giovedì 29 settembre 2022

Gianfranco Pasquino: Un altro Pd è possibile, ma nessuno sa cosa sia

Un altro Pd è possibile, ma nessuno sa cosa sia Gianfranco Pasquino 29 settembre «Faremo un’opposizione dura, senza sconti, intransigente. Costruiremo un partito aperto, inclusivo, plurale». Sono questi i propositi, nient’affatto originali, dei dirigenti del Partito democratico. Alcuni di loro, poi, candidandosi alla carica di segretario del partito, aggiungono, forse soprattutto per scaramanzia e per non “bruciarsi”, che non è il momento di fare i nomi. Sbagliato. I nomi comunicano molto, a cominciare dalla biografia politica (raramente c’è anche una biografia professionale), dall’appartenenza correntizia (pluralismo di “sensibilità”) e da quanto detto e fatto nel passato. Se non sei abbonato, clicca qui per non perderti nulla Quello che dai nomi che “scendono in campo” non è possibile sapere sono le idee, le prospettive, le visioni, non del mondo che verrà, ma del tipo di partito che ciascuno/a degli aspiranti ha in cuor suo. Il fatto è che nessuno è in grado di definire che cosa è oggi il Partito democratico. Certamente, non è mai diventato quello che i suoi frettolosi fondatori, fra lacrime e sogni, annunciarono nel lontano 2007: il luogo dove si incontravano le migliori culture riformiste del paese, dal gramscismo al cattolicesimo democratico, dall’ambientalismo all’antifascismo. Che mancasse il socialismo e che i loro migliori interpreti fossero assenti da queste grandi contaminazioni e ibridazioni sembrò non preoccupare più di tanto. D’altronde, i successori del comunismo all’italiana avevano dichiarato inadeguate, inefficaci, in crisi, logore tutte le esperienze socialdemocratiche che avevano dato un contributo grandioso alla politica e alle società dell’Europa non solo del Nord. Però, esperienze laiche che non piacevano neanche ai cattolici, non avevano cambiato e meno che mai abolito il capitalismo (sic). Ne seguì un organismo sostanzialmente privo di una cultura politica, che non è mai soltanto una bussola per orientarsi nella folla dei partiti. Una cultura politica è lo strumento per mettere insieme una comunità di persone intorno a principi e valori non solo costituzionali, e per offrire all’elettorato la certezza o quantomeno l’indicazione affidabile del tipo di società che quel partito si impegna costruire, con chi, ad esempio, con le altre democrazie europee, con quale visione di giustizia sociale. Chi, se non un partito democratico, può assumersi questo nobile obiettivo politico? Stati generali, primarie delle idee, agorà e altre modalità di incontro (no, elaborazione non posso proprio scriverlo) non hanno mai preso di petto la necessità di formulare, certo in un mondo che cambia, una cultura politica progressista. Il professore suggerirebbe, da un lato, che esistono molti libri da leggere e, dall’altro, molte esperienze da studiare. Cinque anni di opposizione offrono il tempo adeguato per studiare. Lo potrebbero, anzi, dovrebbero fare, se ne hanno le capacità, i (non) candidati e le (non) candidate alla segreteria del Pd. Se non ora, quando?

martedì 27 settembre 2022

L'alba della XIX legislatura - Lavoce.info

L'alba della XIX legislatura - Lavoce.info: Dalle elezioni per la XIX legislatura esce una solida maggioranza di centrodestra e la quasi certezza che avremo la prima Presidente del consiglio donna nella storia repubblicana. Un'analisi del voto.

Franco Astengo: Volatilità e rappresentanza

VOLATILITA' E RAPPRESENTANZA di Franco Astengo A partire dalle elezioni del 2013 il partito uscito con la maggioranza relativa non è mai riuscito a mantenere la posizione fino alla tornata successiva, fosse questa destinata alle legislative generali o europee. Si è trattato del fatto più evidente di quel fenomeno di volatilità elettorale comparso nel panaroma elettorale italiano dopo decenni di spostamenti minimi tra un settore e l'altro in competizione: in realtà si cominciò ad avvertire questa situazione fin dal 1994 quando, sciolti i grandi partiti di massa, l'alleanza "anomala" di Forza Italia al Nord con la Lega e al Sud con AN (che non aveva ancora compiuto il lavacro di Fiuggi ed era formata semplicemente dal MSI con l'aggregazione di qualche componente democristiana di destra) aveva occupato quasi per intero lo spazio lasciato libero dal pentapartito . Il "clou" di questa faccenda però lo si può cominciare a monitorare - appunto - dalle elezioni politiche 2013. Contemporaneamente però è costantemente calata la forza di rappresentanza del partito di maggioranza relativa "pro tempore" sia sul piano dei numeri assoluti sia rispetto alla percentuale ottenuta in riferimento al totale degli iscritti nelle liste. Tutto questo non ha avuto riflessi sulla dinamica governo/parlamento ormai esercitata esclusivamente dall'autonomia del politico, anche quando alla presidenza del Consiglio si è seduto un tecnico più o meno presunto ma ha grandissima incidenza sulla tenuta del sistema nel suo complesso che appare sempre piiù fragile nella sua capacità di aggregare consenso e di mantenere coesione sociale. Queste le cifre (riferimento elezioni Camera dei Deputati, Parlamento Europeo, territorio nazionale esclusa la Valle d'Aosta) Politiche 2013: Movimento 5 stelle 8.691.406 totale iscritti nelle liste 46.905.154 : 18,52% Europee 2014: Partito Democratico 11.172.861 totale iscritti nelle liste 49.256.159 : 22,68% Politiche 2018: Movimento 5 Stelle 10.732.066 totale iscritti nelle liste 46.505.350 : 23,07% Europee 2019: Lega 9.153.638 totale iscritti nelle liste 49.301.157: 18,56% Politiche 2022: Fratelli d'Italia 7.300.628 totale iscritti nelle liste 46.127.514 : 15,82%. Di seguito il differenziale tra la percentuale di voti posta in relazione al totale delle schede valide e del complesso degli iscritti aventi diritto. Politiche 2013: Movimento 5 stelle 25,52% sui voti validi, 18,52% sull'intero corpo elettorale, differenza 7% Europee 2014: Partito Democratico 40,82% sui voti validi, 22,68% sull'intero corpo elettorale,: differenza 18,14% Politiche 2018: Movimento 5 stelle 32,68% sui voti validi, 23,07% sull'intero corpo elettorale, differenza 9,61% Europee 2019: Lega 34,33% sui voti validi, 18,56% sull'intero corpo elettorale , differenza 15,77% Politiche 2022: Fratelli d'Italia 25,99% sui voti validi, 15,82% sull'intero corpo elettorale, differenza 10,17%. E' evidente che l'abbassamento nella percentuale dei votanti, fisiologico nelle elezioni europee dove cambia anche il totale degli iscritti non potendo esercitarsi il diritto di voto all'estero salvo che nei paesi dell'UE,contribuisce maggiormente a creare l'illusione ottica della vittoria di cui rimane campione ( e vittima) il PD segreteria Renzi con un differenziale del 18,14%. Più contenuta la differenza in occasione delle elezioni politiche dove il 10% di differenza si è superato soltanto nell'occasione dell'ultima tornata del 25 settembre scorso: un campanello d'allarme che è suonato specie per chi sarà chiamato a governare le pulsioni contradditorie che percorrono un Paese impaurito, impoverito che tutte le volte cerca senza trovarlo un "Lord (o Lady?) protettore/protettrice").

