domenica 11 agosto 2019

Franco Astengo: Sinistra costituzionale

SINISTRA COSTITUZIONALE di Franco Astengo Possiamo considerare la battuta pronunciata da Salvini sui “pieni poteri” una sorta di “voce dal sen fuggita” in occasione di un eccitato comizio d’apertura di quella che si annuncia come una campagna elettorale decisiva per molti degli imprenditori politici attivi nello scenario italiano? Tralasciamo i paragoni con le analoghe richieste mussoliniane all’indomani della Marcia su Roma e concentriamoci su di una realtà innegabile legata al tempo presente: la richiesta di “pieni poteri” arriva in chiusura di una lunga stagione nel corso della quale, in nome della “modernità del decisionismo” abbiamo assistito a una serie di attacchi alla Costituzione Repubblicana e soprattutto alla forma parlamentare della Repubblica, all’introduzione del maggioritario addirittura inteso come “vocazione”, all’esasperazione del concetto di “personalizzazione della politica”. Sulla “personalizzazione della politica” ci sarebbe ancora da ragionare nei termini di corrispondenza del fenomeno al tipo di mutamenti avvenuti in direzione dell’affermarsi dell’individualismo (prima “competitivo” poi “della paura”). L’egemonia culturale dell’individualismo ha così provocato un vero e proprio sfrangiamento sociale al punto tale da far salire la richiesta del ritorno a un “Comando autoritario”. L’esasperazione dei concetti di governabilità e di decisionismo sono degenerati in una richiesta di forme autoritarie di governo considerate come i soli strumenti in grado di affrontare drasticamente le contraddizioni emergenti e in particolare quella riguardante il flusso dei migranti. E’ stato questo l’humus sul quale è fiorita l’idea dei “pieni poteri” e oggi fior di analisti, svegliatisi in colpevole ritardo, si affrettano a ricordare come un tale passaggio non sia previsto in alcuna parte del nostro ordinamento. E’ lecito però aspettarsi che, in base all’esito elettorale prossimo venturo (indipendentemente dalla data di svolgimento dei comizi) assisteremo a un nuovo attacco alla Carta Fondamentale: ed è lecito, in questa situazione, pensare che difenderla sarà molto più problematico di quanto non sia avvenuto in passato. Proprio in previsione di questo passaggio deve essere rilanciata la prospettiva di una “Sinistra Costituzionale”, autonoma sul piano della presenza politica, capace sul terreno elettorale di sviluppare un discorso di alleanze, formata nel segno di una vera e propria “ricostruzione di soggettività” e programmaticamente orientata su di un progetto legato al riconoscere la complessità delle contraddizioni da affrontare nel segno di una capacità di “riconoscimento sociale” all’altezza dei tempi avendo sempre al centro la necessità di combattere l’imperante logica dello sfruttamento, ormai estesa ben oltre i classici “clevages” investendo il rapporto tra struttura e sovrastruttura ormai modificatosi radicalmente rispetto ai canoni classici del ‘900. Infine un’annotazione di stretta attualità riguardante il tema del taglio nel numero dei parlamentari: si prospetta, infatti, una gigantesca truffa all’insegna di un voto semplicemente mediatico e propagandistico, in piena linea con l’attacco nuovamente in corso che prevedibilmente proseguirà intensificato se si arriverà a una nuova legislatura in tempi brevi. Attenzione: sul tema della struttura del Parlamento si gioca il bene inalienabile della rappresentanza politica. In conclusione: il tema della qualità della democrazia, in tempi di attacchi di matrice autoritaria e di crisi del liberalismo classico, deve diventare il tema prioritario per una sinistra che intende essere attivamente presente nei processi politici attuali e di conseguenza anche nell’eventualità di una campagna elettorale che dovrebbe svolgersi in tempi molto ristretti. Una “Sinistra costituzionale” capace anche di valorizzare le diverse matrici storiche che a suo tempo rappresentarono il fulcro di quel pensiero superando divisioni ormai anacronistiche. Si tratta di tenere sulle nostre spalle, come prezioso bagaglio culturale, quel pensiero profondo che tradotto in politica costituì la base per affrontare il consolidamento della democrazia dopo il fascismo, contribuì a ricostruire il Paese dalle macerie della guerra rappresentando i settori sociali che in quel frangente pagarono il prezzo più alto sapendo esprimere compattezza sociale e visione di un concreto e non semplicisticamente utopico futuro di cambiamento.

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