Il Circolo Carlo Rosselli è una realtà associativa presente a Milano sin dal 1981. http://www.circolorossellimilano.org/
domenica 30 ottobre 2022
Franco Astengo: Socialdemocrazia della modernità: scelta obbligata?
SOCIALDEMOCRAZIA DELLA MODERNITA': SCELTA OBBLIGATA ? di Franco Astengo
Al netto della grave topica di aver appellato Luigi Longo come Pietro (lapsus freudiano?) l'articolo di Elio Cappuccio ("Domani" 30 ottobre) pone alla sinistra la questione della amncata scelta socialdemocratica nel momento dello scioglimento del PCI, attribuendo a quel fatto il mancato decollo del PD oggi diviso tra l'attrazione verso le scelte populiste compiute dal M5S nuova (?) versione o verso le componenti tecnocratiche esaltate dalla presenza dei centristi.
In realtà il PCI fu sciolto sulla base di una sola istanza, quella "dello sblocco del sistema politico" aderendo nella sua maggioranza all'idea dell'alternanza e del bipolarismo sulla base di suggestioni kennedyane (poi blairiane) accettate da un lato per convinzione e dall'altro per tatticismo (nell'errata di porsi nella scia togliattiana del "partito nuovo" e berlingueriana del "compromesso storico").
Ciò che rimase fuori da quel contesto non riuscì a proporre una "Rifondazione Comunista" (come erroneamente fu chiamata il partito residuale uscito da quella vicenda e non certo collegato con le istanze prevalenti presenti nell'area che si era opposta al disegno contenuto nella "svolta") : alla fine si realizzò soltanto un mix di conservatorismo e di volontà movimentista che alla fine, dopo la vicenda del G8 genovese sulla quale andrebbe aperta una franca discussione e una esperienza di governo, non ha prodotto altro che una successiva emerginazione (non solo elettorale) della sinistra dal "cuore" delle dinamiche sociali e politiche.
Nello stesso tempo altri eventi portarono allo scioglimento del PSI: nella cui area il trascinamento dell'avventura craxiana (e la collocazione a destra di una parte del ceto politico che l'aveva percorsa e anche di parte dell'elettorato) impedì la ricostituzione di una soggettività adeguata capace di lanciare a sinistra una proposta di " fondamento" nella ricostituzione ideale, politica, organizzativa.
Mi scuso per questa ricostruzione sommaria che dovrebbe comprendere anche le vicende del sindacato e il mancato appuntamento con una proposta di costruzione di un soggetto laburista che pure, ad un certo punto, poteva anche apparire praticabile.
Oggi è il momento di riaprire quel discorso, proprio nel punto in cui l'egemonia della destra appare in via di consolidamento e quadri politici appartenuti all'area neo-fascista si apprestano a governare il Paese.
Allora tocca ancora a noi quadri militanti che hanno vissuto e sofferto queste esperienze rilanciare una proposta di recupero di soggettività politica, anticipando quella che può diventare una crisi irreversibile che potrebbe principiare dalla definitiva caduta di un partito come il PD che pare avviato a frantumarsi in una pura e semplice lotta di potere continuando a perpetrare errori storici come quello del definire una leadeship attraverso le cosiddette "primarie".
Per capirci meglio. Le due più importanti transizioni, a) quella ecologica, vira verso la conservazione dei rapporti sociali pre-costituiti b) quella digitale, è in mano al macro capitalismo.
All’interno di una complessità di quadro politico che accomuna buona parte dei Paesi europei la ricollocazione della sinistra non può essere orientata semplicemente verso l’area ecologista ma deve ripensare al nuovo intreccio tra le contraddizioni sociali e il mutamento di relazione tra struttura e sovrastruttura dirigendosi verso una “socialdemocrazia della modernità” ( nell’esempio di un: “socialismo della finitudine”).
Si tratta infatti di definire un quadro di alternativa fondata su di una visione di progetto di mutamento sistemico raccolta attorno alle cinque transizioni in atto:
a) quadro geopolitico globale
b) sanitaria
c) ecologica
d) digitale e della comunicazione
e) le forme della partecipazione e dell'iniziativa politica
Quest’ultima appare assolutamente decisiva poiché si sta smarrendo il collegamento tra conflitto sociale/organizzazione politica/ rappresentanza istituzionale.
Il rinnovamento della socialdemocrazia e la tensione sovra - nazionale che dovrebbe accompagnare questo processo potrebbe servire per ricercare un nuovo grande compromesso come fu nei trenta gloriosi (dove però c’era l’Unione Sovietica e l’equilibrio geopolitico era fondato sulla logica dei blocchi).
Rimane intatto, per un lavoro di lunga lena, il tema (e lo spazio) del “mutamento dello stato delle cose presenti”.
Nel frattempo però occorre, per il qui ed ora, lanciare coraggiosamente una proposta costitutiva.
sabato 29 ottobre 2022
Spagna, intoppi a sinistra - terzogiornale
Spagna, intoppi a sinistra - terzogiornale: Laumento delle spese militari del governo Sánchez crea malumori in Podemos. Eppure il governo ha fatto più di una cosa di sinistra
Franco Astengo: L'involucro politico
L'INVOLUCRO POLITICO di Franco Astengo
Il senso complessivo del discorso di investitura tenuto dalla neo-Presidente del Consiglio davanti alla Camera non può essere semplicemente catalogato usando usuali categorie: ne va visto il fondamento soprattutto su di un piano che potremmo definire dell' "involucro politico".
