sabato 12 maggio 2012

Gim Cassano: Dopo le elezioni amministrative

Dopo le elezioni amministrative.

Al di là dei risultati dei ballottaggi, i dati politici che le recentissime elezioni amministrative ci consegnano comprendono elementi già ampiamente previsti, anche se forse non nella loro dimensione, ed alcuni elementi nuovi.

Tra i primi, c’è un giudizio negativo, pressoché unanime, sul nostro sistema politico. Questo giudizio è più che esplicito per quanto riguarda quasi il 50% dell’elettorato (coloro che si sono astenuti, coloro che hanno votato scheda bianca, ed i voti dei grillini). Ma tale giudizio è implicito e largamente condiviso anche nelle scelte di molti di coloro che hanno votato per la pletora di liste civiche di destra, sinistra, centro, o senza colore alcuno, che spesso cercavano di camuffare una scarsa attrattività dei partiti consolidati, della quale anche le loro dirigenze locali essi erano spesso pienamente consapevoli.
Ed anche molti di coloro che hanno votato per i partiti o per le liste che si sono presentate al confronto elettorale condividono tale giudizio, ed hanno espresso un voto per la semplice ragione che un Sindaco ed un Consiglio Comunale bisogna pur eleggerli, e quindi tant’è votare per chi appare, se non il migliore, almeno il meno peggio.
Tutto ciò era ampiamente noto, avvertito da parte di tutti gli osservatori, e rilevato dai sondaggi che man mano si sono succeduti: a far notizia non è stato il fenomeno in sé, quanto la sua evidenza e la sua dimensione. Nei commenti del dopo voto, con italica e prevedibile ovvietà, una falange di tuttologi si è affannata ad sottilizzare su quanto era evidente, ed ha iniziato sottili distinguo tra antipolitica ed a-politica, cominciando a spiegare agli italiani che dietro il voto alle Cinquestelle di Grillo non ci sono solo i “vaffa”, ma anche milioni di italiani disgustati.
Ma il dire che il “grillismo” risponda a sentimenti ed umori presenti nella società, che i partiti consolidati non riescono ad interpretare, è pura tautologia: se questi sentimenti non sussistessero e non avessero fondamento, il fenomeno non si sarebbe mai creato. Il fatto che si siano espressi, almeno in parte, nel voto popolare, non è un male; anzi. Il punto è cosa verrà poi fatto di questo consenso: sembra di rivedere il percorso dell’Uomo Qualunque, o i primi tempi della Lega.
Anche ammettendo, come qualche osservatore ha fatto notare, che il voto alle Cinquestelle è stato, bene o male, un voto dato a candidati in carne ed ossa, che avevano dei programmi per le loro città, resta il fatto che è il quadro culturale, prima ancora che quello politico, in cui inserisce il movimento che li ha portati a significative affermazioni, a far preoccupare per la tenuta della nostra democrazia.
Per diverse ragioni: si afferma una forza la cui matrice non sta nel ragionare, e neanche nel credere, ma nello sberleffo, diffondendo messaggi apertamente reazionari; il movimento è proprietà personale del sig. Beppe Grillo, ancor più di quanto sia avvenuto o avvenga nei partiti-persona di cui ci si lamenta; e nelle molte delle dichiarazioni recenti o meno recenti è più che evidente l’estraneità ai principii, ai metodi, agli strumenti, alle forme istituzionali di una democrazia rappresentativa e partecipata.
Slogans quali “via i partiti” sono già stati ascoltati più volte in Europa e nel nostro Paese, producendo i risultati che sappiamo.
Quali potranno essere i seguiti di questo movimento, è difficile dirlo; ma vi sono tutte le premesse per le quali la ammalata democrazia italiana debba fare i conti con un fenomeno che finisca per seguire le medesime dinamiche della Lega: dalla protesta per l’inefficienza del potere centrale, ai diamanti ed alle trote.

Intanto, la più immediata e probabile conseguenza di questo voto dovrebbe essere l’accantonamento della bislacca proposta di modifica della legge elettorale che era stata di recente messa sul tappeto dal trio ABC. A sostegno di questa valutazione stanno i non buoni risultati dei centristi e l’exploit di Grillo. Ma soprattutto, sta la consapevolezza di tutti i responsabili dei maggiori partiti di non disporre di una credibilità sufficiente ad imporre al Paese una modifica della legge elettorale che, se possibile, peggiora ulteriormente quella oggi in vigore, finalizzata come è a premiare con meccanismi contorti i maggiori partiti, e senza nulla concedere ai diritti dei cittadini.

