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martedì 17 aprile 2018
Franco D'alfonso: Quattro punti di crisi
Chiosando il mio articolo sulla “ banda dei quattro bari” e la pars destruens di una politica antisistema, Elio Veltri ha scritto : Caro Franco, nessun progetto e nessun contenuto. La battaglia fondamentale è diventata quella sui vitalizi (190 milioni di euro) presenti in tutte le democrazie europee, senza che ne parli o siano oggetto di scontro politico, mentre nessuno ha parlato di Mafia( 200 miliardi di Pil), di evasione fiscale( oltre 150 miliardi) di esportazione di capitali( 30 per cento dell'evasione ), di riciclaggio( 10-12 per cento del pil) di corruzione( 100 miliardi). La progressività del sistema fiscale previsto dalla costituzione viene sovvertito con una tassa uguale per tutti. I morti sul lavoro aumentano.”
La pars (re)costruens della politica deve inevitabilmente partire dai fondamentali, dall’individuare i punti dolenti del nostro sistema, condizione preliminare per poter discutere delle soluzioni e non di una ripetizione della partita sostituendo semplicemente la “banda dei quattro bari” con giocatori di tressette con il morto.
Il primo è quello che ha indicato Elio Veltri : la dimensione del sistema economico e sociale che vive al di fuori dalle regole è tale da mettere in discussione il primato della legge e dei principi del contratto sociale che è alla base della democrazia occidentale. Le serie televisive su Pablo Escobar o Gomorra sembra abbiano rassicurato le coscienze civili, facendo credere che il male avesse l’aspetto grottesco e tragico di criminali facilmente individuabili che vivono in regni dell’orrore che sì ci minacciano, ma al di là di un immaginario confine presidiabile da uomini puri, che cacceranno i politici corrotti e difenderanno le nostre case ed il nostro benessere.
Dopo aver massacrato giustamente i partiti ed il sistema politico della Seconda Repubblica per non aver saputo difendersi dalle infiltrazioni della criminalità, per l’uso della giustizia a fini di lotta politica e soprattutto per non aver saputo ripristinare una etica pubblica e privata, improvvisamente il tema è sparito da tutti i tavoli. Nessuno che si chieda questa volta per chi abbia “votato” la criminalità organizzata, cosa stia succedendo in questa lunga vacanza della guida politica del Paese, chi e cosa guidi l’azione di apparati e strutture che muovono interessi e capitali di dimensioni tali che ormai solo pochi Stati al mondo sono in grado di contrastare. E’ stato semplicemente rimosso il fatto che tra le ragioni principali della perdita di ruolo dei paesi dell’Europa del Sud, dalla derelitta Grecia per arrivare all’Italia protetta finora dal “too big to fail”, c’è proprio la dimensione dell’economia incontrollata, diventata una minaccia per la stabilità stessa delle Istituzioni europee e mondiali, già alle prese con l’impossibilità sempre più palese di affrontare gli effetti della globalizzazione e delle crisi di nuovo tipo del nuovo millennio.
Questa considerazione ci porta al secondo punto critico, che riguarda direttamente il funzionamento della nostra democrazia. Il fallimento della riforma costituzionale peraltro ignota al 99,9 % degli italiani, comunque la si voglia giudicare, ha determinato una sorta di effetto-placebo sul tema, come se lo scampato pericolo avesse risolto ogni cosa.
Il problema è che siamo in piena emergenza democratica. Le istituzioni della Repubblica che non funzionano sono ormai troppe : sono in crisi gli organi di Governo e Parlamento, protetti ormai da quasi dieci anni esclusivamente dalla Presidenza della Repubblica; gli enti locali e le relative classi dirigenti sono stremati da un decennio di abbandono ed anche quelli che restano il primo e ultimo baluardo della gestione democratica, i Comuni ed i sindaci, cedono in molte parti del territorio e non solo al Sud. La perdita di prestigio della Banca d’Italia, schermata finora dalla Bce di Draghi in scadenza, unita a quella della Magistratura e perfino della Corte Costituzionale ha fatto venir meno quella funzione di riserva e supplenza che, comunque la si voglia giudicare, fu garantita nel passaggio fra la Prima e la Seconda Repubblica .
