscrizioni, conseguirebbe la maggioranza parlamentare. Mancano le alleanze prestabilite che nella declinazione dell’ultimo decennio sono state una sorta di ascia con cui tagliare teste non gradite. A destra e a sinistra. A sinistra la ghigliottina è più popolare e si è abbondato nell’uso. Ma se si vorranno superare gli sbarramenti variabili, conseguenza della limitatezza dei parlamentari in palio, le forze si uniranno invece che dividersi. E’ evidente che se una forza con ampio consenso raggiunge il 45% dei parlamentari e forze vicine hanno i seggi per governare, l’alleanza nasce nei fatti. Come è avvenuto anche in Inghilterra, patria dell’uninominale. Il cosiddetto democratellum non è la legge migliore, ma è preferibile all’Italicum. Una legge che restituisce ai cittadini la voce: per gridare contro liste non soddisfacenti, per punire i candidati che non si condividono, per selezionare i candidati, anche fuori dal proprio partito, che si ritiene degni di stima e considerazione. E non è poco. Aldo Penna

martedì 17 giugno 2014

La chimera della crescita e l’Europa della svalutazione salariale | Keynes blog

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Le ragioni del referendum contro il Fiscal Compact | Keynes blog

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Luci e ombre delle raccomandazioni UE all’Italia

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I modesti effetti degli 80 euro in busta paga | Economia e Politica

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L’Europa divisa sull’Europa - Casa Europa - ComUnità - l'Unità

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Franco Astengo: Grillo si arrende a Renzi

GRILLO SI ARRENDE A RENZI: COSTRUIRANNO ASSIEME IL PARTITO UNICO DELLA NAZIONE (con un’appendice su volatilità e flussi elettorali.) di Franco Astengo, dal blog: http.//sinistrainparlamento.blogspot.it Il ripetersi, nell’occasione delle elezioni europee 2014 di un fortissimo fenomeno di “volatilità elettorale” che già si era riscontrato (circa nell’eguale misura del 40%) alle elezioni politiche del 2013 ha messo in serio allarme il Movimento 5 Stelle e il suo leader: il populismo deve andare veloce, ma in queste condizioni l’elettorato minaccia di andare ancor più svelto verso il rifugio finale nell’astensionismo. Così, dopo aver completamente abbandonato ogni qualche idea di mobilitazione intorno ai grandi temi sociali, il Movimento 5 Stelle si è concentrato su quello squisitamente “politico” della legge elettorale e ha deciso di arrendersi al dominatore di giornata Matteo Renzi. Quel Renzi che, proveniente dalla stessa matrice biecamente populista, si trova di fronte allo stesso problema, quello di blindare il proprio consenso elettorale, naturalmente nella più totale insensibilità al fatto che quasi il 50% delle cittadine e dei cittadini iscritti nelle liste non abbiano espresso il proprio suffragio. L’incontro tra i due diventa così naturale, anche se per Grillo si tratta, dopo tanti roboanti proclami, di una vera e propria “resa”: l’incontro, se avverrà, si concretizzerà, infatti, in un’idea di legge elettorale (gli elementi ci sono già tutti, sia nell’Italikum, sia nella scimmiottatura del modello spagnolo presentato dal M5S) che formi una sorta di “partito di cartello” capace di puntare, come sua vocazione di fondo, ad impedire prima di tutto che altri attori politici entrino sulla scena istituzionale a guastare la festa a chi si sta dividendo il bottino. Insomma, proprio il “Partito Unico della Nazione” tanto agognato dallo stesso Renzi. Con una variante presente nel progetto del M5S che prevede, all’interno del quadro delle forze abilitate a reggere il gioco, della possibilità di una “politica dei due forni” a seconda dell’esito elettorale: naturalmente nulla cambierebbe sul piano dei contenuti sempre e comunque devastanti per la democrazia e la condizione materiale dei ceti più deboli. Siamo ben oltre il ritorno alla democristianità: un “consolato” (sia pure asimmetrico nei rapporti di forza) tra i due grandi imbonitori rappresenterebbe il tassello fondamentale della costruzione di quel regime che già si avvale dell’appoggio della quasi totalità dei mezzi di comunicazione di massa, maneggia con grande abilità il web e ha quasi fatto dimenticare alla gran parte delle elettrici e degli elettori che la politica prevede anche il dato essenziale della rappresentatività delle istanze sociali e delle sensibilità culturali presenti nel paese. Si arriverà invece a un miscuglio indiscriminato regolato semplicemente dalla prepotenza della personalizzazione. Quali sono però i dati che hanno allarmato Grillo e i suoi fino al punto da consigliarli a una rapida resa? L’elemento più importante è stato, appunto, quello della “volatilità elettorale, che ha raggiunto per la seconda volta in pochi mesi quota 40%. La crescita dell’astensione (più 15,2%) è stata formata, in larga parte, da voti provenienti dal Movimento 5 Stelle (4,2%), Forza Italia (4,5%), Scelta Civica (2,5%), anche il PD ha ceduto l’1,1% al non voto così come l’area che – per comodità- indichiamo come ex-Arcobaleno più IDV per lo 0,5%. Il successo del PD è stato formato da incrementi ricevuti da M5S per l’1,5%, Forza Italia per lo 0,8%, Scelta Civica per il 3,0% e soltanto per lo 0,2% dall’area dell’ex-Arcobaleno: si dimostra così, “ad abundantiam”, il mutamento di base sociale dell’elettorato del PD con il registrarsi di un vero e proprio “ sfondamento a destra”. Dato confermato anche dall’analisi della geografia elettorale: laddove il PD risulta il primo partito in tutte le regioni d’Italia e non più confinato nelle roccaforti delle antiche “regioni rosse”. La Lega Nord ha ceduto lo 0,4% del proprio elettorato all’astensione ma, in cambio, ha avuto lo 0,3% da Forza Italia e lo 0,4% da Scelta Civica (in realtà si chiamava Scelta Europea, ma il richiamo alla formazione presentatasi alle politiche del 2013 sotto la guida di Mario Monti.) Questi i dati crudamente espressi: a sinistra fra l’altro, nell’area che abbiamo indicato come ex-Arcobaleno e IDV non si registrano incrementi significativi da qualsivoglia provenienza, il che dimostra che i cosiddetti “professori” si sono limitati a spartire le spoglie di ciò che già c’era con una cessione verso il “non voto” e, sia pure minima, anche verso il PD. Quale lezione politica trarre da queste valutazioni, almeno dal nostro punto di vista? Quella della necessità di costruire subito un soggetto politico di opposizione al sistema, fondato sulle coordinate della democrazia costituzionale e sulla rappresentanza dei ceti socialmente devastati dalla gestione capitalistica. Un’indicazione schematica ma che dovrebbe risultare efficace: appare inspiegabile, però, come su questo terreno si sia stretti tra movimentismo e politicismo in un quadro di esitazioni, incertezze, forsanche egoismo da piccoli privilegi che pare non si riesca a modificare. In ogni caso sarà bene provarci ancora.

mondiepolitiche: Argentina Chiama Europa? Ancora Rischio Default?

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Russia: bloccate le forniture di gas verso l’Ucraina | Atlas

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Reforming the welfare state: Dreaming again? | Eutopia

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sabato 14 giugno 2014

Giovanni Falcetta: Il lupo perde il pelo....