Nel corso della campagna elettorale è stata trascurata quella che era stata indicata come "questione costituzionale" e questa sottovalutazione è costata una divisione di campo e una espressione di incapacità nella lettura della fase da parte della sinistra e del centro-sinistra, che ha favorito l'affermazione del centro - destra.
Centro - destra naturalmente coadiuvato anche dalla propria abilità nell' utilizzo della formula elettorale al riguardo della quale si è verificata la vera e propria bizzarria di una proporne la modifica.
Fino a questo punto però siamo nell'ovvio e nel banale.
Il punto che deve essere toccato senza esitazioni invece riguarda proprio "l'involucro politico" che racchiude il programma di governo: fuori da un cumulo di marginalità che alla fine formeranno un pesante macigno incombente sulla vita di tutti noi l'elemento che emerge è proprio quello del contesto di riferimento di vero e proprio "spregio costituzionale".
Nel discorso della presidente del consiglio sono state poste con chiarezza le questioni della forma dello stato e della forma di governo: questioni dirimenti rispetto alla conservazione e all'affermazione della nostra democrazia repubblicana.
Invece di attardarci sul discettare circa una presunta inevitabilità del connubio PD/ M5S ,due soggetti in discesa che hanno perso quasi 7 milioni di voti in due, causando un ulteriore slittamento di incredibilità del sistema e di distacco dalla realtà sociale, e ancora vanno considerati i due soggetti PD e M5S entrambi molto deboli sul piano della difesa costituzionale .
Non bisogna dimenticare come il PD fu capace di appoggiare il referendum del 2016 e poi di votare questa formula elettorale ponendo la fiducia per un proprio governo; il M5S nato sull'idea della democrazia diretta, dell'utilizzo improprio e sconsiderato del web, retto sempre da un "uomo solo al comando", come del resto è avvenuto anche con il cambio di gestione che ha condotto il movimento allo scontro elettorale.
Ragionando sul forte deficit di rappresentanza a sinistra e sulla necessità di esprimere una proposta capace di affrontare la complessità delle contraddizioni in atto non limitandoci a spezzettare "single issue" anche fondamentali come quella ambientalista, attraverso una espressione di adeguata soggettività è necessario, prima di tutto, aprire un confronto a tutto campo sulle prospettiva della democrazia repubblicana e sulla configurazione politica da fornire a un soggetto di sinistra misurato proprio sulla dimensione del disegno istituzionale della Costituzione (Unità Nazionale, forma parlamentare, sistema bicamerale "bi-fiduciario" e formula elettorale, anche se questa questione come sappiamo non è compresa nel quadro costituzionale).
mercoledì 26 ottobre 2022
martedì 25 ottobre 2022
lunedì 24 ottobre 2022
Franco Astengo: Rappresentatività elettorale
RAPPRESENTATIVITA' ELETTORALE di Franco Astengo
La rappresentatività elettorale è soltanto una componente tra le diverse che debbono essere analizzate per giudicare correttamente grado di rapporto sociale e prospettive di stabilità di un sistema politico: purtuttavia ne rappresenta una parte essenziale che non può essere sottovalutata.
All'indomani della formazione di un governo che ha (almeno sulla carta) riprofilato a destra l'asse su cui si muove il sistema politico italiano è il caso allora di sviluppare alcune considerazioni uscite dalle macro - cifre delle urne del 25 settembre.
Partiamo dato di rappresentatività complessiva delle forze politiche presentatesi al giudizio del corpo elettorale (dati riferiti al territorio nazionale salvo la Valle d'Aosta).
Il grado di rappresentatività complessiva tra elezioni del 2018 e quelle del 2022 è calato di 9,58 punti percentuali: elezioni 2018, le iscritte/i aventi diritto erano 46.505.350, in quell'occasione si ebbero 32.841.025 voti validi (esclusi quindi astenuti, schede bianche, schede nulle) pari al 70,61%; elezioni 2022 le iscritte/i aventi diritto erano 46. 021.956, con 28.087.885 voti validi pari al 61,03% (chi ha l'ardire di scrivere queste note è un sostenitore della tesi che la crescita dell'astensionismo indebolisca oggettivamente il sistema democratico e che non si tratti, come semplicisticamente affermato da qualche parte, di un riallineamento verso le cosiddette "democrazie mature").
Sviluppiamo un'analisi riferita ai grandi blocchi: nel 2018 si verificò sostanzialmente una "tripartizione" tra centro-destra, centro-sinistra e M5S con una sostanziale marginalità delle forze collocate a sinistra del centro-sinistra; nel 2022 la tripartizione si è trasformata in quadripartizione con l'ingresso delle formazioni di centro staccatesi dal centro-sinistra e presentatesi in forma autonoma, mentre si è accentuata la marginalità delle forze "a sinistra" considerato il rientro nell'ambito dell'alleanza della forza di maggiore consistenza che nel 2018 si era presentata a lato del centro - sinistra.
