Concordo con l'analisi del comp. Astengo, però bisogna chiarire meglio come organizzare un'opposizione sistemica e con quale finalità. Sono convinto anch'io che le modifiche al sistema elettorale a cominciare dall'elezione diretta dei sindaci abbia ridotto gli spazi democratici, come la scomparsa dei "partiti". Sono anche a favore ad una forma di finanziamento pubblico delle campagne elettorali, non quella che c'era e che è in via di esaurimento. Soltanto parlare di queste cose significa uscire dal coro e avere contro l'uomo della strada ed anche uno dei pezzi più consistenti numericamente dell'opposizione parlamentare, il M5S. Si associa la parola d'ordine dell'opposizione ad una proposta minoritaria di testimonianza. Se la questione democratica è quella prioritaria e centrale.Di questo sono convinto altrimenti non avrei intrapreso una serie di battaglie di legalità a cominciare dall'opposizione ai referendum Guzzetta( grazie alla quale abbiamo avuto le 2 sentenze n. 15 e 16 del 2008 della Consulta , base della n. 1/2014= e associandomi poi all'azione dell'avv. Aldo Bozzi ( a proposito proponiamo il suo nome per la Presidenza della Repubblica). Ho poi dato impulso alle impugnazioni delle leggi elettorali regionali, che sono peggio del Porcellum e infine alla legge per il parlamento europeo. Un'esperienza entusiasmante personalmente ma politicamente fallita. Se si pensa che la prima opposizione ai referendum Guzzetta era stata motivata dal rifiuto di un premio di maggioranza alla lista invece che alla coalizione a essa siamo tornati 7 anni dopo. L'annullamento del Porcellum ( che almeno si scriveva con la "c") ha prodotto l'Italikum, che è peggio. Ma il colpo finale è stato constatare che le elezioni di secondo grado di province e città metropolitane hanno lascito indifferenti tutte le opposizioni parlamentari ed extraparlamentari, che spesso hanno partecipato agli accordi partitocratici. Orbene se la questione democratica è la PRINCIPALE e PRIORITARIA bisogna avere una proposta non di opposizione ma di alternativa. Bisogna avere ben chiaro che si devono proporre politiche che almeno potenzialmente devono diventare maggioranza E, ANCHE SE NON SUBITO, non in tempi biblici. Se questa proposta non l'abbiamo riunire i migliori.con le migliori intenzioni non inciderà sui processi politici. Ci sono stati successi improvvisi dal M5S ed ora di Salvini e soprattutto l'irresistibile ascesa di Arturo Matteo Renzi e quasi un ventennio Berlusconiano. Degenerazioni della politica come dovrebbe essere intesa da una sinistra portatrice di un'alternativa sistemica, che si spiegano con il controllo dei media, ma anche dal messaggio " Ci sono le risposte ai vostri problemi ed io/noi le ho/abbiamo. Se non c'è democrazia non c'è possibilità di portare al potere i rappresentanti delle ansie, bisogni e anche sogno della maggioranza del popolo. Ma come possiamo convincere questa MAGGIORANZA CON GLI ESEMPI QUOTIDIANI DI QUESTA CLASSE POLITICA, CHE IN QUELLA REGIONALE HA FORSE ESPRESSO IL PEGGIO E CHE SARA' PREMIATA CON LA RIFORMA DEL SENATO INSIEME AI SINDACI ELETTI DIRETTAMENTE PURCHé NON SI FACCIANO ELEGGERE DIRETTAMENTE COME SINDACI METROPOLITANI-. E' difficile ma si può, basta non dire Yes we Can e nemmeno Podemos o cercare un leader che venga dall'estero sia il Subcomandante Marcos, il Presidente Chavez o il personalmente degnissimo Tsipras, anche per non distrarlo con i problemi della sinistra italiana dal compito che lo aspetta in Grecia.
Mi sia consentita qualche riflessione. Quale "sinistra comunista" ? Perchè non esplicitare meglio i riferimenti, indicando rappresentanze, storie, istanze, passato e presente? Personalmente, da socialista eretico libertario, se penso ad alcuni momenti della "sinistra comunista" nazionale e internazionale, mi viene l'orticaria. Che l'Italia sia ridotta male non si può non essere d'accordo. Ma le responsabilità vanno ricercate nel corso di un quarantennio, durante il quale il saccheggio delle risorse non ha conosciuto distinzione di colore: caste, supercaste, privilegi, pensioni d'oro, boiardi di St., parentopoli, clientelismo, vitalizi, foraggiamenti sottobanco, finanziamento allegro della politica e dei gruppi, partitocrazia, tangentismo, il 50% della ricchezza in mano al 10%, corruzione per 60mild, evasione per 120mild;,; infiltrazioni di parassiti nelle istituzioni, quali i trota, i penati, i frigeri, i batman, i lusi, a cui si sono aggiunti di recente i capi di "coperative rosse", cioè "comuniste" di nome, ecc., ecc.-Dov'era la cosiddetta "sinistra comunista" ? Forse non era al governo della Campania cammorrista e inquinata ? Forse che la "sinistra" non ha governato in Sicilia e in Calabria? Con quali risultati? Se la "sinistra comunista" era nel "limbo", sarebbe bene farlo sapere. Forse che Bad Godesberg può essere liquidato con un'alzata di spalle? O riemerge la tentazione del dogmatismo marxista che, d'accordo con Salvemini, può fornire "filtri meravigliosi per svegliare i dormienti, ma fa rimbecillire chi ne abusa" ? Porre queste domande non vuol dire passare sotto silenzio le nefandezze del capitalismo selvaggio e gli "spiriti animali del capitalismo" denunciati da Crouch. E' possibile ancora passare sotto silenzio Bernstein , Adler, Calogero, Bobbio e altri, specie dopo le verifiche di labilità del "determinismo scientifico marxista" e dello sbocco totalitario e stalinista del "socialismo reale" ? Si tratta ovviamente di tematiche che richiederebbero più tempo di riflessione e di confronto spregiudicato e senza "peli sulla lingua", constatato che il "bene comune" e la "ridistribuzione" sono da tempo attributi dell'"araba fenicia". Dalla sponda del socialismo ereticale e libertario un saluto, Roel
Questa sinistra comunista : tutto l'elenco fatto da Roel non c'entra proprio nulla perchè tanto varrebbe chiedere dov'erano i socialisti e i democristiani.Debbo dire che il passato non deve interessare e se questo è il filone di ricerca per la sinistra comunista, anche quella socialista è chiamata a cercare altrettanto fuori da deleterie affermazioni di superiorità storica che non hanno riscontro in questa drmmatica realtà.
Ci troviamo al centro della temperie di una delle situazioni più drammatiche affrontate, a livello globale, dalla classe subalterna: gli epigoni del capitalismo dell’oggi stanno gestendo il ciclo con una ferocia senza pari rispetto anche a loro lontani predecessori, impoverendo le masse, restringendo i margini di agibilità della stessa democrazia liberale, agitando gli eterni spettri della guerra, della fame e della paura.
Per la prima volta, a memoria di diverse generazioni (e forse anche rileggendo la storia di secoli) si verifica un vero e proprio arretramento nella qualità della vita culturale, politica, economica e sociale: un fenomeno che si può ben definire di vera e propria regressione.
A fronte di questo stato di cose la sinistra italiana (per quel che valgono, ovviamente, le vicende politiche di un paese come l’Italia: che pure, però, rivestono la loro importanza ben oltre lo stato reale delle condizioni materiali e politiche del suo proletariato) è praticamente sparita, nella sua capacità d’incidenza anche a livello istituzionale e non semplicemente sociale, di mobilitazione dal basso, di aggregazione culturale e politica.
Si cerca, allora, di indicare di seguito una semplice scaletta di lavoro sulla base della quale sviluppare un dibattito, il più possibile allargato nella sua prospettiva di partecipazione, per la (ri)costruzione di una sinistra di classe, anticapitalista al riguardo della quale deve essere cercata ispirazione nell’opera del più grande pensatore marxista che ha avuto il nostro Paese. Antonio Gramsci.
Gli assunti di fondo sulla base dei quali va sviluppata questa discussione sono, essenzialmente, tre:
1) L’affermazione dell’attualità del conflitto, sociale e politico;
2) L’idea della politica intesa come lotta per il “potere” e non semplicemente per il “governo”, o peggio alla riduzione di questo alla mera “governabilità”;
3) L’obiettivo della formazione di un “intellettuale collettivo”.
I punti sui quali sviluppare la riflessione, promuovere lo studio, costruire il confronto per poi pervenire, in tempi rapidi ad elaborare delle proposte concrete sulla base delle quali rivoluzionare davvero l’agire politico della sinistra italiana, nel contesto mondiale ed europeo, possono allora essere così riassunti (a semplice livello di titolo):
Attorno al tema dell’unità tra teoria e prassi, ineccepibile fondamento filosofico dell’intero impianto, occorre rivisitare con chiarezza ciò che è mutato, nel corso degli ultimi anni. Anche e soprattutto per via di una tumultuosa trasformazione tecnologica, nel rapporto tra struttura e sovrastruttura: si tratta di una revisione indispensabile al fine di comprendere al meglio qualità e dislocazione sociale delle “fratture” sulle quali operare in modo che i soggetti politici possano misurare i loro programmi e le loro azioni attorno all’attualità di contraddizioni realmente operanti nella società.
Deve essere sviluppata un’analisi mirata a comprendere la realtà della fase: ci si trova, almeno questa è l’opinione contenuta in questa nota, in una fase di fortissima – ed anche inedita per qualità e intensità – “rivoluzione passiva” all’interno della quale è possibile condurre soltanto una “guerra di posizione” la cui durata non è, ovviamente, ipotizzabile a questo punto ma che sicuramente non traguarderà semplicemente il “breve periodo”.
All’interno di questa fase di “rivoluzione passiva” si dovranno sviluppare due elementi di fondamentale importanza: la ricostruzione, sul piano teorico, di un “senso comune” opposto a quello dominante a partire dalla contraddizione di classe sviluppandone gli elementi fondativi sul terreno culturale e sociale (verrebbe quasi da usare l’antico termine di “controcultura” intendendo il termine cultura nel senso della “kultur” nell’interezza del significato di questo termine che si trova nella lingua di Hegel, Kant e Marx); la messa in opera di un’adeguata soggettività politica che dovrà essere chiamata a sviluppare la sua iniziativa sul terreno dell’opposizione, ponendosi l’obiettivo di recuperare anche una presenza istituzionale che si ritiene comunque necessaria.
Sarà sulla base dei modelli che saranno scelti attraverso un forte dibattito di massa per decidere la forma da far assumere, nell’oggi, a questa soggettività, che si potranno costruire nel tempo le condizioni culturali e politiche adatte all’affermazione, a tutti i livelli, di una nuova, adeguata, élite dirigente.
Elite dirigente della quale è necessario, indispensabile ed urgente procedere alla formazione partendo dalle tante avanguardie sparse in una pluralità di situazioni e attualmente prive di riferimento politico nelle fabbriche, nelle Università, nei nuovi movimenti sociali e che deve essere unificata all’interno di una organica visione del ruolo intellettuale e politico.
