Questa è la mia risposta a Barca: Ho letto con molto interesse sia le 15 proposte, sia l'intervista di su MicroMega. Non ho la tua competenza, ovviamente, ma faccio alcune osservazioni. La prima è che non sono molto d’accordo con la troppo sbrigativa liquidazione del pensiero socialdemocratico. Cito testualmente: Ma la crisi che socialdemocrazia incontra alla fine degli anni ‘70 non è casuale: quel modello evidenzia i propri limiti in quanto burocratico e top-down. L’idea straordinaria di Olof Palme e Willy Brandt di celebrare la redistribuzione delle ricchezze e la partecipazione democratica vacilla perché l’intervento, a monte, sul come si formasse la ricchezza era stato insufficiente. “ Probabilmente in Italia noi di sinistra (sono stato iscritto al PCI-Pds-Ds dal 1970 al suo scioglimento sempre con lo scopo di aiutarlo a trasformarsi in un partito “decisamente” socialdemocratico, ma ahimè invano ) ci siamo, in troppi, dimenticati li leggere il “manifesto fondativo” di quella rivoluzione vera del socialismo litigioso degli anni passati, che è stato il manifesto politico uscito dal congresso della SPD del 1959 a Bad Godesberg. Forse perché tutte le forze di sinistra allora politicamente e culturalmente dominanti in Italia, dal PCI di Togliatti al PSI di Nenni ( si anche il PSI) si affrettarono ad affossarlo subito bollandolo di tradimento del grande orizzonte del socialismo sovietico, e chiamando traditori e servi i pochi che timidamente proponevano di almeno discuterlo. E lo bollarono in senso dispregiativo di “riformismo traditore”. Ossia di essere “NON radicale”. Guarda te! .
Forse sarebbe il caso di rileggerlo con cura e critica attenzione, perché diceva banalmente: che il socialismo non è una “ideologia” ma una idea della società basata sui valori della libertà, giustizia e solidarietà, come obblighi reciproci che nascono dal vincolo comune. Che Il socialismo democratico, che ha, in Europa, le proprie radici nell’etica cristiana, nell’umanesimo e nella filosofia classica. Come dici delle 15 proposte che, culturalmente riflettono le tre componenti – liberale, socialista e cristiano sociale – . Che il socialismo si può realizzare solo nella democrazia (!). E che il socialismo è un compito ininterrotto . Ma dice anche che “ Con il loro potere, ulteriormente rafforzato da cartelli e consorzi, gli uomini che dirigono la grande industria/ finanza, esercitano un influsso sullo Stato e sulla politica che non è conciliabile con i princìpi democratici. Essi usurpano il potere statale. Il potere economico si trasforma in potere politico. …. Il contenimento del potere della grande industria rappresenta dunque il compito centrale di una politica economica liberale. Lo Stato e la società non devono diventare preda di potenti gruppi d’interesse. La proprietà privata dei mezzi di produzione ha diritto ad essere protetta e incentivata, fintanto che essa non ostacola la costruzione di un ordine sociale giusto. … Un’ampia pubblicità deve fornire al pubblico la possibilità di guardare dentro le strutture del potere economico e di verificare il comportamento economico delle imprese, in modo da permettere una mobilitazione dell’opinione pubblica contro ogni abuso di potere. Un efficace controllo pubblico deve impedire ogni abuso di potere dell’economia. La proprietà collettiva è una forma legittima di controllo pubblico, cui nessuno Stato moderno può rinunciare. Essa serve al mantenimento della libertà di fronte allo strapotere dei grandi gruppi economici. ……. Nella grande industria il potere decisionale è caduto per lo più in mano a manager, che lo esercitano al servizio di potenze anonime. In questo modo la proprietà privata dei mezzi di produzione ha perduto in gran parte il suo potere decisionale.