" IL LUPO PERDE IL PELO MA NON IL VIZIO " : 1 )Renzi non capisce, o finge di non capire, che le cosiddette " Riforme Istituzionali ", in democrazia, " non sono appannaggio dell'Esecutivo " ma del Parlamento, errore questo già commesso dal centrosinistra ( vedi modifica Titolo V della Costituzione ). Lo ha affermato anche l'On. Tocci (uno dei senatori PD " autosospesi ", ieri sera, in TV.....dopo i costituzionalisti Carlassare, Zagrebelsky, Pace, Rodotà, etc....memori di Montesquieu, Locke, etc...... 2 ) Renzi non capisce, o finge di non capire, che le cosiddette " Riforme Istituzionali ", in Italia, non sono urgenti panacee per uscire dalla crisi del sistema; E' storicamente falso affermare che l'esecutivo, in Italia, ha scarsi poteri d'intervento politico ( lo diceva, mentendo, già Berlusconi che pretendeva di annullare ogni contrappeso e " bilanciamento dei poteri ", controllo della Corte Costituzionale, etc....); Ricordiamo che Berlusconi ha avuto una maggioranza " bulgara " con la sua alleanza di Centrodestra, così come " bulgare " sono state le maggioranze del " governo Monti " e del " governo Letta ". Tanto che approvavano quel che volevano, spesso, con l'avallo " complice " del Quirinale : vedi leggi ad personam, pareggio di bilancio, fiscal compact, etc.... 3) Oggi, a mio modesto parere ( e non solo mio ) " il problema italiano " urgentissimo è quello dela "scarsa rappresentanza democratica " nella elezione degli organi costituzionali / Istituzionali ( dovuto in notevole parte alle illegittime leggi elettorali degli ultimi anni, " porcellum ", " italicum ", etc.), dell' illegalità istituzionale e costituzionale (maggiore e più rapido controllo di legittimità costituzionale delle leggi, incluse quelle elettorali, riforma dei partiti e dei sindacati e conferimento ad essi di personalità giuridica con connesse responsabiltà civili e penali in ordine alla violazione della loro " democrazia interna ", della " trasparenza dei bilanci, etc... come intuito ai tempi della " costituente " da Lelio basso, etc...); in tal senso il Senato deve restare un organo ad elezione diretta dei cittadini, eletto con legge elettorale proporzionale e potrebbe occuparsi proprio di questo " controllo di legittimità costituzionale preventivo " e " del rispetto dei diritti dei cittadini " ( principi della I Parte della Costituzione) riducendo la mole di lavoro della Corte Costituzionale...... 4) Riequilibrio del rapporto etica - politica con riaffermazione di un maggior peso della prima sulla seconda (Bobbio, etc...) e, quindi " massimo candore " dei nostri rappresentanti istituzionali centrali e periferici senza attendere la condanna definitiva nell'ultimo grado di giudizio della Cassazione. Il politico che è indagato per reati deve dimettersi, pur garantendogli la " presunzione d'innocenza" fino a condanna definitiva. E' una questione di stile, di decenza, di esempio (vedi Germania, Gran bretagna, Israele, etc...): D'altronde, anche in Italia, un pubblico dipendente indagato, viene temporaneamente " sospeso dal servizio e, in taluni casi, anche dallo stipendio ); 5) Attuazione massiccia dell'art. 3 della Costituzione, sia nel primo ma, maggiormente, nel secondo comma (per quest'ultimo vedi Lelio Basso, Pertini, Calamandrei, etc...); 6) Rafforzamento della legge sulla trasparenza amminisrativa ( L. 241 / 90 e ssgg) e potenziamento, al suo interno, delle garanzie e della difesa dei diritti dei cittadini dinanzi allo strapptere, all'arbitrio, all'eccessiva " discrezionalità " dei Dirigenti della Pubblica Amministrazione; In tale ambito bisogna rendere più cogente l'istituto dell' " autotutela amministrativa " o " di auto - emendamento " della Pubblica Amministrazione in caso di errori della stessa o di abusi di potere; In tal modo si otterrebbe una drastica riduzione dei contenziosi e lo sgravio di centinaia di migliaia di processi, ricorsi amministrativi, etc; 7 ) Innalzamento della soglia del reddito per godere dell' l'istituto del gratuito patrocinio per coloro che hanno redditi medio - bassi ( oggi chi ha uno stipendio / pensione di 2000 Euro, monoreddito, non ha la possibilità di difendersi in Tribunale ). 8 ) Abolizione delle leggi inutili, dannose o superate e degli Enti inutili. 9) Rendere più chiara e più inequivoca possibile la redazione dei testi normativi ( legislativi, amministrativi...etc) 10) Approvazione di una legge che permetta al cittadino l'autodifesa giudiziaria anche senza il patrocinio di un avvocato ( vedi " Common Law " dei Paesi anglosassoni); 11) Rendere più facile, più rapido e meno costoso, per i cittadini meno abbienti, il ricorso agli organi di legittimità ( Corte Costituzionale, Cassazione....); 12) Riaffermazione della " laicità dello Stato " come presupposto fondamentale di garanzia e tutela dei diritti di tutti i cittadini ( riferimento art. 3 Cost. ). Per esempio : togliere ogni finanziamento pubblico alle Scuole private, obbligare gli alberghi religiosi a pagare l'IMU, etc....ridefinire meglio l' " 8 per mille " alle Chiese; 13) Ridefinizione del ruolo e dei compiti del Consiglio di Stato che, in democrazia, " non può e non deve essere " contemporaneamente, e schizofrenicamente, organo consultivo dell'esecutivo e organo dirimente " super partes " nelle controversie tra lo Stato e i cittadini, con forte sbilanciamento, come avviene oggi, a favore del primo. 14......eccetera, eccetera...... Scusate la logorrea.... Saluti socialisti Giovanni Falcetta

La svolta decisionista. Settis:«Renzi è un figlio padrone» - Eddyburg.it

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Chomsky: “la democrazia in Italia è finita” - Eddyburg.it

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Il nuovo presidente di Israele: la virata a destra e la fine del consenso di Oslo | Aspenia online

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PERCHE’ LA SINISTRA: QUELLO DI MATTEO RENZI E DEL SUO "CERCHIO MAGICO" NON E' CENTRALISMO DEMOCRATICO MA CONCEZIONE PROPRIETARIA DELLA POLITICA di Franco Astengo

PERCHE’ LA SINISTRA: QUELLO DI MATTEO RENZI E DEL SUO "CERCHIO MAGICO" NON E' CENTRALISMO DEMOCRATICO MA CONCEZIONE PROPRIETARIA DELLA POLITICA di Franco Astengo

PERCHE’ LA SINISTRA: BICAMERALISMO: IL MERITO DELLA RIFORMA E LE PROVE DI REGIME di Franco Astengo

PERCHE’ LA SINISTRA: BICAMERALISMO: IL MERITO DELLA RIFORMA E LE PROVE DI REGIME di Franco Astengo

venerdì 13 giugno 2014

Pier Paolo Pecchiari: Uno sguardo sull'abisso

Nei giorni scorsi ho letto molte invocazioni ed esortazioni a ricostruire una vera rappresentanza politica della vera sinistra socialista. Tutto vero, tutto giusto, tutto bello. Poi, passata la fase dell'entusiasmo, tocca fare i conti con la realtà. Anzi, fare i conti. Ecco alcuni dati riassuntivi dei bilanci dei partiti politici di sinistra. Bilancio PSI 2013 entrate 770.000 € (tesseramento 280.000 €, rimborsi elettorali 351.000 €, contributi da persone fisiche e giuridiche 139.000 €), uscite 794.000 € Bilancio preventivo SEL 2014 entrate 1.300.000 € (tesseramento 430.000, sottoscrizioni 460.000, contributi 460.000, rimborsi elettorali 410.000) Uscite 1.500.000 € Bilancio Partito Democratico Entrate 37.509.616 € (Rimborsi elettorali 29,2 milioni, contributi da parlamentari 4,8 milioni, altre erogazioni liberali 400 k€ altre entrate 3 milioni) Uscite per 45 milioni, di cui 8,9 per "elezioni, propaganda, comunicazione" e 9,5 milioni per "contributi a strutture territoriali". I soldi del tesseramento restano, tutti, alle strutture locali. Per quanto ricordo da lunghe discussioni con amici che operano professionalmente nel settore della comunicazione: una campagna per dare riconoscibilità a un personaggio pubblico che parta da un grado minimo di notorietà, lavorando quasi esclusivamente in Internet: 100.000 € una campagna in rete, con alcuni eventi di PR, per dare visibilità ad una forza politica minore a livello nazionale: tra i 500k e 1 milione di € campagna televisiva "vecchio stile", con spot per campagna elettorale sul territorio nazionale: 1 milione di € circa. Comunque, se volete sapere quanto costa la campagna elettorale per un partito di dimensioni medio-piccole, ci viene in soccorso la Tesoreria di SEL. Ecco il dettaglio delle spese sostenute da quella formazione per la campagne elettorale 2013: http://www.sinistraecologialiberta.it//wp-content/uploads/2014/01/sel_bilancio_elettorale_2013.pdf Tanto per rovinarvi la sorpresa, SEL ha speso circa un milione di Euro. E non mi pare che fosse particolarmente visibile. Credo che prima di entusiasmarsi per l'ennesimo tentativo di far risorgere o tenere in piedi questa o quell'area, bisognerebbe porsi il problema delle risorse disponibili per strutturare un partito e per comunicare le proprie idee all'esterno. Altrimenti il massimo che si riuscirà a fare non sarà mettere o tenere in piedi un partito, ma una struttura simile a quelle di cui si è dotato, con il nome di C.A.M. (centro di aggregazione multifunzionale), il Comune di Milano... PpP

Roberto Biscardini: Bilancio

BILANCIO, BISCARDINI (PSI), INTERVENGA IL SINDACO Dichiarazione di Roberto Biscardini socialista: “Ho l’impressione che se non interviene direttamente il Sindaco a dipanare la matassa del Bilancio, da qui non ne usciamo. Lasciata alla sola iniziativa del’Assessore Balzani questa volta andiamo a sbattere. Per i socialisti alcune correzione importanti vanno ancora apportate. Vogliamo vedere un segnale forte su riorganizzazione della macchina comunale e lotta all’evasione fiscale che il comune sembra non voler fare. Sugli investimenti bisogna intervenire almeno su tra direzione principali: dieci milioni in più per la casa, riqualificazione delle periferie e avvio dei lavori per l’riaperture dei Navigli.”

Roberto Biscardini: Expo

EXPO, BISCARDINI, IN NOME DEL FARE NON SI COPRA L’ILLEGALITA’ Dichiarazione di Roberto Biscardini socialista, Presidente della Commissione Urbanistica del Comune di Milano: “Sulle ultime di EXPO non si può stare tranquilli e in nome del fare non si copra l’illegalità. La dichiarazione dell’Ordine degli Architetti di oggi è un altro documento di accusa nei confronti di chi non avrebbe voluto ascoltare dal 2008 consigli utili che avrebbero potuto garantire, dice l’Ordine, più trasparenza, rispetto dei tempi e contenimento dei costi. Siamo di fronte ad uno strano atteggiamento dei maggiori responsabili di ESPO che da un lato minimizzano fatti gravi di corruzione ad opera, secondo il Commissario Sala, di &l dquo;pensionati della prima repubblica” e dell’altra in nome del fare si dà per scontato che ci siano uomini o aziende che possano continuare ad agire nella illegalità. Cose entrambe inaccettabili. Expo prosegua, ma Milano e il Governo abbiano la forza di raddrizzare la barra. Poco importa se ai cinesi va bene anche un EXPO un po’ sporca.”

spazio lib-lab » Dove va l’Italia? -2- (uno sguardo all’economia).

spazio lib-lab » Dove va l’Italia? -2- (uno sguardo all’economia).

giovedì 12 giugno 2014

Pietro Folena: Fermatevi!