Temi difficili, tutti questi appena elencati, al riguardo dei quali va sviluppata un’opera di riconoscimento intellettuale e di proposta di azione politica: nel segno, proprio, dell’intreccio necessario tra teoria e prassi.
Caro compagno Astengo, leggo sempre e rifletto a lungo se quando ricorrentemente qui esponi ampiamente sia fondamentale per il nostro attuale diuturno agire politico. Ma ... a parte l'allargamento della cultura politica di sinistra per te comunista ... perchè la sinistra sarebbe solo comunista quella buona da indicare la strada ? Dunque l'utilità pratica per aiutarci nel nostro quotidiano impegno politico militante per contrastare questo regime totalitario neoliberista - una volta si diceva - plutocratico nord Atlantico, questo aiuto non lo sento. Per convincere e dunque egemonizzare granscianamente il 99% dei cittadini che sono sotto questo sistema totalitario neoliberista che sotto il giogo della Troika ovvero rappresentanza del mercato finanziario, multinazionali e con governi fantoccio (USA-UE) bisogna riuscire a indicare qualcosa che possa essere capito senza troppi discorsi, per me in Italia il nuovo partito della sinistra diversamente declinata - dai liberali, socialisti e comunisti con ovviamente gli ecologisti - deve propugnare la Costituzione Italia in versione ecologista quale manifesto e programma elettorale. Aspettare che il 99% del Popolo italiano assimili le tue pur colte lezioni ci manterrebbe questa dittatura plutocratica, con prossimo disastro planetario ambientale in corso oltre il prossimo secolo e per me, per i miei figli e nipoti è un tempo troppo lungo. Il 17 18 gennaio prossimo a Bologna c'è l'assemblea nazionale Lista Tsipras ... invito aperto a tutti. Un franco dialogante saluto. Luigi Fasce
Assolutamente no, perchè vivete con questo continuo complesso di inferiorità convinti che altri intendano inculcarvi a forza le proprie idee. Quelle ipotesi sono le mie (e di altri) in relazione a quella che è stata la storia dei comunisti in Italia e dei suoi possibili sviluppi che sono stati deviati e forzati in altre direzioni sbagliando per eccesso - sopratutto- di politicismo. Le mie osservazioni (e di altri) sono destinate diversamente, a far parte di un dibattito, di un confronto dal quale far sortire ipotesi e possibilità di una sinistra all'altezza delle contraddizioni dell'oggi indipendentemente di eventuali primazie nelle scaturigini da questa o quell'altra derivazione di carattere teorico. Certamente non è soltanto quella comunista la strada buona, ma quella comunista come quella socialista hanno avuto parte importante nella storia democratica di questo Paese e non possono essere accantonate come è avvenuto negli ultimi anni. Semplicemente questo, senza alcuna pretesa di avere la verità in tasca ma soltanto quella di riuscire ad organizzare al meglio una parte politica che- ripeto - ha avuto e deve avere una qualche importanza. Per precisare ancor meglio ecco un testo che ho fatto pubblicare oggi sul sito: http://autoconvocatiperlopposizione.com che invito tutti a visitare. Attenzione però care compagne e cari compagni a non distorcere le posizioni altrui: tutte sono rispettabili e tutte hanno bisogno di essere confrontate, analizzate e dibattute senza caricature. Grazie davvero Franco Astengo
Caro comp. Astengo, come puoi dubitare che io non mi sia domandato dov'erano i socialisti, anzi che cosa facevano? Forse che dopo la cocente delusione e rabbia provocate da "tangentopoli", non ci siano stati fondati motivi per la mia scelta politica astensionista che dura da 20a., dopo i 30a. di militanza a credito nel PSI ?
Alla domanda :"Che facevano i dirigenti della partitocrazia italiana , centrale e periferica ? ", non c'è che da rispondere, sempre senza volersi nascondere dietro un dito, che, salvo eccezioni, erano indaffarati a riscuotere tangenti, prebende e mazzette
Il fatto è acclarato, ove ce ne fosse stato bisogno, lapidariamente da una ragazza napoletana intervistata sull’argomento, la quale diede una risposta che pesa come un macigno :”E’ O’ SISTEMA !”)
Addirittura c'era chi i foraggiamenti li riceveva dall'interno e dall'estero.
Se il nostro progetto si riferisse ad una rivoluzione (magari non comunista) Gramsci potrebbe essere ancora attuale ma non mi pare che ve ne siano le condizioni a cominciare dal fatto che il "proletariato" non ha più neppure la relativa omogeneità del mondo a prevalenza contadino di 60? 70? Anni fa.
Quali sarebbero i ceti di riferimento? Si possono ancora chiamare classi? Come creare un progetto egemonico, la frantumazione dei popoli è ormai un fatto che penso sia irreversibile.
Forse un nuovo progetto di Società, da costruire democraticamente ma anche con una mobilitazione prima culturale e poi politica, sarebbe necessario. Non un libro dei sogni ma un "manifesto" di intenti da perseguire coerentemente con un personale politico (di cui non vedo neppure l'ombra) adeguato.
Nel frattempo il nuovo capitalismo sta preparando una "società" sempre più disaggregata e internamente conflittuale, con un unico "cemento" il successo individuale descritto come una possibilità per tutti.
Penso che sarebbe il caso di girare la testa, e anzichè continuare a occuparci di antiquariato del socialismo, ragionassimo del mondo globalizzato dove ci troviamo, dove non ci sono più colonie, ci sono 7 miliardi di abitanti di cui più della metà collegato in rete, che sanno cosa succede e sanno quel che consuma il 1,2 miliardi che sta meglio e sono pronti a qualunque cosa per raggiungere quei livelli di consumo e mangiarsi il mondo. Il socialismo di antiquariato non ha ricette per questa situazione, solo rimpianti...
Scommetto che Tu Claudio, al posto del Socialismo antiquato, che non ha ricette( sul mondo globalizzato): Tu sicuramente le ricette le hai. Al sottoscritto hanno insegnato (la vita stessa) ha insegnato che, a cominciare dal posto di lavoro(piccolo o grande che sia) e a tutti livelli, il procedere del progresso, va per gradi (certamente non per avventure prosaiche. C’erano una volta gli scorcioni che volevano risolvere tutto con la ricetta della rivoluzione Russa. Guarda caso anche loro si sono ricreduti. Ciao e Auguri 2015.
C'è più bisogno di socialisti da che è caduto il muro di Berlino (...) Ora è indispensabile il socialismo: non lo ritengo un modello alternativo di società, ma un coltello affilato premuto contro le eclatanti ingiustizie della società, una voce della coscienza finalizzata a indebolire la presunzione e l'autoadorazione dei dominanti. Come la fenice, rinasce dal mucchio di ceneri lasciate dai sogni bruciati e dalle speranze carbonizzate degli uomini. E sempre risorgerà (Z. Bauman)
scusate, ma non vedo contraddizione tra quello che scrive Bellavita e il socialismo inteso come "coltello affilato premuto contro le eclatanti ingiustizie della società" di cui parla Bauman...
il problema è proprio quello che evidenzia Claudio: in un mondo dove meno del 20% delle persone (tra cui noi) sta bene e l'80% mica tanto, il socialismo dovrebbe evitare di apparire come un coltello che non taglia!
la cosa dificile è intendersi su quale socialismo: se Renzi non vi va bene ovviamente, Hollande vi perplime, Schulz vi piace forse appena un po', ora puntate su Tsipras che taglia alla grande? buon 2015
Ma il socialismo che abbiamo frequentato e studiato, per quel che riguarda l’occidente alla fin fine si è realizzato attribuendo un dividendo dello sfruttamento coloniale anche ai lavoratori delle madre patrie. Magari, come è avvenuto in Inghilterra, tassando ferocemente le successioni delle eredità accumulate dai grandi sfruttatori. Il fatto che i paesi del terzo mondo non amino più usare il nome “socialista” non dipende solo dal socialismo reale, e neanche dai pochi abusi in proposito compiuti a casa loro. Adesso abbiamo lo sfruttamento finanziario, che in molti casi angloamericani è basato su vere e proprie truffe, che comporta veloci accumulazioni seguite da dimissioni preventive dei manager che han messo a punto il bidone...Contro queste cose c’è solo bisogno di costituire FMI, Banca Mondiale, società di rating e Borse fuori da ogni influenza angloamericana . E scusate, ma ve lo vedete un punto del genere nel programma di una ricostituenda internazionale socialista? solo se a dirigerla ci fosse Mujica, non certo uno degli storici partiti occidentali.
Fare quel che devi, succeda quel che può, ma basterebebe anche fare quel che si può succeda quel che deve.senza una rivoluzione/rigenerazione culturale ed etica x che coinvolga gli individui non sarà possibile nessun cambiamento. Intanto prima della rivoluzione dobbiamo intanto impedire il degrado democratico ed ambientale. in nquesto senso la proposta di Astengo di mettere la democrazia al centro e come priorità è una proposta da condividere. Tra l'altro è un segno del superamento della frattura di Livornoò. almeno al tempo della seconda Internazionale si litigava sul come arrivare AL SOCIALISMO E NON SE NE VALEVA LA PENA
Prima di enfatizzare le cifre diamo un giusto peso alle stesse. Se 3, 5 miliardi sono collegati in rete e non si dice che partano almeno 240 lingue non si risolve il problema della comunicazione. Se in inglese si trova tutto bisogna vedere quali sono le fonti. mi ricordo di una ricerca per cui le notizie del resto del mondo costituiscono non più del 5% delle notizie e che le stesse sono prese da una scelta TRA QUELLO CHE INVIANO 3 AGENZIE STAMPA. Radio Tirana non trasmette più notizie come quella sentita nell'estate del 1968 che contadini in Thailandia avevano bruciato per proteste decine di sacchi di riso Questa era una situazione di quando ero ai Consiglio d'Europa cioè tra il 1997 e il 2001. Credo che il quadro sia cambiato in peggio. Mi ricordo un apologo di Duerrenmatt. sul più grande genio militare di tutti i tempi superiore a Napoleone che facendo il barista in Svizzera, paese neutrale, nel caffè dove lo scrittore faceva colazione ogni mattina non aveva mai avuto modo dimostrarlo. Se un soggetto,persona o associazione ha le migliore idee per risolvere i problemi planetari ma non ha accesso ai media in lingua inglese che se ne fa? quante sono le petizioni europee che il parlamento europeo HA L'OBBLIGO DI ESAMINARE CON UN BUON NUMERO DI FIRMA RACCOLTE IN ITALIA? E IN CHE LINGUA? Lo sapete che per chiedere l'intervento della Commissione per segnalare le infrazioni dell'Italia si consiglia di redigere l'esposto in inglese, francese o tedesco per farle esaminare prima? Globalizzazione o meno se il potere effettivo, quello delle finanziarie globali e delle multinazionali, non è legittimo e le istituzioni legittime , quelle nazionali ma anche europee,non hanno potere, siamo di fronte ad un grave deficit di democrazia. Se le differenze di reddito tra il decile, o decimo, più ricco e il 50% del resto della popolazione cresce continuamente e la parte di salari, pensioni e compensi professionali, esclusi quelli dei grandi manager, del Pil rispetto a profitti e rendita diminuisce da 15 anni a questa parte? Più libertà, più democrazia e più uguaglianza sono antiquariato o di estrema attualità? il poitere l
Mi fa piacere che Tsipras venga considerato come una possibile opzione nel campo socialista. In effetti, come qualcuno ha giustamente evidenziato, il leader greco viene impropriamente indicato dai media come sinistra radicale,essendo le sue posizioni di stampo socialdemocratico. nel significato storico del termine (da notareche qualche media ha cominciato a definire socialdemocratico Renzi -sic!-). Tsipras in definitiva si limita a chiedere una rinegoziazione dei trattati europei, che ormai sono generalmente riconosciuti come insostenibili, soprattutto per i paesi dove la crisi ha colpito di più. Mi pare una linea equilibrata, condivisibile, corrispondente alle tradizioni ed ai caratteri propri di una politica socialista e no certo estremista.
il socialismo, quello che socializza: proprietà dei mezzi di produzione, sapere, potere, e dunque libertà, è più che maturo nelle cose del mondo di oggi e di domani. Non lo è nelle zucche di tanti e nelle tasche di pochi. Buon anno.
