lunedì 27 gennaio 2020

Franco Astengo: Numeri elettorali dall'Emilia-Romagna e dalla Calabria

NUMERI ELETTORALI DALL’EMILIA ROMAGNA E DALLA CALABRIA EMILIA ROMAGNA L’analisi dei dati emersi dalle attesissime elezioni regionali svoltesi il 26 gennaio in Emilia Romagna e Calabria è resa più complicata dal permanere di un alto tasso di volatilità elettorale e dalla presenza, in Emilia Romagna ma non in Calabria, della possibilità di effettuare il cosiddetto “voto disgiunto” scegliendo cioè una lista diversa rispetto a quelle che appoggiano il candidato Presidente prescelto. Inoltre, per quel che riguarda l’Emilia Romagna, la lettura dei dati risulta ancora più difficile perché nell’elezione omologa del 2014 si registrò una delle più basse percentuali di voti validi espressi nell’intera storia elettorale del nostro Paese: risultavano allora iscritti nelle liste 3.460.402 elettrici ed elettori mentre i voti validi per i candidati presidenti furono 1.255.258 (36,27%) e per le liste 1.201.385 (34,71%). L’eletto Bonaccini ottenne 615.723 voti su 3.460.402 elettrici ed elettori pari al 17,79%. Il raffronto tra questi numeri e quelli della partecipazione fatta registrare il 26 gennaio 2020 ha fatto gridare a un incremento esponenziale dell’interesse per questo voto: interesse che sarebbe stato alimentato anche dalla presenza del movimento delle cosiddette “Sardine” oltre che dalla posta in palio spostata, incautamente almeno da parte della Lega, verso le scelte di governo nazionale. In realtà se ci si rapporta al totale dei voti validi che si erano registrato nelle elezioni successive a quelle regionali del 2014, Politiche 2018 ed Europee 2019 riscontriamo che il voto regionale del 2020 rientra nel solco del trend dimostratosi nel corso delle ultime consultazioni. Nell’occasione delle politiche 2018, infatti, in Emilia – Romagna si ebbero 2.355.184 voti validi su 3.326.885 elettrici ed elettori pari al 70,79% degli aventi diritto (si ricorda che nell’occasione delle politiche gli elettori residenti all’estero possono votare là dove si trovano). Alle europee 2019 elettrici ed elettori dell’Emilia Romagna depositarono 2.250.389 voti validi pari al 64,97% dell’intero corpo elettorale composto da 3.463.541 unità. Il 26 gennaio 2020 i voti validi per i presidenti sono stati 2.323.353 su 3.508.179 pari al 66,22% (più 1,25 rispetto alle Europee) mentre per le liste si sono avuti 2.158.450 suffragi (61,52% quindi con una flessione del 3,45% rispetto alle europee). Nella sostanza siamo al di sotto del 70% del totale dei voti validi, in linea cioè con il trend di questi ultimi anni e non certo di fronte a una sorta di boom nell’interesse elettorale, considerato anche che le elezioni regionali del 2020 sono rimaste a lungo sotto la luce dei riflettori mediatici. Passiamo allora ad analizzare l’altro elemento di sicuro rilievo in questa tornata: il voto ai candidati Presidente anche sotto l’aspetto delle espressioni di voto disgiunto. Un’osservazione preliminare: prima di tutto il riconfermato presidente Bonaccini esce da questa consultazione con un sicuro più di legittimità. Infatti, il Presidente fu eletto nel 2014 con 615.723 voti su 3.460.402 elettrici ed elettori pari al 17,79%. Sei anni dopo i voti sono saliti a 1.195.021 su 3.508.179 iscritte e iscritti nelle liste con una percentuale del 34,06%, quasi raddoppiata. Inoltre le liste collegate alla candidatura Bonaccini hanno ottenuto 1.039.201 voti; quindi il Presidente appena rieletto ha avuto 155.820 voti in più rispetto alle liste. C’era molta curiosità circa la possibilità di espressione di voto disgiunto da parte dell’elettorato che avrebbe scelto la lista del M5S: in effetti, il candidato presidente del M5S ha ottenuto 80.676 voti mentre la lista è salita fino a 102.302. Mancano all’appello 21.626 suffragi finiti evidentemente nel calderone del voto disgiunto. Anche la candidata Borgonzoni rappresentante del centro – destra ha usufruito di voti personali superiori a quelli ottenuto dalle sue liste di sostegno: alla candidata presidente, infatti, sono stati assegnati 1.013. 