Verifichiamo allora alcuni punti fermi:
1) La maggiore responsabilità della caduta nella capacità di rappresentanza del sistema è da attribuire al M5S, che ha pagato la nemesi dell'antipolitica. Appare, infatti, del tutto incomprensibile la valutazione positiva del dato relizzato da questa formazione da parte di molti commentatori. Il M5S scenda da 10.732.066 voti a 4.333. 972 (dei quali 2.426.488 raccolti al Sud : aprendo così la faglia della differenziazione territoriale nella distribuzione del voto come fatto di grande rilievo sul piano politico e sociale) mentre la percentuale riferita al totale degli aventi diritto che era del 23,07% nel 2018 si colloca al 9,41% nel 2022 con una flessione del 13,66%, quindi di quattro punti e oltre la crescita dell'astensione;
2) La formazione centrista Azione-Italia Viva ottiene un risultato che colma la differenza tra la caduta del M5S e la crescita dell'astensione. Assente nel 2018 il Centro ottiene nel 2022 2.186,745 voti pari al 4,75% delle iscritte/i nelle liste aventi diritto;
3) La presenza dei centristi ha rappresentato un ulteriore elemento di spostamento d'asse del sistema. Il centro-sinistra infatti ingloba due forze già schierate "a sinistra ( Articolo 1 e Sinistra Italiana - Verdi) e chiude praticamente in pareggio tra il 2018 e il 2022, con una flessione dello 0,20%: 2018 7.506.223 16,14%, 2022 7.337.975 15,94% (sempre sul totale delle iscritte/i aventi diritto);
4) Anche il centro - destra risulta praticamente stabile con un guadagno dello 0,59%. 2018: 12.152.345 voti pari al 26,13%; 2022 12.300.244 voti pari al 26,72%: L'esito elettorale è quindi chiaro come ha sostenuto il presidente Mattarella nel sollecitare l'accelerazione dei tempi nella formazione del nuovo esecutivo ma lo stesso esito elettorale si è anche tradotto, attraverso la formula elettorale, in una insopportabile deviazione nel meccanismo di formazione delle Camere (tanto più ridotte nel numero dei componenti e già sottoposte al bersaglio del meccanismo dei decreti legge che le hanno via, via trasformate in meri strumenti di ratifica e di attribuzione di fiducia in bianco). E' urgente l'avvio di una grande campagna per la modifica della formula elettorale e debbono essere avanzate al più presto proposte di merito.
5) Compare anche una esilissima ( non rappresentata) fetta di elettorato a destra del centro-destra che supera l'1% sul totale delle iscritte/i aventi diritto. Italexit 574.579 voti pari all'1,16%;
6) Scompare quasi del tutto la presenza elettorale a sinistra del centro-sinistra. Nel 2018 Leu aveva ottenuto 1.114.799 voti pari al 2,39% e Potere al Popolo 372.179 voti pari allo 0,24%. 2022: rimane Unità Popolare erede di Potere al Popolo con 402.987 voti pari allo 0,87%.
7) Nel frattempo si è avuta una graduale perdita di rappresentatività del partito di maggioranza relativa: altro dato di indebolimento progressivo del sistema.
Queste le cifre:
Politiche 2013: Movimento 5 stelle 8.691.406 totale iscritti nelle liste 46.905.154 : 18,52%
Europee 2014: Partito Democratico 11.172.861 totale iscritti nelle liste 49.256.159 : 22,68%
Politiche 2018: Movimento 5 Stelle 10.732.066 totale iscritti nelle liste 46.505.350 : 23,07%
Europee 2019: Lega 9.153.638 totale iscritti nelle liste 49.301.157: 18,56%
Politiche 2022: Fratelli d'Italia 7.300.628 totale iscritti nelle liste 46.127.514 : 15,82%.
domenica 23 ottobre 2022
sabato 22 ottobre 2022
venerdì 21 ottobre 2022
L’anello debole. Rapporto 2022 su povertà e esclusione sociale in Italia
L’anello debole. Rapporto 2022 su povertà e esclusione sociale in Italia: di Caritas Italiana -- La fotografia offerta dal Rapporto 2022 di Caritas italiana su povertà ed esclusione sociale è drammatica. Un dato per tutti. Nel 2021 la povertà assoluta in Italia ha confermato i massimi storici toccati nel 2020, anno di inizio della pandemia da Covid-19: le famiglie in povertà assoluta sono un milione 960mila, pari a 5.571.000 persone (il 9,4% della popolazione residente).
giovedì 20 ottobre 2022
Franco Astengo: Sinistra e linee di frattura
SINISTRA E LINEE DI FRATTURA di Franco Astengo
Negli anni'60 un grande studioso norvegese, Stein Rokkan, collegò la peculiare fisionomia politica dei diversi paesi dell'Europa Occidentale ai differenti modi in cui essi avevano saputo ricomporre le fratture che attraversavano la società (ne ha scritto nei giorni scorsi Marco Almagesti sulle colonne di "Domani").
Tali linee di frattura contrapponevano diverse parti della società, ma al contempo le conferivano ordine e direzione orientandone le culture politiche.
Tra le linee di frattura delineate da Rokkan in Italia hanno svolto un ruolo preponderante quelle generate dai processi di costruzione dello Stato e della nazione, di origine politico - culturale fra Stato e Chiesa e fra Centro e Periferia (non a caso l'analisi gramsciana sul "Risorgimento incompiuto" sull'esclusione dei contadini dalla formazione del nuovo Stato).
Queste contrapposizioni avevano forza simbolica e aggregatrice tale da riassorbire almeno in parte e ridefinire la frattura provocata dalla rivoluzione industriale fra Capitale e Lavoro ( specialmente nell'interclassismo del partito cattolico).
Sulla frattura centro/periferia si sono poi intrecciate le diverse eredità che i partiti incontravano nei contesti territoriali, dando origine a società locali differenziate ma integrate nel più ampio contesto nazionale (il Veneto"bianco", l'Emilia "rossa").
Tale ancoraggio territoriale dei partiti di massa è risultato determinante per il consolidamento della democrazia repubblicana.
Negli anni '90 il collasso del sistema dei partiti si è intrecciato con una nuova linea di frattura che stava già affermandosi in molte democrazie consolidate: quella del "sopra" e del "sotto", fra partiti "anti-establishment" e partiti "dell'establishment".