Stop alla precarietà, priorità per il Paese - Collettiva

Stop alla precarietà, priorità per il Paese - Collettiva

lunedì 26 settembre 2022

Franco Astengo: Elezioni 2022

ELEZIONI 2022: VINCONO ASTENSIONE E SONDAGGISTI. CROLLA L'AGENDA DRAGHI RESTANO INTATTI I PROBLEMI SISTEMICI di Franco Astengo Elezioni 2022: Vincono astensione e sondaggisti. La vittoria dei sondaggisti è tale da porre un interrogativo: costruita una tesi è parte dell'opinione pubblica che vi si adegua e non chi esegue le rilevazioni seguendo l'andamento delle opinioni? In realtà restano intatti i temi della fragilità del sistema politico italiano in particolare sul versante della volatilità elettorale e della scarsa credibilità dei governi (rapporto tra i due fattori: scarsa credibilità del governo/ sale l'opposizione; finora dal 2008 in avanti non si è mai verificato il contrario). Il tutto distorto dall'applicazione della formula elettorale che rende possibile la costruzione di maggioranze di dimensioni ben diverse dal reale responso delle urne. Il punto d'analisi vero risiede nella valutazione di quanto ci sia di redifinizione a destra nel risultato delle elezioni 2022 e quanto di ricerca del "nuovo" da parte di un elettorato ormai reso "volatile" dalla vacuità delle presenze politiche. Da segnalare ancora l'accentuarsi delle divisioni geografiche dell'orientamento elettorale già ben evidenti in precedenti occasioni ma che adesso sta assumendo la dimensione di una vera e propria spaccatura che non riguarda soltanto la "tenuta" del M5S al Sud ma anche la crescita dell'Alleanza Azione-Italia Viva al Nord, in particolare nelle parti più produttive del Paese. M5S favorito nell'assegnazione dei collegi uninominali dalla forte concentrazione del voto in determinate zone, tanto da potersi considerare quasi "Partito del Sud" (circa il 40% dei voti complessivi raccolti tra Calabria, Puglia, Basilicata, Campania e Molise). Andando per ordine con riferimento al voto per la Camera dei Deputati sul territorio nazionale (esclusa la Valle d'Aosta): 1) Al momento in cui scrivo queste note mancano alla conclusione dello scrutinio 28 sezioni su tutto il territorio nazionale, quindi all'incirca 17.000 voti. 2) Il primo dato da tenere in conto è quello dell'astensione: elemento snobbato da molti commentatori che hanno tirato fuori la vecchia litania del fisiologico allineamento con la democrazie occidentali "mature". In realtà si è creata una vera e propria voragine che peserà sull'intera capacità di tenuta del sistema. Nel 2018 ci furono 32. 841.705 voti validi, adesso siamo a 28.037.116 con un calo di 4.804. 589 unità. 3) Il dato dell'astensione si riflette naturalmente sul totale dei voti delle singole liste. Dal punto di vista della maggioranza relativa Fratelli d'Italia ottiene 7.292.649 voti in netto calo rispetto alla quota realizzata dal Movimento 5 stelle nel 2018 che era di 10.732.066 (meno 3.439.417). In sostanza su di un corpo di 46.127.514 elettrici ed elettori il partito di maggioranza relativa rappresenta il 15,81% ( 2018 : M5S 10.732.066 su 46.505.350 pari al 23,07 con un calo di 7,26 punti). 4) L'elemento di porre in rilievo è quello della distorsione sul meccanismo di traduzione del voto in seggi parlamentari dovuta all'applicazione della formula elettorale vigente (legge n.165 del 3 novembre 2017) che non prevede, oltre a mantenere le liste bloccate, la possibilità del voto disgiunto tra parte uninominale e parte plurinominale della scheda. A questo punto entra in gioco la capacità coalizione della forze politiche ed essendosi prodotta, in questo senso, nell'occasione delle elezioni del 25 settembre una forte asimmetria tra la tradizionale alleanza di centro-destra e la coalizione raccolta attorno al PD si è verificato il caso che il centro-destra raccolto il 43,82% sul totale dei voti validi ( in realtà 12.285.587 su 46.127.514 pari al 26,6% dell'intero corpo elettorale) abbia totalizzato l'83,44% dei collegi uninominali in palio per la Camera dei Deputati (un effetto distorcente del 40%). In sostanza il centro destra ha pagato i suoi collegi uninomimali 102.160 voti l'uno, mentre il centro sinistra li ha pagati 610.101 voti e il M5S 422.143 (sfruttando la maggiore concentrazione territoriale). 5) Non si può affermare semplicisticamente che ci si trovi di fronte a uno "spostamento" a destra che pure c'è stato, bensì sarebbe più corretto scrivere di "ridefinizione" del profilo della destra. Complessivamente il centro - destra ha raccolto il 25 settembre 12.285.587 voti una quota in lievissima ascesa rispetto al 2018 quando i suffragi furono 12.152.345 (circa 130.000 in meno). Deve essere ricordato come dal punto di vista della raccolta di consensi il centro destra avesse toccato il proprio massimo storico nel 2008, quando l'alleanza tra il Popolo della Libertà (che comprendeva già i neo-fascisti che poi avrebbero dato vita a Fratelli d'Italia) e la Lega Nord ottenne 17.064.506 voti (quasi 5 milioni di voti in più rispetto al risultato attuale: in quel momento il centro - destra rappresentava il 36,27% degli aventi diritto al voto, oltre 10 punti in più rispetto ad oggi). 6) Naturalmente la ridefinizione identitaria del centro-destra porta il segno della crescita di Fratelli d'Italia saliti da 1.429.550 suffragi nel 2018 a 7.292.742 nel 2022. Si tratta di un fenomeno da analizzare con attenzione nel quadro di una crescente volatilità del voto in Italia, con un elettorato mobile costantemente alla ricerca del "nuovo". Abbiamo già visto il fenomeno del 2008 quando il Popolo delle Libertà conseguì la maggioranza relativa con 13.629.434 voti; successivamente toccò al PD targato Matteo Renzi in occasione delle elezioni Europee 2014 con 11.172.861, poi al Movimento 5 stelle nelle politiche 2018 con 10.732.066 e ancora con le Europee 2019 alla Lega con 9.153.638 voti e adesso a Fratelli d'Italia con i già menzionati 7.292.742 voti ottenuti il 25 settembre 2022: un cambio vorticoso di partito di maggioranza relativa dentro a un costante calo di consensi. 7) Il successo di Fratelli d'Italia è andato a scapito delle altre forze della coalizione di centro destra. Tra il 2019 e il 2022 la Lega ha praticamente dimezzato i consensi passando da 5.698.687 a 2.461.627 (perdendo voti anche nelle roccaforti dell'antica Lega Nord) mentre Forza Italia è scesa da 4.596.956 a 2.275.948, nello stesso tempo sono arretrati anche i cosiddetti "centristi" del centro-destra: l'UDC nel 2018 aveva ottenuto 427.152 voti mentre adesso la lista dei Moderati (nonostante il sostegno di personaggi come il presidente della Regione Liguria Toti e il sindaco di Venezia Brugnaro) si è fermata a quota 255.270. 