Caro Edmondo, quello che tu poni è un antico problema della storia del socialismo (e del riformismo). Già Turati parlava di Bissolati e Bonomi come dei "riformisti che si contentano". Ecco, dopo l'89 i socialisti europei si sono accontanti di non essere travolti dal crollo del Muro. Il risultato è che pochi ormai li distinguono dai liberisti e corrono il serio rischio di essere travolti dai populismi di ogni genere... Un caro saluto e buon 2015 G PS Non ho sinceramente capito cosa sta tagliando Tsipras, visto che, per ora, non è al governo...
Il coltello che non taglia, per continuare ad utilizzare la metafora di Edmondo Rho, è proprio quello degli Hollande e degli Schulz, che comunque e nonostante tutto si definiscono socialisti a differenza di Renzi, che mai si è dichiarato tale. In quanto a Tsipras sarebbe bene distinguere fra lo stesso e gran parte dei suoi pessimi seguaci italiani, uno strano mix fra rifondaroli, giustizialisti e partito di Repubblica. In ogni caso Tsipras, questo terribile radicale di sinistra, di fatto propone di rinegoziare i trattati europei, una necessità di cui parlò ad Hammamet nel 1997 un certo Bettino Craxi. Credo che questo contribuisca a spiegare molte cose. Infatti un socialdemocratico autentico oggi in Italia e in tutta Europa - parlo ovviamente in linea generale - appare inevitabilmente come un sovversivo e se rinascessero Nenni e Saragat questo sarebbe il loro destino. Maurizio Giancola
Ci sono affermazioni che mi lasciano interdetto. Innanzi tutto, quando si parla di Socialismo, sarebbe bene chiedersi di che cosa si sta parlando. Personalmente sono convinto che il Socialismo, già non facile da definire, non sia uno schema astratto ma nemmeno un concreto modello storico. Infatti, a differenza del comunismo reale (impropriamente definito socialismo reale), nessuno lo ha mai visto né conosciuto e ritengo che probabilmente nessuno lo vedrà né conoscerà mai. Dico questo non per pessimismo cosmico-storico (magari un po' sì), ma perché nessuno mi toglie dalla testa che il Socialismo in realtà sia soltanto (scusate se è poco) l'aspirazione a un mondo di donne e uomini liberi e uguali. Di conseguenza una tensione permanente verso qualcosa che non sarà mai pienamente attuato, ma che si continuerà comunque a perseguire. Si può legittimamente obiettare che questa è una chimera, un sogno utopistico ed irrealizzabile, ma questi discorsi li ho sempre sentiti fare da coloro che pensano che il mondo questo sia e così sempre sia stato e sempre sarà. Cioè dai conservatori e dai reazionari, diversi fra loro solo per una questione di sfumature. Se il Socialismo non è mai stato realizzato, almeno in tutta la sua pienezza, abbiamo però conosciuto qualcosa che gli si avvicinava: il welfare state. Gli esempi più significativi di welfare sono stati attuati nei paesi scandinavi, che mai hanno posseduto colonie, e in Gran Bretagna, proprio quando questa si ritirava dall'India. Il cosiddetto compromesso socialdemocratico coincise, guarda caso, con i processi di decolonizzazione ed in Francia la SFIO andò in frantumi quando Guy Mollet, anziché da socialista, si comportò da colonialista. Certo all'epoca il petrolio e altre materie prime costavano pochissimo, ma basta questo per definire il Socialismo un'anticaglia? Forse qualcuno pensa che poiché il mondo non è più quello del 1700 - non del 1800 o del 1900 - Montesquieu e Kant, e con loro la divisione dei poteri e lo Stato di diritto, siano dei ferrivecchi da gettare in una discarica? Una cosa è sicuramente vera: il Socialismo ha vinto molte e importanti battaglie in un mondo che era quello degli stati nazionali, del capitalismo manifatturiero (o manageriale, secondo Giorgio Ruffolo) e della grande fabbrica fordista. Oggi tutto è cambiato. Ma questo deve indurci a chinare la la testa e a dichiararci vinti e falliti o invece a cercare le soluzioni più idonee a fronte delle nuove sfide e dei nuovi problemi? Personalmente non ho dubbi anche perché l'alternativa fra Socialismo o barbarie resta drammaticamente attuale. Maurizio Giancola
una tantum condivido molto di quel che dice Maurizio. Il problema è che facciamo molta confusione tra fini e mezzi. I fini sono condivisi, sono l’eguaglianza o quanto meno la riduzione delle diseguaglianze: eguaglianza nei punti di partenza, cioè nel sistema educativo (e bisogna ammettere che il primo Blair era partito col piede giusto, in una società spaventosamente classista già nel modo di parlare), eguaglianza e dignità nel Welfare (in Italia, il nostro sistema sanitario ci sta facendo perdere l’una e l’altra, e, come al solito ci facciamo sopra discorsi nazionali e corporativi, mai confronti per es. con Francia e Inghilterra), eguaglianza almeno nel rispetto delle diverse condizioni lavorative. Quanto ai mezzi, è lì che ci azzuffiamo: qualcuno pensa che siano ancora validi quelli del tempo del fordismo, perchè non si è aggiornato, qualcuno ritiene che anche il peggior corporativismo rappresenti comunque una difesa per il singolo, più importante dell’avanzamento della comunità: provatevi a toccare l’inutile ruolo dei notai, per esempio...Quasi nessuno , per ignoranza provinciale e talvolta anche linguistica, pensa di studiare e fare confronti con gli altri paesi europei, più comodo rievocare le lotte e i principi degli antenati. E con tutto ciò, abbiamo parlato solo di Europa, cioè il 7% del mondo, illudendoci che il residuo 93% aspetti le nostre indicazioni, proprio da noi che li abbiamo sfruttati fin quando abbiamo potuto.
A parte il fatto che del problema del rapporto tra classe operaia dei paesi più sviluppati e colonie si discusse fin dal Congresso dell'Internazionale socialista tenutosi ad Amsterdam nel 1908, per un paese come la Cina non vedo, nel medio periodo, grandi alternative fra il mantenere (fino a quando?) un sistema autoritario o introdurre qualcosa di molto simile al vituperato welfare europeo.. Anzi, un'alternativa c'è: mandargli Renzi-min (peraltro scavalcato dal premier "socialista" albanese) che gli spiega cosa devono fare... Buon 2015 Giovanni
Vedo con piacere che Claudio Bellavita ha colto in pieno il significato del mio intervento: i fini ed i principi restano quelli della nostra storia e della nostra cultura politica, altrimenti non saremmo più socialisti ma altro. Sui mezzi, cioè sugli interventi concreti per realizzarli o quanto meno per renderli meno lontani, ci si divide anche perché la complessità della società in cui viviamo la rende difficile da interpretare e spesso gli strumenti per analizzarla sono inadeguati. Per questo è necessario in primo luogo un grande sforzo di elaborazione culturale e proprio su questo terreno il Socialismo europeo da tempo si è dimostrato carente nonostante lodevoli eccezioni. Un altro tema sempre attuale è quello della coerenza fra fini e mezzi, ma qui mi fermo perché si tratta di un discorso troppo impegnativo per essere affrontato in poche righe. Buon 2015 a tutti Maurizio Giancola
La penso esattamente come Maurizio: se siamo d'accordo che socialismo non è un punto di arrivo, ma una tensione morale che ispira le scelte politiche verso un ideale di giustizia e uguaglianza, allora le cose su cui ci azzuffiamo possono essere ricondotte a mezzi e strategie di più o meno lungo periodo.
Però questo significa anche una cosa importante: significa che le conquiste non sono mai "per sempre", che non solo occorre sempre continuare a progredire verso una situazione socialista, ma anche che occorre difendere le conquiste, altrimenti vengono fatte a pezzi.
E su questo mi trovo molto in sintonia con Claudio: è evidente che oggi, anzi da 25 anni a questa parte, stanno smantellando tutto il welfare europeo, lo sappiamo bene, ma essere socialisti oggi significa non difendere in modo aprioristico leggi e istituti che, pur se sono pietre miliari nella storia del movimento socialista, potrebbero forse non essere più attuali, bensì significa saper riproporre quegli stessi principi in chiave moderna.
Faccio un esempio per chiarire: lo Statuto dei Lavoratori è stata una delle più grandi conquiste del '900, ma il suo valore non è tanto nei singoli articoli che lo compongono, quanto nell'affermazione di principio che i lavoratori hanno dei diritti che la società si impegna, giuridicamente, a difendere, a tutelare, contro un eventuale strapotere da parte di eventuali datori di lavoro che volessero negare la dignità del lavoratore. Partendo da questo presupposto, io mi sento di affermare che l'articolo 18 ormai non funziona più da anni, non tanto perchè spesso ha finito anche per difendere l'indifendibile (come dicevano gli antichi, in "dubio pro reo") quanto perchè l'evoluzione dei rapporti di lavoro ha fatto si che sia diventato marginale, insignificante: chi difende i co-co-co, le finte partite iva, i lavoratori in nero di tante micro aziende edili? Ecco quindi che la critica di Claudio quando dice che difendiamo "ferri vecchi", pur se può apparire "feroce", contiene in sé una grande verità: la vera sfida oggi non è difendere l'art. 18, ma difendere il principio, questo si eternamente socialista, che il lavoro ha una dignità inviolabile e va difeso, nei modi che di volta in volta saranno più adatti all'evoluzione della società, chiedendo le leggi opportune. Questa sarebbe stata una difesa efficace contro il job act!