Fermatevi! Prima che sia tardi Matteo Renzi e i suoi consiglieri, con l'appoggio di larga parte dell'ex-minoranza, dovrebbero evitare un cortocircuito traumatico nella coscienza del Paese. Non basta evocare i “voti”, come si è fatto in queste ore: non c'è voto, né “plebiscito” che giustifichi atti di prepotenza e di intolleranza come quello che ha visto il PD cacciare Vannino Chiti e Corradino Mineo dalla Commissione Affari Costituzionali perché non “allineati”. Non ho memoria, in epoche recenti, di un atto di questa brutalità. Il tema va al di là del merito della riforma: viene messo in discussione un principio costituzionale sacro, e cioè la non esistenza di un vincolo di mandato del parlamentare, il quale non deve rispondere al Partito, ma alla Sua coscienza, interpretando lì il senso del mandato ricevuto. Ricordo le sacrosante polemiche bersanian-renziane contro Beppe Grillo quando a più riprese è intervenuto per imporre un vincolo agli eletti del M5S. Oggi Anna Finocchiaro, che presiede la Commissione, giustifica questa sostituzione affermando che il problema della libertà di coscienza esiste solo per l'Aula! Non si sta discutendo della fiducia al Governo, né della legge di stabilità; né di temi come quelli del lavoro, su cui le sensibilità nel PD sono molto differenti, e acute; e neppure della pace -chi scrive nei DS, in Commissione e in Aula, votò a più riprese in dissenso all'epoca di controverse decisioni sulle missioni militari, senza mai subire atti di imperio paragonabili a questo-. Qui si discute di Costituzione, di una materia di per sé al riparo, più di ogni altra, da diktat delle nomenklature di Partito. Il PCI, nell'era del Cominform, affrontò la formulazione della Costituzione con un'apertura e una disponibilità ben superiori rispetto a quelle dimostrate ora. I tredici senatori del PD hanno fatto bene a autosospendersi. Bisogna chiamare i vertici del Partito a riflettere, e a tornare indietro, sperando che sia solo l'inesperienza ad aver provocato questo autogol. Bisogna invitare i circoli e gli iscritti a esprimersi sulla questione. Matteo Renzi ha vinto largamente. Ma farebbe un errore a voler stravincere. Non c'è 41%, e neppure 50,1% che giustifichi sulla questione delle regole un'intolleranza per chi la pensa diversamente. Ora questo giovane leader deve dimostrare di non essere un altro capo populista, come altri che abbiamo conosciuto in questi anni, ma uno statista, e un leader che vuole promuovere una nuova stagione “democratica”. Avere la forza di fermarsi non è un atto di debolezza, ma una dimostrazione di forza: la forza della ragione, contro le ragioni della forza. Pietro Folena www.pietrofolena.net

Caso Mineo, 13 senatori Pd si autosospendono. Boschi: "Nessuno glielo ha chiesto" - Repubblica.it

Caso Mineo, 13 senatori Pd si autosospendono. Boschi: "Nessuno glielo ha chiesto" - Repubblica.it

Francesco Somaini: Bicameralismo perfetto

Sconfitto alla Camera sulla responsabilita' civile dei magistrati, il governo Renzi rassicura gli Italiani: "Rimedieremo al Senato". Ma come? Il bicameralismo perfetto non era il male? I palleggi tra un ramo e l'altro del parlamento non erano la palla al piede di una vera democrazia governante? E adesso invece vogliono rimediare al Senato (quello stesso Senato che vogliono trasformare in non si sa cosa). ...Un bell'esempio della coerenza renziana... Viene da chiedersi se siano più cialtroni loro, o più fessi quelli di noi che li stanno a sentire. Un saluto, Francesco Somaini

Lanfranco Turci: Nota informativa sulla riunione del NSE

LANFRANCO TURCI Nota sulla riunione del Network per il socialismo europeo. Roma 7 giugno 2014 Molto spazio della riunione è stata inevitabilmente destinato alla analisi della situazione, non tanto in politichese ristretto ( anche se si è discusso di cosa stava succedendo nelle stesse ore all’assemblea della lista Tsipras, a quanto potrebbe succedere all’assemblea di Sel del 19 p.v. e degli umori dentro il Pd dopo la vittoria elettorale), quanto invece in termini di cambiamenti di fondo del sistema politico e dei partiti, accelerati dagli ultimi eventi, quali l’esplosione del Movimento 5* e la rapida presa di Renzi sul Pd. Analoga attenzione è stata dedicata ai cambiamenti sociali e agli effetti , anche in termini di opinione, della crisi sui ceti popolari e sulle aree deboli del lavoro . Si è convenuto che questo ultimo è il problema di fondo da tenere seguito perché di qui potrebbero scaturire anche le dinamiche capaci di mettere in fibrillazione la (forse momentanea) Pax Renziana uscita dalle elezioni. Si è convenuto che non è momento per il lancio di nuovi soggetti partitici, tanto più se pensati a forte identità storica come si propone in alcune aree di provenienza socialista. Questo non vuol dire non tenere tutti i rapporti possibili con quanto di costruttivo potrà uscire dall’esperienza della lista Tsipras, forse soprattutto a livelli locali dove si sono costituiti nuclei stabili decisi a portare avanti esperienze di aggregazione e di impegno politico-sociale. Stesso atteggiamento costruttivo verso Sel, sul cui avvenire si annuncia decisiva la assemblea del 14 giugno prossimo. Difficile però che Sel possa recuperare le attese sollevate quattro anni fa al momento della sua nascita. Anch’essa con le sue stesse divisioni pare destinata a diventare una componente del necessario (a un certo punto ci si arriverà pure!) rimescolo di una sinistra popolare e pluralistica decisamente collocata con un’ottica di governo sul fronte dell’alternativa alle fallimentari politiche liberiste. Su questo versante della ricerca politico-culturale si è deciso di continuare i contatti con i think tank del socialismo europeo che lavorano sui temi del socialismo possibile e della riforma del capitalismo finanziario e globalizzato. Nella stessa ottica si collocano i rapporti con la sinistra del Psi. In merito al Pd, considerando che ovviamente il minimo comune sentire dei partecipanti era –diciamo così- di tipo antirenziano, si è fatto proprio lo slogan “ dentro contro oppure fuori con”. Vale a dire che chi è dentro (che è una minoranza dei nostri) si muove contro la linea renziana, chi è fuori cerca le vie di una collaborazione con quella parte della sinistra PD che ha davvero voglia di fare la sua battaglia. Naturalmente siamo tutti convinti che Renzi va contrastato sui contenuti (vedi proposte istituzionali e del mercato del lavoro) e va anche incalzato sulle dichiarazioni di voler cambiare verso alle politiche europee, sul cui ottenimento effettivo domina tuttavia un forte scetticismo. Comune la valutazione che si debba lavorare con più impegno insieme al variegato e ampio mondo delle associazioni e circoli delle più diverse origini ideali che si muovono nell’area dell’opposizione di sinistra, superando diffidenze, istanze di primogenitura o protagonismi da logiche micropartitiche che sarebbero in queste condizioni addirittura grottesche. Il Network per il socialismo europeo si rende pienamente disponibile anche in vista dell’incontro promosso da Gim Cassano e da altri il 21 giugno prossimo presso la Fondazione Nenni. Riunione che era già stata anticipata da una di minore dimensione a Bologna qualche settimana fa. Si tratta di definire insieme alcuni temi su cui promuovere campagne coordinate via internet, ma anche con iniziative nei territori e possibilmente nazionali. Il vero tema nuovo emerso da questa riunione ( in confronto ai nostri tradizionali dibattiti) è stato la sottolineatura della necessità di cercare contatti e promuovere iniziative che escano dal politicismo o dai dibattiti, pure di alto spessore politico, dei nostri circoli e dei nostri blog. Occorre collegarsi a realtà sociali vere- anche se micro- e comunque pensare a iniziative che guardino prioritariamente alle aree del lavoro o non lavoro destrutturato. Si è parlato molto del mutualismo, del volontariato , delle lotte dei lavoratori precari, su cui si è deciso di stabilire un contatto anche con la elaborazione in atto nella Cgil. In questo senso un gruppo di compagni presenti è stato incaricato di elaborare proposte politiche che possano tradursi in semplici e comprensibili parole d’ordine su cui sia possibile cercare alleanze e promuovere campagne: dalle forme di protezione universale contro la disoccupazione, al salario orario minimo legale, a forme di mutualità o ad altri possibili obiettivi economico sociali che siano comunque di forte impatto comunicativo. Tutti temi su cui la voce della sinistra di opposizione e del sindacato stesso non riescono a farsi sentire adeguatamente. Erano presenti alla riunione Lanfranco Turci Marco Lang Riccardo Achilli (Tupac Amaru II) Paolo Borioni Caludio Bazzocchi Marco Bilei Fabio Quadrana Enrico Antonioni Marco Mercanti Alessia Festuccia Antonello Badessi Giuseppe Sorgini Claudio Melchiorre (Caludio Mec Melchiorre) Michele Prospero Francesco Balsamo Sergio Cesaratto Stefano Sylos Labini Antonino Cascio Gioia Fausto Ciocci Serena Colonna

martedì 10 giugno 2014

U.S.A. increasing inequality 2002-2012 | Sviluppo Felice

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Una nuova misura del reddito nazionale | Sviluppo Felice

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L'Irlanda infelice premia Sinn Féin / globi / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

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“Contro i corrotti ripensare i partiti”, di Paolo Borioni | Rifare l'Italia

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PERCHE’ LA SINISTRA: “DEL DOMAN NON V’E’ CERTEZZA” E “COGLI L’ATTIMO FUGGENTE”: L’ESITO ELETTORALE DELLA PRIMAVERA 2014 TRA EUROPEE E AMMINISTRATIVE di Franco Astengo

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Lo spettro della deflazione | Il Ponte

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Europe Without Democracy | euro-pen - European Progressive Economists Network

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Europe: Wake Up! Do not let the neoliberal project destroy your original social project | euro-pen - European Progressive Economists Network

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Dopo le Europee. Risultato elettorale e fase politica - Centro per la Riforma dello Stato

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Austerità espansiva, precarietà espansiva e Jobs Act renziano: la rotta non cambia | cambiailmondo

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Il confronto aperto a sinistra è una scelta obbligata | cambiailmondo

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Apertacontrada » Dossier sulla riforma costituzionale

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AldoGiannuli.it » Archivio Blog » La crisi della socialdemocrazia europea.

