Il Circolo Carlo Rosselli è una realtà associativa presente a Milano sin dal 1981. http://www.circolorossellimilano.org/
martedì 31 marzo 2015
lunedì 30 marzo 2015
sabato 28 marzo 2015
venerdì 27 marzo 2015
giovedì 26 marzo 2015
mercoledì 25 marzo 2015
martedì 24 marzo 2015
BISCARDINI (PSI) A GIULIANO BISOGNA RICONOSCERE UNA GRANDE ONESTA’ INTELLETTUALE
PISAPIA, BISCARDINI (PSI) A GIULIANO BISOGNA RICONOSCERE UNA GRANDE ONESTA’ INTELLETTUALE
Intervenendo in aula sulle dichiarazioni del Sindaco Pisapia, Roberto Biscardini a nome dei socialisti milanesi ha dichiarato: “Pisapia con questa decisione ha chiuso uno stillicidio sul suo futuro che alla lunga avrebbe indebolito Milano. Esprimo il mio rammarico per questa decisione, ma riconosco che Giuliano con questo gesto e con grande onestà intellettuale ha rimesso nelle mani del Consiglio la responsabilità di andare avanti nei prossimi mesi, insieme a lui, che certamente non si sentirà disimpegnato, nei soli interessi della città.
Certo adesso un Sindaco bisogna trovarlo, ma anche in questo Pisapia sta dando una mano alla città, per consentire a Milano di avere tutto il tempo necessario per definire una nuova prospettiva ed anche costruire una fase politica nuova.”
lunedì 23 marzo 2015
Franco Astengo: Elezioni in Francia e Spagna
ELEZIONI IN FRANCIA E IN SPAGNA: IN DIFFICOLTA’ I SISTEMI POLITICI EUROPEI di Franco Astengo
L’esito delle elezioni cantonali in Francia e di quelle per la Regione Andalusia in Spagna offre l’occasione per alcuni spunti di analisi politica riferiti alle difficoltà che stanno incontrando i sistemi politici europei, alcuni dei quali si trovano ormai a rischio sullo stesso piano della credibilità democratica.
I risultati elettorali di ieri, infatti, evidenziano una linea di tendenza che appare piuttosto generalizzata e che sta contraddistinguendo anche lo stesso sistema politico italiano (nel quale si sta sviluppando un esperimento sul quale si cercherà più avanti di soffermarci).
La linea di tendenza generale è questa: si sta restringendo, e di molto, l’area di consenso e di possibile iniziativa sociale dei soggetti “classici” dell’alternanza democratica, quella di tipo bipolare, sulla quale si era molto puntato, anche attraverso l’adozione degli specifici sistemi elettorali nazionali, per migliorare – si sosteneva- la qualità della democrazia.
Sotto quest’aspetto il primo dato da prendere in considerazione riguarda la partecipazione al voto che ormai si assesta attorno al 50% (in Francia l’astensione è stata del 49,8%: in Italia, paese di fortissima tradizione elettorale, alle Europee è stata del 57%). Una percentuale larghissima della popolazione ormai non partecipa al voto sommando, in questa scelta politica così generalizzata, varie motivazioni, da quella dell’indifferenza (vanno bene le cose così come stanno, tanto il voto non serve per cambiare) e della protesta.
Il secondo dato riguarda il fatto che, sfondamento o non sfondamento, circa il 30% dei voti di questo 50% che ancora partecipa viene attribuito a forze anti-sistema che assommano sia l’antipolitica sia lo scetticismo anti-europeo, da destra come il FN e negando la distinzione tra destra e sinistra come Podemos e il M5S (chissà come catalogare da questo punto di vista Syriza?) e aggiungendo in questo catalogo la vecchia Lega Nord in Italia i Ciudadonos spagnoli, l’Alba Dorata greca e quant’altro.
In società rese molto complesse e stratificata dalla condizione economica, dall’evidente assenza di fiducia nel sistema, pressate da una drammatica situazione internazionale i partiti tradizionalmente maggioritari nel campo – come s’indicava all’inizio- dell’alternanza democratica vedono sempre più ristretto il loro possibile raggio d’azione e mantengono la possibilità (proprio grazie all’artifizio fornito da particolari sistemi elettorali) di conservare il ruolo di governo che poggia però sulla sabbia di una limitata credibilità sociale.
Il sistema politico, nel suo complesso e nelle diverse specificità nazionali, si direbbe costantemente sull’orlo dell’implosione: si osservi, tra l’altro, che nel mirino ci sono essenzialmente i sistemi politici dell’area mediterranea, mentre quello tedesco mantiene caratteristiche affatto diverse. Ed è questo un altro elemento di riflessione per coloro che propongono appunto alleanze di tipo euromediterraneo.
