mercoledì 22 gennaio 2020

Franco Astengo: Proporzionale

PROPORZIONALE di Franco Astengo Rispondendo a due lettori del “Corriere della Sera” nel merito della bocciatura della proposta leghista di referendum sulla legge elettorale Aldo Cazzullo sotto il titolo “Triste spettacolo: il PD festeggia il proporzionale” scrive una cosa che mi permetto di giudicare davvero molto triste: “ E priverà in futuro i riformisti della possibilità di cambiare le cose, senza affondare nella palude delle coalizioni e delle clientele”. E’ la solita mistificante solfa che ascoltiamo dal 1993 sulla necessità di semplificazione dell’agire politico. Si rispolvera così l’inno alla governabilità che ha fornito esiti disastrosi per questo paese: naturalmente non si è trattato di un esclusivo agente negativo, ma sicuramente il culto del maggioritario (con relativa “vocazione”) è stato un fattore determinante nella giravolta di fallimenti che, sul piano istituzionale, hanno seguito il mutamento della formula di voto propugnata dalla follia referendaria del 1993. Non si può smarrire la memoria di ciò che fu deciso nella Costituente: centralità del parlamento. Come conseguenza della centralità del Parlamento sorse naturale la necessità di una presenza nelle aule parlamentari (e nell’insieme dei consessi elettivi anche a livello locale) delle principali sensibilità politiche e culturali presenti nel Paese; da qui la scelta del proporzionale con la legge elettorale esclusa dal novero dei testi legislativi costituzionali. Con la proporzionale fu ricostruita l’Italia dalle macerie della guerra e accompagnato il “miracolo economico”: certo, tutto ciò avvenne tra grandi contraddizioni derivanti anche dalla divisione del mondo in senso bipolare e la conseguente – sul piano politico italiano- formulazione della “conventio ad excludendum” rivolta verso il PCI,a un certo punto addirittura minacciato di messa fuori legge. Tempi difficili che non debbono essere dimenticati, non cadendo nella facile trappola di un giudizio di eccesso d’instabilità: anzi avvenne il contrario, se pensiamo alle difficoltà che si affrontarono per arrivare al centro sinistra. L’esplosione di nuove contraddizioni sociali, il graduale abbandono dell’idea della politica come espressione di pensiero e il prevalere di un personalismo “dell’apparire”, il mutamento delle esigenze di sovranazionalità dovute alla costruzione europea e al disequilibrio sul piano planetario dovuto alla caduta del muro di Berlino, la rapidità dell’innovazione tecnologica principalmente posta sul piano della comunicazione di massa: queste le principali ragioni (affrontate superficialmente, soltanto sul versante politicista, almeno nel sistema politico italiano) del mutamento di scenario. Da qui però rispetto all’assoluta “damnatio memoriae” della formula proporzionale dovrebbe correrci qualcosa in mezzo e il principale quotidiano di quella che fu la borghesia italiana dovrebbe avere il dovere di promuovere una riflessione più compiuta, sia sul piano storico sia sul piano politico, anche rispetto all’attualità.

2 commenti:

Claudio ha detto...

penso che un giorno gli storici parleranno dell'infinita stupidità del ceto politico italiano, che non essendo in grado di formare un governo autorevole e duraturo basato su analisi contemporanee e programmi seri e realizzabili, preferisce giocarsi il governo al casinò: tocca a quello che prende più voti anchese non rappresenta la maggioranza degli italiani. E abbiamo esponenti politici e culturali che pongonon come primo criterio di scelta l'essere "maggioritari" cioè favorevoli a tutto il potere alla maggior minoranza.Io li chiamerei, invece, parafascisti, e quelli che sostengono queste posizioni nel PD imbecilli, dato che nelle ultime elezioni tutto il potere sarebbe andato ai 5s e nelle prossime alla Lega. Che nel PD prevalgano i "maggioritari vuol solo dire che la baracca è in mano ai più stupidi, che peraltro hanno eliminato il voto all'interno del partito e si limitano a cooptarsi tra di loro

mimmo ha detto...

Franco Astengo, ripropone con puntualità la scenografia da cui nacque la Costituzione dei valori e dei compromessi. Mi pongo una domanda, se non ci fosse stato il 1919/30, la scissione di Livorno, l’eliminazione dei riformisti, nessuna dipendendenza/condizionamento con Mosca, il modello di repubblica sarebbe stato lo stesso?
Se uno stato moderno, nel terzo millennio, in cui l’internalizzazione contrassegna una ripartizione di poteri, considerebbe questo modello più funzionale?.
Pongo il quesito ad Astengo perché è’ più notarile nelle sue analisi.