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domenica 8 giugno 2014

Draghi volta pagina, tassi al minimo ma rimangono ancora molte domande - Pagina99.it

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Marco Furfaro, la risposta a Barbara Spinelli: "Da lei neanche una telefonata, noi trattati come carne da macello"

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Felice Besostri: Tertium semper datur (ma non è la terza via)

TERTIUM SEMPER DATUR: MA NON E’ LA TERZAVIA di Felice Besostri, socialista Le elezioni europee pongono alla sinistra italiana seri interrogativi, se non si fa incantare dalla vulgata, che viene quotidianamente propinata dai mezzi di informazione: vittoria netta del Pd (e) di Renzi . che pur in fase di diminuzione della partecipazione elettorale incrementa in percentuale e in voti assoluti rispetto al 2013 e raggiunge una percentuale del 41%, un record per un partito italiano, a parte la DC di Fanfani. Il successo è innegabile e il PD è comunque l’interlocutore essenziale per ogni alleanza vincente di centro sinistra e i suoi militanti, iscritti ed elettori ,in parte più o meno consistente, comunque necessari, soggettivamente e oggettivamente, per ogni ipotesi di sinistra nel nostro Paese e/o in Europa, a prescindere dalla fragilità di questa vittoria nel prossimo futuro. Per una sinistra che si ripensi e conseguentemente si riorganizzi, c’è una questione pregiudiziale, cioè un giudizio sulla collocazione del PD sull’asse destra-centro-sinistra. Se il PD è giudicato/percepito come un partito di sinistra in senso lato, l’ultima incarnazione di un filone storico, politico e ideologico, che risale al PCI, poi PDS e infine DS, non riducibile alla sola eredità comunista, ma comprensiva degli apporti socialisti, cristiano sociali, repubblicani e laici ed infine della sinistra popolare democratica cristiana: piaccia o non piaccia individualmente non c’è altra scelta da fare che entrare nel PD e combattere al suo interno una battaglia per uno spostamento a sinistra delle sue scelte programmatiche. Una scelta, l’entrismo, rafforzata dalla decisione improvvisa, ma irrevocabile, di aderire al PSE. Soltanto una pregiudiziale anti-socialdemocratica potrebbe giustificare un rifiuto di principio di questa scelta. C’è soltanto un ostacolo, ma non di poco conto il PD non si è mai definito un partito di sinistra a partire dalla intervista di Veltroni al Pais all’indomani della sua plebiscitaria investitura come leader della nuova formazione. Già nel discorso del Lingotto la dialettica innovazione/conservazione faceva aggio sul binomio destra/sinistra. Fatta salva una breve parentesi bersaniana, sconfitta nelle urne nel 2013, il PD nel suo complesso e nella sua maggioranza non si definisce un partito di sinistra. Con l’elezione di Renzi alle primarie di fine 2013 la scelta è talmente chiara, che va rispettata. Con coraggio Renzi si è liberato di classici idola fori della sinistra dal finanziamento pubblico della politica al rispetto del ruolo del sindacato, in particolare della CGIL alla elettività degli organi delle amministrazioni territoriali e della stessa seconda Camera, il Senato, perciò di un organo comunque partecipe del processo legislativo. L’apice di una concezione leaderista e quindi di svalutazione dei corpi intermedi è la proposta di legge elettorale conosciuta come Italikum ( che per un mio vezzo scrivo con la kappa). In Renzi l’autonomia della politica dal diritto è non solo praticata, ma anche teorizzata: soltanto con le sue riforme si può salvare l’Italia: il decisionismo del capo è giustificato dallo stato di necessità e quindi dall’emergenza. Sul piano della politica economica non può ignorare i vincoli degli impegni europei, può solo contrattare tempi più lunghi e una maggiore flessibilità giustificata dalle riforme istituzionali messe in cantiere, che ridurranno a regime la capacità interdittiva delle corporazioni e degli interessi organizzati intorno al settore pubblico che va ridotto attraverso le privatizzazioni. Il sostegno alle politiche di Renzi è massiccio nei mezzi di informazione dalla carta stampata all’audiovisivo: Berlusconi anche all’apice del suo consenso politico non ha mai avuto un consenso così vasto e nelle elezioni europee ne ha tratto profitto. Il popolo italiano ha bisogno di rassicurazioni più della verità e se l’alternativa è tra speranza e paura, che vinca la speranza è umanamente giustificabile, tanto più assenza di una sinistra con vocazione maggioritaria, cioè rappresentativa di una cultura di governo con proposte alternative , ma credibili e realistiche. L’unica opposizione aveva innalzato le bandiere di un leader greco, giovane ed anche simpatico, ed anche non estremista. Tuttavia l’immagine data era quella di una testimonianza, che doveva vincere la battaglia della sopravvivenza, altro che alternativa di governo. La investe la stessa democrazia rappresentativa: dunque occorre contrapporre un altro modello di società. Paradossalmente questa radicalità non contraddice il realismo e il gradualismo perché legati alla scelta del consenso democratico, che impone di cercare il consenso della maggioranza sia nella conquista che nella gestione del potere. Bastano due scelte di fondo per caratterizzare la sinistra : difesa della democrazia a cominciare dal sistema elettorale e riduzione delle diseguaglianze, che hanno raggiunto livelli intollerabili e incompatibili con il comune senso di giustizia. Le terze vie non sono più praticabili perché non ci sono ricchezze vere o virtuali da distribuire ed anche il quadro istituzionale presenta mutazioni che non sono state analizzate a fondo nelle sue implicazioni: il capitalismo finanziario non ha bisogno dello Stato e neppure che la democrazia passi dallo stato nazionale, dove si è storicamente realizzata in parallelo, in Europa, con lo sviluppo del welfare state, ad istituzioni sovranazionali democratiche, quali le Federazioni . In particolare progressivamente si riducono i ruoli e i poteri delle assemblee elettive rappresentative a favore dagli esecutivi, anche grazie a leggi elettorali maggioritarie e al trasferimento di poteri al organizzazioni internazionali dominate dai governi ed ad accordi come il NAFTA e il TT&IP, attualmente in discussione a Bruxelles in assenza di ogni trasparenza. Il capitalismo finanziario ha sue regole e istituzioni, che abbattono le barriere nazionali tradizionali, le agenzie di rating giudicano in modo inappellabile le politiche economiche dei governi, prescindendo dalla legittimazione democratica e dal consenso popolare, di cui dispongano. Progressivamente gli Stati nazionali sono svuotati dagli attributi classici della sovranità, quale il battere moneta, grazie a strumenti finanziari creativi, neppure trattati in mercati trasparenti. . Persino la guerra e la sicurezza sono privatizzate o privatizzabili ( contractors e appalti a società private di video-sorveglianza, in generale l’estensione del Sesto Potere, come definito da Bauman) e la politica estera viene sottratta al monopolio della diplomazia: in Italia il caso dell’ENI è paradigmatico. Negli affari importanti l’amministrazione della giustizia è sottratta alla sfera pubblica, ma affidata a decisioni inappellabili di collegi arbitrali spesso istituiti nell’ambito di accordi internazionali neppure ratificati dai parlamenti(WTO-OMC per esempio) Se la democrazia è il governo dei poteri visibili è indubbio che gli spazi democratici si stanno restringendo, perché gli organi rappresentativi elettivi perdono poteri decisionali e persino di controllo, perché finalizzato ad assicurare una maggioranza preventiva all’esecutivo, cui sono subordinati: un paradossale rovesciamento del principio per il quale il governo deve rispondere al Parlamento. Il principio della divisione dei poteri, fondamento costituzionale sello Stato democratico, insieme con la garanzia di diritti( rt. 16 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1793), comune alla forme di governo parlamentare e presidenziale, è stato superato in Italia con l’elezione diretta dei vertici esecutivi accompagnata da un premio di maggioranza nell’organo assembleare funzionale alla stabilità dell’esecutivo: una pericolosa concentrazione di potere sconosciuta ai sistemi presidenziali e semipresidenziali . Non solo, con le liste bloccate si è assegnato un potere enorme ai vertici di partiti, non soggetti ad una legge organica sui partiti politici come nel resto d’Europa e come richiesto dall’art. 49 della Costituzione. L’individuazione dei problemi da risolvere e dei compiti da svolgere non è sufficiente per costruire un soggetto politico , l’esigenza di avere in Italia una sinistra con vocazione maggioritaria non può prescindere da un a sua concreta possibilità, perché se si rivolge a soggetti politici esistenti e già operanti nelle istituzioni deve anche rispondere all’esigenza di garantire, almeno apparentemente, la possibilità di rielezione. Se questa, peraltro, diventa l’unica motivazione il fallimento di un progetto politico diventa altamente probabile. Il punto di partenza è la crescente astensione dal voto, che alle europee del 25 maggio ha raggiunto un nuovo record. I non votanti non sono una categoria omogenea, ma un semplice confronto con elezioni passate, anche limitate alle elezioni 2008-2013 consente di concludere, he vi è una quita consistente di elettori insoddisfatti dell’offerta politica a sinistra. La somma del voto PD-PSI del 2008 di 12.450.791 voti è superiore di 1.247.560 all’eccezionale risultato del PD 2014, dovuto in grandissima parte al recupero di voto centrista precipitato dai 3.591.607 voti del 2013 ai neanche 200.000 voti del 2014.Il recupero della lista Tsypras, ammirevole per aver raccolto le firme e superato la soglia, è comunque stato parziale(1.108.457 voti) se confrontato sia con la Sinistra Arcobaleno 2008, che al complesso delle liste di sinistra alle europee del 2009(Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e SeL ottennero 1.986.286 voti): l’unico raffronto vincente è con i 765.188 voti di Rivoluzione Civile del 2013. Il M5S è diversamente apprezzato a sinistra, da un atteggiamento di attenzione positiva al disprezzo totale, ma penso si possa convenire che nel parlamento si opponga alle leggi elettorali e riforma e costituzionali proposte dal PD e che le motivazioni di protesta e cambiamento del voto pentastellato potrebbero coincidere con quelle di un movimento di sinistra: ebbene tra il 2013 e i 2014 sono mancati circa 2.900.000 voti. La base materiale per una sinistra alternativa non protestataria esiste, dunque si pone la questione su quali culture politiche si possa fondare. Si possono in questa fase soltanto formulare ipotesi, che sono nel contempo proposte da verificare sul campo. Poiché si tratta di superare una debolezza specifica della sinistra italiana in confronto a quella europea la prima cultura politica che sarebbe necessaria è quella socialista sia nelle sue componenti di sinistra riformatrice e progettuale, che di capacità di governo, quella del primo centro-sinistra. I socialisti sono dispersi in tutto l’arco politico che va dal PD alla sinistra antagonista, pare che il loro destino, ma a sinistra non sono i soli a condividerli, sia quello di scegliere tra essere testa di topo (in formazioni intellettualmente vivaci, ma senza peso politico) o coda del leone(testimonianza rassegnata nel PD), per usare un modo di dire spagnolo. I primi, ma non esclusivi interlocutori, nel reciproco interesse per non muoversi soltanto sul passato e nel presente, sono le componenti confluite in SEL, che nelle loro formazioni di origine(Rifondazione Comunista, DS e Verdi) hanno posto il problema di una rottura con le eredità del passato ed individuato in un socialismo europeo rinnovato ed idealizzato un possibile comune approdo. Una sinistra rinnovata su queste basi ha interlocutori naturali nei sindacati e nell’associazionismo(ARCI p.es.), come nel Terzo Settore e nel volontariato civile e, senza mitizzazioni, nei popoli viola o arancioni o di altri colori dell’iride che la fantasia der giovani saprà inventare. Nuova linfa per la formazione di una classe politica rinnovata potrebbe venire dalle pratiche di movimenti come quelli per i beni comuni o contro il precariato o dei comitati di base su problemi specifici di un territorio, che sono stati alla base del successo iniziale del M5S. Vanno individuate forme non rigide si dialogo e confronto e di sviluppo di azioni comuni, che dovrebbero avere come base comune iniziale la difesa e estensione della democrazia costituzionale repubblicana e la lotta alle diseguaglianze nello spirito dell’art. 3 c. 2 della Costituzione