454 voti e alle liste 979.184 con un incremento per la candidatura presidenziale di 34.270 entità molto inferiore a quella che ha premiato Bonaccini sul piano personale. Interessante valutare la differenza tra il complesso dei voti ottenuti dalle liste di centro destra (compresa quella civica a sostegno della candidatura dell’aspirante presidente, quella del Popolo della Famiglia e di una lista di giovani ambientalisti) per un totale, come abbiamo visto di 979.184 voti; alle politiche 2018 Lega Nord, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Popolo della Famiglia ebbero 840.751 voti; alle Europee 2019 1.006.495. Tra il 2019 e il 2020 il centro destra è calato di 27.311 voti. In percentuale sul totale degli iscritti il centro destra aveva ottenuto nel 2019 il 29,28%, nel 2020 il 27,91%. Si è arrestato sicuramente il flusso in crescita della Lega passata, nel frattempo, dai 233.439 voti del 2014, ai 486.997 del 2018 e ancora ai 759.948 del 2018: adesso registriamo invece un’inversione di tendenza con un calo di 70.682 voti. Netta la flessione di Forza Italia che scende da 131.992 voti nelle europee 2019 a 55.199 suffragi nel 2020 mentre molto netta appare l’affermazione di Fratelli d’Italia che nel quadriennio sale da 23.052 voti (2014) a 84.785 (2018) ancora 104.861 (2019) sino a 185.503 nel 2020. Per la Lega di Salvini sicuramente uno stop importante con un mancato recupero sull’elettorato in fuga da Forza Italia che invece premia Fratelli d’Italia: una dinamica elettorale che, nell’ambito della destra, è da valutare con attenzione. Nell’ambito del centro sinistra, dal punto di vista dell’espressione del voto di lista, è sicuramente da considerare positivo l’andamento del PD che sale a 749.027 voti pari al 21,35% sull’intero corpo elettorale, in crescita dal punto di vista dei numeri assoluti di 45.896 unità rispetto alle europee 2019. Da considerare, inoltre, sotto quest’aspetto i 124.402 voti ottenuti dalla lista di diretto sostegno alla candidatura Bonaccini, lista che sicuramente ha drenato voti a più Europa arretrata da 80.153 voti a 33.054 e ai Verdi scesi da 66.002 voti a 42.106 (riferimenti con le Europee 2019). Da rilevare la presenza, nel centro sinistra, di una lista civica ecologista con 81.375 suffragi. Il dato dell’estrema volatilità elettorale ha contraddistinto ancora una volta il tormentato cammino del Movimento 5 stelle. L’andamento della lista lanciata a suo tempo da Beppe Grillo appare emblematico delle difficoltà complessive del nostro sistema politico: nel 2014 il M5S ottenne come lista 159.456 voti mentre il suo candidato presidente, Gibertoni, salì a 167.022 suffragi. Nelle politiche 2018 i penta stellati ottennero il tetto di voti con 698.204 (20,98% dell’intero corpo elettorale), calati a 209.190 nelle europee 2019 e ancora contratti a 80.676 per il candidato presidente e 102.302 per la lista nelle regionali 2020 (2,91% sull’intero corpo elettorale; un decimo circa rispetto al 2018). Mentre la caduta di consenso verso il M5S poteva essere attribuita per il 2019 a un indirizzo verso la Lega (in quel momento alleata di governo) adesso l’ulteriore flessione può