Tutto ciò detto (ma non accantonato), e limitandosi ad osservare quanto rientra in una visione più strettamente riferita alle aree politiche tradizionali, mi pare che i dati significativi siano i seguenti:
• Anche se già è stato detto da tutti, non si può omettere di porre in primo piano il fatto che la destra sia allo sbando. E’ uno sbando di proposta e prospettiva politica, ed è uno sbando di uomini. Come in tutti gli eserciti che sentono vicina la disfatta, si cercano colpe, ci si scambia accuse reciproche, si grida al tradimento. Il dittatore cerca un nuovo proconsole. Esclusi dai ballottaggi a Genova, Palermo, Parma, ed in molte altre città, gli uomini della destra si interrogano su chi possa essere il loro leader, ed a quale prospettiva politica possano indirizzarsi. Assuefatti ad anni di cortigianeria, si trovano privi di un punto di riferimento, come sudditi senza re, e nella situazione schizofrenica di dover subire ed appoggiare un governo che ha soppiantato il “loro” governo per l’evidente incapacità dello stesso e del suo leader; e, mentre pretendono, in nome della continuità, che il nuovo Presidente del Consiglio ritiri le dichiarazioni con le quali ha addebitato a coloro che lo hanno preceduto la responsabilità delle attuali difficoltà, al tempo stesso addebitano all’appoggio dato al governo Monti gran parte delle responsabilità della disfatta.
Ma la sostanza è un’altra: una destra che non solo non ha affrontato alcuna delle cause del ritardo italiano, ma ne ha determinato il progressivo aggravarsi, non ha le capacità e le risorse per indicare alcun indirizzo politico credibile, ed il suo ruolo sembra ridursi alla difesa di retroguardia di posizioni di potere e di una parte di quei particolarismi che ne avevano caratterizzato la crescita.

• Il Terzo Polo ha dimostrato di essere più un’astrazione non dotata di adeguata capacità attrattiva che una realtà, non solo nel risultato elettorale, ma anche nei comportamenti che hanno preceduto il voto. In molti casi, le sue componenti si sono separate, facendo scelte non omogenee. E la sua consistenza elettorale si concentra sostanzialmente in un’ UdC che si è presentata a volte in nome del Terzo Polo, a volte alleata con la destra, a volte alleata con il centrosinistra.
Un po’ poco, in termini di chiarezza di progetto politico, per far pensare ad un disegno di largo respiro in vista del 2013. Il risultato complessivo è comunque inferiore alle attese, e non certo adeguato a costituire l’embrione di quel “Partito della Nazione”di cui si va parlando.
Coloro che dicevano di combattere il bipolarismo, nella sostanza hanno operato solo per cercare di trasformarlo in tripolarismo, passando dall’A-B all’A-B-C, risultando per questa via tutt’altro che alternativi agli uni ed agli altri.
Nella sostanza, il Terzo Polo non possiede gli strumenti concettuali e di consenso per vivere di vita propria, e la prospettiva più realistica che oggi si apra a Casini è quella di far leva sullo sbandamento della destra per cercare di ripresentare agli italiani una riedizione deberlusconizzata della Casa delle Libertà, aggiungendovi, se possibile, qualche innesto tecnocratico.
D’altra parte, le prime mosse di Casini dopo il voto confermano a pieno questa ipotesi.