sabato 7 giugno 2014

Pierpaolo Pecchiari: Pus, PUN, nuova DC

Vorrei condividere con voi alcune riflessioni, nel tentativo di analizzare lo scenario politico attuale da un punto di vista diverso da quello "organizzativista" e "politicista" che va per la maggiore nei nostri ambiti in queste settimane, e che ci ha portati a discutere di PUS (Partito Unico della Sinistra), PUN (Partito Unico della Nazione, una mostruosità degna delle peggiori fantasie orwelliane) e nuova DC (una evidente ucronia). Sto preparando un testo un po' di più lungo e con uno stile alla Alberto e Piero Angela, ma con voi posso sicuramente saltare qualche passaggio. Vi conosco persone attente al dibattito e di buone letture, quindi riconoscerete un po' di Colajanni, un po' di Katz e Mair, un po' di Rosanvallon, un po' di Offe. Di mio nelle analisi non c'è nulla di originale. Di personale c'è invece il tentativo di riassemblare le tessere del mosaico, mettere a fuoco una visione di sistema, e trarne le conseguenze politiche. Su questo chiedo il vostro parere. I punti della mia analisi sono questi. le società liquide post-industriali sono interessate da un conflitto per l'appropriazione di risorse tanto virulento quanto quello che interessava le società industriali. Sono cambiati gli attori: soprattutto, in una società "liquida", questi sono molti di più rispetto alla diade "capitale industriale" e "lavoro salariato". E sono cambiati i luoghi in cui questo conflitto si combatte: non più la grande fabbrica fordista, ma lo Stato, in tutte le sue articolazioni esecutive e legislative, a livello locale o centrale. questa analisi rende conto - in maniera più convincente di quanto si sia sentito fino ad oggi - delle motivazioni della trasformazione dei partiti politici "di governo" in "partiti cartello". Le letture di chi lega la scomparsa dei partiti organizzati secondo il modello del partito di integrazione di massa alla sparizione della grande fabbrica fordista e della società industriale sono corrette, ma non ci portano da nessuna parte. anzi: distolgono la nostra attenzione verso fatti ormai assodati e processi conclusi già dalla prima metà degli anni '80. Le analisi più interessanti - che peraltro circolano dai primi anni '90 - riguardano invece la trasformazione dei partiti, ai tempi già partiti "pigliatutto" (leader carismatico + pragmatismo + superamento delle ideologie + uso intensivo dei media, soprattutto della televisione) in "partiti cartello". Viviamo in un'epoca post-ideologica, che relega i partiti ideologizzati nel dimenticatoio, e in una situazione in cui l'opinione pubblica è stanca e (relativamente) poco interessata alla brillantezza e all'inventiva dei leader carismatici dei partiti pigliatutto. Non fatevi distogliere dalla situazione italiana, come al solito arretrata. Quanti leader carismatici, di centrodestra come di centrosinistra, mettono in campo i partiti a vocazione maggioritaria delle grandi democrazie occidentali? Nessuno, direi. Renzi è un'eccezione, ma è la classica eccezione che conferma la regola. Le fortune dei partiti cartello non dipendono dalla brillantezza dei loro leader, ma piuttosto dalla possibilità di occupare lo Stato e utilizzarne le risorse, operando come arbitri, certamente non imparziali, nel conflitto tra le varie classi, ceti, e interessi organizzati. Purtroppo per ovvie ragioni i partiti cartello non hanno grande interesse a modificare radicalmente la situazione - nessuno taglia il ramo dell'albero sul quale sta seduto - e quindi finiscono per operare sempre e comunque nella cornice del sistema, e a volte anche in maniera collusiva. Come soggetti di un medesimo cartello, appunto. Per quanto ci riguarda, è rilevante soprattutto il fatto che non possono esistere infiniti partiti cartello. Al massimo uno di centrodestra, e uno di centrosinistra. una democrazia rappresentativa dominata da partiti cartello ha dei limiti evidenti. Questo genera da un lato la richiesta della cittadinanza attiva ad ottenere forme di "controdemocrazia", ovvero istituti che assicurino la possibilità di mettere in atto qualche forma di controllo, indirizzo e censura degli eletti e degli esecutivi, indipendentemente dai momenti elettorali. Una tensione che (forse) può trasformarsi e prendere corpo in qualcosa di più significativo in occasione di elezioni locali - penso al caso di Milano 2011, ad esempio. Ma dall'altro lato genera in gran parte dell'elettorato una fortissima tentazione - soprattutto in momenti di crisi economica e sociale, quelli che i partiti cartello sono meno attrezzati ad affrontare, e che spingono buona parte dell'elettorato su posizioni non già anti-politiche, ma anti-sistema tout court - a sostenere movimenti e partiti radicali, populisti e demagogici. Se questo è il quadro, non abbiamo grandi scelte. L'evoluzione è verso un bipolarismo quadripartito, tuttavia molto diverso da quello su cui si ragionava negli anni '80 e nei primi anni '90, che prevedeva due partiti a vocazione maggioritaria, uno di centrodestra e l'altro di centro sinistra, affiancati sulle rispettive ali da formazioni più caratterizzate politicamente, con funzione di stimolo, pungolo, e "guardiania della Rivoluzione". Purtroppo tutti i ragionamenti di chi immagina qualche possibilità di sopravvivenza per partiti "a vocazione identitaria" partono dal presupposto che questo scenario sia ancora valido. Non è così. Lo scenario oggi attuale prevede: due "partiti cartello" - uno di centrosinistra, l'altro di centrodestra - che si alternano al governo del Paese o che addirittura governano assieme. I partiti cartello si reggono sulla capacità di interpretare al meglio il ruolo di arbitraggio nella redistribuzione delle risorse intermediate dello Stato, non per il fatto che alcune vergini vestali con il 4 o il 5% dei consensi ne certifichino o meno la purezza ideologica, cosa che non interessa più a nessuno da tempo. I partiti cartello non hanno bisogno di alleati minori, che non hanno più alcuna funzione; pertanto questi vengono fagocitati o svaniscono nel nulla due partiti o movimenti anti-sistema sulle due ali: una sinistra radicale, una destra populista e fascistoide. Entrambi impossibilitati a qualsiasi coalizione con i partiti-cartello a vocazione maggioritaria, pena la liquefazione elettorale per tradimento dell'oggetto della ragione sociale. Questo è il quadro emerso anche dalle ultime elezioni europee, in tutta l'Unione. Ed è rispetto a questo quadro che dobbiamo fare delle scelte. Il rischio della totale e definitiva irrilevanza è concreto, sia che si scelga di essere "testa di topo" nell'ennesima "novità della politica italiana", come al solito a vocazione identitaria-minoritaria e condannata al nulla elettorale, sia che si scelga di essere "coda di leone" altrove. Tuttavia l'alternativa all'essere "coda di leone" nel partito cartello a vocazione maggioritaria di centrosinistra è quella di essere "testa di topo" altrove, ma non vorrei che questa ci riduca al ruolo di chierici per conto di principi senza trono e regni immaginari e comunque senza eserciti, perché se la mia analisi corretta dovremmo entrare ne M5S, cosa di per se assurda. Di certo, se il quadro è questo, un partitino chiuso nel suo recinto identitario non ha grandi prospettive. Del resto, non ce la fa nemmeno SEL, che è organizzativamente, culturalmente, politicamente e finanziariamente molto più attrezzata di tutti noi socialisti messi assieme. Quello dell'unità socialista, peraltro, è un concetto astratto, una categoria dello spirito, che fa mi ricorda il "mera espressione geografica", riferita all'Italia dei primi dell'800. Pierpaolo Pecchiari