La faglia avente per oggetto la critica della politica tradizionale nella sue forme di rappresentanza e mediazione.
La crescita dell'estrema destra in Europa (così come l'elezione di Trump negli USA e la Brexit) è attribuita a un tratto accomunante una forte componente anti-establishment, basata sul risentimento circa gli esiti negativi della globalizzazione per una parte consistente dei ceti sociali e incanalata verso quelle classi dirigenti che l'avevano promossa e che non sembrano ancora averne compreso l'entità delle conseguenze
Esempio tipico di questa incapacità di comprensione rimane il PD italiano, in un contesto che ben analizzato dovrebbe porre in discussione anche il rapporto con il M5S.
M5S del quale paiono essersi smarrite le analisi sulle origine, chiaramente contigue a una imposta di destra anti-sistema.
La rapida obsolescenza delle forze politiche interpreti della frattura "sopra" - "sotto" (Lega di Bossi, partito - azienda e personale di Berlusconi, M5S, Lega "nazionale") indotta dal sistema dei media sta all'origine di quel fenomeno di volatilità elettorale e di crescita dell'astensionismo che corrisponde a una vera e propria "vacuità di sistema".
A sinistra l'opera di costruzione può allora avviarsi, nel vuoto attuale, recuperando l'intreccio tra la frattura capitale/lavoro e la faglia territoriale con l'elaborazione di una strategia che individui l'allargamento del campo a una rinnovata centralità dei temi "economico - sociali" tenendo assieme ad essi una sussunzione dei diritti sociali e dei diritti civili.
Attenzione però !
Non serve una sinistra generica dai tratti marcatamente movimentisti: si tratta invece di riferirsi prima di tutto a una strutturazione organizzativa e a una visione che guardi alla dimensione della socialdemocrazia europea, assieme al complesso della tradizione , della storia, del riferimento alla democrazia rappresentativa: occupare lo spazio della frattura "economica - sociale" collegandola con il tema dei diritti sociali e civili nel profondo rinnovo della la frattura "capitale/lavoro" deve significare anche l'allargamento verso istanze ecologiste e liberali in una strategia delle alleanze capace di misurarsi nel concreto con una concezione dell' egemonia ben diversa da un'idea limitata di vocazione maggioritaria meramente fondata sul potere del governo e semplicisticamente imperniata sull'autonomia del politico.
martedì 18 ottobre 2022
lunedì 17 ottobre 2022
sabato 15 ottobre 2022
venerdì 14 ottobre 2022
giovedì 13 ottobre 2022
Il Brasile verso il ballottaggio: oltre le elezioni i settori oppressi dovranno continuare ad organizzarsi contro un nemico dichiarato (Bolsonaro) o mascherato (Lula) | Global Project
mercoledì 12 ottobre 2022
martedì 11 ottobre 2022
Fascists Are Benefiting From World Crisis
Fascists Are Benefiting From World Crisis: A series of crises have shaken the liberal triumphalism of recent decades and produced new antidemocratic forces. Historian Geoff Eley tells Jacobin why it still makes sense to speak of
Franco Astengo: Sinistra e M5S
La rincorsa a sinistra verso il M5S è mossa dall'illusorietà di uno spostamento verso il populismo di sinistra da parte di un movimento nato, invece, sulle coordinate teoriche del qualunquismo.
Così si mostrano, ancora una volta, i segni di una debolezza intrinseca nella capacità di esprimere una visione di sistema e la "reductio" di un agire politico legato alle contingenze elettorali .
Si finge di dimenticare, tra l'altro, che il 25 settembre lo stesso Movimento ha perduto di colpo 6 milioni di voti conservando una quota di suffragi all'interno di una ben precisa "ridotta" territoriale e in gran parte raccolti attorno ad una "single issue". Inoltre l'astensionismo è salito di numero per 4 milioni di unità all'interno di un quadro mai visto di fragilità complessiva del sistema.
A Sinistra , nelle varie componenti di diversa origine ideologica, non si riesce più da molto tempo a concepire una elaborazione autonoma anche sul piano organizzativo ponendo come prospettiva il ritorno al centro del dibattito l'idea socialista della centralità dei temi di carattere economico - sociale.
Franco Astengo
domenica 9 ottobre 2022
sabato 8 ottobre 2022
venerdì 7 ottobre 2022
giovedì 6 ottobre 2022
USA: il punto sulle midterm a un mese dal voto - YouTrend
USA: il punto sulle midterm a un mese dal voto - YouTrend: Secondo l'Economist e FiveThirtyEight, i Dem sono favoriti alla Camera e i Repubblicani al Senato.
mercoledì 5 ottobre 2022
martedì 4 ottobre 2022
Legge elettorale proporzionale: l’occasione persa - Lavoce.info
Legge elettorale proporzionale: l’occasione persa - Lavoce.info: Il Centrodestra ha ottenuto la maggioranza in Parlamento solo grazie ai seggi uninominali. Una simulazione dimostra che, con una legge elettorale proporzionale, i risultati sarebbero stati diversi. E agli italiani sarebbero state garantite più rappresentanza e stabilità.