8) Particolare attenzione merita il voto ottenuto dal M5S. Tutti conoscono il travagliato iter che il Movimento ha percorso nella XVIII legislatura: scissioni e microscissioni mentre rimaneva costante la presenza al Governo con 3 diverse formule: alleanza con la Lega, alleanza con il PD, governo tecnico sostenuto da "larghe intese". Nel frattempo i sondaggi davano il M5S in costante discesa, addirittura al di sotto della soglia psicologica del 10%. Alla fine, dopo un mutamento di direzione politica e una campagna elettorale fortemente orientata soprattutto alla difesa della misura-simbolo del reddito di cittadinanza, sono arrivati 4.325.977 voti pari al 15, 42% sul totale dei voti validi (pari al 9.29% del totale degli aventi diritto). Occorre molta chiarezza su questi dati, accolti con una sorta di velato e ingiustificato trionfalismo. Nel 5 anni trascorsi al governo dopo aver conseguito la maggioranza relativa il M5S ha lasciato sul campo 6.406.089 voti nella massima parte finiti nell'astensione (che nessun partito è mai stato in gradi di frenare considerato che la percentuale dei partecipanti al voto è in costante calo da decenni). D'altro canto i transfughi del Movimento, in particolare l'ormai ex-ministro degli Esteri Di Maio, hanno tentato nuove avventure politiche risultando del tutto irrilevanti. Naturalmente il calo del M5S ha aperto, nella quota uninominale, un vera e propria autostrada per il successo del centro - destra ma questo è un elemento che chiama in causa la capacità coalizionale del PD, il suo asse strategico di riferimento e - ovviamente - gli elementi distorsivi anti-democratici presenti nella vigente formula elettorale che evidenzia aspetti di sicura incostitjuzionalità. Rimane il dato di fondo degli oltre 6 milioni di voti perduti. 9) L'alleanza tra Azione e Italia Viva ha inteso collocarsi al centro dello schieramento politico con il deliberato proposito di svolgere una funzione interditrice al riguardo dei due schieramenti ritenuti principali (sottovalutando tra l'altro il possibile esito del voto al M5S). Alla fine sono arrivati 2.183.170 voti pari al 7,78% del totale di voti validi: varranno un pugno di deputati considerata la non competitività della lista nella parte uninominale. In realtà la raccolta di voti del duo Calenda - Renzi (assolutamente sovraesposto mediaticamente) è risultato di molto inferiore alle attese dei due imprenditori politici di riferimento: rimasti alla fine le vittime più illustri dell'impopolarità dell'agenda Draghi(nonostante l'apparente consenso di cui sembrava godere il suo apparente estensore). Un analogo tentativo fu svolto nel 2013 dall'uscente presidente del Consiglio Mario Monti che (a differenza di Draghi) si espose in prima persona. Il risultato fu considerato deludente ma sicuramente migliore di quello ottenuto dall'alleanza centrista in questa occasione (da accompagnare tra l'altro con il fallimento dell'ipotesi centrista portata avanti sul versante del centro destra). Prima di tutto Monti, nel 2013, riuscì a comporre una coalizione che ottenne 3.591.451 voti, oltre un milione e mezzo di voti in più rispetto all'operazione di oggi, e anche la sua lista con 2.823.841 voti (le altre componenti dell'alleanza erano rappresentate dll'UDC e dall'effimera FLI di Gianfranco Fini) raggiunse una quota superiore a quella del duo Renzi- Calenda di oggi. 10) Sul voto al PD pesa come un macigno il duplice errore strategico compiuto dal suo gruppo dirigente: prima di tutto la mancata riforma della formula elettorale da tradursi in senso pienamente proporzionale; in secondo luogo l'evidente incapacità di costruire un fronte capace di fronteggiare adeguatamente il centro-destra nei collegi uninominali. Da segnalare anche la disperata oscillazione nella campagna elettorale partita all'insegna dell'agenda Draghi e terminata con velleità simil-populiste di ritardato laburismo. Ciò nonostante il voto al PD preso per sè stesso non è pessimo: nel 2018 (fatto salvo che in quell'occasione la perdita rispetto al 2013 era stata di circa 2.000.000 di voti) il PD aveva ottenuto 6.161.896 voti scesi in questa occasione a 5.346.826 voti (con una finta crescita percentuale dovuta alla diminuzione nei voti validi): 815.070 voti in meno. Si segnala però l'assoluta assenza di consenso raccolto da alleati inseriti in lista (fra i quali 2 ex-ministri della Sanità). Il problema principale per il PD sarà quello della segreteria e quello della crisi di astinenza da governo in un partito fondato su correnti e sulla logica del potere in centro e in periferia. 11) A sinistra va segnalato il passaggio di soglia della lista Alleanza Sinistra - Verdi che, praticamente, con un 1.017.652 voti raccoglie l'intero bottino di Leu nel 2018 che ammontava a 1.114.799 voti. Si tratta di un dato che, oltre alla presenza parlamentare, sarà da verificare se potrà essere considerato punto di partenza per una necessaria ricostruzione a sinistra dopo le tante battute d'arresto fatte registrare almeno dalla vicenda della Lista Arcobaleno nel 2008 in avanti. Fallito completamente il tentativo di Unione Popolare nonostate il tentativo di personalizzazione attorno alla figura dellex-sindaco di Napoli De Magistris e l'intervento d'appoggio da parte di protagonisti della politica europea. Unione Popolare si è fermata a quota 402.187 appena sopra alla quota di 372.179 voti che era stata ottenuta dalla lista di Potere al Popolo (comprendente egualmente Rifondazione Comunista) nel 2018. Anche questi sono dati che dovrebbero fornire occasione per un ragionamento diverso dal consueto: tanto più che si è ben notata la differenza tra un'elezione per un incarico di tipo monocratico rispetto a un'elezione di tipo direttamente politico. De Magistris infatti presentadosi alle regionali calabresi con una candidatura a Presidente aveva avuto all'incirca il 16%: la lista di UP nella circolazione Calabria ha ottenuto il 25 settembre il 2,27%. Infine completamente fallito il tentativo di sfruttare l'onda no-vax e no - Europa tentata dall'ex M5S Paragone bloccato a 533.190 voti e con la lista VITA dall'altra ex-deputata pentastellata Cunial (201,370 voti, 0,8%). Lontana dal quorum anche la lista rossobruna comprendente il PC di cui è segretario Marco Rizzo che ha avuto 347.713 voti pari all'1,24%.