• In quanto al centrosinistra, questo regge, a prima vista. Ma il dato numerico, valutato in termini di percentuali, è falsato dalla riduzione del numero dei votanti: in realtà, non riesce ad incrementare i suoi elettori, e neanche a conservarli tutti: non convince e non suscita entusiasmi. Il risultato ottenuto deriva più dal tracollo della destra (PdL e Lega) che dalla condivisione di una chiara proposta politica, che peraltro non c’è; o che, se c’è, non si è vista. Si ha l’impressione che molti italiani auspichino il ritorno del centrosinistra al governo, ma al tempo stesso vorrebbero vedervi indirizzi, contenuti, metodi, protagonisti, più concretamente efficaci, e tali da non ridursi alla fotografia di Vasto.
Per quanto mi riguarda, non mi sono mai associato al coro di quanti, innamorati del proprio profetare più che dei dati reali, preconizzavano la fine del PD sulla scorta del principio che la disgregazione della destra avrebbe innescato un simmetrico processo sull’altro versante. Ed i risultati dell’altro giorno confermano questa valutazione.
Ma, se il ruolo del PD come perno della coalizione è ovvio, e tutti i ragionamenti che si fanno sulle “scomposizioni e ricomposizioni” a sinistra appartengono al novero delle parole senza senso che servono unicamente a creare opportunità per qualcuno ed a perdere consensi per tutti, restano aperte alcune questioni essenziali.
L’offerta politica del centrosinistra non può ridursi alle posizioni di un PD eternamente indeciso tra protesta e riforme, ma incapace di metter mano alle radici delle arretratezze italiane, delle quali non poche preesistono alla seconda repubblica. Né ad ovviare a ciò possono bastare le narrazioni protestatarie di Vendola o i ricorrenti anatemi di Di Pietro, quando occorrerebbero invece solide politiche riformatrici, nel metodo e negli obbiettivi.
E’ evidente che oggi non si tratta più di caratterizzarsi in nome dell’antiberlusconismo: la partita è diversa, e si tratta di ben altro: di governare il Paese, tirandolo fuori dalle secche, in condizioni rese ancor più difficili dalle incongruenze ed arretratezze italiane. La partita, quindi, non si giocherà sul pro o contro Berlusconi, ma essenzialmente su due piani:
- quello delle politiche per uscire dalla crisi, e quindi sui modelli di economia e di società sui quali si vuol indirizzare il Paese.
- quello del funzionamento del sistema democratico.

Su questi punti, che non è qui il caso di sviscerare, il centrosinistra rischia di trovarsi in ritardo: tra un anno si terranno le più importanti elezioni dell’Italia Repubblicana, dopo quelle del 1948. E saranno elezioni che coincideranno con una fase di acutissima crisi economica e sociale, che rischia di far venir meno le basi materiali della convivenza civile. Se quell’appuntamento non vedrà la presenza di una convincente proposta politica da parte di un centrosinistra che sappia correggere l’immagine sclerotizzata di Vasto, cancellare i tentativi di precostituirsi la spartizione della democrazia prefigurati dalla proposta Violante che l’ABC ha fatto propria, proporre linee di politica economica indirizzate a ridurre e riqualificare la spesa, riequilibrare e ridurre il carico fiscale sulle attività produttive e su tutte le forme di lavoro, rimettere in moto la mobilità sociale e dare a tutti gli italiani il senso dell’utilità, della condivisione e dell’equità dei necessari sacrifici, l’unica alternativa alla morsa del populismo di destra e di sinistra, al coalizzarsi dei particolarismi, al partito del “cambiare perché nulla cambi”, resterà quella di una tecnocrazia non democratica.

Pur nella loro frammentazione e difficoltà interpretativa, i risultati di queste elezioni amministrative, confermano l’utilità della iniziativa “Spirito Libero”, che è stata avviata da Alleanza Lib-Lab e da altre associazioni ed esponenti del mondo laico, liberale, socialista, rivolta a contribuire a rafforzare la capacità riformatrice del centrosinistra attraverso la presenza di un’area politica autonoma di stampo liberale e socialista, assente dall’attuale scenario politico, pur essendone i principii ed i metodi ben presenti nella società.
Ed in questo quadro, la proposta di Manifesto che è stata preparata, (vedi il Manifesto) ha anticipato alcuni dei ragionamenti che ora appare indispensabile avviare.
Il Governo attualmente in carica ha rappresentato il passo necessario per allontanare Berlusconi e la sua corte dall’esercizio diretto del potere. Ed il passo necessario per ridare credibilità e dignità al Paese sul piano dei rapporti internazionali. Ma tra un anno occorrerà che una politica migliore di quella che ha fallito sappia riavviare i processi ed i metodi di una normale democrazia e rimettere in marcia il Paese.

Gim Cassano (10-05-2012) [gim.cassano@tiscali.it]

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