Una grande responsabilità, proprio dal punto di vista della crisi di sistema che si sta cercando di analizzare in quest’occasione, tocca alla volontà di trasformazione dei partiti che è stata messa in atto nel corso di questi anni attraverso l’esaltazione di improbabili leadership, l’adozione di meccanismi di affermazione mutuati da altri sistemi politici inadatti a essere trasferiti così acriticamente, il progressivo mutamento di natura da “partiti pigliatutti” a partiti ormai ridotti alla pura vocazione mediatica.
Per usare, forse impropriamente, categorie gramsciane si può ben affermare come i partiti non esprimano più l’articolazione di un blocco sociale e un’egemonia di tipo culturale ormai affidata a ben altri soggetti e agenzie: appaiono decaduti il costituzionalismo in Italia, il repubblicanesimo in Francia, l’idea democratica in Spagna. O meglio questi elementi “forti” di identità non sono stati sostituiti, ovviamente com’era naturale considerata la natura delle cose, da un’idea politica di livello “europeo” e riguardano ormai una minoranza della società.
Si stanno tentando vari esperimenti: in Francia pare proprio che ci si affida alla destra per contenere il populismo antipolitico, in Italia si sta tentando la strada di un autoritarismo di nuovo conio comunque in linea con elementi ricorrenti nella tradizione politica del nostro Paese luogo di elezione di una democrazia “debole”.
Sul pericoloso autoritarismo italiano un ulteriore annotazione potrebbe essere riservata analizzando gli ultimi fatti politici: l’emergere di (del resto consueti) fenomeni di corruzione possono consentire l’inasprirsi ulteriore delle condizioni di agibilità della democrazia e di progressivi fenomeni di accentramento del potere.
Le minoranze del PD, litigiose fra loro al fine del mantenimento di residue fette di potere nell’ambito del regime, non hanno interesse a sviluppare un’analisi riguardante appunto questo nuovo fenomeno autoritario.
Anche a sinistra si esita a prenderne atto. Incomprensibilmente o Colpevolmente?
Comunque la crisi di sistema può ben essere giudicata di dimensione europea.
Una situazione che potrebbe rapidamente mutarsi in peggio in una condizione di assenza di alternative.
domenica 22 marzo 2015
sabato 21 marzo 2015
venerdì 20 marzo 2015
LUPI, BISCARDINI (PSI), LE SUE DIMISSIONI UNA IPOCRISIA GIGANTESCA
LUPI, BISCARDINI (PSI), LE SUE DIMISSIONI UNA IPOCRISIA GIGANTESCA
Dichiarazione di Roberto Biscardini, socialista consigliere comunale di Milano: “Sulle dimissioni del ministro Lupi siamo di fronte ad un’ipocrisia gigantesca, non degna di un paese democratico, proporzionale solo all’ipocrisia delle parole e delle dichiarazioni del Presidente del Consiglio che con abilità ha pugnalato il suo ministro nascondendo la mano e scaricando le responsabilità sul suo partito. Se la questione vera è quella messa in evidenza dalle indagini della Procura di Firenze e cioè un sistema criminale che coinvolge importanti manager di stato, imprese, uomini d’affari e l’intero sistema politico, allora deve essere affrontata per quella che è e non può chiudersi bellamente con le dimissioni del ministro Lupi per la presunta raccomandazione a favore di suo figlio. Siamo al ridicolo, ci illudiamo che basta di volta in volta la dimissione di un ministro o la nomina di un super commissario speciale come Cantone per mettere le cose in ordine. Se poi lo nominiamo anche ministro siamo a posto.”
giovedì 19 marzo 2015
mercoledì 18 marzo 2015
lunedì 16 marzo 2015
Lanfranco Turci: Il mio punto di vista sulla "coalizione sociale"
IL MIO PUNTO DI VISTA SULLA " COALIZIONE SOCIALE"
Il progetto di " coalizione sociale" lanciato dalla FIOM potrebbe essere l'inizio di una ristrutturazione della sinistra e della nascita di un nuovo soggetto politico. O potrebbe presto risolversi nella inconcludenza e in nuove rotture all’interno di ciò che resta della sinistra politica e sociale. Io tendo a vedere nella mossa di Landini notevoli potenzialità che vanno colte e aiutate ad emergere
1) Comincio con una nota che avevo pubblicato il 30 NOVEMBRE DEL 2014 e che ritengo tuttora valida: "A questo punto dello stato della sinistra, scrivevo, vado alla disperata. Secondo me in una società dominata dai media( che ci piaccia o no è quella in cui viviamo) non si può prescindere da un leader nuovo e trainante. Guardate Tsipras e Iglesias. Un leader che abbia sangue fresco da spendere, una origine popolare e l'impronta del mondo del lavoro. Un leader che non lasci dubbi sul suo orientamento di sinistra e anti liberista. Un leader che non cerchi l'angolino identitario e sfidi il Pd parlando ai vecchi elettori e militanti di sinistra e al contempo ai giovani senza storia politica alle spalle…. Per me fare un discorso di questo tipo è uno strappo, anzi è uno schiaffo alla mia formazione e alla mia cultura politica. Ma solo un Landini, nel panorama attuale della sinistra, ci potrà salvare o almeno tentare con qualche possibilità.”