Quindi, per concludere, sono d'accordo con chi dice: in che modo, oggi, in piena globalizzazione, riusciamo a lottare per la giustizia e l'eguaglianza in un mondo così diseguale? E non è una domanda facile: il capitale si è organizzato su scala planetaria: FMI, Troika, globalizzazione in fondo non sono altro che le armi del capitale per togliere potere alle politiche dei singoli stati nazionali, e quindi ai popoli, e non è facile pensare di combattere con strumenti limitati su singole scale nazionali, all'interno di partiti che vengono sempre di più allontanati dalla gente che dovrebbero rappresentare..... Credo che Claudio voglia dire questo quando dice di guardare avanti. E' poi evidente che non abbiamo risposte (a differenza del mondo comunista, dal quale provengo, noi non abbiamo il libretto rosso con le istruzioni per adattare la realtà al nostro pensiero) però abbiamo chiavi di lettura, ed è alla luce di queste chiavi di lettura che dobbiamo sforzarci di leggere e capire certi fenomeni. Ad esempio, abbiamo mai pensato a fenomeni della "rete" come Avaaz, che organizza mobilitazioni e aggrega centinaia di migliaia di persone nel mondo attraverso Internet? O all'uso intelligente della rete che ha saputo fare quel personaggio ineffabile di nome Grillo? Ecco, credo che la lotta per il socialismo passi attraverso questa stretta cruna dell'ago, riuscire a creare aggregazione e condivisione di obiettivi su base planetaria, o comunque oltre i confini dei singoli stati, non riproponendo istituzioni oggi vecchie e troppo poco dinamiche, come furono, ad esempio, le "Internazionali", ma tessendo alleanze di volta in volta e promuovendo temi di confronto, facendo proposte concrete e dando alla gente degli obiettivi immediati per cui lottare. Io non so come fare, ma so che la strada è quella. Chi ha accesso al mio profilo facebook sa che ho indicato come mia data di nascita il 1 gennaio 1948, anche se sono nato il 4 dicembre 1962..... ecco, per me quei principi sono ancora attuali, e mi indicano la strada. Il problema è come attuarli, e come farli interiorizzare alla massa di italiani che vivono senza riferimenti.
Caro compagno Giancola, coerenza tra fini e mezzi ... però se il tempo manca per sviscerare l'arcomento bisogna però dire che l'acuta intelligenza analitica del nostro Bellavita si perde nel dettaglio ma senza farci vedere la via da percorrere. Ordunque il Questionario di fine d'anno "La costituzione italiana in quanto a principi e modello economico potrebbe, se agibile, rappresentare una alternativa all'attuale egemone modello neoliberista forzatamente imposto dal potere plutocratico nord-atlantico e suggellato quando occorre con le armi dalla Nato ?" Si può rispondere, anche motivando, con un semplice SI o NO. Che il dialogo resti tra noi secondo calogeriano esempio. Buon 2015 con la sinistra radicale di Tsipras al governo della Grecia. Poi anche in Italia con le prossime elezioni regionali e financo politiche. Luigi Fasce
Il punto più basso delle istituzioni repubblicane si è raggiunto con il parlamento di nominasti del Porcellum senza voto di preferenza. E allora? Non è la PREFERENZA MA IL mancato controllo sui tetti di spesa e l'applicazione della SANZIONE DELLA DECADENZA PER CHI LO SUPERA come in Francia. Chi è contro le preferenze di solito è un fautore dell PRIMARIE DOVE NON ci sono regole e tetti di spesa. Senza un legge sui partiti politici che disciplini le candidature la preferenza è l'unica libertà dell'elettore. Lo scandalo della Calabria sono i voti del 'Ndrangheta non le preferenze. Con le liste bloccate non ci sono state candidature legate alla criminalità organizzata ? Non mi pare. Felice C. Besostri
Giancola ci ricorda una questione centrale - oltre a quelle dell’eguaglianza e della libertà - e cioè la coerenza tra mezzi e fini.. Giusto, per ora ricordiamo che i mezzi qualificano i fini e non il contrario …..un errore che ci distingue dalla storia comunista…. Non è banale…
Cari compagni la lettura “ da fine anno” degli ultimi interventi mette molto a disagio e ci fa chiedere dove mai siamo arrivati nello stato confusionale del “ socialismo italiano”. Possibile che non riusciamo a guardare che cosa è stato il socialismo in Europa dopo l’ultima guerra? Non a caso dico in Europa perchè in Italia quella vera rivoluzione che è avvenuta nel centro-nord europeo in Italia sembra non essere mai arrivata in modo diffuso, tant’è che oggi da noi un partito socialista non sembra esistere più e non solo in Parlamento ( e se qualcosa ancora sembra tenerci aggrappati al socialismo europeo, piaccia o no, è stata la scelta di Renzi di portare il PD nel PES) . Il problema è che ciò che è avvenuto nella cultura politica dei partiti socialisti dell’altra Europa con il congresso da Bad Godesberg del ‘59 , nel sud Europa, Italia compresa, non è mai avvenuto : la separazione netta tra culture socialiste e partiti socialisti: le une come riferimenti di pensiero, gli altri come strumenti per realizzarli nel rispetto delle forme democratiche. Il che semplicemente vuol dire : uscita dalle ideologie che vedevano ( come nelle repubbliche del SOCIALISMO sovietico) una unione indissolubile tra partito e ideologia; con tutti i guasti, le divisioni e le atrocità che ciò ha comportato e continua a comportare al punto da far pensare che socialismo significhi la fine del mondo in Un mondo perfetto!!.
In proposito condivido gran parte di quanto scrive Salvatore Salzano a proposito di socialismo come “ conquiste che non sono mai "per sempre" “ . Vorrei solo ricordare a tutti che questo è esattamente quanto era stato scritto nel “manifesto” di rifondazione del socialismo europeo nel ‘59 a Bad Godesberg “":” Il socialismo è un compito ininterrotto: conquistare la libertà e la giustizia, conservare e dimostrarsi degni di esse. “. .
Ai tanti compagni che si chiedono cosa sia oggi il socialismo, vorrei ricordare che oggi nel mondo il modello di società e di governo migliore – non certo perfetto – che abbiamo per : democrazia, libertà, giustizia solidarietà, qualità della vita, eccetera e il modello europeo. E per la creazione di questo modello di stato sociale e democratico è stato fondamentale” il contributo delle socialdemocrazie europee “. Certo oggi questo modello è profondamente sotto attacco da parte della destra neoliberista e certo non sempre i partiti socialisti europei, con i loro leader sono stati all’altezza del modello creato in Europa dai Brandt e dai Palme.
Ma la confusione e lo sconforto di tanti compagni è fuori luogo oltre che ingeneroso. Riprendere quello spirito, quello del ‘ 59 è fondamentale, perchè da lì è nata l’Europa del welfare, delle libertà e dei diritti. Ma per farlo, almeno io così credo, occorre capire qual è stato il punto centrale della svolta operata a Bad Godesberg nella cultura politica del socialismo.
In parte l’ho già detto: il ragionare cercando di tenere separato ciò che era “ la cultura” complessa e poliedrica che aveva dato forma a ciò che chiamiamo socialismo , da ciò che doveva essere la forma partito. Il socialismo è un insieme di valori alla cui costruzione hanno partecipato più culture : “ I socialisti lottano per una società che permetta a ognuno il libero dispiegamento della propria personalità collaborando responsabilmente, nella sua qualità di membro posto al servizio della comunità, alla vita politica, economica e culturale dell’umanità.
Libertà e giustizia si condizionano a vicenda. Infatti la dignità umana sta tanto nell’esigenza di auto responsabilità quanto nel riconoscimento dei diritti degli altri uomini a sviluppare la propria personalità e a collaborare con uguali diritti alla formazione della società. La libertà, la giustizia e la solidarietà, gli obblighi reciproci che nascono dal vincolo comune, questi sono i valori fondamentali della volontà socialista. Il socialismo democratico, che in Europa ha le proprie radici nell’etica cristiana, nell’umanesimo e nella filosofia classica, non vuole annunciare nessuna verità ultima ......“ Il Partito invece: Il Partito socialdemocratico è il partito della libertà di spirito. Esso è una comunità di uomini che provengono da diverse correnti di pensiero e di fede. Il loro accordo si fonda sulla comunanza dei loro princìpi etici ed obiettivi politici. Il Partito socialdemocratico aspira a un ordinamento della vita nello spirito di questi valori fondamentali.”
Le differenze su ciò che è avvenuto in Italia sono a mio parere notevoli. Si sono letti e vissuti ( anche da parte nostra) i partiti più come portatori di poteri che di cultura: il “potere” per cambiare la cultura e non viceversa.
Oggi si scopre che il potere economico/finanziario si fa esso stesso “politica” e che occorre dunque delimitare bene ciò che deve essere lasciato al libero mercato e ciò che deve restare nei poteri dello Stato. Ma questo era già in parole semplici e chiare scritto nel “manifesto” di Bad Godesberg :
Un carattere essenziale dell’economia moderna è il processo di concentrazione che si va continuamente rafforzando. Non solo le grandi imprese determinano in modo decisivo l’evoluzione dell’economia e del livello di vita, ma esse modificano anche la struttura dell’economia e della società. Chi nelle grandi organizzazioni economiche ha potere di disporre di milioni di marchi e decine di migliaia di lavoratori, non si limita a fare dell’economia, ma esercita il potere sugli uomini, la dipendenza degli impiegati e degli operai va molto al di là della sfera economico-materiale. .... La posizione più debole nell’economia è quella dell’uomo in quanto consumatore. Con il loro potere, ulteriormente rafforzato da cartelli e consorzi, gli uomini che dirigono la grande industria esercitano un influsso sullo Stato e sulla politica che non è conciliabile con i princìpi democratici. Essi usurpano il potere statale. Il potere economico si trasforma in potere politico. ..... Il contenimento del potere della grande industria rappresenta dunque il compito centrale di una politica economica liberale. Lo Stato e la società non devono diventare preda di potenti gruppi d’interesse. La proprietà privata dei mezzi di produzione ha diritto ad essere protetta e incentivata, fintanto che essa non ostacola la costruzione di un ordine sociale giusto. “
Nel “manifesto” ciò che più colpisce è che non si fa polemica con alcuno, non si fa ideologismo, non si perde tempo a polemizzare. Ma si pongono al centro, in modo chiaro e conciso alcuni fondamentali: La democrazia, senza la quale non può esistere neppure una società con valori socialisti. I valori ai quali i socialisti si ispirano e che sono valori nati dalle culture e dalla storia europee con tutte le sue grandezze e tragedie. Il “partito” come strumento non di potere, ma strumento per diffondere i valori del socialismo se vogliamo che al governo vadano poi i valori e non i poteri. Il progetto per l’intera società e non per una parte sola di essa.
Partire da qui, da un progetto di società, e non da una polemica continua contro “tutto e tutti” è a mio avviso il modo migliore per rilanciare anche in Italia le idee di quel socialismo al quale dobbiamo il modello sociale europeo che nonostante i tanti nemici resta ancora insuperato per democrazia diritti libertà e solidarietà.