La vera emergenza, di nuovo, è quella legata a partiti e politica: la crisi del sistema dei partiti del 92-94 non è stata risolta e venticinque anni dopo ci troviamo con il primo partito in Parlamento che ha realizzato e non solo teorizzato la manipolazione del consenso attraverso il web, non ha bisogno di alcuna Cambridge Analytica per avere i dati per vincere le elezioni perché Casaleggio ed associati è Cambridge Analytica che ha preso direttamente il potere. Né gli altri partiti e liste sono in condizioni migliori : Berlusconi ora sembra in difficoltà e sorpassato dai giovani rampanti, ma il primo caso di costruzione di un partito personale attraverso i media è Forza Italia, che è stato modello per tutti i tentativi, riusciti o meno, della Seconda Repubblica. Lo è stato anche per il Pd, che è arrivato alla compilazione delle liste dei fedelissimi nella notte del Nazareno partendo dall’imposizione al Mugello del candidato Di Pietro fresco di abbandono della toga passando per affinamenti successivi alle liste bloccate per arrivare alle nomine più o meno dirette di parlamentari totalmente privi di rapporti con il territorio che non sa nemmeno di averli eletti.
Il terzo punto critico è quello demografico. Sappiamo tutti che da tempo la differenza nati-morti è negativa nonostante la presenza degli immigrati, che la piramide delle classi di età si è rovesciata con il passaggio dei “baby boomers” nella classe più anziana ed il dimezzamento del numero di giovani .
Non è ignoto il fatto che il sistema pensionistico basato sul pagamento delle pensioni con i contributi dei lavoratori è definitivamente saltato e che la legge Fornero, la Dini e le altre intervenute in questi anni, sono tentativi più o meno positivi di aggiustare un meccanismo che non funziona più intrinsecamente e che costa alla fiscalità generale 110 miliardi su poco più di 330 mldi di pensioni pagate, un terzo del totale. Ed è altrettanto noto che nei prossimi anni gli studenti della scuola dell’obbligo diminuiranno di 500 mila rispetto agli attuali 8 milioni, comprensivi già oggi di 820 mila cittadini stranieri (nonostante siano per oltre il 60% nati in Italia) . Si continua a discutere come se il tema fosse una manutenzione del sistema, magari eliminando gli “abusivi” immigrati che “sfruttano” il nostro welfare, quando la drammatica ed irrisolta domanda è come potrà mai funzionare il nostro sistema produttivo nei prossimi dieci anni, quando verranno a mancare fisicamente cinque milioni di lavoratori attivi e la popolazione inattiva aumenterà di almeno sette milioni.
Per qualcuno la soluzione è quella digitale, l’industria 4.0 che sostituisce il lavoro umano con la tecnologia, introducendo con questo il quarto punto di crisi del sistema . Senza essere la reincarnazione di John Ludd nel Duemila, si deve chiarire che i posti di lavoro distrutti da Amazon e compagnia non saranno mai, in alcun modo, compensati, dalle nuove professionalità necessarie. E senza essere raffinati macroeconomisti, è necessario porsi il problema di come sostituire i redditi di lavoro persi con altre forme di disponibilità di risorse, prima di doversi chiedere con angoscia a chi mai potremo vendere i magnifici prodotti 4.0 che le fabbriche senza operai produrranno nei prossimi anni..
Chi vuole candidarsi ad un ruolo politico ora deve guardare dritto in questi quattro “buchi neri” che, se non “illuminati” da idee, ipotesi, soluzioni, rischiano di far sparire anche il ricordo della nostra civiltà.
Franco D’Alfonso
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