2) Landini ha capito che occorre un linguaggio politico nuovo. Non serve il nostro da intellettuali della politica, nè tanto meno il politichese corrente che allontana la gente come la peste. Landini o per calcolo consapevole, o per la sua stessa formazione, si muove fuori dal recinto consunto della politica corrente. Quel recinto, lo sappiamo, è consunto per effetto di una campagna ben pilotata di anni e anni di predicazione antipolitica, che ha contestato, in nome della lotta agli scandali, le basi stesse della istituzioni democratiche e dei corpi intermedi. Ma quel recinto è stato consunto anche, e prima ancora, dallo svuotamento dei poteri democratici per opera delle politiche liberiste e delle istituzioni burocratiche europee.( Quello che Draghi definì il pilota automatico che funziona a prescindere dai singoli governi e che i Greci cercano di smontare in queste settimane!) Per questo Landini non parla al momento di Partiti e lascia correre perfino una accennata indifferenza alla contrapposizione fra destra e sinistra. In ciò concedendo qualcosa a quello che potremmo chiamare un certo populismo di sinistra, o quasi un grillismo di sinistra. Credo che egli si renda conto che il recinto tradizionale della politica è stato distrutto da Renzi, dalla sua sfida come uomo del fare, come leader di un Partito della Nazione capace di scavalcare i vecchi confini in funzione di un centro oligarchico e populista. Per questo non sarà più possibile contare sul vecchio campo di gioco della politica ( centro-destra contro centro-sinistra ) con gli stessi giocatori e con i riti del passato. Per questo invece di partire dal posizionamento politico Landini preferisce partire dai problemi sociali come egli li ha vissuti in questi anni, con un occhio allargato oltre la categoria dei metalmeccanici o del solo lavoro salariato. In questo modo riesce a parlare a platee reali e virtuali oggi inaccessibili non solo ai residui della sinistra Pd( e parlo di quel poco che è ancora definibile sinistra in quel partito), ma anche ai partitini di sinistra e a reti associative come le nostre.
3) Per chi viene dal Pci o dalla tradizione del movimento operaio suona come una bestemmia la contrapposizione fra coalizione sociale e soggetto politico. Eppure bisogna capire perchè il problema , sia pure in termini attenuati, tenda a ripresentarsi nella proposta di Landini. Non credo sia solo per sua ingenuità o per l' opportunismo di alcuni intellettuali che tendono a mettere il cappello su tutto ciò che si muove, reinventandosi in tutti i ruoli possibili. Credo invece che la scomposizione degli assetti sociali del "popolo"( si veda per esempio la lettura che ne fornisce il nostro amico Tupàc Amarù) e l'evaporazione della capacità di una effettiva lettura di classe di questi cambiamenti, comporti la necessità di ripartire dalla materialità dei nuovi rapporti di classe, per ricostruire da essi processi unitari e disegni di trasformazione. E' un pò come ritornare a fare le aste della prima elementare per chi riteneva di essere già all'università.
4)Peraltro al di là dei vecchi e nuovi conflitti che possono essere descritti in termini di classi e di ceti sociali, esiste una miriade di conflitti territoriali e di vertenze locali sull'ambiente, sull'uso del territorio, sui "beni comuni", sulla legalità, che prendono forma in una molteplicità di iniziative e comitati in cui si raggruppano le più diverse organizzazioni sociali e politiche. Un censimento di queste esperienze richiederebbe la pazienza di un entomologo che munito di una lente di ingrandimento sappia scoprirle e catalogarle. Ma al di là della catalogazione esse richiedono soprattutto un processo di aggregazione e in questo senso il contenitore della " coalizione sociale" può ben prestarsi a fornire loro un inquadramento sufficientemente elastico.