Verissimo, la metafora del coltello affilato è di Bauman mentre Edmondo l'ha ripresa affermando che il Socialismo dovrebbe evitare di apparire come un coltello che non taglia. Solo in questo senso l'ho attribuita lui e devo dire che questa volta sono pienamente d'accordo. Infatti da tempo il Socialismo europeo, più che un coltello affilato e tagliente, mi ricorda i coltelli di plastica e di gomma con cui mi divertivo a giocare da bambino. Arrivati a questo punto credo però che sulla terapia rispuntino proprio le opinioni molto variegate ricordate sempre da Edmondo. Io ad esempio ho detto che quando Tsipras sostiene che i trattati europei devono essere rinegoziati mi fa tornare alla mente una famosa intervista rilasciata da Craxi ad Hammamet. E penso che tutto si possa dire di Craxi tranne che fosse un esponente della sinistra radicale. Maurizio Giancola
Non facciamo confusione: Tsipras non è socialdemocratico, ma neppure un estremista di sinistra. Nenni e Saragat non sarebbero iscritti a Syriza, ma considerati estremisti di sinistra: basterebbe che accennassero per essere arcaici al Programma di Bad Godesberg della SPD del 1959 o alla Carta di Francoforte dell'Internazionale socialista del 1951. Ovvero chiedere l'attuazione del titolo III della parete Prima della Costituzione del 1948 per andare sempre più indietro insieme con il comma 2 dell'art. 3 Cost., che recita "È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese." C...o , altro che socialdemocrazia qui siamo al comunismo sovietico!, anche se l'articolo su formulato dal compagno Basso, un Luxemburghista
43 commenti:
Concordo con l'analisi del comp. Astengo, però bisogna chiarire meglio come organizzare un'opposizione sistemica e con quale finalità. Sono convinto anch'io che le modifiche al sistema elettorale a cominciare dall'elezione diretta dei sindaci abbia ridotto gli spazi democratici, come la scomparsa dei "partiti". Sono anche a favore ad una forma di finanziamento pubblico delle campagne elettorali, non quella che c'era e che è in via di esaurimento. Soltanto parlare di queste cose significa uscire dal coro e avere contro l'uomo della strada ed anche uno dei pezzi più consistenti numericamente dell'opposizione parlamentare, il M5S. Si associa la parola d'ordine dell'opposizione ad una proposta minoritaria di testimonianza. Se la questione democratica è quella prioritaria e centrale.Di questo sono convinto altrimenti non avrei intrapreso una serie di battaglie di legalità a cominciare dall'opposizione ai referendum Guzzetta( grazie alla quale abbiamo avuto le 2 sentenze n. 15 e 16 del 2008 della Consulta , base della n. 1/2014= e associandomi poi all'azione dell'avv. Aldo Bozzi ( a proposito proponiamo il suo nome per la Presidenza della Repubblica). Ho poi dato impulso alle impugnazioni delle leggi elettorali regionali, che sono peggio del Porcellum e infine alla legge per il parlamento europeo. Un'esperienza entusiasmante personalmente ma politicamente fallita. Se si pensa che la prima opposizione ai referendum Guzzetta era stata motivata dal rifiuto di un premio di maggioranza alla lista invece che alla coalizione a essa siamo tornati 7 anni dopo. L'annullamento del Porcellum ( che almeno si scriveva con la "c") ha prodotto l'Italikum, che è peggio. Ma il colpo finale è stato constatare che le elezioni di secondo grado di province e città metropolitane hanno lascito indifferenti tutte le opposizioni parlamentari ed extraparlamentari, che spesso hanno partecipato agli accordi partitocratici. Orbene se la questione democratica è la PRINCIPALE e PRIORITARIA bisogna avere una proposta non di opposizione ma di alternativa. Bisogna avere ben chiaro che si devono proporre politiche che almeno potenzialmente devono diventare maggioranza E, ANCHE SE NON SUBITO, non in tempi biblici. Se questa proposta non l'abbiamo riunire i migliori.con le migliori intenzioni non inciderà sui processi politici. Ci sono stati successi improvvisi dal M5S ed ora di Salvini e soprattutto l'irresistibile ascesa di Arturo Matteo Renzi e quasi un ventennio Berlusconiano. Degenerazioni della politica come dovrebbe essere intesa da una sinistra portatrice di un'alternativa sistemica, che si spiegano con il controllo dei media, ma anche dal messaggio " Ci sono le risposte ai vostri problemi ed io/noi le ho/abbiamo. Se non c'è democrazia non c'è possibilità di portare al potere i rappresentanti delle ansie, bisogni e anche sogno della maggioranza del popolo. Ma come possiamo convincere questa MAGGIORANZA CON GLI ESEMPI QUOTIDIANI DI QUESTA CLASSE POLITICA, CHE IN QUELLA REGIONALE HA FORSE ESPRESSO IL PEGGIO E CHE SARA' PREMIATA CON LA RIFORMA DEL SENATO INSIEME AI SINDACI ELETTI DIRETTAMENTE PURCHé NON SI FACCIANO ELEGGERE DIRETTAMENTE COME SINDACI METROPOLITANI-. E' difficile ma si può, basta non dire Yes we Can e nemmeno Podemos o cercare un leader che venga dall'estero sia il Subcomandante Marcos, il Presidente Chavez o il personalmente degnissimo Tsipras, anche per non distrarlo con i problemi della sinistra italiana dal compito che lo aspetta in Grecia.
Felice C. Besostri
Mi sia consentita qualche riflessione.
Quale "sinistra comunista" ? Perchè non esplicitare meglio i riferimenti, indicando rappresentanze, storie, istanze, passato e presente? Personalmente, da socialista eretico libertario, se penso ad alcuni momenti della "sinistra comunista" nazionale e internazionale, mi viene l'orticaria. Che l'Italia sia ridotta male non si può non essere d'accordo. Ma le responsabilità vanno ricercate nel corso di un quarantennio, durante il quale il saccheggio delle risorse non ha conosciuto distinzione di colore: caste, supercaste, privilegi, pensioni d'oro, boiardi di St., parentopoli, clientelismo, vitalizi, foraggiamenti sottobanco, finanziamento allegro della politica e dei gruppi, partitocrazia, tangentismo, il 50% della ricchezza in mano al 10%, corruzione per 60mild, evasione per 120mild;,; infiltrazioni di parassiti nelle istituzioni, quali i trota, i penati, i frigeri, i batman, i lusi, a cui si sono aggiunti di recente i capi di "coperative rosse", cioè "comuniste" di nome, ecc., ecc.-Dov'era la cosiddetta "sinistra comunista" ? Forse non era al governo della Campania cammorrista e inquinata ? Forse che la "sinistra" non ha governato in Sicilia e in Calabria? Con quali risultati?
Se la "sinistra comunista" era nel "limbo", sarebbe bene farlo sapere. Forse che Bad Godesberg può essere liquidato con un'alzata di spalle? O riemerge la tentazione del dogmatismo marxista che, d'accordo con Salvemini, può fornire "filtri meravigliosi per svegliare i dormienti, ma fa rimbecillire chi ne abusa" ? Porre queste domande non vuol dire passare sotto silenzio le nefandezze del capitalismo selvaggio e gli "spiriti animali del capitalismo" denunciati da Crouch. E' possibile ancora passare sotto silenzio Bernstein , Adler, Calogero, Bobbio e altri, specie dopo le verifiche di labilità del "determinismo scientifico marxista" e dello sbocco totalitario e stalinista del "socialismo reale" ?
Si tratta ovviamente di tematiche che richiederebbero più tempo di riflessione e di confronto spregiudicato e senza "peli sulla lingua", constatato che il "bene comune" e la "ridistribuzione" sono da tempo attributi dell'"araba fenicia".
Dalla sponda del socialismo ereticale e libertario un saluto, Roel
Questa sinistra comunista : tutto l'elenco fatto da Roel non c'entra proprio nulla perchè tanto varrebbe chiedere dov'erano i socialisti e i democristiani.Debbo dire che il passato non deve interessare e se questo è il filone di ricerca per la sinistra comunista, anche quella socialista è chiamata a cercare altrettanto fuori da deleterie affermazioni di superiorità storica che non hanno riscontro in questa drmmatica realtà.
UNA SINISTRA DI ISPIRAZIONE GRAMSCIANA
Ci troviamo al centro della temperie di una delle situazioni più drammatiche affrontate, a livello globale, dalla classe subalterna: gli epigoni del capitalismo dell’oggi stanno gestendo il ciclo con una ferocia senza pari rispetto anche a loro lontani predecessori, impoverendo le masse, restringendo i margini di agibilità della stessa democrazia liberale, agitando gli eterni spettri della guerra, della fame e della paura.
Per la prima volta, a memoria di diverse generazioni (e forse anche rileggendo la storia di secoli) si verifica un vero e proprio arretramento nella qualità della vita culturale, politica, economica e sociale: un fenomeno che si può ben definire di vera e propria regressione.
A fronte di questo stato di cose la sinistra italiana (per quel che valgono, ovviamente, le vicende politiche di un paese come l’Italia: che pure, però, rivestono la loro importanza ben oltre lo stato reale delle condizioni materiali e politiche del suo proletariato) è praticamente sparita, nella sua capacità d’incidenza anche a livello istituzionale e non semplicemente sociale, di mobilitazione dal basso, di aggregazione culturale e politica.
Si cerca, allora, di indicare di seguito una semplice scaletta di lavoro sulla base della quale sviluppare un dibattito, il più possibile allargato nella sua prospettiva di partecipazione, per la (ri)costruzione di una sinistra di classe, anticapitalista al riguardo della quale deve essere cercata ispirazione nell’opera del più grande pensatore marxista che ha avuto il nostro Paese. Antonio Gramsci.
Gli assunti di fondo sulla base dei quali va sviluppata questa discussione sono, essenzialmente, tre:
1) L’affermazione dell’attualità del conflitto, sociale e politico;
2) L’idea della politica intesa come lotta per il “potere” e non semplicemente per il “governo”, o peggio alla riduzione di questo alla mera “governabilità”;
3) L’obiettivo della formazione di un “intellettuale collettivo”.
I punti sui quali sviluppare la riflessione, promuovere lo studio, costruire il confronto per poi pervenire, in tempi rapidi ad elaborare delle proposte concrete sulla base delle quali rivoluzionare davvero l’agire politico della sinistra italiana, nel contesto mondiale ed europeo, possono allora essere così riassunti (a semplice livello di titolo):
Attorno al tema dell’unità tra teoria e prassi, ineccepibile fondamento filosofico dell’intero impianto, occorre rivisitare con chiarezza ciò che è mutato, nel corso degli ultimi anni. Anche e soprattutto per via di una tumultuosa trasformazione tecnologica, nel rapporto tra struttura e sovrastruttura: si tratta di una revisione indispensabile al fine di comprendere al meglio qualità e dislocazione sociale delle “fratture” sulle quali operare in modo che i soggetti politici possano misurare i loro programmi e le loro azioni attorno all’attualità di contraddizioni realmente operanti nella società.
Deve essere sviluppata un’analisi mirata a comprendere la realtà della fase: ci si trova, almeno questa è l’opinione contenuta in questa nota, in una fase di fortissima – ed anche inedita per qualità e intensità – “rivoluzione passiva” all’interno della quale è possibile condurre soltanto una “guerra di posizione” la cui durata non è, ovviamente, ipotizzabile a questo punto ma che sicuramente non traguarderà semplicemente il “breve periodo”.
All’interno di questa fase di “rivoluzione passiva” si dovranno sviluppare due elementi di fondamentale importanza: la ricostruzione, sul piano teorico, di un “senso comune” opposto a quello dominante a partire dalla contraddizione di classe sviluppandone gli elementi fondativi sul terreno culturale e sociale (verrebbe quasi da usare l’antico termine di “controcultura” intendendo il termine cultura nel senso della “kultur” nell’interezza del significato di questo termine che si trova nella lingua di Hegel, Kant e Marx); la messa in opera di un’adeguata soggettività politica che dovrà essere chiamata a sviluppare la sua iniziativa sul terreno dell’opposizione, ponendosi l’obiettivo di recuperare anche una presenza istituzionale che si ritiene comunque necessaria.