In Italy’s Deserted Democracy, Far-Right Giorgia Meloni Has Emerged Victorious

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UNA VITTORIA SENZA TRIONFO: LA PRUDENZA DEGLI ITALIANI INDICA LA VIA A MELONI - GLI STATI GENERALI

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martedì 20 settembre 2022

Franco Astengo: Politiche 2022. Criticità della formula elettorale

POLITICHE 2022: CRITICITA' DELLA FORMULA ELETTORALE di Franco Astengo Il sen.avv. Felice Besostri sta preparando due forme di protesta sulle quali informeremo a parte, riferite distorsioni che presenta la formula elettorale con la quale saranno suddivisi i seggi nelle elezioni politiche previste per domenica 25 aprile. Sarà bene allora chiarire nel merito alcuni punti che sorreggono l'idea di una seria contestazione all'impianto legislativo in uso. La legge n.165 del 3 novembre 2017 approvata dal Parlamento con voto di fiducia posto dal governo Gentiloni prevede un sistema misto proporzionale e maggioritario, in cui un terzo di deputati e senatori è eletto in collegi uninominali (un solo candidato per coalizione, il più votato è eletto) e i restanti due terzi sono eletti con un sistema proporzionale su lista. Dopo la riduzione del numero dei parlamentari approvata con referendum confermativo il 20 settembre 2020 ad essere eletti saranno 400 deputati e 200 senatori, dei quali, rispettivamente, 8 e 4 nelle circoscrizioni estere. I collegi italiani porteranno quindi all’elezione di 392 deputati e 196 senatori, dei quali un terzo con il maggioritario, o uninominale, e due terzi con il proporzionale, o plurinominale. Per la prima volta, anche chi ha meno di 25 anni (e più di 18) voterà per eleggere il Senato. Su questo punto si rileva una forte criticità sul numero dei seggi assegnati a ciascuna regione per il Senato laddovr si registra che regioni di minor popolazione come il Trentino Alto Adige (composto da due provincie autonome) eleggeranno un maggior numero di senatori rispetto a regioni di maggior popolazione come Calabria, Liguria, Sardegna. Sono previste soglie di sbarramento: La soglia di sbarramento nella quota proporzionale è fissata al 3% su base nazionale, sia al Senato sia alla Camera, con l’eccezione delle liste relative alle minoranze linguistiche per le quali la soglia è al 20% per la regione di riferimento. In aggiunta alla soglia del 3% è prevista anche una soglia minima del 10% per le coalizioni (all’interno delle quali però almeno una lista deve aver superato il 3%). Il candidato di un partito escluso dal riparto dei seggi perché non ha raggiunto il 3% ma eletto nel maggioritario ovviamente manterrà il suo seggio. Applicazione del proporzionale alla Camera e al Senato :un’importante differenza, stabilita dalla Costituzione, tra Camera e Senato è che il Senato deve essere eletto su base regionale. La nuova legge elettorale prevede che la ripartizione dei seggi tra le liste alla Camera sia effettuata su base nazionale mentre il riparto al Senato sarà regionale: fermo restando che le soglie del 3% e del 10% saranno comunque calcolate su base nazionale. Listini corti e bloccati: La legge prevede che i collegi plurinominali (parte proporzionale) siano formati dall’accorpamento di più collegi uninominali (parte maggioritaria). Ogni collegio plurinominale non eleggerà comunque più di 8 deputati. Nei singoli collegi plurinominali le liste sono bloccate. Secondo le indicazioni della consulta i collegi dovrebbero essere abbastanza piccoli per garantire la riconoscibilità dei candidati: tutti i nomi saranno scritti sulla scheda elettorale. Coalizioni e alleanze Un gruppo di liste coalizzate possono sostenere un solo candidato nella parte maggioritaria – uninominale e correre singolarmente nella parte plurinominale – proporzionale. Ovviamente, considerato che l’articolo 67 della Costituzione non prevede il vincolo di mandato la coalizione potrà essere sciolta in qualsiasi momento dopo le elezioni UNCA SCHEDA: NON C’E’ IL VOTO DISGIUNTO Il voto sarà espresso su di una sola scheda e non sarà possibile il voto disgiunto, ovvero la possibilità di votare un candidato nel collegio uninominale e una lista a lui non collegata nella parte proporzionale. L’elettore quindi dovrà scegliere un abbinamento candidato – partito nell’ambito della stessa coalizione. PLURICANDIDATURE E’ previsto che un candidato possa presentarsi in un collegio uninominale e in più collegi plurinominali, fino ad un massimo di cinque. In caso di elezione plurima non ci sarà però libertà di scelta dell’eletto. Se l’elezione si verificherà nella quota uninominale quello sarà il seggio assegnato; se eletto in diversi collegi plurinominali l’elezione sarà valida nel collegio nel quale la sua lista ha ottenuto la migliore percentuale. E’ previsto che ciascuno dei due sessi non possa rappresentare più del 60% dei candidati di un listino e che ciascuno dei due sessi non possa rappresentare il 60% dei capilista nei listini di un singolo partito. E’ previsto un meccanismo di recupero per i voti attribuiti ai partiti che, in coalizione nella parte uninominale – maggioritaria, non superano il 3% nella parte plurinominale – proporzionale. In quel caso le liste comprese tra l’1% e il 3% trasferiranno i loro voti ai partiti della stessa coalizione che avranno superato la soglia, in misura proporzionale rispetto ai voti da queste raccolti. Anche a costo di apparire noiosi e ripetitivi è necessario denunciare, passo per passo, tutte le storture che emergono dai vari passaggi di modifica della legge elettorale attualmente in discussione in Commissione alla Camera. Due elementi appaiono, oggi come oggi, oggetto d’attenzione: 1) Tutta la lista è completamente bloccata e gli eletti nella parte proporzionale saranno TUTTI scelti attraverso la loro posizione in lista senza preferenze e quindi senza intervento dei votanti. Non è vero che non esistono più le pluricandidature perché sarà possibile candidarsi in un collegio uninominale e in una lista blindata nella Circoscrizione.Le liste sono sì corte, ma possiamo dire irragionevolmente corte: basti pensare che il massimo di candidati per i partiti sono 4 anche quando ci sono da eleggere ben 8 Parlamentari. Le liste corte vanno messe in relazione con la circostanza che ogni candidato con il sistema plurinominale può avere fino a cinque pluricandidature, sistema che sentiamo chiamare dai nostri Rappresentanti come “paracadute” Intanto è necessario ancora una volta far notare che restano i nodi di fondo che riguardano questo sistema: 1) L’impossibilità del voto disgiunto. 2) Il numero fisso dei componenti le Assemblee impedisce la partecipazione di di candidati “indipendenti” nei collegi uninominali Cosa succede dei voti “persi”: -i voti dati nell’uninominale ai candidati non eletti sono persi e basta, non li si recupera .Se si vota solo per il candidato uninominale e non si fanno segni su nessuna delle liste che lo sostengono, il suo voto, sommato agli altri analoghi, sarà spalmato sulle liste col criterio dell’8 per mille, cioè chi ha avuto più voti in quel collegio si vedrà attribuire più voti non espressi dall’elettore. Così viene di fatto imposto all’elettore di scegliere altro soggetto ed il voto espresso solo all’uninominale (per esempio) viene trasferito al plurinominale, pur avendo l’elettore chiaramente scelto di non votare nessun altro. Ad aggravare tale aspetto concorre la circostanza che la “scelta” è fatta alla cieca, posto che l’elettore non potrà sapere il risultato di ciascuna lista del collegio plurinominale in cui ha scelto di non esercitare il voto. La mancanza della possibilità di esercitare il voto disgiunto è ancor più grave alla luce del quadro politico attuale, posto che viene imposto all’elettore che non trova gradito nessun candidato nella parte proporzionale di votare, di fatto, il partito più grande. Del tutto privo di logica è anche il meccanismo per il quale i partiti che a livello nazionale superano l’1% dei voti concorreranno a formare la cifra complessiva della coalizione, ma se non superano il 3% di voti non eleggeranno alcun Deputato ed i loro voti verranno ripartiti proporzionalmente alle altre liste. In sostanza si dice: hai scelto uno che non è forte abbastanza, allora “noi” premiamo il più forte; non ci sono argomenti logici per spiegare una scelta del genere. Sicuramente questa sono norme contrarie alla Costituzione in quanto violano: 1) personalità del voto; 2) libertà del voto; 3) il principio di delega.