5)Resta però il fatto che, pur facendo lo sconto ai prezzi che un processo nuovo come la " coalizione sociale" deve pagare per affermarsi quale attore significativo nel quadro che si viene ristrutturando, sappiamo, almeno tutti noi che veniamo da una certa esperienza politica, che non basta la somma di mille vertenze, di mille movimenti e di mille conflitti per dare vita a un processo politico che duri e si affermi. ( Basti pensare in tutt'altro contesto alla evoluzione di Podemos in partito politico). Io non dubito che Landini ne sia consapevole. Se così non fosse saremmo di fronte a un fuoco di paglia destinato a esaurirsi rapidamente, con un lascito di conflitti intanto innescati nella sinistra politica e nel sindacato. Io credo invece che la ridefinizione del modo di essere del sindacato dovrà trovare una sua strada, perchè il problema della sua burocratizzazione e il rischio di corporativizzazione non sono una invenzione polemica. Sull'altro versante la strada della costruzione della " coalizione sociale" è tutta da inventare e alla fine non potrà non investire e coinvolgere quanto c'è oggi di sinistra politica. Non credo, ad esempio, che l'idea del " Coordinamento vasto" lanciata quasi due mesi fa da Sel a conclusione di Human Factor, possa essere recuperata oggi a prescindere dal progetto di " coalizione sociale", o possa sovrapporsi ad esso automaticamente. Nè basterà una grande campagna referendaria sul Jobs act per andare avanti. Anzi sarà da pensarci bene prima di giocarsi tutte le carte su un terreno scivoloso ( do you remember il referendum sulla scala mobile?) in cui Renzi si contrapporrà a noi con una impostazione da plebiscito pro o contro di lui. Molto più importante è invece accumulare le risorse per costruire una rappresentanza della sinistra capace di muoversi autorevolmente e con ambizione egemonica sullo scacchiere politico e sociale. In questa prospettiva io vedo la “ coalizione sociale”
6) Noi che compito abbiamo? Intanto non restare ai margini a pontificare dalle tastiere dei nostri computer o dai nostri colti convegni di studio. Dobbiamo appoggiare il tentativo della " coalizione sociale", dare una mano . Per questo abbiamo già dato l'adesione alla manifestazione del 28 Marzo. Contemporaneamente dobbiamo tenere aperto il discorso di prospettiva alimentandolo , nei limiti delle nostre possibilità, di analisi e di proposte strategiche. Non abbiamo, né possiamo pretendere alcun ruolo di protagonisti. Ma una disponibilità generosa ad aiutare e a dare qualche consiglio disinteressato ci tocca!
Lanfranco turci
domenica 15 marzo 2015
sabato 14 marzo 2015
Franco Astengo: Mercato e regime
MERCATO E REGIME di Franco Astengo
Il boccone grosso, quello delle quote delle torri sulle quali poggiano le antenne per favorire il concorrente del servizio pubblico (così scrive l’Antitrust, mica bruscolini!) in nome della ferrea legge del libero mercato.
Il bastone del comando, invece, della disastrata rete pubblica al Governo solo deputato a nominare un “dominus” nel pieno segno dell’uomo solo al comando, che si circonda da vassalli, valvassini e valvassori.
Il regime italiano sta scivolando sempre di più verso il sistema cinese: qualche riccone che detiene il potere economico stando sul collo della povera gente, il partito unico che occupa per intero (ovviamente, essendo unico) lo spazio del potere politico indistinto tra istituzioni, rappresentanza, governo alla faccia di chi conserva ancora la memoria di aver letto “L’esprit de lois”.
Il tutto, beninteso, in nome dell’ideologia, senza alcun nesso con il concreto della drammaticità delle condizioni materiali di vita di milioni di persone.
Vige l’ideologia – appunto – del mercato che serve a farsi giustizia da sé.
Vige l’ideologia dell’antipolitica per distruggere tutto ciò che può urtare, appena appena, il dominio di questo gruppo di potere fatto di arrivisti, opportunisti di maggioranza e di minoranza (vedi tanto per essere chiari la storia della cosiddetta “Sinistra” PD), gente sempre pronta a salire sul carro di un vincitore molto apparente.
Così stanno le cose, descritte senza tanti giri di parole, in Italia.
Certo: la televisione è terreno facile per questo tipo di dimostrazione di forza.
Il campo dove maggiormente si addensano gli interessi di chi privilegia l’apparire rispetto all’essere; dove è più facile far soldi senza neppure i rischi di un andamento finanziario complesso; dove maggiori sono le colpe e le responsabilità del regime precedente (quello della “partitocrazia”? Termine tra l’altro coniato negli anni’50 da Maranini e non da Pannella come scrivono illustri opinionisti evidentemente traditi dalla memoria) e dove è più facile affondare il coltello nella piaga.
La televisione come metafora del sistema.
La situazione è grave, spetterebbe al residuo di sinistra che forse ancora esiste farla diventare (parafrasando Flajano) seria.