Sarà sulla base dei modelli che saranno scelti attraverso un forte dibattito di massa per decidere la forma da far assumere, nell’oggi, a questa soggettività, che si potranno costruire nel tempo le condizioni culturali e politiche adatte all’affermazione, a tutti i livelli, di una nuova, adeguata, élite dirigente.
Elite dirigente della quale è necessario, indispensabile ed urgente procedere alla formazione partendo dalle tante avanguardie sparse in una pluralità di situazioni e attualmente prive di riferimento politico nelle fabbriche, nelle Università, nei nuovi movimenti sociali e che deve essere unificata all’interno di una organica visione del ruolo intellettuale e politico.
Temi difficili, tutti questi appena elencati, al riguardo dei quali va sviluppata un’opera di riconoscimento intellettuale e di proposta di azione politica: nel segno, proprio, dell’intreccio necessario tra teoria e prassi.
Franco Astengo
Caro compagno Astengo,
leggo sempre e rifletto a lungo se quando ricorrentemente qui esponi
ampiamente sia fondamentale per il nostro attuale diuturno agire
politico. Ma ... a parte l'allargamento della cultura politica di
sinistra per te comunista ... perchè la sinistra sarebbe solo
comunista quella buona da indicare la strada ?
Dunque l'utilità pratica per aiutarci nel nostro quotidiano impegno
politico militante per contrastare questo regime totalitario
neoliberista - una volta si diceva - plutocratico nord Atlantico,
questo aiuto non lo sento.
Per convincere e dunque egemonizzare granscianamente il 99% dei
cittadini che sono sotto questo sistema totalitario neoliberista che
sotto il giogo della Troika ovvero rappresentanza del mercato
finanziario, multinazionali e con governi fantoccio (USA-UE) bisogna
riuscire a indicare qualcosa che possa essere capito senza troppi
discorsi, per me in Italia il nuovo partito della sinistra
diversamente declinata - dai liberali, socialisti e comunisti con
ovviamente gli ecologisti - deve propugnare la Costituzione Italia
in versione ecologista quale manifesto e programma elettorale.
Aspettare che il 99% del Popolo italiano assimili le tue pur colte
lezioni ci manterrebbe questa dittatura plutocratica, con prossimo
disastro planetario ambientale in corso oltre il prossimo secolo e
per me, per i miei figli e nipoti è un tempo troppo lungo.
Il 17 18 gennaio prossimo a Bologna c'è l'assemblea nazionale Lista
Tsipras ... invito aperto a tutti.
Un franco dialogante saluto.
Luigi Fasce
Assolutamente no, perchè vivete con questo continuo complesso di inferiorità
convinti che altri intendano inculcarvi a forza le proprie idee. Quelle
ipotesi sono le mie (e di altri) in relazione a quella che è stata la storia
dei comunisti in Italia e dei suoi possibili sviluppi che sono stati deviati
e forzati in altre direzioni sbagliando per eccesso - sopratutto- di
politicismo. Le mie osservazioni (e di altri) sono destinate diversamente, a
far parte di un dibattito, di un confronto dal quale far sortire ipotesi e
possibilità di una sinistra all'altezza delle contraddizioni dell'oggi
indipendentemente di eventuali primazie nelle scaturigini da questa o
quell'altra derivazione di carattere teorico. Certamente non è soltanto
quella comunista la strada buona, ma quella comunista come quella socialista
hanno avuto parte importante nella storia democratica di questo Paese e non
possono essere accantonate come è avvenuto negli ultimi anni. Semplicemente
questo, senza alcuna pretesa di avere la verità in tasca ma soltanto quella
di riuscire ad organizzare al meglio una parte politica che- ripeto - ha
avuto e deve avere una qualche importanza. Per precisare ancor meglio ecco
un testo che ho fatto pubblicare oggi sul sito:
http://autoconvocatiperlopposizione.com che invito tutti a visitare.
Attenzione però care compagne e cari compagni a non distorcere le posizioni
altrui: tutte sono rispettabili e tutte hanno bisogno di essere confrontate,
analizzate e dibattute senza caricature. Grazie davvero Franco Astengo
Caro comp. Astengo,
come puoi dubitare che io non mi sia domandato dov'erano i socialisti, anzi che cosa facevano? Forse che dopo la cocente delusione e rabbia provocate da "tangentopoli", non ci siano stati fondati motivi per la mia scelta politica astensionista che dura da 20a., dopo i 30a. di militanza a credito nel PSI ?
Alla domanda :"Che facevano i dirigenti della partitocrazia italiana , centrale e periferica ? ", non c'è che da rispondere, sempre senza volersi nascondere dietro un dito, che, salvo eccezioni, erano indaffarati a riscuotere tangenti, prebende e mazzette
Il fatto è acclarato, ove ce ne fosse stato bisogno, lapidariamente da una ragazza napoletana intervistata sull’argomento, la quale diede una risposta che pesa come un macigno :”E’ O’ SISTEMA !”)
Addirittura c'era chi i foraggiamenti li riceveva dall'interno e dall'estero.
Se il nostro progetto si riferisse ad una rivoluzione (magari non comunista) Gramsci potrebbe essere ancora attuale ma non mi pare che ve ne siano le condizioni a cominciare dal fatto che il "proletariato" non ha più neppure la relativa omogeneità del mondo a prevalenza contadino di 60? 70? Anni fa.
Quali sarebbero i ceti di riferimento? Si possono ancora chiamare classi? Come creare un progetto egemonico, la frantumazione dei popoli è ormai un fatto che penso sia irreversibile.
Forse un nuovo progetto di Società, da costruire democraticamente ma anche con una mobilitazione prima culturale e poi politica, sarebbe necessario. Non un libro dei sogni ma un "manifesto" di intenti da perseguire coerentemente con un personale politico (di cui non vedo neppure l'ombra) adeguato.
Nel frattempo il nuovo capitalismo sta preparando una "società" sempre più disaggregata e internamente conflittuale, con un unico "cemento" il successo individuale descritto come una possibilità per tutti.
Saluti ed auguri per il 2015.
Sergio Tremolada (Nuova Società)
Penso che sarebbe il caso di girare la testa, e anzichè continuare a occuparci di antiquariato del socialismo, ragionassimo del mondo globalizzato dove ci troviamo, dove non ci sono più colonie, ci sono 7 miliardi di abitanti di cui più della metà collegato in rete, che sanno cosa succede e sanno quel che consuma il 1,2 miliardi che sta meglio e sono pronti a qualunque cosa per raggiungere quei livelli di consumo e mangiarsi il mondo. Il socialismo di antiquariato non ha ricette per questa situazione, solo rimpianti...
Scommetto che Tu Claudio, al posto del Socialismo antiquato, che non ha ricette( sul mondo globalizzato): Tu sicuramente le ricette le hai. Al sottoscritto hanno insegnato (la vita stessa) ha insegnato che, a cominciare dal posto di lavoro(piccolo o grande che sia) e a tutti livelli, il procedere del progresso, va per gradi (certamente non per avventure prosaiche. C’erano una volta gli scorcioni che volevano risolvere tutto con la ricetta della rivoluzione Russa. Guarda caso anche loro si sono ricreduti. Ciao e Auguri 2015.
C'è più bisogno di socialisti da che è caduto il muro di Berlino (...) Ora è indispensabile il socialismo: non lo ritengo un modello alternativo di società, ma un coltello affilato premuto contro le eclatanti ingiustizie della società, una voce della coscienza finalizzata a indebolire la presunzione e l'autoadorazione dei dominanti. Come la fenice, rinasce dal mucchio di ceneri lasciate dai sogni bruciati e dalle speranze carbonizzate degli uomini. E sempre risorgerà (Z. Bauman)
scusate, ma non vedo contraddizione tra quello che scrive Bellavita e il socialismo inteso come "coltello affilato premuto contro le eclatanti ingiustizie della società" di cui parla Bauman...
il problema è proprio quello che evidenzia Claudio: in un mondo dove meno del 20% delle persone (tra cui noi) sta bene e l'80% mica tanto, il socialismo dovrebbe evitare di apparire come un coltello che non taglia!
la cosa dificile è intendersi su quale socialismo: se Renzi non vi va bene ovviamente, Hollande vi perplime, Schulz vi piace forse appena un po', ora puntate su Tsipras che taglia alla grande? buon 2015
Edmondo Rho
Ma il socialismo che abbiamo frequentato e studiato, per quel che riguarda l’occidente alla fin fine si è realizzato attribuendo un dividendo dello sfruttamento coloniale anche ai lavoratori delle madre patrie. Magari, come è avvenuto in Inghilterra, tassando ferocemente le successioni delle eredità accumulate dai grandi sfruttatori. Il fatto che i paesi del terzo mondo non amino più usare il nome “socialista” non dipende solo dal socialismo reale, e neanche dai pochi abusi in proposito compiuti a casa loro. Adesso abbiamo lo sfruttamento finanziario, che in molti casi angloamericani è basato su vere e proprie truffe, che comporta veloci accumulazioni seguite da dimissioni preventive dei manager che han messo a punto il bidone...Contro queste cose c’è solo bisogno di costituire FMI, Banca Mondiale, società di rating e Borse fuori da ogni influenza angloamericana . E scusate, ma ve lo vedete un punto del genere nel programma di una ricostituenda internazionale socialista? solo se a dirigerla ci fosse Mujica, non certo uno degli storici partiti occidentali.