L'Unione europea alla ricerca di un capo

L'Unione europea alla ricerca di un capo

venerdì 6 giugno 2014

Renzi, l’Europa e la sinistra - micromega-online - micromega

Renzi, l’Europa e la sinistra - micromega-online - micromega

Ma svilire il Senato non cancellerà i nostri mali - micromega-online - micromega

Ma svilire il Senato non cancellerà i nostri mali - micromega-online - micromega

Franco Astengo: Democrazia e questione morale

DEMOCRAZIA E QUESTIONE MORALE di Franco Astengo dal blog: http://sinistrainparlamento.blogspot.it Combattiamo la “questione morale” in prima linea fin dagli anni’70, con il “caso Teardo” e via via ne abbiamo seguito gli sviluppi non stancandoci di denunciarne l’intreccio con la “questione politica”: non ci siamo assuefatti al fenomeno e tanto meno pensiamo di arrenderci adesso quando il malaffare ha addirittura assunto una duplice veste. La prima quella “classica” delle tangenti sulle opere pubbliche come ben dimostrano i casi Expo e Mose e l’altra, molto di moda qualche mese fa, dell’impossessarsi del denaro proveniente dal finanziamento pubblico alla politica o destinato al funzionamento stesso delle istituzioni per fini strettamente personali. Accanto a questo livello si situa poi quello definibile come “bancario”, dal Monte dei Paschi di Siena alla CARIGE, laddove l’esistenza di “cupole” dell’intreccio finanza/politica appare ormai del tutto acclarata. La situazione appare, a questo punto, ormai del tutto insostenibile: accanto al precipitare delle condizioni economico- sociali questo tema, della questione morale, appare proprio l’elemento di corrompimento generale di un sistema che pare proprio essere sull’orlo della rottura, senza che se intraveda una pur qualche minima possibilità di alternativa. Una situazione frutto di una vera e propria degenerazione del sistema, principiata fin dagli anni’90 con l’affermarsi dell’egemonia di un punto fondamentale di filosofia politica relativo alla necessità, individuata dal neo-liberismo e dai teorici della “fine della storia” in coincidenza con la fine del sistema sovietico, di ridurre drasticamente un presunto eccesso di domanda sociale attraverso una trasformazione dei sistemi democratici parlamentari in senso “decisionista” e di assunzione del concetto di governabilità considerato esaustivo dell’agire politico. In Italia questo processo si è estrinsecato attraverso l’adozione del sistema elettorale maggioritario, il meccanismo dell’elezione diretta negli Enti Locali e nelle Regioni, lo svuotamento dei partiti ridotti a comitati elettorali all’interno dei quali si è affermata la logica del “capo” accompagnata da quella dell’individualismo competitivo che è insito nel meccanismo delle primarie, l’affermarsi della tensione presidenzialista, verificatasi in particolare con l’avvento di Giorgio Napolitano a Capo dello Stato. Questi fattori, aggiunti a quello dell’autonomizzazione dei livelli dirigenziali della Pubblica Amministrazione sviluppatisi ulteriormente con le cosiddette “Leggi Bassanini”, hanno portato a un’esasperazione della filosofia dell’autonomia del politico (non si dimentichi il sistema delle liste bloccate e quello dei “listini” garantiti dai premi di maggioranza) e, come conseguenza all’inasprirsi dei fenomeni di corruzione, così come si è cercato di esporre all’inizio di questo intervento. Intanto è cresciuto anche il livello di repressione nei confronti di tutto quello che cerca di muoversi, nel sociale come nel politico, in maniera antagonista rispetto al sistema ed è completamente caduto il ruolo del sindacato, sia come soggetto politico, sia come semplice struttura di contrattazione delle più elementari condizioni di vita e di lavoro: tutto questo all’interno di una società segmentata e sfibrata, con indici di povertà elevatissimi e livelli di disoccupazione, in tutte le fasce d’età, mai raggiunti in passato nemmeno nei momenti più drammatici della riconversione post – bellica. L’innovazione tecnologica e i processi di delocalizzazione industriale hanno portato, ancora, a fenomeni rilevanti di segmentazione sociale che hanno prodotto fenomeni di conflitto di tipo neo-corporativo sui quali la sinistra non si ancora interrogata a sufficienza. Sono così cresciuti fenomeni di demagogia e populismo: si è arrivati al punto che il Presidente del Consiglio, frutto diretto di questo sistema politico, parla di “alto tradimento” da parte dei politici corrotti. Nella sua semplicità un’affermazione che potrebbe apparire condivisibile, tanto più che s’innesta nella giusta indignazione popolare derivante anche dall’arroganza e dall’ostentazione di ricchezza messa in mostra da questi personaggi. Nell’affermazione dell’“alto tradimento” però ci sta dell’altro che va considerato con grande attenzione. Anziché riflettere sull’involuzione verificatisi all’interno del sistema politico italiano, così com’è avvenuta nelle forme che in qui si è cercato di descrivere, l’intenzione appare essere propria quella opposta: di restringere i margini dell’agibilità democratica, fornirsi di poteri straordinari, considerare sempre di più la democrazia parlamentare come un “laccio” che impedisce il libro sviluppo dell’economia alimentando la corruzione. Il risultato potrebbe essere quello dell’accentuarsi di quella tensione verso la “svolta autoritaria” di cui sono già evidenti segnali i progetti coltivati attorno alla modifica della legge elettorale e alle riforme costituzionali: un procedimento, tra l’altro, che alla fine sarebbe gattopardescamente condotto sotto la regia del “Grande Corruttore” in sintonia con il “Grande Rottamatore”. Il tutto in linea con il più vieto “trasformismo all’italiana”. Il silenzio della sinistra sia politica, sia “movimentista”è emblematico sotto questo punto di vista di una vera e propria “crisi da disorientamento”. E’ necessario e urgente, come si sarebbe detto una volta, riprendere a ragionare su tutti gli elementi del discorso: il tema della qualità della democrazia, della democrazia parlamentare, della rappresentanza politica, del ruolo dei partiti, del sistema elettorale appare contenere in sé, in questo momento, l’insieme delle grandi questioni sociali. Occorre essere capaci di assumerne la rappresentatività politica: ogni indugio e ogni ritardo potrebbe risultare esiziale anche per quei sottili margini di agibilità democratica di cui ancora disponiamo.

Lo Stato innovatore

Lo Stato innovatore

Crisi e scienza economica: perché non sono cambiati i modelli?

Crisi e scienza economica: perché non sono cambiati i modelli?

mercoledì 4 giugno 2014

mondiepolitiche: "Non seguirai la maggioranza per agire male" (lettura di "Principî e voti", di Gustavo Zagrebelsky)

mondiepolitiche: "Non seguirai la maggioranza per agire male" (lettura di "Principî e voti", di Gustavo Zagrebelsky)

PERCHE’ LA SINISTRA: LA PARTECIPAZIONE AL VOTO: UN’ANALISI COMPARATA TRA IL DATO NAZIONALE E QUELLO DELLA LIGURIA, ATTRAVERSO I RISULTATI DELLE ELEZIONI POLITICHE (Camera dei Deputati), REGIONALI ED EUROPEE. a cura della Redazione di Perchè La Sinistra

PERCHE’ LA SINISTRA: LA PARTECIPAZIONE AL VOTO: UN’ANALISI COMPARATA TRA IL DATO NAZIONALE E QUELLO DELLA LIGURIA, ATTRAVERSO I RISULTATI DELLE ELEZIONI POLITICHE (Camera dei Deputati), REGIONALI ED EUROPEE. a cura della Redazione di Perchè La Sinistra

Matteo Renzi, le nouvel espoir de la gauche européenne | Slate

Matteo Renzi, le nouvel espoir de la gauche européenne | Slate

Policy Network - Despite Renzi’s triumph, Euroscepticism is alive and well in Italy

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Luciano Belli Paci: Le elezioni perfette