Il problema centrale di oggi è questo: il potere economico. Laddove non è possibile con altri mezzi garantire un ordine sano dei rapporti economici di potere, la proprietà collettiva diventa utile e necessaria.” Credo possa bastare, ma sarei contento se ne discutesse, perché ciò che voglio dire è che non è necessario alla/e sinistra/e ricominciare sempre da capo . Ma basterebbe partire dal solo “Manifesto politico”, non ideologico ma politico e culturale, che ha saputo dare un contributo fondamentale per costruire in Europa, in termini concreti, quel modello sociale di comunità che ancora oggi tutti ci invidiano e che, nonostante in tanti abbiano cercato di combattere e distruggere (dal comunismo sovietico al neoliberismo capitalista) ancora resiste. Ma fino a quando? Un fraterno abbraccio
2 commenti:
Questa è la mia risposta a Barca:
Ho letto con molto interesse sia le 15 proposte, sia l'intervista di su
MicroMega. Non ho la tua competenza, ovviamente, ma faccio alcune
osservazioni. La prima è che non sono molto d’accordo con la troppo
sbrigativa liquidazione del pensiero socialdemocratico. Cito testualmente:
Ma la crisi che socialdemocrazia incontra alla fine degli anni ‘70 non è
casuale: quel modello evidenzia i propri limiti in quanto burocratico e
top-down. L’idea straordinaria di Olof Palme e Willy Brandt di celebrare la
redistribuzione delle ricchezze e la partecipazione democratica vacilla
perché l’intervento, a monte, sul come si formasse la ricchezza era stato
insufficiente. “
Probabilmente in Italia noi di sinistra (sono stato iscritto al PCI-Pds-Ds
dal 1970 al suo scioglimento sempre con lo scopo di aiutarlo a trasformarsi
in un partito “decisamente” socialdemocratico, ma ahimè invano ) ci siamo,
in troppi, dimenticati li leggere il “manifesto fondativo” di quella
rivoluzione vera del socialismo litigioso degli anni passati, che è stato il
manifesto politico uscito dal congresso della SPD del 1959 a Bad Godesberg.
Forse perché tutte le forze di sinistra allora politicamente e culturalmente
dominanti in Italia, dal PCI di Togliatti al PSI di Nenni ( si anche il PSI)
si affrettarono ad affossarlo subito bollandolo di tradimento del grande
orizzonte del socialismo sovietico, e chiamando traditori e servi i pochi
che timidamente proponevano di almeno discuterlo. E lo bollarono in senso
dispregiativo di “riformismo traditore”. Ossia di essere “NON radicale”.
Guarda te! .
Forse sarebbe il caso di rileggerlo con cura e critica attenzione, perché
diceva banalmente: che il socialismo non è una “ideologia” ma una idea della
società basata sui valori della libertà, giustizia e solidarietà, come
obblighi reciproci che nascono dal vincolo comune.
Che Il socialismo democratico, che ha, in Europa, le proprie radici nell’etica
cristiana, nell’umanesimo e nella filosofia classica. Come dici delle 15
proposte che, culturalmente riflettono le tre componenti – liberale,
socialista e cristiano sociale – .
Che il socialismo si può realizzare solo nella democrazia (!). E che il
socialismo è un compito ininterrotto .
Ma dice anche che “ Con il loro potere, ulteriormente rafforzato da cartelli
e consorzi, gli uomini che dirigono la grande industria/ finanza, esercitano
un influsso sullo Stato e sulla politica che non è conciliabile con i
princìpi democratici. Essi usurpano il potere statale. Il potere economico
si trasforma in potere politico. …. Il contenimento del potere della grande
industria rappresenta dunque il compito centrale di una politica economica
liberale.
Lo Stato e la società non devono diventare preda di potenti gruppi d’interesse.
La proprietà privata dei mezzi di produzione ha diritto ad essere protetta e
incentivata, fintanto che essa non ostacola la costruzione di un ordine
sociale giusto. … Un’ampia pubblicità deve fornire al pubblico la
possibilità di guardare dentro le strutture del potere economico e di
verificare il comportamento economico delle imprese, in modo da permettere
una mobilitazione dell’opinione pubblica contro ogni abuso di potere. Un
efficace controllo pubblico deve impedire ogni abuso di potere dell’economia.
La proprietà collettiva è una forma legittima di controllo pubblico, cui
nessuno Stato moderno può rinunciare. Essa serve al mantenimento della
libertà di fronte allo strapotere dei grandi gruppi economici. ……. Nella
grande industria il potere decisionale è caduto per lo più in mano a
manager, che lo esercitano al servizio di potenze anonime. In questo modo la
proprietà privata dei mezzi di produzione ha perduto in gran parte il suo
potere decisionale.
Il problema centrale di oggi è questo: il potere economico. Laddove non è
possibile con altri mezzi garantire un ordine sano dei rapporti economici di
potere, la proprietà collettiva diventa utile e necessaria.”
Credo possa bastare, ma sarei contento se ne discutesse, perché ciò che
voglio dire è che non è necessario alla/e sinistra/e ricominciare sempre da
capo . Ma basterebbe partire dal solo “Manifesto politico”, non ideologico
ma politico e culturale, che ha saputo dare un contributo fondamentale per
costruire in Europa, in termini concreti, quel modello sociale di comunità
che ancora oggi tutti ci invidiano e che, nonostante in tanti abbiano
cercato di combattere e distruggere (dal comunismo sovietico al neoliberismo
capitalista) ancora resiste. Ma fino a quando?
Un fraterno abbraccio
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