essere considerata come indirizzata verso il PD: insomma il né di destra, né di sinistra ha riportato gli elettori di diversa provenienza verso i rispettivi punti di partenza e probabilmente si può affermare che, almeno all’inizio, l’antipolitica avesse attratto più elettori di destra mentre i delusi di sinistra si erano affidati (e in buona parte continuano ad affidarsi) all’astensionismo. A sinistra del PD sono state presentate 3 candidature, dal Partito Comunista, da Potere al Popolo e da L’Altra Emilia Romagna. Nessuna delle tre liste ha superato l’1% restando dietro, addirittura, a una lista NO VAX che ha avuto 10.940 voti. Giudicare urgente, a sinistra, un momento di diversa riflessione può essere considerato un eufemismo. Il Partito Comunista che ha come segretario Rizzo, ad esempio, è calato da 25.291 voti nel 2019 a 10.254 nell’incapacità – almeno a giudizio di chi scrive – di proporre un progetto politico misurato oltre il richiamo identitario di bandiera. CALABRIA (Dati su 2387 sezioni su 2450). Ribaltata la situazione in Calabria con la vittoria netta del centro destra. In questo caso le regionali della Calabria si situano all’interno della dinamica presente almeno dalle elezioni europee 2019 e della successive elezioni regionali, evidenziando come il centro sinistra e segnatamente il PD torni a presentarsi vincente soltanto in determinate situazioni geografiche caratterizzate da una certa tradizione politica e da una situazione economica particolare. Il “ritorno alle regioni rosse” potrebbe rappresentare un termine d’attualità per il PD con il riproporsi, già evidente, di un’impossibilità di esprimere la “vocazione maggioritaria” (salvo fidarsi della scure della soglia di sbarramento per evitare la presenza di eventuali competitor). Il trend della partecipazione al voto in Calabria è risultata in effettiva lieve crescita. Il totale dei voti validi, bruscamente calato tra le politiche 2018 e le Europee 2019 passando da 937.710 unità a 729.337 si è assestato con le Regionali 2020 su 798.413 voti per le candidature presidenziali (42,11% sul totale di 1.895.990) e su 764.455 per le candidature di lista (40, 31%). Percentuali comunque al di sotto del 50% e quindi indice di disaffezione e di fragilità del sistema. La candidatura Santelli, risultata eletta ha incrementato rispetto alla candidatura Ferro perdente nel 2014 di 254.298 unità (con la candidatura del M5S in calo di circa 150.000 voti tra il 2019 e il 2020: si può quindi pensare di un passaggio di voti tra il M5S e il centro destra) passando da 188.288 a 442.586. Modesto l’incremento di voti per la candidatura Santelli nel rapporto voto presidente /voto di lista: i voti per la candidata presidente poi eletta sono stati meno di 5.000. Nel quadro del centro destra si può scrivere (usando un termine da analisi elettorale d’altri tempi) di sostanziale tenuta di Forza Italia rispetto al 2014 dove il partito di Berlusconi aveva ottenuto 96.066 voti; nel 2020 siamo a 95.051, nel frattempo però Forza Italia aveva toccato un tetto di 188.667 voti nelle politiche 2018 : risultato bruscamente ridimensionato nelle europee 2019 fino a 97.135. La Lega salita da 52.676 voti (2018) a 164.915 (2019) ridiscende a 93.686: quota sicuramente ragguardevole, ma l’andamento complessivo (legando questo risultato anche a quello dell’Emilia Romagna) ci indica sicuramente un momento – perlomeno – di arresto nella crescita della “Lega Nazionale” se non di vero e proprio arretramento. La Lega ha perso anche la maggioranza relativa regionale, scavalcata dal PD. Il centro destra complessivamente è passato dai 336.885 voti