mercoledì 27 maggio 2015

Luciano Belli Paci: Uber, miserie del consumerismo

Ci sarà pure un giudice a Berlino … Per fortuna ce n’è uno anche a Milano, il Dott. Marangoni della sezione Imprese del Tribunale, che con ordinanza ha inibito a Uber di continuare a fare concorrenza sleale ai taxi. Apriti cielo ! Le vestali del mercato si stracciano le vesti e tutti i grandi giornali, di destra e di sinistra (di sinistra ?), si indignano perché si va contro la modernità e contro gli interessi dei consumatori. Il solito luogocomunismo imperante che disprezza le regole e chi vuole farle rispettare. Anche le regole del mercato. Insomma, un caso di scuola che ci consente di tracciare una demarcazione netta tra liberali e liberisti, o meglio consumeristi. Per un vero liberale, cioè un difensore di un’economia di mercato all’interno di un paese civile, ergo regolato (ubi societas ibi ius), le cose dovrebbero essere molto semplici. Se il signor Tizio per svolgere un determinato servizio (qualificato peraltro in questo caso come “servizio pubblico”) è soggetto ad una serie di obblighi che comprendono tra l’altro: a) ottenere una licenza, b) superare un esame, c) sottostare a controlli, d) possedere un veicolo ad uso esclusivo di quel servizio e contraddistinto da speciali insegne, e) applicare a tutti gli utenti una tariffa stabilita dall’autorità amministrativa, f) osservare turni inderogabili … può il signor Caio svolgere quello stesso identico servizio senza osservare nessuno di tali obblighi ? Ovviamente no. Le regole devono essere rispettate da tutti. E la concorrenza è una bella e utile cosa se si svolge a parità di condizioni, altrimenti è appunto concorrenza sleale. Nessuno di noi andrebbe a vedere un incontro di boxe in cui un pugile ha le mani libere, mentre l’altro ha un braccio legato dietro la schiena. Contrapporre a questi principi di elementare buon senso un presunto interesse del consumatore, come fa oggi Rampini su Repubblica, non solo è assurdo, ma è anche falso perché in una società sregolata di stampo anarco-individualista come quella che più o meno consciamente esaltano questi signori staranno tutti peggio, non solo i tassisti, ma anche i consumatori. Luciano Belli Paci

7 commenti:

maurizio ha detto...

Stupisce che un giornalista serio e capace come Rampini abbia assunto una posizione del genere visto che, pur scrivendo su Repubblica, in un suo libro di pochi anni fa ("Non ci possiamo più permettere uno Stato sociale" FALSO!) aveva duramente condannato il sistema americano, soprattutto in campo sanitario, e difeso il welfare europeo di matrice socialdemocratica. Purtroppo il mantra della concorrenza senza limiti in nome di una presunta difesa dei consumatori deve avere contagiato anche lui. Come ricorda giustamente Luciano i veri liberali, quali ad esempio Luigi Einaudi ed Ernesto Rossi, erano sì fautori del mercato e della concorrenza, ma di un mercato rigorosamente regolato proprio perché rimanesse tale e non venisse deformato in oligopolio dall'interesse dei trust. Dimenticare questi fondamentali del liberalismo è grave sul piano culturale prima ancora che politico. Che ne dice Eugenio Scalfari?
Maurizio Giancola

paolo ha detto...

Il caso Uber Pop vs. taxisti può essere discusso da un punto di vista strettamente liberal-concorrenziale, come hai fatto tu o anche in un’ottica più “socialdemocratica” che richiederebbe di tener conto anche di aspetti diversi, come preferirei fare io.

Però, se vogliamo restare in ottica concorrenziale, le tue osservazioni sono inappuntabili, ma bisogna essere rigorosi fino alle ultime conseguenze. Se stiamo in questo orizzonte, chiunque deve poter “diventare Tizio” cioè: sostenere un esame, sottostare a controlli, possedere, applicare, ecc, ecc e ottenere una licenza. Il numero dei taxisti non può essere artificialmente limitato, sarà limitato solo dal mercato stesso, o no?



Paolo Zinna

luciano ha detto...

Caro Paolo,

sono (ovviamente) d’accordo con te sul fatto che con la nostra comune ottica socialdemocratica vi sarebbero anche altre ragioni, anche più importanti, per rifiutare Uber: la coesione sociale, il contenimento della precarietà, i limiti allo sfruttamento parassitario delle nuove tecnologie, la disincentivazione dell’uso di mezzi di trasporto individuali congestionanti ed inquinanti, ecc. ecc.

Io ho preferito mantenermi sullo stesso piano scelto dai commentatori mainstream solo per metterne in evidenza il carattere contraddittorio.

Non concordo invece, nel caso di specie, sull’idea che “chiunque deve poter diventare Tizio”.

Tutta la sfilza di obblighi che sono imposti ai tassisti esiste proprio perché si tratta di servizio pubblico, altrimenti molti non avrebbero senso (a partire dalla tariffa imposta).

Tutti i servizi pubblici si basano sull’individuazione di un numero definito di esercenti con licenza. Vale per i medici di famiglia come per i concessionari del trasporto locale.

Non è patologico che esista un numero predeterminato di licenze, è patologico che le licenze siano oggetto di compravendita tra privati. Però dopo una tolleranza credo secolare secondo me se ne deve uscire senza rovinare i tassisti, ma con gradualità (e/o con indennizzi).