Fare quel che devi, succeda quel che può, ma basterebebe anche fare quel che si può succeda quel che deve.senza una rivoluzione/rigenerazione culturale ed etica x che coinvolga gli individui non sarà possibile nessun cambiamento. Intanto prima della rivoluzione dobbiamo intanto impedire il degrado democratico ed ambientale. in nquesto senso la proposta di Astengo di mettere la democrazia al centro e come priorità è una proposta da condividere. Tra l'altro è un segno del superamento della frattura di Livornoò. almeno al tempo della seconda Internazionale si litigava sul come arrivare AL SOCIALISMO E NON SE NE VALEVA LA PENA
Felice C. Besostri
Prima di enfatizzare le cifre diamo un giusto peso alle stesse. Se 3, 5 miliardi sono collegati in rete e non si dice che partano almeno 240 lingue non si risolve il problema della comunicazione. Se in inglese si trova tutto bisogna vedere quali sono le fonti. mi ricordo di una ricerca per cui le notizie del resto del mondo costituiscono non più del 5% delle notizie e che le stesse sono prese da una scelta TRA QUELLO CHE INVIANO 3 AGENZIE STAMPA. Radio Tirana non trasmette più notizie come quella sentita nell'estate del 1968 che contadini in Thailandia avevano bruciato per proteste decine di sacchi di riso Questa era una situazione di quando ero ai Consiglio d'Europa cioè tra il 1997 e il 2001. Credo che il quadro sia cambiato in peggio. Mi ricordo un apologo di Duerrenmatt. sul più grande genio militare di tutti i tempi superiore a Napoleone che facendo il barista in Svizzera, paese neutrale, nel caffè dove lo scrittore faceva colazione ogni mattina non aveva mai avuto modo dimostrarlo. Se un soggetto,persona o associazione ha le migliore idee per risolvere i problemi planetari ma non ha accesso ai media in lingua inglese che se ne fa? quante sono le petizioni europee che il parlamento europeo HA L'OBBLIGO DI ESAMINARE CON UN BUON NUMERO DI FIRMA RACCOLTE IN ITALIA? E IN CHE LINGUA? Lo sapete che per chiedere l'intervento della Commissione per segnalare le infrazioni dell'Italia si consiglia di redigere l'esposto in inglese, francese o tedesco per farle esaminare prima? Globalizzazione o meno se il potere effettivo, quello delle finanziarie globali e delle multinazionali, non è legittimo e le istituzioni legittime , quelle nazionali ma anche europee,non hanno potere, siamo di fronte ad un grave deficit di democrazia. Se le differenze di reddito tra il decile, o decimo, più ricco e il 50% del resto della popolazione cresce continuamente e la parte di salari, pensioni e compensi professionali, esclusi quelli dei grandi manager, del Pil rispetto a profitti e rendita diminuisce da 15 anni a questa parte? Più libertà, più democrazia e più uguaglianza sono antiquariato o di estrema attualità?
il poitere l
Felice C. Besostri
Mi fa piacere che Tsipras venga considerato come una possibile opzione nel campo socialista. In effetti, come qualcuno ha giustamente evidenziato, il leader greco viene impropriamente indicato dai media come sinistra radicale,essendo le sue posizioni di stampo socialdemocratico. nel significato storico del termine (da notareche qualche media ha cominciato a definire socialdemocratico Renzi -sic!-).
Tsipras in definitiva si limita a chiedere una rinegoziazione dei trattati europei, che ormai sono generalmente riconosciuti come insostenibili, soprattutto per i paesi dove la crisi ha colpito di più. Mi pare una linea equilibrata, condivisibile, corrispondente alle tradizioni ed ai caratteri propri di una politica socialista e no certo estremista.
il socialismo, quello che socializza: proprietà dei mezzi di produzione, sapere, potere, e dunque libertà, è più che maturo nelle cose del mondo di oggi e di domani. Non lo è nelle zucche di tanti e nelle tasche di pochi. Buon anno.
Caro Edmondo,
quello che tu poni è un antico problema della storia del socialismo (e del riformismo). Già Turati parlava di Bissolati e Bonomi come dei "riformisti che si contentano". Ecco, dopo l'89 i socialisti europei si sono accontanti di non essere travolti dal crollo del Muro. Il risultato è che pochi ormai li distinguono dai liberisti e corrono il serio rischio di essere travolti dai populismi di ogni genere...
Un caro saluto e buon 2015
G
PS Non ho sinceramente capito cosa sta tagliando Tsipras, visto che, per ora, non è al governo...
Il coltello che non taglia, per continuare ad utilizzare la metafora di Edmondo Rho, è proprio quello degli Hollande e degli Schulz, che comunque e nonostante tutto si definiscono socialisti a differenza di Renzi, che mai si è dichiarato tale. In quanto a Tsipras sarebbe bene distinguere fra lo stesso e gran parte dei suoi pessimi seguaci italiani, uno strano mix fra rifondaroli, giustizialisti e partito di Repubblica. In ogni caso Tsipras, questo terribile radicale di sinistra, di fatto propone di rinegoziare i trattati europei, una necessità di cui parlò ad Hammamet nel 1997 un certo Bettino Craxi. Credo che questo contribuisca a spiegare molte cose. Infatti un socialdemocratico autentico oggi in Italia e in tutta Europa - parlo ovviamente in linea generale - appare inevitabilmente come un sovversivo e se rinascessero Nenni e Saragat questo sarebbe il loro destino.
Maurizio Giancola
Ci sono affermazioni che mi lasciano interdetto. Innanzi tutto, quando si parla di Socialismo, sarebbe bene chiedersi di che cosa si sta parlando. Personalmente sono convinto che il Socialismo, già non facile da definire, non sia uno schema astratto ma nemmeno un concreto modello storico. Infatti, a differenza del comunismo reale (impropriamente definito socialismo reale), nessuno lo ha mai visto né conosciuto e ritengo che probabilmente nessuno lo vedrà né conoscerà mai. Dico questo non per pessimismo cosmico-storico (magari un po' sì), ma perché nessuno mi toglie dalla testa che il Socialismo in realtà sia soltanto (scusate se è poco) l'aspirazione a un mondo di donne e uomini liberi e uguali. Di conseguenza una tensione permanente verso qualcosa che non sarà mai pienamente attuato, ma che si continuerà comunque a perseguire. Si può legittimamente obiettare che questa è una chimera, un sogno utopistico ed irrealizzabile, ma questi discorsi li ho sempre sentiti fare da coloro che pensano che il mondo questo sia e così sempre sia stato e sempre sarà. Cioè dai conservatori e dai reazionari, diversi fra loro solo per una questione di sfumature.
Se il Socialismo non è mai stato realizzato, almeno in tutta la sua pienezza, abbiamo però conosciuto qualcosa che gli si avvicinava: il welfare state. Gli esempi più significativi di welfare sono stati attuati nei paesi scandinavi, che mai hanno posseduto colonie, e in Gran Bretagna, proprio quando questa si ritirava dall'India. Il cosiddetto compromesso socialdemocratico coincise, guarda caso, con i processi di decolonizzazione ed in Francia la SFIO andò in frantumi quando Guy Mollet, anziché da socialista, si comportò da colonialista. Certo all'epoca il petrolio e altre materie prime costavano pochissimo, ma basta questo per definire il Socialismo un'anticaglia? Forse qualcuno pensa che poiché il mondo non è più quello del 1700 - non del 1800 o del 1900 - Montesquieu e Kant, e con loro la divisione dei poteri e lo Stato di diritto, siano dei ferrivecchi da gettare in una discarica?
Una cosa è sicuramente vera: il Socialismo ha vinto molte e importanti battaglie in un mondo che era quello degli stati nazionali, del capitalismo manifatturiero (o manageriale, secondo Giorgio Ruffolo) e della grande fabbrica fordista. Oggi tutto è cambiato. Ma questo deve indurci a chinare la la testa e a dichiararci vinti e falliti o invece a cercare le soluzioni più idonee a fronte delle nuove sfide e dei nuovi problemi? Personalmente non ho dubbi anche perché l'alternativa fra Socialismo o barbarie resta drammaticamente attuale.
Maurizio Giancola
una tantum condivido molto di quel che dice Maurizio. Il problema è che facciamo molta confusione tra fini e mezzi. I fini sono condivisi, sono l’eguaglianza o quanto meno la riduzione delle diseguaglianze: eguaglianza nei punti di partenza, cioè nel sistema educativo (e bisogna ammettere che il primo Blair era partito col piede giusto, in una società spaventosamente classista già nel modo di parlare), eguaglianza e dignità nel Welfare (in Italia, il nostro sistema sanitario ci sta facendo perdere l’una e l’altra, e, come al solito ci facciamo sopra discorsi nazionali e corporativi, mai confronti per es. con Francia e Inghilterra), eguaglianza almeno nel rispetto delle diverse condizioni lavorative. Quanto ai mezzi, è lì che ci azzuffiamo: qualcuno pensa che siano ancora validi quelli del tempo del fordismo, perchè non si è aggiornato, qualcuno ritiene che anche il peggior corporativismo rappresenti comunque una difesa per il singolo, più importante dell’avanzamento della comunità: provatevi a toccare l’inutile ruolo dei notai, per esempio...Quasi nessuno , per ignoranza provinciale e talvolta anche linguistica, pensa di studiare e fare confronti con gli altri paesi europei, più comodo rievocare le lotte e i principi degli antenati. E con tutto ciò, abbiamo parlato solo di Europa, cioè il 7% del mondo, illudendoci che il residuo 93% aspetti le nostre indicazioni, proprio da noi che li abbiamo sfruttati fin quando abbiamo potuto.
A parte il fatto che del problema del rapporto tra classe operaia dei paesi più sviluppati e colonie si discusse fin dal Congresso dell'Internazionale socialista tenutosi ad Amsterdam nel 1908, per un paese come la Cina non vedo, nel medio periodo, grandi alternative fra il mantenere (fino a quando?) un sistema autoritario o introdurre qualcosa di molto simile al vituperato welfare europeo..
Anzi, un'alternativa c'è: mandargli Renzi-min (peraltro scavalcato dal premier "socialista" albanese) che gli spiega cosa devono fare...
Buon 2015
Giovanni
Vedo con piacere che Claudio Bellavita ha colto in pieno il significato del mio intervento: i fini ed i principi restano quelli della nostra storia e della nostra cultura politica, altrimenti non saremmo più socialisti ma altro. Sui mezzi, cioè sugli interventi concreti per realizzarli o quanto meno per renderli meno lontani, ci si divide anche perché la complessità della società in cui viviamo la rende difficile da interpretare e spesso gli strumenti per analizzarla sono inadeguati. Per questo è necessario in primo luogo un grande sforzo di elaborazione culturale e proprio su questo terreno il Socialismo europeo da tempo si è dimostrato carente nonostante lodevoli eccezioni. Un altro tema sempre attuale è quello della coerenza fra fini e mezzi, ma qui mi fermo perché si tratta di un discorso troppo impegnativo per essere affrontato in poche righe.
Buon 2015 a tutti
Maurizio Giancola
La penso esattamente come Maurizio: se siamo d'accordo che socialismo non è un punto di arrivo, ma una tensione morale che ispira le scelte politiche verso un ideale di giustizia e uguaglianza, allora le cose su cui ci azzuffiamo possono essere ricondotte a mezzi e strategie di più o meno lungo periodo.
Però questo significa anche una cosa importante: significa che le conquiste non sono mai "per sempre", che non solo occorre sempre continuare a progredire verso una situazione socialista, ma anche che occorre difendere le conquiste, altrimenti vengono fatte a pezzi.
E su questo mi trovo molto in sintonia con Claudio: è evidente che oggi, anzi da 25 anni a questa parte, stanno smantellando tutto il welfare europeo, lo sappiamo bene, ma essere socialisti oggi significa non difendere in modo aprioristico leggi e istituti che, pur se sono pietre miliari nella storia del movimento socialista, potrebbero forse non essere più attuali, bensì significa saper riproporre quegli stessi principi in chiave moderna.