Cile, Svezia e tra qualche giorno l’Italia: una sinistra senza bussola - terzogiornale

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Sweden's general election: Winners, losers, and what happens next | EUROPP

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L’Union européenne géopolitique selon Olaf Scholz - Fondation Jean-Jaurès

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Lo sviluppo umano delle economie avanzate si sta deteriorando? - Etica ed Economia

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Perché l'antipolitica - Etica ed Economia

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martedì 13 settembre 2022

Franco Astengo: Numeri dalla Svezia

NUMERI DALLA SVEZIA di Franco Astengo Il completamento delle operazioni di scrutinio con i voti dall'estero consente una prima analisi compiuta nel merito del risultato elettorale svedese analizzando i numeri in cifra assoluta e non in percentuale relativa. Prima di tutto la partecipazione al voto ha fatto registrare una lieve flessione nel totale dei voti validi scesi da 6.476.725 nel 2018 a 6.227.229 nel 2022 con una sostanziale tenuta ( meno 249.496). Esaminiamo allora il travaso di voti dal Partito Moderato al Partito Democratico(estrema destra) che ha fatto affermare agli osservatori di uno spostamento verso l'estrema destra: nel 2018 il Partito Moderato aveva raccolto 1.284.698 voti scesi nel 2022 a 1.187.350; il Partito Democratico di Svezia è salito da 1.135.627 nel 2018 a 1.282.352 nel 2022. I moderati hanno perso dunque 97.348 suffragi mentre i Democratici sono cresciuti di 146.725, quindi pescando voti anche al di fuori dall'insterscambio con i moderati (interscambio che ha consentito agli osservatori di scrivere di una "estremizzazione" della borghesia svedese). La tesi dell'estremizzazione della borghesia è confermata dal calo del Partito di Centro: calo dal quale dovrebbe derivare l'altra fonte di crescita per i democratici. Il Partito di Centro aveva ottenuto nel 2018 557.500 voti scesi a 417.851 nel 2022 con una flessione di 139.649 suffragi. La somma delle perdite di Moderati e Centro assomma dunque a 236.997 voti andati, per una parte, ai democratici e per un'altra presumibilmente all'astensione. Sul versante del centro - sinistra il Partito Socialdemocratico (perno tradizionale dello schieramento) ha aumentato i propri voti, dimostrando anche di non aver subito contraccolpi dalla scelta di adesione alla NATO: nel 2018 il Partito Socialdemocratico dei Lavoratori di Svezia aveva avuto 1,830. 386 consensi saliti a 1.897. 965 con un incremento di 67.579 suffragi. Una vistosa flessione si è verificata invece per il partito Democristiano sceso a 333.327 voti nel 2022 dai 409.478 del 2018, con un calo di 76.151 voti. Esaminiano allora il complesso dello spostamento di voti nell'area rosso - verde: calo per la Left scesa a 414.604 nel 2022 in luogo dei 518.454 del 2018 (meno 103.850) perdita non compensata dall'ascesa dei Verdi da 285.899 nel 2018 a 314.579 nel 2022 (più 28.680). Nella sostanza l'area rosso - verde perde 75.170 voti cui andrebbero aggiunti i 29.665 voti di Iniziativa Femminista 2018 non conteggiati (una parte di questi voti potrebbe essere inclusa nella voce "altri" della tabella). Flessione anche per il partito Liberale sceso da 355.546 voti nel 2018 a 286.503 nel 2022 ( una perdita di 69.043 voti). In sostanza ci troviamo di fronte a uno spostamento a destra dovuto all'incremento del Partito Democratico (più 146.725) dovuto alla perdita dei Moderati (97.348) e del Partito di Centro (139.649) : decrementi quelli dei Moderati e del Partito di Centro che potrebbero anche aver favorito l'astensione. Nell'area del centro - sinistra si è invece accentuata la polarizzazione sul Partito Socialdemocratico il cui incremento accompagnato dalla crescita dei Verdi non ha compensato la perdita, da un lato, della Sinistra e dall'altro dei Liberali e dei democristiani. Esito da cui nasce la difficoltà evidente che si presenta per il sistema politico svedese.