giovedì 12 marzo 2015
Felice Besostri: Intervento del 9 marzo 2015 all'Assemblea del Coordinamento per la democrazia costituzionale
Assemblea 9 marzo 2015 Coordinamento per La Democrazia Costituzionale- Roma
Intervento di Felice Besostri, avvocato socialista, presidente del Gruppo di Volpedo
Non si possono intraprendere azioni decise se non si hanno idee chiare. Non si possono avere idee chiare se il linguaggio è come la neo-lingua orwelliana di 1984., Cominciamo a fare pulizia. La parola riforma è una nobile parola, che non merita l’uso che se ne fa. La riforma designa un rinnovamento in senso migliorativo, non un cambiamento. Renzi non RIFORMA LA COSTITUZIONE ma DEFORMA LA COSTITUZIONE. Lo stesso si deve dire dell’Italikum( nella pronunzia non si coglie la differenza, ma va scritto con la” kappa” al posto della “c”). Una riforma della legge elettorale comportava di eliminare le incostituzionalità denunciate dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 1/2014, e ancor più dalla sentenza n. 8848/2014 della Prima Sezione della Cassazione, non, invece, di legiferare come non ci fossero. L’ultimo testo licenziato dal Senato dimostra che si persegue surrettiziamente un mutamento della forma di governo. Già nel porcellum era una violazione delle prerogative presidenziali l’indicazione da parte di una coalizione di un capo politico della stessa, ma almeno aveva il senso di superare una delle critiche alle leggi elettorali proporzionali, di presentarsi con le mani libere davanti agli elettori, per decidere dopo le elezioni . Le coalizioni non ci sono più, il premio che da la maggioranza va alla lista e quindi al suo capo. Con il ballottaggio, espediente per sfuggire ad una soglia minima in voti e/o seggi, s’introduce di fatto un’elezione diretta del Primo Ministro .Il processo in atto è iniziato prima di Renzi, con l’elezione diretta generalizzata del sindaco, per di più portatore di un premio di maggioranza di cui sono beneficiarie le liste collegate( nelle grandi città è una illusione mediatica che il sindaco sia scelto dai cittadini in base ad una conoscenza diretta dei candidati).E’ poi seguita quella diretta dei presidenti di Regione, con l’anomalia di premi di maggioranza attribuiti ancora una volta sul consenso del candidato presidente, per il quale è ammesso il voto disgiunto, ma di cui beneficiano soltanto le liste collegate: un premio in seggi tanto più consistente quanto minore è il loro consenso elettorale. In tutti i casi la concentrazione del potere nel vertice dell’esecutivo si è accompagnato nella riduzione dei poteri dell’assemblea rappresentativa. A mio avviso concausa delle degenerazioni dell’uso dei fondi dei gruppi consiliari regionali: una compensazione alle frustrazioni politiche?
Renzi ha in mente il modello del sindaco d’Italia -e lo dice apertamente-, quindi la riduzione del ruolo del Parlamento ne è una diretta e logica conseguenza. La nomina dei parlamentari grazie alle liste bloccate, in luogo della loro elezione ,ha svuotato l’art. 67 della Costituzione, come anche la disciplina di Partito, una formazione politica senza una legge regolativa, come richiesto dall’art. 49 della Costituzione e in vigore nella maggioranza dei paesi europei. Non è Renzi il responsabile del mantra, ripetuto ossessivamente che “ si deve sapere chi ci governerà la sera stessa delle elezioni “. Una pretesa che non hanno neppure i sistemi elettorali uninominali maggioritari a turno unico ( Brittania docet) o i sistemi presidenziali o semi-presidenziali, per non parlare della stabilissima e governabilissima Germania: la Merkel con il suo 43%( superiore al 41% di Renzi alle Europee) non avrebbe dovuto con un Tedeskum , tradotto dall’Italikum, aspettare due mesi per fare la Cancelliera. Eppure la domanda se in Europa conta di più la Germania o l’Italia neppure può essere posta per non essere retorici. Obama e Hollande alla sera della loro elezione sapevano di essere Presidenti dei loro paesi, ma la capacità di realizzare il loro programma di governo sarebbe dipesa dal risultato delle elezioni parlamentari. Anzi negli USA al Presidente gli piazzano a metà mandato un turno elettorale, che lo può mandare in minoranza nei due rami del Congresso, come accaduto con il secondo mandato di OBAMA. A Renzi dobbiamo un passo avanti con il nuovo Senato e la Del Rio e le elezioni di secondo grado: un progresso perché così si saprà chi governerà la sera prima delle elezioni. E’ avvenuto senza suscitare emozioni tra settembre e ottobre 2014 nelle Province e nelle Città Metropolitane, complici un po’ tutti comprese forze all’opposizione in Parlamento. Il consenso si strappa facilmente, basta assicurare qualche posto. Un buon numero di Presidenti di Provincia, candidati unici e liste bloccate uniche con un numero di candidati pari ai posti da eleggere. Nelle regioni, ultime l’UMBRIA e la PUGLIA in febbraio , si stanno approvando leggi elettorali sempre più maggioritari e con premi di maggioranza al 60%, 62% se si calcola il seggio del Presidente, il consenso degli alleati si compra con soglie d’accesso differenziate. Basse se si sta in coalizione, alte fuori. La maggioranza è la metà più uno dei seggi ,ma non basta al partito di maggioranza, che vuole avere la maggioranza assoluta da solo e non dipendere dai partiti minori: ecco spiegato un premio pari al 60% dei seggi. Un partito egemone e una corte di satelliti: una situazione che ha analogie solo con le democrazie popolari est-europee prima del crollo del Muro di Berlino.