Altra patologia è costituita dall’evasione fiscale che tra i tassisti è sistematica (ma Uber è anche peggio !). Bisognerebbe obbligarli ad emettere lo scontrino e sospenderli dal servizio dopo pochissime infrazioni.

Cari saluti.



Luciano

giovanni ha detto...

Buongiorno a tutti,
mi permetto di intervenire, al proposito, citando quanto ben evidenziato in un
articolo apparso sul Time di qualche settimana fa.

In sintesi la situazione obiettivo descritta, tramite servizi come Uber e
simili è la seguente.

Una famiglia tipica media, per campare bene deve potere gestire e organizzare
servizi verso la comunità quali:
a. servizio taxi con la propria persona/auto
b. servizio di noleggio auto con la propria auto
c. servizio di hotel con le proprie stanze/letti ecc
d. servizio di ristorazione tramite le proprie cucine
e. servizi di baby sitting a casa propria
f. servizio di istruzione tramite i propri canali di comunicazione
ecc. ecc.

In pratica deve rinunciare a vivere per rincorrere gli "aggiustamenti" vitali
per arrotondare il bilancio.

Tralasciando le ovvie e importanti questioni sul controllo di questi servizi
(assicurazioni, qualità del prodotto ecc.), tenendo pure conto che comunque la
nostra società "liberale/capitalista" è infarcita da posizioni di lobby e di
rendita, alla fine si evidenziava un fatto: le elite andranno a usufruire dei
beni a basso costo prodotti da una classe dapprima media e poi "proletaria".

A tutto ciò si risponde che non si può andare contro la modernità, ma forse un
ripensamento sul neoschiavismo strisciante si potrebbe fare, magari da parte
delle nostre dirigenze socialiste mondiali allo sbando.

Cari saluti
Giovanni Sora

dario ha detto...

Caro Luciano mi accontenterei di sapere se è dove uber paga le tasse, x che se non ritorniamo a porre con forza la questione della redistribuzione della ricchezza non riusciremo mai a fare proposte semplici e comprensibili x i cittadini. Rampini, ottimo giornalista, è poi un caso di studio interessante sulla mutazione genetica degli ex comunisti passati al liberismo senza soluzione di continuità. Dario

daniele ha detto...



Luciano è una delle rarissime volte in cui non sono d’accordo con quello che scrivi, per cui mi corre l’obbligo di intervenite

Ti racconto una storia. Un paio di mesi fa arrivo stanco morto a Linate dopo viaggio intercontinentale con scali, non ho contanti, ma fiducioso del fatto che i taxi dallo scorso anno devono accettare le carte di credito faccio la mia coda per prenderne uno; arriva il mio turno; chiedo ad almeno 10 tassisti (andando avanti di tigna per piu’ di 5 minuti) e tutti si rifiutano di essere pagati con carta di credito; rinuncio; vado al bancomat; prelievo; rifaccio la coda; salgo in taxi; arrivo a casa; scarico l’applicazione Uber; da allora cerco di usare solo Uber.

Venendo a quello che hai scritto. Innanzi tutto non condivido 2 premesse: i tassisti rispettano le leggi (non è vero ad esempio non accettano carte di credito); i tassisti non fanno concorrenza sleale (non è vero perché non accettano carte di credito per non pagare le tasse, fanno concorrenza sleale a Uber). Uber fattura tutto deduco che paghi il 100% di tasse; non frega con tragitti strani o applicando tariffe improprie; non ci sono tariffe di partenza esorbitanti.

E’ sbagliato inoltre considerare Taxi e Uber come lo steso servizio, sono due cose diverse che rispondono ad uno stesso bisogno (spostarsi di solito in una città) ci sono altri servizi che rispondono allo stesso bisogno es noleggio con conducente, il mezzo pubblico, il car sharing; il bike sharing, ed ovviamente hanno regole diverse.

Condivido il fatto che Uber sia borderline rispetto l’attuale legislazione, pero’ come per altre situazioni c’è una via di mezzo tra il sistema attuale inefficiente, protezionistico e la deregulation totale. In questo caso si tratta di regolamentare meglio una nuova tecnologia. Se la sinistra (quella vera non il renzismo e il piddismo) rinuncia a fare queste cose semplicemente è fuori dal mondo, nel caso specifico difende la rendita di posizione dei tassisti. Io continuero’ ad usare Uber, finchè si puo’, e continuero’ (a Milano a differenza delle altre città) a salire davanti ti fanno salire davanti perché hanno paura dei tassisti, campioni di socialdemocrazia.

Ciao

Daniele

luciano ha detto...

Caro Daniele, mi sfugge il nesso tra le cose che dici.

Se il tassista viola le regole, bisogna fargli osservare le regole.

Deve accettare carte di credito e bancomat, deve pagare le tasse, deve scegliere il tragitto più breve, ecc. ecc.

Ma non è che se il tassista non rispetta le regole allo dobbiamo permettere al tassista abusivo – tale è il conducente Uber – di lavorare senza licenza-tariffa-turni-controlli-autobianca … Sulle tasse deduci male: le paga, si fa per dire, Uber nei paradisi fiscali.

Il servizio è assolutamente identico; peraltro da alcuni mesi anche i taxi hanno la app analoga a quella di Uber.

Per evitare la concorrenza sleale puoi fare solo due cose: o vietare UberPop o abolire il servizio pubblico “di piazza”. Tertium non datur.



Ciao

Luciano


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