lunedì 25 marzo 2019

Roberto Biscardini: Socialismo o niente

SOCIALISMO O NIENTE di Roberto Biscardini Molti socialisti hanno lavorato in questi anni con l’obiettivo di ricostruire una forza larga e unitaria in grado di rappresentare la storia del socialismo italiano e internazionale, “per prospettarla per il futuro”, in nome dei valori di pace, solidarietà, giustizia, uguaglianza e libertà. Questo obiettivo non è stato raggiunto e incontra difficoltà per una serie di ragioni. Perché il Pd non è uscito dalla sua ambiguità originaria ed ha continuato ad oscillare, ancora senza orizzonte, tra una visione normalizzatrice e benpensantista di tipo postcomunista e una visione centrista postdemocristiana, unite entrambe da un unico errore strategico: l’accettazione acritica delle politiche neoliberiste e della logica di mercato. D’altra parte il Pd oggi sembra avere un solo obiettivo: prendere alle europee un voto in più del 4 marzo scorso, magari superare il 20% e se poi dovesse battere di un solo voto i 5S cantare vittoria. Cioè pensa a se stesso e poco al paese. Senza alcuna autocritica rispetto ai gravissimi errori commessi nell’era renziana, dal job acts alla proposta di riforma costituzionale. Ugualmente, alla sinistra del Pd, e non solo a sinistra, né il Psi, né altri, per debolezza, per gelosia, in nome della difesa di microrealtà residuali e personali, hanno avuto il coraggio di fare propria, unitariamente, la questione di fondo: prendere atto che la sinistra o sarà socialista o non sarà. In assenza di una sinistra socialista credibile, tutto lo spazio politico libero è quindi occupato dalla destra, che cresce e diventa sempre più “brutta” sul terreno economico e dei diritti, egoista, conservatrice e persino un po’ fascista, al di là delle sue stesse intenzioni. Proprio per questa ragione, l’unica cosa seria che una sinistra responsabile, di cultura socialista, dovrebbe fare, è lavorare concretamente per costruire un piattaforma unitaria, ripeto socialista, come unica alternativa convincente alla destra crescente. Per contrapporsi duramente alla destra crescente, con una forza socialista di sinistra in grado di rispondere alla domanda di socialismo, ancorché non esplicita, ma esistente nella società, con linguaggi e strumenti moderni. Di fronte al pericolo di una destra sempre più forte bisognerebbe lasciare da parte particolarismi e personalismi, e con generosità trovare il terreno comune di una risposta unitaria. Almeno con chi ci sta. Diversamente, come è già accaduto, la sinistra sarà punita dai cittadini e dagli elettori perché leggeranno nella sua incapacità di muoversi unitariamente solo la difesa dei propri interessi e delle proprie rendite, peraltro penose. Insomma, è decisivo ritrovare un terreno comune di dialogo e di azione, nell’orizzonte comune del socialismo, democratico e costituzionale. In fondo in Europa e nel mondo qualcosa in questa direzione si muove, qualche segno di vitalità c’è (in Gran Bretagna, in America, persino in Messico e in Europa, non solo in Spagna e nella Spd). Perché qui no? Una posizione che molti di noi hanno tenuto con coerenza in questi anni e che non abbiamo nessuna intenzione di mollare. Come è stato detto in questi giorni, non illudiamoci, presto “tornerà la dialettica (scontro) destra-sinistra”, cioè tra destra e socialismo, che è la dialettica delle società mature. Meglio prepararsi e non stare beatamente fermi nella terra di nessuno.

1 commento:

blando ha detto...

Buongiorno a tutti,

Voglio riferirmi all'articolo di Roberto Biscardini di qualche giorno fa: SOCIALISMO O NIENTE.

L'analisi delle questioni è giusta ma il problema è sempre lo stesso: è come fare a "lavorare concretamente per costruire un piattaforma unitaria, socialista, come unica alternativa convincente alla destra crescente", tenuto conto che "il Pd non è uscito dalla sua ambiguità originaria " ed ha accettato le politiche neo-liberiste, e che "alla sinistra del Pd, e non solo a sinistra, né il Psi, né altri" vogliono "prendere atto che la sinistra o sarà socialista o non sarà".

Io penso che per trovare il modo uscire da questa contraddizione è fare quello che la sinistra non ha fatto e cioè di pensare la sinistra nella dimensione europea. La sinistra si è isolata dalla riflessione del socialismo europeo come l'Italia si è isolata dal governo dell'Europa. O meglio: la sinistra non ha ricercato una soluzione ai limiti delle politiche neo-liberiste nel dibattito con gli altri partiti socialisti europei. Tutti sappiamo che c'è stata una battaglia a sinistra per entrare nel PSE (L'atto costitutivo dell'attuale PSE, firmato aL'Aianel1992, reca le firme, per l'Italia, dei segretari dei tre partiti membri dell'epoca:Bettino Craxi(PSI),Achille Occhetto(PDS) eCarlo Vizzini(PSDI). https://it.wikipedia.org/wiki/Partito_del_Socialismo_Europeo. Qualcuno nel nostro Paese sa qualcosa delle riflessioni che si sono svolte in questo organismo? Le Direzioni dei Partiti ne hanno discusso?

Secondo me quindi la spinta per uscire dalle nostre contraddizioni può venire solo da una riflessione dei partiti socialisti europei (i Socialdemocratici tedeschi, i Socialisti e Socialdemocratici Italiani, i Socialisti Francesi, i Socialisti belgi, i Laburisti Olandesi e i Socialisti Lussemburghesi i Laburisti Britannici e Irlandesi).

Da soli non cela faremo per le ragioni che Roberto ha elencato. Se si riuscirà a mettere su un gruppo che comprenda esponenti di tutti questi partiti e si produrranno proposte concrete e alternative alla destra su democrazia, diritti, economia, globalizzazione, emigrazione in una dimensione europea e si adotterà il criterio che bisogna partire da alcune priorità che potranno avere un impatto sul resto, senza pretendere di essere d'accordo su tutto, allora potremo offrire alla sinistra un appiglio per liberarsi dai condizionamenti e pensare al socialismo in modo unitario.

Se queste mie considerazioni saranno condivise, io sono pronto a dare il mio contributo per seguire questo percorso.

Un cordiale saluto

Blando Palmieri