Why Are You a Socialist? - Dissent Magazine
Why Are You a Socialist? - Dissent Magazine: Rather than a science or a lifestyle, socialism is an approach to the world’s injustices that can compel us to act with one another—even in darker times.
lunedì 3 ottobre 2022
Brasile, Lula non sfonda e va al ballottaggio. Tanto che il vincitore morale sembra Bolsonaro - Il Fatto Quotidiano
Brasile, Lula non sfonda e va al ballottaggio. Tanto che il vincitore morale sembra Bolsonaro - Il Fatto Quotidiano: Un fatto rimane da considerare: anche se Bolsonaro dovesse perdere la presidenza, il bolsonarismo sopravvivrà alla sua sconfitta - L'analisi
sabato 1 ottobre 2022
Iran. Cresce la repressione, migliaia di arresti e almeno 76 uccisi • Diritti Globali
Iran. Cresce la repressione, migliaia di arresti e almeno 76 uccisi • Diritti Globali: Il sito del Rapporto sui Diritti Globali
Roberto Biscardini: Qualche considerazione a caldo
QUALCHE CONSIDERAZIONE A CALDO
di Roberto Biscardini
Le elezioni del 25 settembre hanno rispettato le previsioni. Ciascuno di noi ha sbagliato di poco. Era assolutamente chiaro il successo della Destra e di Fratelli d’Italia, il calo ella Lega e la tenuta di Berlusconi.
Anche la percentuale di voti ottenuti da Calenda era nelle cose: L’ipotesi della doppia cifra era inesistente, il 5% troppo poco.
Che il centrosinistra finisse così, intorno al 25% punto più o punto meno, con un risultato disastroso del Pd, era anch’esso prevedibile, dopo la sciagurata gestione del partito di Letta che ha fatto di tutto (al di là delle dichiarazioni) per evitare la grande coalizione, l’alleanza tecnica con il M5s e perdendo per strada Calenda. Non nascondendo la solita superbia, secondo la logica dell’antica autosufficienza, per accontentarsi dell’egemonia a sinistra alla faccia degli interessi di tutti.
Un risultato disastroso appunto, che è anche minore del 19% considerando che nella lista Italia Democratica e Progressista confluivano qualche partito e molte altre formazioni. C’è infatti da pensare che Art.1, Psi, Demos, Movimento Repubblicano, Volt, Casini, Base Italia ed altri, almeno il 2 o 3% l’abbiano portato in dote. Quindi abbiamo un Pd al 16 / 17%, e questo nonostante negli ultimi giorni ci sia stato un certo recupero delle annunciate astensioni che hanno dato un contributo alla polarizzazione favorendo contemporaneamente sia il Pd sia la Meloni.
Sul piano politico con queste elezioni non solo il Pd è sempre più quel partito del potere e delle istituzioni, che mantiene i suoi voti soprattutto nelle aree Ztl, ma addirittura è un partito che non riesce a trasferire il peso del proprio consenso locale e dei suoi Sindaci (ancora tanti nel Paese) sul voto delle politiche, nonostante in alcuni collegi si siano spesi fino all’osso per sostenere i candidati dell’uninominale. Perde e non raccoglie più voti tra i giovani, tra i pensionati e persino nel mondo del lavoro, tra gli operai e i più sfruttati.
Così per il Pd si chiude un ciclo. Vedremo come va a finire. Ma certamente sembra chiaro, anche al suo gruppo dirigente, che non basta più cambiare un segretario o il nome per uscire dalle difficoltà e ritornare a parlare al Paese.
Sarebbe l’ennesimo segretario (quindici in dieci anni), senza cambiare politica e senza riuscire più a rispondere alle domande e ai bisogni dei cittadini.
Una cosa però sembra chiara: il Pd, o come si chiamerà, non è più l’unico riferimento possibile della sinistra italiana, né potrà esercitare più il monopolio dell’opposizione.
Tanto più che, al di là degli astensionisti che con la loro scelta hanno già espresso un giudizio contro tutti, sinistra inclusa, la somma dei voti di chi si colloca all’opposizione di sinistra o di centrosinistra, al netto del Pd, supera il 32%.
E non vale la dichiarazione a posteriori secondo la quale sarebbe colpa degli altri se non si è riusciti a realizzare il “campo largo”, ma anche che bastavano pochi voti del M5s per eleggere, soprattutto al sud, un po’ di parlamentari del Pd anziché far vincere quelli di Destra. Perché non si è fatto il contrario, favorendo alcuni candidati dei M5s che peraltro hanno dimostrato di avere più voti del Pd?
Per quanto riguarda il Partito socialista, l’amarezza per la non elezione dei suoi candidati non basta. Ciò che è accaduto è figlio della storia drammatica degli ultimi 10 anni: dal 2013, quando, pur essendo in una botte di ferro, si preferì non presentare il simbolo per eleggere i propri parlamentari nella quota uninominale sotto l’ombrello del Pd. Ma è soprattutto la naturale conseguenza delle scelte che sono state fatte all’ultimo congresso di Roma. In quel congresso il Psi si è messo nelle mani del Pd, ancora prima che venissero indette le elezioni. Insieme ad Articolo Uno si decise un’alleanza con il Pd nel momento in cui quel partito era già al suo minimo storico, senza identità, senza politica e senza prospettiva, secondo uno schema vecchio di almeno dieci anni. Sia il Psi che Articolo Uno accettarono un’alleanza senza garantirsi nemmeno la presenza del loro simbolo in vista della prossima campagna elettorale e così sono spariti definitivamente dalla scena.
Sia dal punto di vista politico che dal punto di vista pratico. Il Psi non ha fatto alcuna campagna elettorale per difendere e rendere visibile la propria identità, ma nello stesso tempo nel programma di Italia Democratica e Progressista sotto il simbolo del Pd non si fa neppure un cenno dell’alleanza con i socialisti. E così i socialisti sono cancellati anche formalmente. La non elezione di Maraio, di per sè un fatto grave, è quindi figlia della sbagliata disponibilità, o ingenuità, ad accettare, in quanto segretario di partito, una posizione non solo non sicura, ma per certi versi persino umiliante.