LE ELEZIONI PERFETTE I paragoni tra il PD di Renzi e la Dc a me sembrano improponibili. Penso che anche il peggiore dei partiti della prima repubblica (e la DC per molti versi lo era) fosse migliore del migliore dei partiti della seconda (ed il Pd per molti versi lo è). Per dirla in poche parole, utilizzo una bella riflessione fatta da Vittorio Sermonti ieri sera durante la trasmissione della Gruber: solo se hai un'identità puoi avere un'idea di futuro. Nessuno dei partiti/movimenti/agglomerati di oggi ha un'identità definita ed infatti nessuno ha un'idea di futuro. Nella politica dell'eterno presente, nella politica dell'apparenza nella quale viviamo esiste un manuale abbastanza elementare: 1) devi avere un leader, 2) devi dominare l'agenda, 3) devi trasformare le elezioni in un referendum tra te e un altro, 4) devi convincere l'opinione pubblica che c'è un pericolo dal quale solo tu puoi salvarla. Renzi è stato bravissimo perché ha applicato alla perfezione questo manuale che nessuno dei suoi predecessori aveva saputo/potuto applicare. Invece Berlusconi per quasi vent'anni ne è stato un superlativo interprete, tanto che anche le sue sconfitte erano sempre mezze vittorie. Senza nulla togliere alla bravura di Renzi, che ha addirittura superato il maestro, si deve obiettivamente osservare che, come esiste la tempesta perfetta, così esistono anche le elezioni perfette, quelle nelle quali convergono quasi miracolosamente tutte le condizioni favorevoli. Le europee del 2014 sono state per lui e per il PD le elezioni perfette. 1) Il leader. Renzi ha conquistato in forme rudi e spregiudicate una leadership assoluta, nel partito e nel governo, sfruttando fino in fondo prima le cervellotiche americanate inventate da Veltroni (le famose scorie destinate a provocare danni più a lungo di quelle nucleari) e poi l'illimitato conformismo del suo partito. Neppure Berlusconi c'era riuscito nella stessa misura, visto che, benché padrone di FI-PDL, aveva sempre avuto il Bossi, il Casini, il Fini di turno che gli dava del filo da torcere. La composizione del governo Renzi e della segreteria del Pd stanno lì a dimostrare che Renzi si è premunito escludendo qualunque personalità capace di un pensiero autonomo (talora, ascoltandoli, si è tentati di togliere anche la parola "autonomo"). Nel contempo, gli altri potenziali leaders sono evaporati. Berlusconi, a parte le vicende giudiziarie, fa ormai pena come quei teatranti molto avanti negli anni che non riescono a ritirarsi dalle scene, ma non ricordano più le battute e fanno piangere quando vorrebbero far ridere e viceversa. Grillo invece le battute le ricorda fin troppo bene, ma sono sempre quelle del comico che era: leader politico non lo è mai diventato. Gli altri non erano neppure in partita. Insomma, il capo del governo si è trovato nella straordinaria condizione di essere non solo protagonista nel proprio campo, ma protagonista unico delle elezioni. 2) L'agenda. La dannazione del centro-sinistra pre-Renzi era questa: se perdeva, era Berlusconi a dominare l'agenda; se vinceva, idem salvo rarissime eccezioni (l'adesione all'Euro; le lenzuolate di Bersani). Qui, a mio modesto avviso, sta la dote più grande di Renzi: da quando è sceso in campo lui, si parla sempre solo della sue proposte e dei suoi programmi. Gli altri non solo non toccano palla ma sono costretti a parlare continuamente delle idee di Renzi. Idee spesso molto discutibili, ma a getto continuo (altro che i 5 punti del contratto con gli italiani del 2001 !) e molto in sintonia con gli umori di un'opinione pubblica che da anni è istigata dai media e dagli stessi avversari politici a volere quelle cose lì. Come i campioni di judo, Renzi sfrutta la forza degli avversari per atterrarli. Anche in questo caso, però, non è solo bravo (tecnicamente), ma anche molto fortunato. Infatti, il mago di Arcore ha esaurito il repertorio delle promesse e confessa la propria condizione esistenziale concentrandosi sulle dentiere e sugli animali da compagnia. Ha perfettamente ragione nel dire che molte delle proposte del fiorentino sono copiate dalle sue (l'Italicum è il Porcellum peggiorato; la riforma costituzionale è simile a quella del 2005, ma molto più pasticciata), ma l'accusa finisce solo per consacrare l'esuberante premier come suo perfetto successore. Il comico genovese, maestro nella pars destruens, sulla pars construens o fa scena muta o si lancia in iperboli che sono (o comunque sono percepite come) pure e semplici sparate prive di credibilità. A tutto questo si sono aggiunti due fatti: a) Renzi, essendo in carica da pochissimi mesi, si è trovato nell'invidiabile condizione di essere esonerato dall'onere della prova e, anche se ha toppato più di una delle scadenze che temerariamente si era dato, gode dell'indulgenza ottimistica tipica della luna di miele; b) gli 80 euro, che a chiunque altro sarebbero costati l'accusa (fondata) di laurismo, sono passati senza contraccolpi perché nessuno se l'è sentita di mettersi di traverso. Gli 80 euro ed il tetto alle retribuzioni dei boiardi di Stato erano le uniche proposte non solo popolari ma anche di sinistra dell' "agenda Renzi". Portare all'incasso subito la questione dello sgravio fiscale in busta paga ha avuto un fortissimo valore simbolico perché le politiche di austerità, in particolare con Monti, ma anche da prima, avevano portato ad una profonda frattura con la base sociale della sinistra (come per il Pasok in Grecia ed il Psoe in Spagna), una frattura che può essere sanata solo dando prove tangibili di volersi fare carico dei problemi sociali concreti (I care). 3) Il referendum. Qui obiettivamente le qualità di Renzi non c'entrano perché è vero che per la prima volta Berlusconi non ha potuto usare l'argomento del "comunista", ma anche a prescindere dalla biografia del fiorentino quell'argomento ormai era pressoché inutilizzabile. Peraltro neppure Renzi poteva usare l'arma speculare dell'antiberlusconismo. E' dalla fine del 2011 che Berlusconi ed il PD governano di fatto o di diritto insieme, per amore o per forza. Gli elettori hanno ormai imparato la storia dei ladri di Pisa e quindi né Berlusconi né Renzi erano nelle condizioni di proporre un'ordalia contro l'altro. Per fortuna di Renzi i sondaggisti - incapaci o in mala fede ? - lo hanno tolto dall'imbarazzo di inscenare un finto duello con il suo carissimo nemico e gli hanno regalato la suggestione di un'emozionante competizione all'ultimo voto con il M5S. Il referendum ideale: o io o Grillo. 4) Il pericolo. Ogni tanto c'è qualcuno che, senza neppure essere pagato (spero), si cala nella parte che il suo competitore gli vorrebbe assegnare. Impossibile non ricordare l'interpretazione da Oscar della Sinistra Arcobaleno, diretta dal regista Veltroni nel ruolo della sgangherata concorrente antagonista della grande e unica sinistra riformista e di governo. Grillo ha superato il Bertinotti del 2008. Pareva il pupazzo nelle mani del ventriloquo. Vinceremo e li elimineremo tutti; marceremo su Roma e andremo sotto il Quirinale a chiedere le dimissioni di Napolitano; organizzeremo processi pubblici per dirigenti politici e giornalisti ... Mancava solo l'aula sorda e grigia da trasformare in bivacco dei manipoli pentastellati. Con i giornali che profetizzavano sfracelli se il M5S avesse preso un voto più del PD e lo stesso Berlusconi che indicava in Grillo l'unico vero nemico pubblico degli italiani, a Renzi la vittoria è stata offerta su un piatto d'argento. Questa del nemico esterno è stata obiettivamente la carta determinante per le dimensioni del successo del PD. Infatti, l'avrete notato anche voi, moltissimi dopo le elezioni hanno detto di avere votato PD quasi giustificandosi: "anch'io non amo il Pd, ma questa volta come si faceva a non votarlo ? bisognava pur fermare Grillo !". Ho l'impressione che, esclusi i militanti che lo votano con convinzione, vi siano grandi masse di elettori che ogni volta hanno bisogno di un'emergenza, di una scusa, di un alibi, per votare col naso turato quel partito. E riescono sempre a trovare un alibi diverso. In questo effettivamente la somiglianza con la vecchia Dc è impressionante. La mia analisi si ferma qui. Le condizioni nelle quali il PD renziano ha portato a casa lo straordinario risultato del 40 % non sono ripetibili, ma questo non significa che non possa ottenere in futuro altri successi, anche superiori. Allo stato non vedo francamente grandi prospettive per la sinistra italiana. E' probabile che Renzi, dopo questa grande affermazione, militarizzerà ulteriormente il suo partito emarginando del tutto le pochissime voci dissenzienti (ormai, occhio e croce, solo i civatiani), inoltre, dopo essersi annesso l'intero bacino elettorale di Scelta Civica, assorbirà anche i gruppi parlamentari ex-montiani. Con il che consoliderà la prospettiva del partito liberale di massa, nonostante la nominale adesione al PSE. La "vocazione maggioritaria" si tradurrà sempre di più in populismo, come si vede già da mille segnali. Gli ultimi sono l'ostentato disprezzo verso la CGIL ed il velato endorsement nei confronti di Uber. La CGIL rappresenta un preciso segmento della società e gode di cattiva stampa, visto che i media sono quasi tutti naturalmente allineati con il pensiero confindustriale (quello dei loro proprietari): quindi non è "maggioritaria" per definizione. I tassisti sono impopolari e quindi è molto comodo travisare il problema che essi pongono, che è un problema di regole, con la solita arma di distrazione di massa della concorrenza. I veri liberali inorridirebbero a sentir parlare di concorrenza senza uguaglianza di regole, ma la rivoluzione liberale che oggi molti hanno in mente è quella (mancata) di Berlusconi, non certo quella di Gobetti. L'allegra brigata della lista Tsipras, che ho votato turandomi anch'io il naso, nonostante il totale oscuramento mediatico ha raggiunto per un soffio il miracoloso traguardo del 4 %, ma non mi pare offra grandi prospettive di rilancio della sinistra italiana. Manca un partito, manca un leader, manca un po' tutto. Che ne sarà di noi ? Luciano Belli Paci

lunedì 2 giugno 2014

Simon Hix: What To Make Of The European Election Result?