Il referendum confermativo previsto per le leggi costituzionali non approvate con il quorum dei 2/3 dei componenti le Camere, quando è unico per una congerie di norme modificate, più di 40, non è una conferma adeguata di un consenso popolare. Meglio la Spagna e la Svezia che tra la prima lettura e la seconda prevedono la tenuta di elezioni politiche generali. Come già sottolineato da molti la previsione di un ballottaggio tra le due liste più votate è un espediente per sottrarsi ad una soglia minima in voti o seggi per l’attribuzione di un premio di maggioranza, come richiesto dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 15 e 16 del 2008. La percentuale dei votanti non basta per alterare l’uguaglianza del voto: premio di maggioranza e ammissione delle liste al ballottaggio devono essere vincolate a percentuali degli aventi diritto al voto. Un 40% dei votanti non rappresenta la volontà degli elettori di un governo stabile, se vanno a votare poco più di un terzo degli elettori iscritti, come è avvenuto in Emilia Romagna. E la maggioranza assoluta al ballottaggio non legittima la distorsione della rappresentanza se le due liste al primo turno non rappresentassero almeno il 50% degli aventi diritto. Su questo c’è spazio per la Camera dopo le modifiche introdotte dal Senato al testo della legge elettorale.
mercoledì 11 marzo 2015
martedì 10 marzo 2015
lunedì 9 marzo 2015
domenica 8 marzo 2015
sabato 7 marzo 2015
giovedì 5 marzo 2015
mercoledì 4 marzo 2015
Felice Besostri: Le elezioni regionali di maggio
Le elezioni regionali di maggio: una truffa costituzionale e politica
di Felice Besostri
In maggio si vota per il rinnovo di consigli regionali. Con metodo collaudato,le modifiche alla legge europea nell'imminenza delle elezioni del 2009 con la l.n. 10/2009, si modificano le leggi elettorale regionali in senso maggioritario con premi di maggioranza spropositati, in Umbria siamo arrivati al 65%. Se non si reagisce il Senato prossimo venturo sarà ancora peggio di quanto possiamo immaginare e/o temere. Tuttavia il pericolo maggiore è politico. Un caratteristica comune sono soglie di accesso differenziate minori per le forze in coalizione, elevate per le liste singole. Le liste minori coalizzate beneficiano inoltre del premio di maggioranza: un'attrazione fatale: gli effetti si sono visti nelle elezioni emiliano-romagnole e calabresi. Il desiderio di essere eletti, con la giustificazione della sopravvivenza della propria formazione, costituisce la forza di "corruzione politica" del PD. C'è un nesso preciso tra abbassamento delle soglie di accesso delle forze coalizzate ed aumento del premio di maggioranza. Devi poter premiare le forze vassalle, ma nel contempo non dipendere da loro. La maggioranza assoluta deve spettare al partito guida della coalizione.. Può sembrare paradossale ma il sistema politico più somigliante è quello delle ormai defunte democrazie popolari nell'Est europeo. Un partito egemone e una pletora di partitini satelliti senza potere reale. .Accanto alle regioni l'altro punto di forza del PD è il governo locale, sia dove vi è elezione diretta del Sindaco collegato ad un premio di maggioranza consistente del 60%, sia nelle Province e Città metropolitane con elezioni di secondo grado come si è puntualmente verificato tra settembre e ottobre del 2014. quelle elezioni sono state sottovalutate, mentre erano il primo esperimento di soppressione della democrazia rappresentativa. Un formidabile passo in avanti sapere chi governerà la sera prima delle elezioni! Nel sistema ci sono state falle come i sindaci arancioni, ma non sembrano a distanza di pochi anni modelli di successo, anche grazie alla riduzione dell'autonomia comunale e dei tagli agli enti local. In conclusione la difesa della democrazia costituzionale non può limitarsi al contrasto alla revisione costituzionale e all'Italikum, se chi si oppone a livello nazionale non sarà capace di presentarsi in maniera coordinata per un progetto alternativo.
martedì 3 marzo 2015
lunedì 2 marzo 2015
Paolo Zinna: Lettera al compagno Vittorio
Lettera al compagno Vittorio
Vittorio è un serio, anziano compagno. Viene da una lunga militanza nel PCI e nella CGIL, veterano di mille diffusioni militanti del giornale, di tante Feste dell’Unità, di infinite sere in sezione; si considera un uomo di sinistra, è sempre stato contro ogni posizione che inclinasse verso il centro. Berlinguer è sempre stato il suo idolo, non ne ha mai riesaminato la politica facendosi delle domande. Eppure, alle ultime primarie, ha votato Renzi. Perché, Vittorio? “Perché ci fa vincere”. Il Partito è sempre nel giusto, se una ricetta fa vincere il Partito, è una buona ricetta per definizione; non c’è più bisogno di chiedersi: ci fa vincere per fare che cosa? Vittorio ragionava così.
Oggi è frastornato, ha perso il suo punto di riferimento. L’anno scorso ha aspettato a lungo e poi, alla fine, non ha rinnovato la tessera, come faceva da quarant’anni (anzi, era sempre uno dei primi). Mi dice: “Non ci capisco più niente. Il Pd che facilita i licenziamenti? Il PD che è sempre contro i sindacati e dalla parte dei padroni? Il PD che perdona il falso in bilancio, purché non sia enorme? Il PD che regala al capitale le banche popolari (e pensare che anni fa il partito mi aveva raccomandato di comprare qualche azione, per far pesare anche la voce dei lavoratori …)? Basta, non val più la pena di impegnarsi, ormai me ne starò a casa”. Magari Vittorio non avrà ragione in tutto, ma in molte cose purtroppo sì. Credo che abbiamo il dovere di dare una risposta ai tanti che la pensano come lui, rinnovando o no la tessera.