lunedì 12 settembre 2022

San Siro: Sala e il PD possono rimediare e fare bella figura - Il Migliorista

San Siro: Sala e il PD possono rimediare e fare bella figura - Il Migliorista

L’EUROPA E IL GAS -

L’EUROPA E IL GAS -

Roberto Biscardini: A due settimane dal voto

A DUE SETTIMANE DAL VOTO di Roberto Biscardini A poco più di due settimane dal voto del 25 settembre non diminuisce l’incertezza degli elettori a fronte di una campagna elettorale sostanzialmente inesistente. Spesa nelle prime settimane quasi esclusivamente a discutere di candidature per rispondere ad una legge elettorale pessima e incostituzionale, che consente ai segretari dei partiti di determinare a tavolino, a meno di qualche seggio ancora contendibili, i parlamentari che saranno eletti. Non è un caso infatti che nessun segretario di partito si sia impegnato veramente per cambiare questa legge, non rinunciando a scegliere i parlamentari a loro più vicini, dopo avere peraltro approvato il taglio del numero dei parlamentari e ridotto così ulteriormente il diritto di rappresentanza dei cittadini e dei territori. E’ in questo quadro che la disaffezione e la delusione nei confronti della politica non è diminuita, e cresce in molti la sensazione che il proprio voto sia sostanzialmente inutile. Tutto sembra già deciso e il risultato scontato: che la coalizione di centrodestra possa vincere alla grande rispetto a quella di centrosinistra e che il successo di Giorgia Meloni possa essere non solo sicuro ma anche di rilevanti dimensioni. Un’avanzata della destra, segno di un generale degrado della politica dovuto all’affermazione progressiva della cultura e del disegno neo-liberista, all’assenza per anni di una politica di sinistra da parte delle forze che si erano candidate a rappresentarla, alla crisi del sistema istituzionale. E così al fisiologico voto della destra e dei conservatori si aggiungerebbe oggi quello espressione della crisi di fiducia nella politica e quello delle aree economiche più disagiate che si appoggiano di volta in volta su chi appare in quel momento più forte e credibile. Pur con le ovvie differenze, ciò che rimane del vecchio bipolarismo ha in comune più la conservazione degli attuali assetti sociali che non la contrapposizione di progetti tra loro alternativi. Entrambi portano la responsabilità di aver annullato il ruolo democratico ed essenziale dei partiti, di aver lasciato campo libero agli interessi della speculazione finanziaria e della burocrazia parassitaria, facendo carta straccia di molte pagine della nostra Costituzione nonostante la retorica della “Costituzione più bella del mondo”. Nonostante questo scenario assolutamente preoccupante, spetta a noi, e a chi ha ancora voglia di reagire, di non ritenere il 25 settembre l’ultima spiaggia rispetto alla necessità di un cambio di rotta. Un cambiamento necessario, nella prospettiva di costruire una nuova alleanza sociale ed elettorale per rispondere alle istanze economiche e sociali della fasce più deboli, dei lavoratori dipendenti e precari e dei ceti medi impoveriti. Per tutti coloro le cui ingiustizie e disuguaglianze sono aggravate dagli effetti della guerra e dal crescere delle difficoltà economiche dei prossimi mesi. Costruire una nuova offerta politica a fronte di una domanda crescente con non ha trovato da anni alcuna risposta. Oggi, in assenza di una lista dichiaratamente socialista e socialdemocratica, chi per identità o per scelta riconosce nei fatti, e in questo particolare momento, l’urgenza di una svolta e il bisogno di politiche socialiste come necessità concreta, potrà, pur con opzioni diverse, sostenere quelle forze e quei candidati che danno maggiori garanzie affinché nel prossimo Parlamento ci sia un’opposizione forte ed efficace al possibile governo della destra. Scelte elettorali, tutte in qualche modo giustificabili, a condizione di non ritenere che la partita di ricostruzione di un nuovo socialismo, all’altezza della gravità della situazione, sia chiusa. Rimarrà, dal giorno dopo, come aprire questa nuova fase, attraverso la partecipazione di tutti coloro che si rendono disponibili a costruire una nuova sinistra, oggi non più riconoscibile e che ha fatto della sua debolezza una delle cause principali sia della crisi del sistema, sia del possibile successo della destra.