Nell’ultimo congresso il Psi accettando la piena subalternità al Pd, nel nome dell’elezione del proprio segretario e magari anche del suo presidente, ha rinunciato a fare delle elezioni un momento della propria esistenza politica.
D’altra parte si era già sprecata l’occasione di dare a quel congresso il significato della svolta: l’inizio di un processo nuovo per costruire un’area più larga del socialismo italiano in cui il Psi non fosse l’unico riferimento. Non si è accettata l’idea, rivendicata da alcuni di noi, di fare un congresso aperto, anche ai non iscritti, che persino nella trattativa con il Pd avrebbe avuto un diverso peso politico.
C’è chi oggi dice: “adesso possiamo partire da zero, meglio da zero che da 0,1”. Non è così, perché non si tratta di ripartire dal solo Psi, ma di costruire le condizioni per un grande movimento socialista che si identifichi con la sinistra, così come la sinistra deve identificarsi con i principi del socialismo.
Ma per questo occorrono nuove energie, visione e coraggio. E vecchie passioni. Occorre chiamare tutti coloro che sono disponibili a fare propria la questione socialista, senza distinzioni e senza troppi aggettivi. Come all’origini della nostra storia. Non esiste a priori la sinistra buona e la sinistra cattiva, quella moderata e quella troppo di sinistra, quella di governo e quella populista (termine ambiguo, usato solo in modo dispregiativo per tenere fuori un elettorato persino socialista che in assenza di un’offerta politica si è rivolto altrove), esiste il socialismo come forza unificante delle forze popolari e di chi ha bisogno di giustizia sociale e di libertà.
A distanza di trent’anni la Seconda repubblica certifica che senza una grande forza socialista la sinistra è fuori gioco. Lascia spazio alla destra, non riesce ad esercitare alcuna critica nei confronti del capitalismo, non è socialdemocratica e crea le condizioni per la vittoria di governi reazionari.
Molti di noi non hanno rinunciato a cambiare il corso delle cose.
Paolo Bagnoli: La seconda Repubblica
"LA SECONDA REPUBBLICA"
di Paolo Bagnoli
26-09-2022 - EDITORIALE
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Dopo che averne parlato a lungo, senza definire bene di cosa veramente si trattasse, alla fine la cosiddetta seconda repubblica è nata con il voto del 25 settembre 2022. La cesura tra la prima repubblica e quanto, a partire dal 1994, ne è conseguito, ha avuto nella cancellazione dei partiti la sua caratterizzazione. Ciò ha prodotto un progressivo cambiamento genetico del nostro sistema, delle basi ideali e normative su cui si fondava, sulle modalità della lotta politica; in definitiva, sulla moralità stessa della Repubblica nel senso di una progressiva degenerazione del modo d’intendere il confronto democratico, gli ambiti normativi che andavano rispettati nonché il senso etico di stare sulla scena pubblica.
Il cambio genetico è iniziato con l’avvento di Silvio Berlusconi, istrionesco incantatore dei poteri statuali e di larghe masse sociali. Divenuto dominus della ribalta politica sono seguite le leggi che tornavano utili alla sua persona, il mercato dei parlamentari, le barzellette e il gesto delle corna nei luoghi della politica estera, il riposizionamento posturale della Rai in modo tale da non nuocere a Mediaset, la tragicommedia immorale dei bunga-bunga; insomma, l’abbandono di ogni decoro e, pur persistendo a proclamarsi liberale, si deve a lui l’innesco del senso concreto della destra e dei suoi motivi nel corpo del Paese. L’apertura che fece a Gianfranco Fini ne è quasi una testimonianza simbolica.
In un Paese nel quale il senso virtuoso dello Stato è sempre stato assai carente, Berlusconi ha aperto una falla la cui evoluzione, passando per governi tecnici e colpevole passività di chi avrebbe dovuto contrapporvisi, in un susseguirsi destrutturante dello Stato ha condotto al populismo – in Italia addirittura doppio considerati i 5 Stelle e la Lega – al sovranismo che fa un tutt’uno con una marcata diffidenza nei confronti dell’Europa, al nazionalismo e, infine, all’approdo della Destra al governo del Paese. Una vittoria favorita da una legge elettorale che peggio non si sarebbe potuta pensare, chiaramente anticostituzionale, da un’assurda riforma dei numeri parlamentari fatta in spregio alla concezione stessa del Parlamento con la complicità di un Pd che, non avendo altra funzione se non continuare a esistere per garantire la sopravvivenza di una modesto, quando incapace suo ceto dirigente, vede nello stare al governo la propria unica ragione, anzi quasi una vocazione. Tra l’altro non si capisce, ovvero si capisce benissimo, perché quella che doveva essere la contropartita alla riduzione dei parlamentari, vale a dire la riforma della legge elettorale, non sia stata nemmeno presa in considerazione. Va osservato che, se la legge elettorale fosse stata proporzionale – il che ci sembra, tra l’altro, nello spirito costituente della Costituzione, ci sia passato il bisticcio – oggi le cose sarebbero molto diverso. Invece, se non si fosse trattato di un mero atto di sottomissione ai 5 Stelle che cambiavano di spalla al fucile, quel gesto avrebbe potuto essere considerato come un passaggio sacrificale destinato a salvaguardare e migliorare la sostanza democratica del sistema italiano. Se nel Pd vi è una resipiscenza di serietà, considerato come sono andate le cose esso, che in quindici anni ha cambiato ben nove segretari, dovrebbe prendere atto. Per venire al nocciolo della questione poiché sul Pd tutto, o quasi è stato detto, bisogna aggiungere che l’operazione del partito frutto di due partiti è fallita da ogni punto di vista e, quindi, logica vorrebbe che esso si sciogliesse; le varie componenti riprendessero la loro strada e forse ciò potrebbe essere l’avvio per cominciare a riflettere seriamente sul concetto di sinistra e sulla rinascita – necessaria – del socialismo in Italia improntato alla cultura politica del “socialismo nella libertà” quale fulcro centrale di un campo davvero largo di forze di classe e libertaristiche per allargare gli spazi democratici e porre le basi per un’ incisivo processo riformatore. Non essendo una forza di sinistra la sconfitta cocente del Pd non è la sconfitta della “sinistra” perché questa non c’è e sarebbe una forzatura ridurla alla testimonianza di Fratoianni e Bonelli oppure alla sopravvivenza dimezzata dei 5Stelle i quali, tutto sommato , sia detto per inciso, hanno retto meglio rispetto alle previsioni costituendosi in un partito anche esso personale ,quello di Giuseppe Conte, archiviando definitivamente, così sembra, Beppe Grillo e dintorni.