ottenuti da FI, FdI, Lega nel 2019 ai 437.802 del 2020 (compresivi della Liste del Presidente, di una lista “Casa della Libertà” che nel 2014 aveva ottenuto 67.189 voti scesi a 49.117 nel 2020) e dell’UDC che ha ottenuto 52.075 suffragi (21.020 nel 2014 e 17.675 nel 2018, non presente nel 2019.) Nel centro sinistra la candidatura Callipo è arretrata rispetto a quella vincente di Oliverio nel 2014, quando il presidente eletto ebbe 490.229 voti. Nel 2020 l’industriale del tonno ne ha ottenuti 240.131 (meno 250.098) pur realizzando una buona performance personale essendosi le liste collegate fermate a 222.936. Sicura invece la crescita costante di Fratelli d’Italia con questi numeri: 2014, 18.353, 2018 42.733, 2019 74.835, 2020 82.662, in questo caso con un sicuro trasferimento di voti da parte della Lega. Nel centro sinistra calo del PD di circa 70.000 voti rispetto al 2014 e di 18.000 rispetto al 2019: da considerare però i 59.952 voti ottenuti dalla lista civica del presidente Callipo (nel 2014 quella legata da Oliviero ne ebbe 97.618). e i 47.155 voti per la lista Democratici e Progressisti che nel 2014 ne aveva avuti 56.928. In sostanza le prime sommarie conclusioni che si possono trarre da questi dati riguardanti le elezioni regionali 2020 di Emilia – Romagna e Calabria possono essere così riassunti: 1) L’aumento nella partecipazione al voto deve essere vita con spirito critico perché, nel caso dell’Emilia Romagna, la valutazione è viziata dal dato molto basso del 2014. In Calabria l’incremento avvenuto colloca comunque il totale dei voti validi molto al di sotto della soglia psicologica del 50%; 2) La Lega risulta sicuramente in ribasso: sconfitta sicuramente in Emilia arretra anche in Calabria in coincidenza, in questo caso, con la “tenuta” di Forza Italia; 3) Fratelli d’Italia appare sicuramente in ascesa come segnale di uno spostamento a destra di settori non secondari della società italiana. Tra l’altro c’è da notare che Fratelli d’Italia ha condotto (come del resto la Lega) una campagna elettorale fortemente personalizzata e in gran parte incentrata sui temi di carattere nazionale; 4) La sola candidatura presidente a usufruire in maniera consistente del voto personale è stata quella Bonaccini in Emilia – Romagna, con una quota di provenienza M5S espressasi anche nel voto disgiunto; 5) La questione “M5S” rappresenta sicuramente un problema per il Governo e un elemento di indebolimento dell’intero sistema. Non è qui il caso di analizzare le cause del tracollo, ma soltanto di segnalare che cifre di questo genere pongono al movimento il tema di una vera e propria sparizione e ripropongono la questione della volatilità elettorale in termini di rapporto con la demagogia populista; 6) Il PD ottiene un risultato sicuramente confortante ma non pare in grado di decollare; 7) E’ difficile intestare al movimento delle cosiddette “Sardine” l’incremento nella partecipazione al voto in Emilia Romagna: a questo proposito il trend tra 2018. 2019. 2020 non ha subito variazioni tali da essere attribuite e fattori specifici; 8) La sinistra d’opposizione, presentatasi in Emilia Romagna, con tre liste prosegue nella sua corsa verso l’irrilevanza politica. C’è da riflettere sia per i movimentisti, sia per gli identitari: salvo non si decida per tornare sulle rive astensioniste, ma se si va alle elezioni sarebbe il caso di cercare di ottenere un risultato almeno vicino alla realizzazione di una rappresentanza istituzionale. Con questi dati diventa difficile appellarsi alla maledizione del “voto utile”: emergono problemi di contenuto, comunicazione, gruppo dirigente.