LA SFIDA VINCENTE DEL CENTRO-DESTRA - GLI STATI GENERALI

LA SFIDA VINCENTE DEL CENTRO-DESTRA - GLI STATI GENERALI

Franco Astengo: Punti elettorali

PUNTI ELETTORALI di Franco Astengo 1) Le fonti più accreditate ed autorevoli della politologia italiana indicano che il risultato elettorale è già deciso a favore del centro destra: all'inizio della campagna elettorale l'Istituto Cattaneo stimava alla Camera 141 seggi al centrosinistra (comprensivo dei centristi), 29 al M5S, 228 al centrodestra, 2 ad altri partiti. Attualmente la stima è di 249 al centrodestra (Fdi 135; Lega 67; Forza Italia 41, Moderati 6), 82 al centrosinistra (PD 69, Sinistra Italiana - Verdi 11, Bonino 1, Impegno Civico 1), 37 al movimento 5 stelle, 18 ai centristi, Italexit 8, SVP 3. Al Senato, a luglio: 68 al centrosinistra (comprensivo dei centristi), 13 movimento 5 stelle, 117 centrodestra. Attualmente: 43 al centrosinistra (36 PD, 6 Verdi - Sinistra Italiana, 1 Bonino), 9 ai centristi, 19 al Movimento 5 stelle, 121 al centro destra (64 a FdI, 33 Lega, 21 Forza Italia, 3 Moderati) SVP e altri 4. 2) Valutazione conseguente: la campagna elettorale sta muovendo molto poco anche perché non compaiono opzioni convincenti sui temi principali (primo fra tutti l'inflazione, poi il lavoro mentre appare sempre più abbandonato il tema della guerra dove la scelta atlantica e filo USA non è penetrata e appare in difficoltà la coincidenza NATO/UE). 3) In particolare appare in grande difficoltà il tentativo di sviluppare da parte del PD una campagna elettorale all'insegna del "voto utile" (ridicolmente collocato in una dimensione di difesa costituzionale e di critica alla legge elettorale, dopo essere stato uno dei principali artefici dell'attacco alla Costituzione) in una idea di contrapposizione frontale con FdI rievocando così la "vocazione maggioritaria". E' mancata da parte del PD l'applicazione di un vecchio principio secondo il quale le elezioni si vincono non irrigidendo il fronte avversario. Errore commesso anche dalla Lega che non ha analizzato il fallimento di quota 100 mentre il centrodestra nel suo insieme ha contribuito a rilanciare il M5S (danneggiando così il PD) attaccando quota 100 e di conseguenza irrigidendo in difesa gran parte dei percettori (in buona parte dislocati al Sud). 4) Il grosso dell'astensionismo sembra rimasto numericamente intatto. Se guardiamo alla media possibile del totale dei voti validi tra il calo fatto registrare tra politiche 2013 (34.005.755) ed europee 2014 (quelle del falso 40% di Renzi: 27.371.744) e politiche 2018 (32.841.025) ed europee 2019 ( 26.662.962) comparando anche i dati della partecipazione nelle elezioni regionali seguenti alle europee tra 2020 e 2021 pare ragionevole si mantenga un trend di caduta tra 1.500.000 e 2.000.000 di voti rispetto al 2018 con una partecipazione che si aggirerebbe al 65% (31.500.000 presenti alle urne cui vanno detratti i fisiologici 1.500.000 tra bianche e nulle con un netto di voti validi attorno ai 30.000.000) 5) La formula elettorale in uso ci dice anche che non esiste voto utile a fronteggiare la destra. Non servirebbe neppure un recupero dell'astensione se non avvenisse mirato in alcune regioni come Piemonte, Lombardia, Veneto, Sicilia dando per scontato che (come non è) la maggioranza di un eventuale ritorno alle urne fosse composto da elettrici ed elettori orientati a sinistra. Il voto al PD, considerata l'impossibilità del voto disgiunto, è utile soltanto per chi ha interesse agli equilibri interni al Partito Democratico (e all'eventuale idea di un ritorno, fra qualche tempo, a un governo tecnico e/o di "larghe intese"). 6) A sinistra la presenza di due liste, una legata alla formula del centro - sinistra (Alleanza Sinistra Italiana - Verdi) e l'altra impegnata fuori da un contesto di alleanza (Unione Popolare), oltre alla presenza di esponenti di Articolo 1 nelle liste del PD, pone ancora una volta la questione del "quorum". I dati sopra riportati indicherebbero l'alleanza Sinistra Italiana - Verdi come la più vicina al passaggio della soglia. Dal punto di vista di Sinistra Italiana vanno rimarcate tre forti carenze nello sviluppo della campagna elettorale: da un lato sul versante dell'opzione pacifista, in particolare di matrice cattolica, dall'altro lato sui temi della condizione materiale di vita (inflazione) e del lavoro e ancora nel mettere al centro la questione dell'affermazione costituzionale e di una nuova formula elettorale in linea con le battaglie fatte contro le leggi vigenti e nel referendum sul taglio dei parlamentari (su questo punto esiste anche una questione di trascuratezza nel rapporto con settori della sinistra storica e del mondo socialista particolarmente impegnati in questo campo). Così come servirebbe un'espressione di appoggio verso la proposta di esprimere una forma di protesta circa il sistema d'elezione (liste bloccate, ecc.) da presentare ai presidenti di sezione. 7) In questo modo si pone sicuramente la questione di una presenza parlamentare della Sinistra (tenuto conto che l'alleanza sinistra italiana - verdi non si presenta come progetto strategico di nuova identità e soggettività della sinistra italiana) ad una precisa condizione: la presenza parlamentare della Sinistra (che pure risulterà molto limitata numericamente) dovrebbe rappresentare un punto utile per il futuro soltanto a condizione che non rappresenti un punto di autoconservazione di un gruppo chiuso ma il momento di apertura per una nuova prospettiva a sinistra di cui si è tanto discusso. E' necessario però impostare su questo elemento l'ultima parte della campagna elettorale.

venerdì 9 settembre 2022

Crisi energetica, per l'Italia la tempesta è già qui. L'economista Polo: "Pochi margini di manovra per il nuovo governo. E in Europa serve una compattezza che non è scontata" - Il Fatto Quotidiano

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La batosta elettorale in Cile non significa sostegno alla Costituzione di Pinochet - Strisciarossa

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Where is the French left going? – Christophe Sente and Christopher Mackin

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Sweden's neck-and-neck election race – Democracy and society | IPS Journal

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Enzo Cheli: Perché dico no al presidenzialismo

03-Cheli-FQC-3-2022.pdf

giovedì 8 settembre 2022

La dittatura della finanza e il mercato del gas | Global Project

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In Cile vince il “rechazo” ma la battaglia per cambiare il paese continua | Global Project

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🖊️ ProgPage: The war-price spiral

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Franco Astengo: Proposte a sinistra

PROPOSTE A SINISTRA Sintesi della relazione svolta da FRANCO ASTENGO all'assemblea dell'Associazione "Il rosso non è il nero" (Savona 6 settembre 2022) La prospettiva politica che si presenta alla vigilia delle elezioni può essere così riassunta: 1) Governo di destra se la coalizione Fdi-Lega-FI supera il 65% dei seggi alla Camera e al Senato e al'interno della coalizione Fratelli d'Italia consegue la maggioranza assoluta (120 seggi su 240 alla Camera); 2) In caso contrario ritorna in scena la prospettiva delle larghe intese e del governo tecnico (che sarà richiesto dalla crescita di peso delle politiche pubbliche su base sovranazionale, considerato il combinato disposto tra emergenza sanitaria, guerra, speculazione finanziaria). Premesso: a) che il richiamo al "voto utile per la democrazia" lanciato dal segretario del PD appare del tutto campato in aria stante i meccanismi presenti nella formula elettorale che lo stesso PD non solo aveva votato ma di cui un suo esponente (poi passato a IV) era stato relatore. In seguito lo stesso PD ha contributo a mantenere in vita questa formula nonostante gli evidenti profili di incostituzionalità e di oggettivo vantaggio per la destra; b) Assieme a molti altri elementi di merito il tema costituzionale è quello che rende il sistema estremamente fragile come abbiamo visto seguendo nel corso degli anni i fenomeni della personalizzazione, dell'astensionismo, della volatilità elettorale, dei clamorosi errori commessi in occasione della modifica del titolo V e della riduzione nel numero dei parlamentari . Fragilità del sistema alla quale ha sicuramente concorso in maniera molto accentuata il M5S puntando prima sulla delegittimazione delle istituzioni poi convertendosi, con una operazione di gigantesco trasformismo, in una logica di governo populista e opportunista; c) si pone il tema di una possibilità a sinistra di riuscire nell'intento di superare la soglia e conseguire una rappresentanza parlamentare. Sinistra della quale non si possono comunque omettere i limiti profondi accumulati in anni di mancata espressione di autonomia strategica attorno ai temi decisivi della nuova qualità delle contraddizioni sociali: un'assenza di progettualità sistemica che ha portato le diverse formazioni seguite alla diaspora della sinistra storica in una dimensione di assoluta marginalità. Per arrivare a ottenere un risultato di presenza istituzionale della sinistra, che appare comunque di una qualche importanza per la democrazia italiana ed europea, è necessario allora riflettere su due punti: 1) una maggiore definizione di identità legata alla condizione economico - sociale dei propri ceti di tradizionale riferimento soprattutto al riguardo dell'opzione di ricerca della pace nel conflitto europeo in corso; dell'intervento pubblico in economia (mentre a destra si lavora su nazionalismo e coroporativismo) da realizzarsi nel quadro sovranazionale; della difesa delle condizioni materiali di vita dei lavoratori dipendenti dall'inflazione. Rispetto alla difesa delle condizioni materiali di vita per lavoratrici, lavoratori, pensionate, pensionati una proposta possibile nell'immediato potrebbe essere quella dell'utilizzo della tassazione sugli extra-profitti delle aziende energetiche (ma non solo se si pensa alla speculazione sui generi alimentari) per finanziare almeno per 12 mesi il ripristino della scala mobile adeguando ogni 3 mesi stipendi e salari al tasso effettivo di inflazione. 2) l'avvio immediato di un discorso che preveda, per l'immediato post - elezioni, una fase di concreta interlocuzione tra i diversi soggetti politici, associativi, espressione di diverse realtà culturali sul territorio con il fine di porre con i piedi per terra i termini concreti di un adeguato recupero di soggettività di sinistra, tema tante volte toccato negli anni ma mai affrontato davvero mentre - come già accennato - si accentuava sempre di più la marginalità delle forze esistenti.

