lunedì 27 febbraio 2012

Vittorio Melandri: Il mitico cambiamento e la sinistra... socialista

Il mitico “cambiamento” e la sinistra …. socialista



Checché se ne vada vagheggiando, ed anche un poco “cianciando”, non è “questo” il tempo originale del cambiamento.



Da sempre siamo immersi in un continuo mutarsi del mondo intorno a noi, e non c’è bisogno, almeno al livello semplice in cui si colloca la mia capacità di ragionare, di scomodare la fisica quantistica, e manco il principio di indeterminazione di Heisenberg, per esserne convinti.



È sufficiente, almeno per il tempo di un batter di ciglia, fare uso della memoria, quella che permette a ciascuno di noi, all’ovvia condizione che si “abbiano orecchi per ascoltare e/o anche un modesto cervello per intendere” (parafrasando a rovescio l’ultimo Scalfari), almeno a chi è nato insieme alla nostra Costituzione, di ricordare che negli anni cinquanta del novecento tutto era diverso da quanto era stato negli anni quaranta, e così è stato negli anni sessanta rispetto ai cinquanta e poi nei settanta rispetto ai sessanta e negli ottanta rispetto ai settanta e poi nei novanta rispetto agli ottanta.



Anni novanta al principio dei quali, tanto per fare un esempio “banale”, rispetto all’oggi, i “telefonini” erano un benefit riservato ai giocatori della nazionale di calcio che si apprestavano alle “notti magiche … aspettando un gol”, ed oggi vengono regalati dai padrini di battesimo ai neonati, e presto saranno incorporati nei nascituri direttamente in sala parto, prima dell’evento.



Tutto questo tagliando il “tempo con l’accetta”, come si suol dire, ma anche senza dimenticare che ancora poi, l’11 settembre 2001, il mondo intero, è cambiato tutto un’altra volta, e non si erano ancora viste le streets attorno a Wall street, animate da donne e uomini che sciamavano da quelli che si ad un attimo prima erano stati i propri uffici-posti di lavoro, con degli scatoloni in mano.



Ma il “cambiamento” …. oggi è diventata ormai la parola magica con cui tutto, ma proprio tutto, si spiega.



Quello che non si è fatto, e quindi cozza contro il “cambiamento”, e quello che sicuramente alcuni “riformisti” capaci di interpretare il “cambiamento” presto faranno, sempre che ovviamente una “sinistra becera e aggrappata alle mitologie e alle ideologie del secolo scorso (che si ostina ad) identificare la lotta contro le corporazioni e contro gli intrecci d’interesse con il thatcherismo e il reaganismo,” non riesca un’altra volta ad impedirlo, come ancora una volta il principe dei riformisti di riserva, Eugenio Scalfari ci ammonisce a ricordare, ripetendosi anche, bontà sua, “per chi non ha orecchi per ascoltare o cervello per intendere”.



Per altro incurante dell’ossimoro ….. perché è di tutta evidenza che vale davvero poco ripetersi per chi appunto non ha orecchi né cervello.



Un’altra cosa mi ha particolarmente colpito nell’ultimo sermone di Scalfari.



Egli, una volta pittato di par suo uno scenario fosco, in cui si agitano da un lato una “sinistra becera” e dall’altro una “Germania centro geopolitica dell’Europa”, indica nei due “Mario” italiani i “Titani” che, forti del suo alto patrocinio e guidati dalla saggezza del sig. Presidente Giorgio Napolitano, sapranno scardinare monopoli e oligopoli che a cominciare dall’Italia, impediscono di fronteggiare il cambiamento, e a dimostrazione del suo vaticinio ricorda che in Italia ma anche in Europa …….



“Il capitalismo democratico rese possibile l’incontro con il riformismo socialista nel felice trentennio che va dal 1945 alla metà degli anni Settanta. Ora quel modello va ricostruito su nuove basi.”



Sono certamente uno “gnocco” ma ho sempre pensato che il “capitalismo” sin dal formarsi delle sue possenti radici, quel “capitale” che per secoli si è trasferito qua e là per il mondo su navi “negriere”, tutto sia mai stato, fuorché democratico, e che anzi, monopoli ed oligopoli, anche una volta che la schiavitù, almeno sulla carta era stata abolita, ne siano stati e continuino ad esserne l’essenza.



Quel tanto di “capitalismo democratico” che si è andato qua e là formando, è nato proprio dall’impatto del “capitalismo” tout court, con il riformismo socialista, dentro il quale anche una “frazione comunista” non ha mai smesso di esistere.



Insomma, checché ne dica il “compagno” Scalfari, dimentico di essere stato parlamentare eletto nelle file del PSI riformista, quello in cui Bettino Craxi era ancora un assessore, al più un “delfino”, al più il figlio del primo vice-prefetto di Milano (Prefetto Riccardo Lombardi) dopo la Liberazione, quello che non era ancora diventato il Killer del PSI stesso….



….ripeto, checché ne dica Eugenio Scalfari……



….. non è stato il “capitalismo riformista” a rendere possibile l’incontro con il socialismo, ma è stato il socialismo a forzare il capitalismo di direzione un poco democratica, e la speranza che siano i “Mario italiani” a renderlo oggi più democratico ancora, è una speranza vana.



Se non sarà la sinistra socialista a ricostruirsi su nuove basi, ma continuerà a sacrificare la propria identità, affidandosi a leader autoreferenziali, ammaestrati da “guru”, loro sì, appartenenti ai secoli passati, il cambiamento continuerà, certamente, checché se ne vada cianciando, ma nella direzione di una macelleria sociale che una maggiore sobrietà e strumenti più raffinati ed anestesie più efficaci, renderanno solo più amara, non certo più democratica.



vittorio melandri

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