Inizia, quindi, la seconda repubblica. Sarà certamente populista, ma non avremo un nuovo populismo. La politica italiana ha fatto un salto all’indietro, s’intende, ma questa volta a Palazzo Chigi avremo una destra vera; anzi, saremo l’unico Paese in Europa ad avere un governo partorito dalla più pura genealogia di destra, discendente diretta dal regime sconfitto dalla seconda guerra mondiale visto che nessun governo di destra in Europa ha antenati fascisti. E’ un frutto, sicuramente, del progressivo sfarinamento dello spirito costituzionale, delle ragioni della Repubblica e del senso delle basi storiche sulle quali si fonda la nostra democrazia avviatasi ad essere anch’essa illiberale. Non sembra aver avuto impatto alcuno sull’elettorato italiano il legame tra Fratelli d’Italia e il fascismo e se lo si è ritenuto praticamente irrilevante ciò significa che si ritiene altrettanto irrilevante l’antifascismo – quello concepito senza trattino – quale dato politico fondamentale della nostra democrazia repubblicana. In tale processo si registra un vuoto di pensiero, culturale e politico al contempo e, considerata la mobilità dell’elettorato, anche civile. Anche questo è un frutto vincente del populismo che ha messo in ridicolo la democrazia e i suoi istituti, considerando il Parlamento alla stregua di una “scatoletta di tonno”, quello di prima la riduzione dei componenti come troppo costoso e ipertrofico.
Con la vittoria della destra, di questa destra, nasce davvero la seconda repubblica perché si instaura un clima nuovo in quanto sembra finito il rapporto tra la cultura antifascista quale fondamento della Repubblica; la cultura fondatrice sarà travolta, la Costituzione che ne è espressione sarà modificata e considerato che la semina populista si fonda sulla identificazione tra il leader e il popolo cambiando con ciò tutte le derivazioni istituzionali e gli equilibri che ne conseguono che sono oltremodo delicati, chiamati a conformarsi alla nuova struttura istituzionale si modificherà lo stato di diritto tramite – il tentativo ci sarà – di fare dell’Italia una Repubblica presidenziale. Sarà il segno della “democrazia illiberale” di cui dicevamo prima. La conquista del potere porterà a un vero e proprio cambio di sistema; vi sarà un’Italia alternativa che risolverà in senso autoritativo la mancanza di politica e di soggetti, quali i partiti, aventi il “mandato politico”. In fondo è il frutto del vuoto cui non si mise, irresponsabilmente, mano dopo la grande crisi della fine anni ‘90
La leader dei Fratelli d’Italia del rapporto con il fascismo non ha mai voluto parlare; ha sempre sorvolato sulla memoria di un Paese verso un regime liberticida che ha portato morte, vergogna, guerra. Per FdI tutto ciò è superato, ma nessuno di loro, a nessun livello, ha mai spiegato come sia avvenuto il superamento insistendo sul dato pragmatico di essere giudicati dal fatti. E allora rimaniamo ai fatti, di oggi. Essi ci dicono che la Meloni è dalla parte di Orban contro le decisioni censorie dell’Unione; che è dalla parte del governo reazionario polacco; che tifa addirittura – buon sangue non mente – per i postfranchisti spagnoli di Vox e che non è mancata agli incontri dei repubblicani americani che applaudivano Donald Trump. E’ un presente che spaventa l’Europa perché i comportamenti di simpatia della leader verso le situazioni sopracitate vanno contro i principi di democrazia liberale cui si ispira l’Unione, contro l’allargamento dei diritti e della solidarietà tra i popoli che nella stagione acuta del Covid sembrava avesse trovato una sua concreta legittimità a livello continentale seguita poi dall’atteggiamento nei confronti della guerra russo-ucraina. I suoi compari sono Matteo Salvini – uscito assai, ma assai malconcio dalle elezioni – e Silvio Berlusconi per i quali l’amicizia con Putin va al di là della parole di convenienza dettate dalla contingenza. Per la coalizione guidata dalla Meloni la prova del governo non sarà facile; la sua natura porterà a una governabilità traballante. La narrazione dei governi dal 1944 a oggi ci dice anche come deficiti una cultura pubblica pro stabilità e il fluttuare del voto popolare lo conferma.