6 commenti:

Martelloni ha detto...

Dati e analisi forniti da Astengo sono sempre utili e interessanti Ma talvolta opinabili; stavolta – a mio parere – paiono molto opinabili le analisi. Vediamo: caso Emilia Romagna. Intanto due precisazioni per due sviste o due errori di battitura:

1) i 759.000 voti della Lega (cioé dei nazionalisti attuali – smettiamola almeno noi con l'eufemismo "sovranisti") sono relativi alle europee 2019. Ma poi Astengo fa comunque bene i conti del calo leghista alle amministrative 2020: circa meno 70.000 voti.


2) M5S ottiene, alle europee 2019, 290.190 voti (secondo errore di battitura), e pertanto il calo che registra alle amministrative 2020 si avvicina ai 210.000 votii!


Sempre relativamente all'Emilia Romagna, passiamo a tre punti delle analisi - e dei giudizi politici - di Astengo che non convincono. Sono tra loro, in una prospettiva politica appunto, logicamente collegati:


Astengo, quasi di passaggio, rileva la presenza di una certa "lista civica ecologista" che prende circa 81.500 voti. Aggiungiamo e precisiamo: si tratta della lista "Coraggiosa" - "ecologista e preogressista", che ottiene oggi il 3,7% dei voti. Come tutti sanno è capeggiata da Elly Schlein (che ha preso circa 22.000 preferenze!) ex PD, poi ex "Possibile", e rappresenta un'area politica "a sinistra" del PD (Articolo 1, Sinistra italiana, ambientalisti, sindacalisti, associazioni varie, ecc.). Col 3,7% non si farà certo il Socialismo, ma comunque - e con l'aria che tira da anni - è un decente punto di partenza per un processo di nuova aggregazione politica che vuole stare nel paese reale e nelle istituzioni, collaborando con il centro sinistra, e magari pungolandolo o criticandolo - se necessario. Insomma la lista Coraggiosa non è affatto quella sinistra passatista e identitaria che Astengo (secondo punto) evoca e - giustamente - rileva condannata all'inconsistenza politica.


E veniamo al terzo punto - molto discutibile. Con approccio ragionieristico Astengo rileva che, al netto delle amministrative 2014 (bassissima affluenza alle urne) l'affluenza a queste del 2020 è stata, più o meno, quella delle elezioni 2018 e 2019. Ne deduce che il peso delle "cosiddette" (ma perché cosiddette?!) "Sardine" nel determinare la partecipazione al voto è stato irrilevante. Però mi chiedo: senza Sardine come sarebbero andate le cose? E per l'affluenza e per i risultati politici. Vogliamo scherzare? E poi sappiamo solo come sono andate con (!) la forte e significativa presenza delle Sardine (certo con tutti i limiti di un giovanissimo movimento generazionalmente trasversale, complesso politicamente, vario nei diversi territori). Ma ci ricordiamo di quale fosse il clima politico del Paese prima di metà novembre 2019? Prima delle Sardine, appunto. Loro (e cioè anche noi, anch'io nella mia città) hanno riproposto, di fatto, tanti "25 aprile" - anti leghisti, anti fascisti, anti razzisti -, in tante parti d'Italia. E Bologna non si è "legata". Certo ciò non basta, ma è stato già tanto. Soprattutto nel vuoto politico e ideale complessivo del centro sinistra e di una dimessa sinistra. Ora, se ai "25 aprile" si aggiungeranno tanti "primo maggio" (lavori che ci sono e che non ci sono, precari e sfruttati, alti e bassi) ritengo che quel movimento e il tono politico generale del Paese potrebbero compiere un salto di qualità.


Insomma, per concludere, non possiamo noi essere snobbistici e "conservatori", sia pure in nome di una tradizione politica e culturale profonda ed alta. Gramsci e Matteotti - credo - avrebbero guardato con più attenzione a quanto, come le Sardine (e come Coraggiosa), si muove nella società.
MARTELLONI

franco ha detto...

