sabato 31 ottobre 2020

Paolo Zinna: Lettera aperta a Roberto Biscardini

In passato il centro di Milano era racchiuso entro una Cerchia dei Navigli all’aria aperta. Oggi l’Associazione Riaprire i Navigli (di cui R. Biscardini è Presidente) vorrebbe farla riaprire. Quest’idea, molto cara al Sindaco Sala, non convince tutti. Recentemente, su Arcipelago Milano, Giuseppe Ucciero la ha duramente criticata, Biscardini ha replicato e la polemica pare spegnersi qui. Credo invece che valga la pena di tornarci sopra adesso, perché la questione è ancora aperta a tutti gli esiti, l’impatto su Milano sarebbe enorme, le risorse da mobilitare ingentissime. La Città Metropolitana, interrogata da Roma, ha incluso “i Navigli” fra i progetti cui assegnare le risorse del Recovery Fund, anzi, un Miliardo di euro, metà per la riqualificazione dei Navigli extraurbani, metà per la “riapertura” dei Navigli urbani. Scrivo perciò queste note come una “lettera aperta” diretta non all’arch. Roberto Biscardini del Politecnico ma al compagno socialista, e mi perdonerà l’informalità. Caro Roberto, non sono pregiudizialmente contrario al progetto Navigli. Credo però che lo dobbiamo discutere con assoluta chiarezza e rigore, nei vantaggi e negli aspetti critici, a cominciare dalla definizione. Non chiamiamolo “riaprire i Navigli”, i navigli storici erano canali con prevalente funzione di vie di trasporto commerciale – ciò che oggi si propone è una pregevole ipotesi urbanistica di rigenerazione della città, soprattutto nelle aree centrali e semicentrali interessate: è in quest’ottica che dobbiamo proporlo e valutarlo. Valutarlo dovrebbe voler dire inserirlo in una visione complessiva dello sviluppo di Milano nei prossimi decenni e porlo a confronto con altre e diverse soluzioni. Molto si potrebbe dire ed è stato detto a favore e contro – ma salto alle mie conclusioni: se il Sindaco avesse riproposto nel 2017 la domanda del referendum del 2011 “Volete voi che il Comune di Milano …. proceda gradualmente alla riattivazione idraulica e paesaggistica del sistema dei Navigli milanesi sulla base di uno specifico percorso progettuale di fattibilità?”,avrei dato una generica opinione favorevole, come fecero quasi tutti i votanti del 2011. Se ci viene chiesto se una Milano con le case che si specchiano nei canali sia più bella della Milano attuale, risponderei di sì. Ma qui emergono i due nodi che oggi mi rendono perplesso e sui quali ti chiedo una risposta meditata e non minimizzante. Cerco di chiedermi per prima cosa quali siano i bisogni dei miei concittadini meno favoriti e se le politiche che propongo li soddisferanno. Io a Milano metterei al primo posto il bisogno insoddisfatto di una casa: più di diecimila famiglie hanno richiesto l’assegnazione di una casa popolare nel bando del 2019, se ne assegnano poche migliaia fra Comune – MM e Aler, nascono sempre nuove necessità, lo stock di inevaso, così, non finirà mai. Quasi duemila famiglie sono state riconosciute da Aler in stato di “morosità incolpevole”: a pagare l’affitto popolare proprio non ce la fanno. Non vogliamo destinare i 500 milioni dei Navigli urbani ad un grande programma di ristrutturazioni – nuove costruzioni – canoni soggettivamente sostenibili? Anche il Sindaco nel 2019 diceva: mi piacerebbe riaprire i Navigli, ma oggi ci sono altre priorità. Quest’anno, poi, è cambiato qualcosa di fondamentale con la pandemia da COVID. Raggiungere il centro di Milano è diventato critico e molti hanno lasciato il trasporto pubblico e sono in parte tornati al mezzo individuale, con i soliti problemi di congestione e inquinamento. Per un TPL sicuro, occorrerebbe un coefficiente di riempimento al 50%. Forse la Città Metropolitana, con 500 milioni, potrebbe proporsi un grande progetto di investimento sia in infrastrutture che, soprattutto in mezzi rotabili adeguati. La rigenerazione della città usando i “nuovi Navigli” è sicuramente pregevole, come dicevo, “nice to have”. Ma io, da socialista, ti chiedo: cosa rispondiamo alle priorità che pongo?

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