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La crisi della razionalità neoliberista in Dardot e Laval | Sviluppo Felice

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L'assolutismo di Renzi e il Pd piglia tutto / italie / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

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Grecia, un referendum sull'austerity / globi / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

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L’Unione europea senza democrazia / alter / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

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Tsipras, il bello viene adesso / alter / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

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Il successo di Renzi e il partito americano / alter / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

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Spinelli, la lista Tsipras, il cambiamento – Piovono Rane - Blog - L’Espresso

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Nicola Tranfaglia: La contraddizione europea

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Internazionale » La novità delle elezioni europee in Spagna è Podemos

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La vocazione maggioritaria del Pd | Il Ponte

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domenica 1 giugno 2014

Cgil: 9,3 milioni di lavoratori in sofferenza - Rassegna.it

Cgil: 9,3 milioni di lavoratori in sofferenza - Rassegna.it

Impressive Performance of the Socialist Forces in Slovenia | LeftEast

Impressive Performance of the Socialist Forces in Slovenia | LeftEast

Franco Astengo: 2 giugno

RICORDARE IL DUE GIUGNO PER OPPORSI ALLA SVOLTA AUTORITARIA di Franco Astengo Le celebrazioni ufficiali cercheranno di obliare il significato vero che, quest’anno, la celebrazione del 2 Giugno dovrebbe assumere: un momento di riflessione sul significato che quell’avvenimento, la nascita della Repubblica, assunse come punto di partenza per l’acquisizione di una nuova cittadinanza per tutti gli italiani fondata sulla pienezza della democrazia. Un significato profondo che si pone oggettivamente in radicale contrastato con la svolta autoritaria che si sta realizzando attraverso quelle riforme costituzionali che si stanno progettando e con una legge elettorale che può essere giudicata sul serio come “liberticida”. Riforme costituzionali fondate su tre punti: quello di una visione di tipo presidenzialista, di esaltazione esasperata della personalizzazione della politica, di centralità nel ruolo del governo portata fino al punto d cancellare il ruolo del Parlamento che non soltanto applicano nel concreto il dettato del documento di “Rinascita Nazionale” redatto da Licio Gelli per conto della P2 nel 1975, ma formalizzerebbero anche quella sorta di “Costituzione Materiale” che ha portato, nel corso di questi ultimi anni, a un effettivo restringimento della vita democratica, con la sparizione dei partiti politici nel loro ruolo storico di rappresentanza e di sintesi delle istanze sociali e con il tentativo, in atto e in stato di significativo avanzamento di marginalizzazione dei corpi intermedi e di ogni forma di rappresentanza sociali. Lo scopo è quello di attuare il modello del “Capo che parla direttamente al popolo” e del cosiddetto “Uomo solo al comando”. Da Gelli a Carl Schmitt, tanto per intenderci. E’ il caso allora di entrare nel merito del significato profondo di ciò che accadde il 2 Giugno 1946, snodo decisivo della nostra vita democratica punto conclusivo della Resistenza e di principio per il progetto della Costituzione. La nascita della Repubblica Italiana ha rappresentato un evento preciso e datato, e occorre studiarlo come momento di una scelta affidata direttamente agli elettori, dopo lunghi anni in cui non avevano esercitato il diritto di voto. La valutazione circa il valore della scelta referendaria va quindi inserita, oggi a quasi settant’anni di distanza, in un contesto ampio dando maggior rilievo di quanto non ne sia stato dato in precedenza agli aspetti istituzionali legati allo strumento usato, il referendum appunto, con il quale la scelta fu fatta e dall'altro al fatto stesso del coinvolgimento in prima persona dei cittadini italiani. Non si dimentichi che le donne per la prima volta nel 1946 partecipano alle elezioni politiche e sono chiamate con un primo voto a giudicare il re: in quel voto furono investite, da entrambe le parti, grandi cariche emotive popolari che non possono essere trascurate per una comprensione storica del fatto. E' cresciuta nel corso degli anni l'attenzione al vissuto degli italiani negli anni della nascita della Repubblica, alle loro condizioni di vita sociale ed economica ed è cresciuta anche l'attenzione verso i "vinti" (spesso nella deteriore dimensione del "revisionismo storico" che pure va analizzato come fenomeno sociale e culturale). Un’attenzione rivolta verso coloro che non si riconobbero spontaneamente nel nuovo ordine, ai monarchici, a coloro che avevano aderito alla Repubblica sociale, ai tanti che non si sentivano rappresentati dai partiti del CLN. Una storia ricostruita con questa sensibilità non può ignorarli anche perché nella scelta referendaria il loro peso fu immediato e rilevante. Ma accenniamo, anzitutto, agli aspetti istituzionali delle scelta del 2 Giugno 1946, perché fu proprio che attraverso la scelta del Referendum l’Italia voltò pagina davvero senza alcuna possibilità di una sorta di “ripresa di continuità” con l’Italia dei notabili liberali pre-fascisti. La Repubblica è dunque nata in Italia a seguito di un referendum, con uno strumento per sua natura bipolare. Forse la predominante attenzione, in molte ricostruzioni, alla "consociazione" come elemento caratterizzante del sistema politico italiano, ha reso meno sensibili storici e analisti politici al momento fortemente bipolare rappresentato dal referendum istituzionale. Ma, paradossalmente, questa scelta bipolare, in cui una parte ha perso e l'altra ha vinto senza possibilità di compromessi, è stata il frutto di un compromesso dell'Italia Repubblicana con l'Italia monarchica. Il referendum servì a non far esplodere il contrasto sulla questione istituzionale nei partiti centrali dello schieramento politico e, in particolare nella DC, che raccoglieva voti di monarchici e di repubblicani. Sui motivi che spinsero De Gasperi a volere risolutamente, contro il parere di settori consistenti del suo partito e contro l'opinione di Don Sturzo, che la scelta istituzionale fosse affidata a referendum popolare non vi sono ormai da tempo dubbi possibili (basta confrontare gli accurati studi condotti da Pietro Scoppola). In questo senso la decisione di affidare direttamente al popolo la scelta tra monarchia e repubblica fu il frutto di un compromesso interno al partito di maggioranza relativa: la DC come è noto, sulla base di un referendum al suo interno si pronunciò, a grande maggioranza dei suoi iscritti, per la Repubblica ma poté lasciare liberi i suoi elettori di votare in un senso o nell'altro, disimpegnandosi così da una piena e diretta responsabilità sulla scelta istituzionale e ottenendo per essa l'avallo di una decisione popolare che l'avrebbe sottratta, come di fatto avvenne, non ostante alcune marginali contestazioni, a ogni possibile dubbio di legittimità. Anche sotto il profilo più strettamente costituzionale la scelta referendaria assunse, per la Repubblica, il carattere di un compromesso: grazie ad una serie di provvedimenti aventi valore di legge lo strumento referendario fu negoziato con la monarchia, sicché la scelta repubblicana attuata per volontà di popolo, rappresentò davvero l'elemento fondativo di discontinuità con il passato prefascista, tacitando le teorie del "fascismo come parentesi". Dunque lo strumento referendario, per sua natura bipolare e non consociativo è servito essenzialmente alla difficile saldatura tra l'Italia repubblicana che stava nascendo e l'Italia monarchica, garantendo il consenso popolare al nuovo ordinamento. Una risposta necessaria alla realtà di allora, una realtà nella quale c'erano tante cose e tanti vissuti contraddittori difficilmente compatibili: c'erano le forti appartenenze popolari che mobilitavano il Paese, più che in ogni altro momento della sua storia, ma lo dividevano anche in profondità; c'era l'esperienza della Resistenza, con i suoi eroismi e le sue crudeltà; c'era la frattura creata dalla Repubblica sociale. Questa frattura aveva assunto le forme della guerra civile: il concetto e la parola "guerra civile" sono stati a lungo rifiutati dagli antifascisti e assunti a propria bandiera dai fascisti con un effetto paradossale, sottolineato da Claudio Pavone, nella sua opera fondamentale vero e punto di svolta nell'impostazione della ricerca storiografico relativa a quel periodo: " ...in quanto è raro che i vincitori di una guerra civile non la includano con orgoglio nella tradizione delle loro res gestae e la consegnino invece alla memoria dei vinti". Il recupero del concetto e della parola ha invece, almeno a nostro avviso, favorito una più approfondita comprensione di una realtà di cui oggi si punta, brutalmente, a cancellare la memoria. Tornando alla valutazione relativa alla realtà istituzionale rappresentata, in quel momento, dal referendum si può dunque affermare che, forse più dell'elezione dell'Assemblea Costituente, proprio il referendum servì a realizzare una nuova saldatura, a creare le condizioni per una nuova cittadinanza per tutti gli italiani. Norberto Bobbio ha definito gli eventi tra il 1943 e il 1946 come "un caso davvero esemplare e particolarmente istruttivo di nascita di una democrazia secondo un’applicazione conforme a un alto grado di approssimazione del modello contrattualistico. Da uno stato di guerra di tutti contro tutti, che era la spietata realtà dell'Italia dopo l'8 Settembre, si è arrivati a un patto di non aggressione e a una scelta istituzionale demandata al popolo che costituisce ancor oggi (n.d.r. Bobbio scrive nel 1987, ma si tratta di un’affermazione che, a nostro avviso, mantiene un’intatta validità) il fondamento di legittimità delle nostre istituzioni". La conferma di tutto ciò ci deriva anche da un’analisi riguardante la campagna elettorale per l'Assemblea Costituente; nella stessa scelta dei candidati, da parte dei partiti, dove prevalse il criterio più propriamente "politico". La scelta istituzionale divenne così per i partiti che la sostennero con accanimento, quelli della sinistra comunista, socialista, laica un’occasione per porre i problemi di contenuto e non una mera scelta di bandiera. Emerge, così, un’ulteriore linea di ricerca: quella del ruolo dei partiti come fattori di educazione politica, e di riflesso, della condizione del cittadino italiano nell'esercizio della sovranità popolare e più concretamente del diritto di voto: il problema della sua informazione, della sua educazione alla politica, dei condizionamenti sulle sue scelte e quindi della libertà di voto. Nelle contraddizioni di quella fase si può parlare del ruolo dei partiti come di un fattore fondamentale del recupero di un senso della cittadinanza, dell'adesione ai partiti come forma personale di appartenenza alla collettività politica nazionale: si determinò così il modo di essere cittadino dalla origini della Repubblica almeno per tutto il quarantennio successivo. Una memoria da non disperdere e un monito per l'oggi nel momento in cui si tende a spezzare quel dato costitutivo di una cittadinanza politicamente attiva per ridurla al servizio passivo di un “Capo” e emarginare, politicamente e socialmente, quanti intendono opporsi a questo progetto: creando così una rottura profonda nella realtà della vita civile del Paese. Per questo motivo vale la pena ricordare il 2 Giugno al di fuori della ripetitività delle celebrazioni ufficiali, facendone un momento fondamentale di opposizione al progetto in atto di svolta autoritaria.