Qualche giorno fa, un amico esprimeva un pensiero che ho condiviso per molto tempo: - un partito, per definizione, rappresenta una parte dei cittadini, quelli che condividono i suoi valori fondanti. Per noi democratici essi sono l’equità sociale, la tensione per “un’Italia libera, più giusta e più prospera” (Manifesto dei valori, 2008). Nessun partito può rappresentare la generalità dei cittadini, chi legittimamente non li condivide non può stare nel nostro partito (e neanche votare alle nostre Primarie) -.
Beh, rendiamoci conto che non sarà (già non è) più così. Il 2014 è stato un anno di svolta, la Seconda repubblica è finita e, senza che me ne accorgessi, è cominciata la Terza, che somiglia alla Prima. La prima repubblica aveva una configurazione politica monocentrica: un grande partito centrale (la DC), entro il quale stava tutto e il contrario di tutto, sia dal punto di vista politico, da Scelba a Donat Cattin, sia dal punto di vista sociale, dai sindacalisti della CISL ai baroni dell’elettricità e ai latifondisti siciliani - intorno, una serie di partiti minori, solo in parte autonomi - a sinistra, un grande partito non coalizzabile (il PCI, che il fattore K teneva lontano dal governo, ma era ben capace di condizionarne le scelte attraverso un certo potere d’interdizione) - una sfarinatura di partiti di destra, monarchici e post fascisti, inutili per il governo ma utilissimi per questo o quel provvedimento da contrattare volta per volta. Questa configurazione ha permesso alla Democrazia Cristiana di governare per più di quarant’anni e, riconosciamolo, anche di rendere l’Italia un paese “più giusto, più libero e più prospero”. La vera battaglia politica, allora, si svolgeva entro la DC. Se il congresso DC veniva vinto da Fanfani o dai dorotei, dal preambolo o da De Mita, l’evento decideva la politica del paese per gli anni a venire. Poco importava quanti voti prendesse la DC nel complesso, o meglio importava sì, ma solo in quanto influiva sugli equilibri interni.
La Seconda repubblica era diversissima: tendenzialmente bipolare, grazie a leggi elettorali costruite proprio per farla essere così. Perciò, ha visto alternarsi coalizioni di centro destra (1994, 2001 - 2006, 2008 - 2011) e di centro sinistra (1996 - 2001, 2006 - 2008). Coalizioni di destra e di centro sinistra, non politiche di destra e di sinistra; infatti la logica del sistema conduceva a contendersi la vittoria al centro, a privilegiare gli elettori moderati e le forze in grado di spostare voti di centro (la chiesa di Ruini, ad es.) e a trascurare le fasce di elettori più decise (tanto, non avrebbero mai votato per l’avversario). In questo sta una delle radici del forte aumento delle astensioni, perché “sono tutti uguali”, i programmi sono poco distinguibili, there is no alternative. La configurazione, tra l’altro, esaltava la rissosità e il disprezzo reciproco fra i due fronti (antiberlusconismo, “coglioni” che votano a sinistra).
Oggi, invece, c’è un grande partito centrale (il PD), entro il quale sta tutto e il contrario di tutto, sia dal punto di vista politico, da Fassina a Ichino, sia dal punto di vista sociale, dai sindacalisti della CGIL a Davide Serra - intorno, una serie di partiti minori molto poco autonomi - a destra, ci sarà un grande partito non coalizzabile (la Lega, guidata da Salvini con notevole chiarezza di idee strategiche), che vedo ben capace di condizionare le scelte del governo attraverso un certo potere d’interdizione - una sfarinatura di partiti di sinistra, movimentisti e post comunisti, inutili per il governo ma utilissimi per eleggere questo o quel presidente della repubblica, contrattando volta per volta. Certo, ci sono delle differenze: l’astensione altissima, il partito antisistema di Grillo (che è in fondo un'altra forma dell’astensione); ma le differenze sarebbero importanti solo se fossero reversibili, se, ad esempio, l’astensione potesse trasformarsi in voto attivo per una qualche Syriza italiana. Oppure, se potesse rinascere una qualche forma di “destra di governo”. E ciò, per ora, non mi pare probabile.
Quali conseguenze? Il PD, innanzitutto, non può non vincere le prossime elezioni. Forse, se ci impegniamo, riusciremo a perdere in qualche regione (Campania, Veneto, domani Lombardia presentando il prossimo Ambrosetti: possibilissimo); ma non di più. Perciò Renzi ce lo terremo, per i prossimi dieci anni almeno: facciamocene una ragione. Credevo che Renzi, post-ideologico com’è, avrebbe alternato momenti di destra e di sinistra. Mi sbagliavo; è privo di ideologia, ma non di strategia, che anzi ha chiarissima e persegue con successo: collocare sé stesso e il suo partito nella posizione della DC del 1960. Per questo, era necessario spostare a destra il partito, sfasciare il centro, tagliar l’erba sotto i piedi a qualunque destra presentabile. E lui lo ha fatto. Salvini lo aiuta; non c’è bisogno di immaginare accordi sotterranei fra i due (che ne sarebbero capacissimi, peraltro) - già la forza delle cose li rende “alleati di fatto”.
