FRANCOIS HOLLANDE SOCIALISTA RIFORMISTA
di Michel Noblecourt (Le Monde, 16 maggio 2012)
Socialista ? Socialdemocratico ? Progressista ? Francois Hollande è soprattutto ed essenzialmente un riformista. Per Hollande il riformismo è sia un metodo che una strategia. E’ nel maggio 2003, al congresso di Digione del Partito Socialista, che Hollande con la sua mozione impone il concetto di “riformismo di sinistra”. Per l’allora segretario del PS si tratta di dare al partito una linea per riscostruirsi dopo la clamorosa sconfitta di Jospin alle elezioni presidenziali del 2002. Una linea che costituisce una sorta di terza via tra l’ala sinistra del partito, che si considera l’erede radicale della vecchia sinistra statalista, e gli amici di Strauss-Kahn e Fabius, che vogliono una sinistra più modernista. Attraverso il suo “socialismo della realtà", Hollande delinea una idea di sinistra che gli sembra la risposta “adeguata per contemporaneamente richiamare la nostra identità, fissare la linea strategica e segnare il rinnovamento”.
Fino al termine del suo mandato di segretario del PS, nel novembre 2008 , Hollande sosterrà il riformismo, facendo adottare una nuova dichiarazione di principi del partito che afferma: “Il Partito Socialista è un partito riformista. Intende esercitare le responsabilità di governo, a tutti i livelli, al fine di cambiare la società. Sostiene un progetto di trasformazione sociale radicale.” E’ una filosofia che Hollande ha delineato nel libro “Droit d'inventaires”(Seuil, 2009), e che condivide pienamente con Jean-Marc Ayrault, il nuovo primo ministro francese. Pur avendo una grande ammirazione per Mitterrand, Hollande pensa che la strategia del 1981 sia stata sbagliata. L’errore fu di voler cambiare tutto in un colpo solo e in un breve periodo di tempo. Il riformismo per Hollande deve essere gradualista e procedere per tappe successive: “La durata per assicurare il cambiamento e il cambiamento nella durata”.
Rifiutando l’idea di un “iperpresidente” alla Sarkozy, Hollande intende “fissare le priorità” e lasciare il governo quotidiano al suo primo ministro, dando spazio al parlamento che farà le leggi, ai corpi intermedi che dovranno esprimere la voce della società civile. Hollande crede nella democrazia sociale: nella cerimonia di investitura ha per la prima volta invitato rappresentanti dei sindacati e degli imprenditori, auspicando “nuovi spazi di negoziazione tra le parti sociali”.
Constatando che da molti anni il socialismo “naviga a vista” e che è stato praticato “un equilibrismo da funambolo che ha paura di cadere aa destra o a sinistra e che rimane fermo, impaurito dal vuoto”, François Hollande vuole ridargli una identità riformista: “Non serve a nulla volere assomigliare agli altri per sedurre: essere più a sinistra, più verde, più al centro. Non c’è nessun bisogno di reinventare la nostra missione, la nostra prospettiva o i nostri valori, ma siamo obbligati a ripensare periodicamente i nostri strumenti, le nostre politiche, i nostri mezzi”. Si tratta in primo luogo di “ripensare il lavoro, l’educazione e la redistribuzione”.
Hollande vuole riabilitare la riforma, combinando “la durata e l’equità, la sicurezza e l’equità”. Nessun risultato è definitivo, ma “è possibile sempre andare avanti verso un nuovo equilibrio, un nuovo patto generazionale, una nuova stabilità”. Il suo riformismo socialista vuole essere pragmatico. François Hollande dovrà dimostrate che questo pragmatismo riuscirà ad adattarsi alle costrizioni della realtà e alle prove difficili che dovrà affrontare. La crisi economica e sociale, le attese o le impazienze dei corpi intermedi, l’inizio di un braccio di ferro con la Germania dovrebbero permettergli di farlo rapidamente.
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