Meloni ha detto che “per l’Europa è finita la pacchia”. In tanti si chiedono cosa vuol dire “la pacchia” dal momento che, almeno da un punto di vista del finanziamento ricevuto dall’Italia per la Next Generetion Ue, esso rappresenta la parte più grossa rispetto a quanto ricevuto da altri Paesi. Si tratta di ben duecento miliardi di euro che la richiesta di revisione dei progetti, più volte avanzata dalla destra, rischia di rimettere in discussione. E ancora: il distaccare l’Italia dall’Unione sulla questione degli immigrati verso i quali si ripropone il “blocco navale” – ma lo sa la Meloni che, con tale espressione, si definisce un atto di guerra? – limitando il tutto a un accordo “ a livello europeo” per registrare i profughi nei paesi in cui transitano. Forse la “pacchia” risiede proprio in queste ultime cose sulle quali anche Salvini brama di mettere di nuovo le mani.
Nasce la seconda repubblica e cambia il clima politico-culturale dell’Italia investita da un gelido vento di destra. L’ambito dei diritti sarà tra i primi ad essere colpito. Quello delle donne di disporre del proprio corpo sicuramente figurerà tra i primi ; già avviene in alcune regioni italiane che i consultori siano libero terreno di azione da parte dei movimenti pro-vita, che si affermi la convinzione che i feti di poche settimane siano seppelliti senza il consenso dei genitori, che si continui a ostacolare l’inserimento degli immigrati poiché essi in Italia non vedono riconosciuto nemmeno il diritto alla cittadinanza a chi vi nasce e va scuola spesso discriminati da regolamenti comunali vergognosi e fuori norma come quello in atto in un comune della provincia di Teramo che nega ai bambini figli di immigrati i diritti di tutti gli altri. E poi, i diritti della comunità Lgbtq che può abbandonare la speranza di avere in questa legislatura una legge che la salvaguardi dalla violenza e dall’odio come pure coloro che aspettavano una legge sul suicidio assistito fortemente avversata da tutta la destra.
Non è stata quindi, quella del 25 settembre, una elezione qualunque. L’Italia diviene l’unico Stato membro nonché fondatore dell’Europa governato da un partito che ha nel proprio simbolo la fiamma del fascismo. Umberto Eco parlava di “fascismo eterno” e forse torna calzante la definizione gobettiana del fascismo come “autobiografia della nazione”. Pensiamo: il 28 ottobre saranno cento anni della marcia su Roma, che dirà Giorgia Meloni? E il 25 aprile dell’anno prossimo? Sarà la festa dalla Liberazione del regime da cui ella discende. Non è una curiosità sapere cosa dirà, bensì un legittimo interrogativo dal cui scioglimento dipendono e derivano tante importanti questioni per una Repubblica nata dalla Resistenza.
Arriva la seconda repubblica, governa la destra. Da sottolineare il distacco dei cittadini dalla cosa pubblica visto che l’astensione è aumentata di ben 9 punti. Un calo del genere tra due elezioni non si era mai verificato in Italia; con il 64% dei votanti siamo uno dei Paesi europei con la più alta stensione dalle urne. Astensione c’è sempre stata, a dire il vero, ma mai così alta ed è significativo che, in questi anni, si registra una crescita dell’astensione dopo la stagione dei governi tecnici. Questa volta, però, abbiamo una novità: che il fenomeno è particolarmente rilevante nel Sud con la conseguenza che il divario, già abbastanza alto tra questa parte e il resto del Paese è divenuto ancor più accentuato. Le ragioni sono molte, sicuramente vi è l’inconsistenza dei soggetti politici, ovvero la mancanza dei partiti che genera la debolezza della politica. Si era pensato che abbassare l’età – da 25 a 18 anni – per poter votare anche per il Senato potesse riavvicinare i giovani all’interesse politico, ma oramai l’avvicinamento alla politica non avviene più come una volta nelle sezioni, nei circoli, nei gruppi organizzati, ma solo via social media i quali non sono e non possono essere sostitutivi dei partiti. La lezione che se ne ricava è facile. Interessare e riavvicinare alla politica è una fatica inutile se non c’è la politica; il problema non si può risolvere con norme amministrative anche perché non esiste nessuna soluzione tecnica che risolve i problemi politici. Occorrono partiti veri, credibili, con capacità di cultura, di ideologia e di organizzazione i quali, in maniera oltremodo seria, mettano le mani nonché la testa nella grande questione della disaffezione alla politica e dell’educazione alla democrazia. Il dato dell’astensione ce lo dice con chiarezza, ma se così non sarà il fenomeno si incrementerà. Di partiti veri, però, non se ne vede nemmeno l’ ombra in lontananza. Chi si pone il problema di ripensare la democrazia italiana è paradossalmente la destra pronipote politica del fascismo con la proposta della trasformazione da Repubblica parlamentare a repubblica presidenziale. Essa ha, nonostante tutto, un’identità e una sua idealità. Sì è proprio seconda repubblica.
Infine, poiché crediamo ai maestri vogliamo chiudere con Piero Gobetti riportando un suo giudizio dell’ottobre 1924: “Sempre bisogna che le nazioni trovino l’ora dell’esame di coscienza, che sappiano misurare la loro sensibilità morale a costo di aprire crisi dolorose e totali. Né ci si attribuisca preoccupazione di astratti moralisti: in verità tutta la politica è possibile soltanto a patto che sappia trovare nei momenti solenni le sue origini di rigorismo e di rivoluzione morale.”
Per le forze della democrazia italiana l’ora dell’esame di coscienza è scoccata. Se non ora, quando?
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