E no, il PD non è un partito, tantomeno il Partito descritto dal mio amico. Non è l’organizzazione di una parte dei cittadini che condividono alcuni valori, il partito di Renzi vuole essere il partito di tutti i cittadini (salvo pochi malintenzionati, gufi o populisti di destra): il partito della nazione intera. Questa è l’onesta risposta da dare a Vittorio e a noi stessi. Non mi piace, ma bisogna dirsi le cose come stanno.
Restano da valutare le possibili scelte per chi si sente di sinistra. Se la lotta politica decisiva si volgerà entro il PD, entro il PD bisogna stare: nulla salus extra ecclesiam. Le riesumazioni di Altre Italia per Tsipras, SEL, improbabili Costituenti laico socialiste sono operazioni molto gratificanti per lo spirito di chi le fa, ma, in questo quadro, prive di qualunque senso politico. Sui civici, meglio stendere un velo d’oblio.
Sì, ma come starci, entro il PD? Traendo impietosamente le conseguenze da questa fotografia: il PD non è la ditta, non c’è più nessuna ditta, dobbiamo rottamare l’idea stessa di ditta. La lotta politica la faremo per influire dentro lo “pseudopartito”, non verso l’esterno. Voglio scandalizzare Vittorio: per questo, in un certo momento può essere persino auspicabile e funzionale che lo “pseudopartito” perda voti. Se sarà così, non dovremo far nulla per impedirlo, non dovremo lasciarci condizionare dai nostri impulsi atavici. E non dovremo rattristarci, ogni volta che Renzi farà una mossa di destra: ne farà ancora, finché non sarà certo di aver soffocato ogni possibile destra esterna decente. Nel frattempo, è buona cosa che il PD diventi sempre più simile alla DC, nel suo funzionamento interno: cioè che sia balcanizzato in una confederazione di correnti. La nascita di “Spazio democratico” (cattorenziani?) è ottima cosa. Ottima cosa l’ingresso nel partito di personaggi “simpatici e qualificanti” come la Lanzillotta: magari faranno una opposizione interna di destra (anzi, peccato che non sia ancora tornata la Binetti). E quanto più il partito sarà balcanizzato, tanto più potremo far sentire la nostra voce.
Non posso avere la certezza assoluta che la mia visione sia (o continui nel tempo ad essere) corretta. Vediamo alcune ipotesi che potrebbero rovesciare il quadro. 1 una crisi economica devastante: Grexit, contagio diffuso a tutto il sud Europa: poco probabile. 2 l’uscita di Bersani e D’Alema dal partito (Civati è irrilevante). Sarebbe un disastro per Renzi, lo ridurrebbe al ruolo di Ramsay Mc Donald. Peccato che non accadrà mai. 3 la rinascita di una destra seria, che richiede almeno la scomparsa di Berlusconi dalla scena e l’emergere di nuovi leader: è una prospettiva di lungo termine. In conclusione, sono evenienze non impossibili, ma a bassa probabilità. Meglio agire in base alle ipotesi più probabili.
Aggiunta dell’ultimo istante: Roma auspica che alle Comunali di Milano ci si presenti alleati con l’NCD. Vi fa schifo? Anche a me; ma, se ci riflettiamo, è una mossa perfettamente coerente con la strategia che ho descritto.
SOCIALISTI, BISCARDINI, RIUNIRE LE OPPOSIZIONI A NENCINI E PRENDERE LE DISTANZE DAL GOVERNO
SOCIALISTI, BISCARDINI, RIUNIRE LE OPPOSIZIONI A NENCINI E PRENDERE LE DISTANZE DAL GOVERNO
Dichiarazione di Roberto Biscardini della segreteria nazionale del PSI a conclusione dei lavori della assemblea tenuta a Roma dalla corrente Iniziativa Socialista: “Un assemblea grande e importante di Iniziativa Socialista, la corrente di opposizione a Nencini nel PSI, nella quale si sono decise sostanzialmente tre cose. Riunire le opposizioni interne a Nencini, per avviare un cambio di passo, rilanciare una politica dei socialisti più autonoma rispetto al PD, con l’obiettivo di prendere le distanze dalla politica del governo Renzi. Aprire un confronto con altre forze politiche e sindacali, associazioni e singole energie disposte a discutere insieme sulla necessità di riscoprire il socialismo come unica vera e possibile alternativa alla politica di questo governo. Organizzare a breve incontri e manifestazioni pubbliche di confronto con tutti coloro che ci stanno, con tes sera o senza tessera dei partiti, per ricostruire una nuova e più forte soggettività socialista.”
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