domenica 4 settembre 2022

Luciano Belli Paci: L'ora è fuggita....

L’ORA È FUGGITA E VOTO DISPERATO Più si avvicina il giorno delle elezioni e più mi frulla nella testa la romanza della Tosca: “… l’ora è fuggita e muoio disperato”. Ma fortunatamente, mentre Cavaradossi si dispera perché deve morire, io mi dispero solo perché devo votare. L’ora è fuggita e non è stato realizzato quel “partito che non c’è” che nel 2018 avevo invocato come meta dell’operazione Liberi e Uguali ( https://www.facebook.com/luciano.bellipaci.9/posts/pfbid0jZ3nFz4Z2JDBZjjDojuGNdyeMS6MD2iXFTErSNaYJ8BjbBbFj358kdPeyCA2Tw4Ml ). I partitini fondatori di LeU sono sempre lì, sempre più esangui, settari e senza scopo. Dopo anni da separati in casa nello stesso gruppo, adesso lo sono nella stessa coalizione. L’ora è fuggita e non è stata fatta una decente legge elettorale. Così si rivota con la legge più pazza del mondo, ma questa volta con rischi decuplicati. E sì che da anni erano stati avvisati che il Rosatellum era una bomba innescata e che tic-tac tic-tac, prima o poi … ( https://www.facebook.com/luciano.bellipaci.9/posts/pfbid0KqYhqPB8D2Y4gt6aw6HKcHASCp3CZYvN4uSixovQ7SbJJBGYkCkUSKmhoMyzGTrFl ) L’ora è fuggita e M5S e PD hanno buttato nel cesso il vaccino che li salvava dai rispettivi virus, e che era anche l’unico scudo che avrebbe potuto contrastare il trionfo delle destre: il campo largo. Quella strana alleanza stava educando i grillini a non confondere le istituzioni con scatole di tonno, e il Pd a non pensare alle brioche ogni volta che il popolo protesta. Niente, Conte senza neanche rendersene conto ha creato l’incidente che ha portato alla crisi, e Letta come nella barzelletta ha fatto il marito tradito che si taglia gli attributi: due geni ! L’ora è fuggita ed è arrivata, inattesa, la guerra in Europa. E come al solito la guerra divide la sinistra, sconvolgendo anche legami e amicizie. Per me è impossibile stare con quelli che, replicando in forma farsesca gli errori del 1939, non si schierano senza remore contro quanto c’è di più simile al fascismo nel nostro tempo: l’aggressività di Putin e dell’internazionale che a lui fa riferimento. Con quelli che per decenni hanno strepitato contro l’imperialismo e per l’autodeterminazione dei popoli ma, evidentemente, coltivavano solo una suprema ostilità verso l’Occidente. L’ora è fuggita ed io, che ho sempre votato con passione per partiti dei quali spesso ero anche iscritto e militante, questa volta mi ritrovo a lottare contro la tentazione fortissima di non votare. In queste elezioni non c’è nessuno che mi rappresenti, neppure approssimativamente; nessuno merita davvero il mio voto, anzi tutti (parlo ovviamente del mio campo, che è la sinistra democratica) meriterebbero di essere mandati con tutto il cuore a quel paese. Eppure devo votare, per non dovermi rimproverare un giorno di non averlo fatto. Devo vincere la nausea e la rabbia, turarmi naso, occhi e orecchie, ma voterò. Non voterò a favore, ma solo contro. Pur di votare contro, il 25 settembre voterò l’unico schieramento che ha una possibilità, ancorché minima, di contenere le dimensioni della vittoria delle destre: l’alleanza di centro-sinistra. E lì dentro voterò, per mancanza di alternative accettabili, il partito senz’anima che mai avrei pensato di votare e la cui stessa esistenza costituisce dall’origine un’ipoteca per l’evoluzione della sinistra e dell’intero assetto politico nel nostro Paese: il Pd, o meglio (così mi distraggo un po’) la lista Italia democratica e progressista. Per aumentare la mia disperazione, mi hanno messo nell’uninominale Camera il pannelliano di destra Benedetto Della Vedova, e nella lista proporzionale Senato capolista Carlo Cottarelli. Quello che si è candidato per “evitare che il Pd si sbilanci troppo a sinistra”. Non ditemi niente, forse stava meglio Cavaradossi. Luciano Belli Paci

L’attentato a Cristina Kirchner nell’Argentina spaccata in due

L’attentato a Cristina Kirchner nell’Argentina spaccata in due

giovedì 1 settembre 2022

Istat: "A luglio 22mila occupati in meno, tutte donne. È il primo calo da agosto 2021". Aumentano solo i precari: sono 3,16 milioni - Il Fatto Quotidiano

Istat: "A luglio 22mila occupati in meno, tutte donne. È il primo calo da agosto 2021". Aumentano solo i precari: sono 3,16 milioni - Il Fatto Quotidiano

Il partito unico della ricchezza intoccabile - Sbilanciamoci - L’economia com’è e come può essere. Per un’Italia capace di futuro

Il partito unico della ricchezza intoccabile - Sbilanciamoci - L’economia com’è e come può essere. Per un’Italia capace di futuro: In Italia la ricchezza privata cresce del 50% in dieci anni, mentre crescono povertà e disuguaglianze. Ma nessun politico affronta il tema.

How Italy Lurched From Anti-Fascism to Anti-Politics

How Italy Lurched From Anti-Fascism to Anti-Politics: After 1945, Italy had strong left-wing movements and an anti-fascist consensus that stemmed from the wartime resistance. Since the 1990s, however, a corrosive “anti-political” mood has displaced anti-fascism, and the far right has been the main beneficiary.

Cile: referendum storico in un paese diviso

Cile: referendum storico in un paese diviso