mercoledì 31 ottobre 2018

Franco Astengo: Identità

IDENTITA’ di Franco Astengo L’intervista rilasciata da Rossana Rossanda a Repubblica e pubblicata oggi, 31 ottobre, contiene tra gli altri almeno due spunti di grande interesse almeno per quanti restano ancora convinti della necessità di costruzione di un soggetto di sinistra alternativa in Italia, con proiezione internazionalista e sovranazionale. Soggetto che in questo momento manca e al riguardo della cui necessità quanti sono ancora presenti nelle residue forze di sinistra (intenti nel frattempo a seguire rotture e ricomposizioni) non paiono davvero essere pienamente consapevoli. Una consapevolezza rivolta soprattutto al piano della necessità di ricostruzione di un’identità segnata da una piena autonomia di pensiero politico senza seguire in maniera subalterna fallaci mode correnti. Espongo così i due punti che ho ritenuto salienti, facendo seguire poi altrettante brevissime considerazioni. La domanda si riferisce al cambiamento avvenuto nella sinistra italiana: Domanda: questa mutazione quando avviene? Risposta di Rossanda: Direi che inizia con il cambio di nome di Occhetto. Cambiare nome significa mutare la propria identità. Da allora di nomi ne hanno cambiati tre o quattro e ogni volta si sono allontanati un pezzetto dalla loro base. Domanda: E’ favorevole al reddito di cittadinanza? In linea di principio è giusto sostenere i poveri, ma poi cosa resterà? Bisogna creare lavoro. E qui sono d’accordo con quel proverbio cinese che dice: “dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno, insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita”. Nella schematicità delle risposte date a un’intervista, mi pare che si sollevino due questioni assolutamente decisive: 1) Rossanda ( molto modestamente anche lo scrivente che vi insiste da molto tempo, ma credo anche altri) considera irrisolto il nodo dell’eredità storica e politica del Partito Comunista Italiano e dell’intero movimento comunista che in Italia è stato presente nei decenni trascorsi. Eredità storico – politica articolata e complessa che, ancor oggi a trent’anni dalla liquidazione del Partito che era stato il principale portatore di quel complesso sia sul piano culturale, sia su quello organizzativo rimane non solo da approfondire (anche se tanto si è scritto) ma da verificare nello sviluppo di realtà che ne è seguito. Verifica che non c’è stata né da parte di chi approvò la “svolta” e diede vita a un soggetto di natura indeterminata rivelatosi progenitore diretto dell’attuale disastro; né da parte di chi si è mosso sul terreno di un’ipotetica “Rifondazione”, al riguardo della quale sul piano teorico non è mai stato mosso un passo e anzi sono stati acquisiti elementi che via via hanno determinato una sostanziale irrilevanza politica. Il tema del lascito irrisolto da parte del liquidato PCI riguarda anche e naturalmente i temi della strutturazione e della rappresentanza politica nel loro insieme; 2) Il tema del lavoro rimane quello centrale per costruire un’identità alternativa. Essersi arresi sotto questo aspetto privilegiando altri elementi sotto la spinta della globalizzazione e dell’innovazione tecnologica ha rappresentato l’esiziale punto di caduta proprio sul piano identitario, fino a cadere nel baratro del reddito di cittadinanza. Naturalmente proprio il tema del lavoro richiama l’esigenza di un aggiornamento d’analisi che oggi non si è verificato. Aggiornamento che dovrebbe riguardare prima di tutto la ricostruzione di una teoria delle “fratture” sociali in modo da poter riconoscere l’avvenuto allargamento del meccanismo di sfruttamento ben oltre i tradizionali confini della cosiddetta “contraddizione principale”. Il concetto di sfruttamento rimane basilare per qualsivoglia costruzione politica che si proponga di costruire un’alternativa sistemica. Fin qui un abbozzo d’analisi dell’intervista a Rossanda, ma i temi di discussione sarebbero ben più ampi e complicati.

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