Circa le cosiddette "sardine" (non esiste alcun atto ufficiale che le denomini in questo modo, tutto nasce dalla "piazza stipata me sardine": dei se e dei ma son piene le fosse. Chissà come sarebbe andata senza di loro. Resta il dato che la partecipazione elettorale in Emilia è stata più o meno in linea con le altre consultazioni degli ultimi tempi: cioè bassa meno del 70% dei voti validi. Così come si era detto che il Movimento 5 stelle quando era in auge pescava nell'astensionismo, mentre l'astensionismo stesso cresceva. Che poi ci sia un interscambio tra chi non è andato a votare e ci torna e chi ha votato e poi si astiene è un altro paio di maniche. Grazie per l'attenzione, un caro saluto Franco Astengo

paolo ha detto...

Mi domando se Matteotti e Gramsci delle Sardine avrebbero compreso mai la totale assenza dell’essenziale, oggi più di ieri e come l’altro ieri: la totale assenza delle questione sociale soppiantata dall’appello per il buon tono democratico.
Certo, le Sardine possono avere svolto un ruolo nel co-motivare alcuni ex votanti di sinistra a tornare a votare comunque in E-R. Ma come ben mostrato si tratta di voti prossimo al centro soddisfatto della società (proprio come i promotori delle Sardine) momentaneamente allontanatisi per noia, ma nessuna questione fondamentale rispetto al voto periferico perduto è nemmeno arrivato a intravedere l’accenno di una prima impostazione.

claudio ha detto...

ai tempi di Matteotti e Gramsci l'Emilia era popolata da poveri braccianti cui solo il sindacato dava qualche speranza: oggi l'Emilia è popolata da piccoli industriali che però conoscono il valore della solidarietà perchè ne hanno fruito e la hanno data

martelloni ha detto...

se le decine di migliaia di Sardine fossero turatiane, o gramsciane, o rosselliane (magari anche del Rosselli del '33-'37 e non solo del '29), o togliattiane, o nenniane, o ... non staremmo dove stiamo. Ma è quello che c'è. E per fortuna che c'è stato. Andrebbero aiutate a crescere... e magari ci aiuterebbero a rinnovarci almeno un po'

luigi ha detto...

< Andrebbero aiutate a crescere... e magari ci aiuterebbero a
rinnovarci almeno un po'>
Condivido l'auspicio.
Ma come ?
Indicandogli l'approdo della Costituzione con Principi Fondamentali e
modello economico colà prescritto.
A questo riguardo ci tengo a fare qualche precisazione in merito al
percorso con "dialogo Gramsci Matteotti" per manifesto sinistra
costituzionale avviato su stimolo Astengo-Besostri il 28 12 2019 a
Genova, seconda tappa Savona il 17 1 2020 che speriamo possa
continuare a Milano.
L'approdo è un manifesto che nella Costituzione ha le basi per
indicare al popolo di sardine di FFF e ex M5S quant'altro sparso sui
territori con questo o quel comitato, movimento contro
sostanzialmente contro le politiche neoliberiste di distruzione del
suolo e massacro del sociale che non rintraccia il Manifesto il
riferimento ideale in cui identificarsi.
Manifesto indispensabile per costiture il soggetto politico che io
chiamo fin d'ora "Alleanza costituzionale".
Anche i Fratoianni e l'ultima stella nascente ex pidi Elly, bene
intenzionati a spostare l'asse neoliberista del PD di Zinga a quello
socialdemocratico di un tempo che fu il PCI pre Ulivo, senza questo
Manifesto restano apolidi senza collante ideologico, per potersi
consolidare e scrivere programma di riforme strutturali di cui a
Costituzione".
Certo un Manifesto senza minima base è anch'esso destinato alla
sterilità e dunque occorre fare dialogare le due parti.
Un dialogante saluto.
Luigi Fasce - Genova
www.circolocalogerocapitini.it