Faccio un esempio per chiarire: lo Statuto dei Lavoratori è stata una delle più grandi conquiste del '900, ma il suo valore non è tanto nei singoli articoli che lo compongono, quanto nell'affermazione di principio che i lavoratori hanno dei diritti che la società si impegna, giuridicamente, a difendere, a tutelare, contro un eventuale strapotere da parte di eventuali datori di lavoro che volessero negare la dignità del lavoratore. Partendo da questo presupposto, io mi sento di affermare che l'articolo 18 ormai non funziona più da anni, non tanto perchè spesso ha finito anche per difendere l'indifendibile (come dicevano gli antichi, in "dubio pro reo") quanto perchè l'evoluzione dei rapporti di lavoro ha fatto si che sia diventato marginale, insignificante: chi difende i co-co-co, le finte partite iva, i lavoratori in nero di tante micro aziende edili? Ecco quindi che la critica di Claudio quando dice che difendiamo "ferri vecchi", pur se può apparire "feroce", contiene in sé una grande verità: la vera sfida oggi non è difendere l'art. 18, ma difendere il principio, questo si eternamente socialista, che il lavoro ha una dignità inviolabile e va difeso, nei modi che di volta in volta saranno più adatti all'evoluzione della società, chiedendo le leggi opportune. Questa sarebbe stata una difesa efficace contro il job act!
Quindi, per concludere, sono d'accordo con chi dice: in che modo, oggi, in piena globalizzazione, riusciamo a lottare per la giustizia e l'eguaglianza in un mondo così diseguale?
E non è una domanda facile: il capitale si è organizzato su scala planetaria: FMI, Troika, globalizzazione in fondo non sono altro che le armi del capitale per togliere potere alle politiche dei singoli stati nazionali, e quindi ai popoli, e non è facile pensare di combattere con strumenti limitati su singole scale nazionali, all'interno di partiti che vengono sempre di più allontanati dalla gente che dovrebbero rappresentare..... Credo che Claudio voglia dire questo quando dice di guardare avanti.
E' poi evidente che non abbiamo risposte (a differenza del mondo comunista, dal quale provengo, noi non abbiamo il libretto rosso con le istruzioni per adattare la realtà al nostro pensiero) però abbiamo chiavi di lettura, ed è alla luce di queste chiavi di lettura che dobbiamo sforzarci di leggere e capire certi fenomeni. Ad esempio, abbiamo mai pensato a fenomeni della "rete" come Avaaz, che organizza mobilitazioni e aggrega centinaia di migliaia di persone nel mondo attraverso Internet? O all'uso intelligente della rete che ha saputo fare quel personaggio ineffabile di nome Grillo? Ecco, credo che la lotta per il socialismo passi attraverso questa stretta cruna dell'ago, riuscire a creare aggregazione e condivisione di obiettivi su base planetaria, o comunque oltre i confini dei singoli stati, non riproponendo istituzioni oggi vecchie e troppo poco dinamiche, come furono, ad esempio, le "Internazionali", ma tessendo alleanze di volta in volta e promuovendo temi di confronto, facendo proposte concrete e dando alla gente degli obiettivi immediati per cui lottare.
Io non so come fare, ma so che la strada è quella. Chi ha accesso al mio profilo facebook sa che ho indicato come mia data di nascita il 1 gennaio 1948, anche se sono nato il 4 dicembre 1962..... ecco, per me quei principi sono ancora attuali, e mi indicano la strada. Il problema è come attuarli, e come farli interiorizzare alla massa di italiani che vivono senza riferimenti.
Cari compagni, vi auguro un felice 2015!
il punto è sempre lo stesso: capitale e lavoro. o se preferite: capitale e lavori. E ci girate intorno chiacchierando dei dettagli
Caro compagno Giancola, coerenza tra fini e mezzi ... però se il
tempo manca per sviscerare l'arcomento bisogna però dire che l'acuta
intelligenza analitica del nostro Bellavita si perde nel dettaglio
ma senza farci vedere la via da percorrere.
Ordunque il Questionario di fine d'anno
"La costituzione italiana in quanto a principi e modello economico
potrebbe, se agibile, rappresentare una alternativa all'attuale
egemone modello neoliberista forzatamente imposto dal potere
plutocratico nord-atlantico e suggellato quando occorre con le armi
dalla Nato ?"
Si può rispondere, anche motivando, con un semplice
SI o NO.
Che il dialogo resti tra noi secondo calogeriano esempio.
Buon 2015 con la sinistra radicale di Tsipras al governo della
Grecia.
Poi anche in Italia con le prossime elezioni regionali e financo
politiche.
Luigi Fasce
Il punto più basso delle istituzioni repubblicane si è raggiunto con il parlamento di nominasti del Porcellum senza voto di preferenza. E allora? Non è la PREFERENZA MA IL mancato controllo sui tetti di spesa e l'applicazione della SANZIONE DELLA DECADENZA PER CHI LO SUPERA come in Francia. Chi è contro le preferenze di solito è un fautore dell PRIMARIE DOVE NON ci sono regole e tetti di spesa. Senza un legge sui partiti politici che disciplini le candidature la preferenza è l'unica libertà dell'elettore. Lo scandalo della Calabria sono i voti del 'Ndrangheta non le preferenze. Con le liste bloccate non ci sono state candidature legate alla criminalità organizzata ? Non mi pare.
Felice C. Besostri
Giancola ci ricorda una questione centrale - oltre a quelle dell’eguaglianza e della libertà - e cioè la coerenza tra mezzi e fini.. Giusto, per ora ricordiamo che i mezzi qualificano i fini e non il contrario …..un errore che ci distingue dalla storia comunista…. Non è banale…
Auguri a tutti
Sergio Ferrari
I coltelli hanno bisogna di qualcuno che li impugni. Forse sono più effici migliaia di temperini che un mannaia
Felice C. Besostri
Cari compagni la lettura “ da fine anno” degli ultimi interventi mette molto a disagio e ci fa chiedere dove mai siamo arrivati nello stato confusionale del “ socialismo italiano”. Possibile che non riusciamo a guardare che cosa è stato il socialismo in Europa dopo l’ultima guerra? Non a caso dico in Europa perchè in Italia quella vera rivoluzione che è avvenuta nel centro-nord europeo in Italia sembra non essere mai arrivata in modo diffuso, tant’è che oggi da noi un partito socialista non sembra esistere più e non solo in Parlamento ( e se qualcosa ancora sembra tenerci aggrappati al socialismo europeo, piaccia o no, è stata la scelta di Renzi di portare il PD nel PES) . Il problema è che ciò che è avvenuto nella cultura politica dei partiti socialisti dell’altra Europa con il congresso da Bad Godesberg del ‘59 , nel sud Europa, Italia compresa, non è mai avvenuto : la separazione netta tra culture socialiste e partiti socialisti: le une come riferimenti di pensiero, gli altri come strumenti per realizzarli nel rispetto delle forme democratiche. Il che semplicemente vuol dire : uscita dalle ideologie che vedevano ( come nelle repubbliche del SOCIALISMO sovietico) una unione indissolubile tra partito e ideologia; con tutti i guasti, le divisioni e le atrocità che ciò ha comportato e continua a comportare al punto da far pensare che socialismo significhi la fine del mondo in Un mondo perfetto!!.
In proposito condivido gran parte di quanto scrive Salvatore Salzano a proposito di socialismo come “ conquiste che non sono mai "per sempre" “ . Vorrei solo ricordare a tutti che questo è esattamente quanto era stato scritto nel “manifesto” di rifondazione del socialismo europeo nel ‘59 a Bad Godesberg “":” Il socialismo è un compito ininterrotto: conquistare la libertà e la giustizia, conservare e dimostrarsi degni di esse. “.
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Ai tanti compagni che si chiedono cosa sia oggi il socialismo, vorrei ricordare che oggi nel mondo il modello di società e di governo migliore – non certo perfetto – che abbiamo per : democrazia, libertà, giustizia solidarietà, qualità della vita, eccetera e il modello europeo. E per la creazione di questo modello di stato sociale e democratico è stato fondamentale” il contributo delle socialdemocrazie europee “. Certo oggi questo modello è profondamente sotto attacco da parte della destra neoliberista e certo non sempre i partiti socialisti europei, con i loro leader sono stati all’altezza del modello creato in Europa dai Brandt e dai Palme.
Ma la confusione e lo sconforto di tanti compagni è fuori luogo oltre che ingeneroso. Riprendere quello spirito, quello del ‘ 59 è fondamentale, perchè da lì è nata l’Europa del welfare, delle libertà e dei diritti. Ma per farlo, almeno io così credo, occorre capire qual è stato il punto centrale della svolta operata a Bad Godesberg nella cultura politica del socialismo.
In parte l’ho già detto: il ragionare cercando di tenere separato ciò che era “ la cultura” complessa e poliedrica che aveva dato forma a ciò che chiamiamo socialismo , da ciò che doveva essere la forma partito. Il socialismo è un insieme di valori alla cui costruzione hanno partecipato più culture : “ I socialisti lottano per una società che permetta a ognuno il libero dispiegamento della propria personalità collaborando responsabilmente, nella sua qualità di membro posto al servizio della comunità, alla vita politica, economica e culturale dell’umanità.
Libertà e giustizia si condizionano a vicenda. Infatti la dignità umana sta tanto nell’esigenza di auto responsabilità quanto nel riconoscimento dei diritti degli altri uomini a sviluppare la propria personalità e a collaborare con uguali diritti alla formazione della società. La libertà, la giustizia e la solidarietà, gli obblighi reciproci che nascono dal vincolo comune, questi sono i valori fondamentali della volontà socialista. Il socialismo democratico, che in Europa ha le proprie radici nell’etica cristiana, nell’umanesimo e nella filosofia classica, non vuole annunciare nessuna verità ultima ......“
Il Partito invece: Il Partito socialdemocratico è il partito della libertà di spirito. Esso è una comunità di uomini che provengono da diverse correnti di pensiero e di fede. Il loro accordo si fonda sulla comunanza dei loro princìpi etici ed obiettivi politici. Il Partito socialdemocratico aspira a un ordinamento della vita nello spirito di questi valori fondamentali.”
Le differenze su ciò che è avvenuto in Italia sono a mio parere notevoli. Si sono letti e vissuti ( anche da parte nostra) i partiti più come portatori di poteri che di cultura: il “potere” per cambiare la cultura e non viceversa.
Oggi si scopre che il potere economico/finanziario si fa esso stesso “politica” e che occorre dunque delimitare bene ciò che deve essere lasciato al libero mercato e ciò che deve restare nei poteri dello Stato. Ma questo era già in parole semplici e chiare scritto nel “manifesto” di Bad Godesberg :
Un carattere essenziale dell’economia moderna è il processo di concentrazione che si va continuamente rafforzando. Non solo le grandi imprese determinano in modo decisivo l’evoluzione dell’economia e del livello di vita, ma esse modificano anche la struttura dell’economia e della società. Chi nelle grandi organizzazioni economiche ha potere di disporre di milioni di marchi e decine di migliaia di lavoratori, non si limita a fare dell’economia, ma esercita il potere sugli uomini, la dipendenza degli impiegati e degli operai va molto al di là della sfera economico-materiale. .... La posizione più debole nell’economia è quella dell’uomo in quanto consumatore. Con il loro potere, ulteriormente rafforzato da cartelli e consorzi, gli uomini che dirigono la grande industria esercitano un influsso sullo Stato e sulla politica che non è conciliabile con i princìpi democratici. Essi usurpano il potere statale. Il potere economico si trasforma in potere politico. ..... Il contenimento del potere della grande industria rappresenta dunque il compito centrale di una politica economica liberale. Lo Stato e la società non devono diventare preda di potenti gruppi d’interesse. La proprietà privata dei mezzi di produzione ha diritto ad essere protetta e incentivata, fintanto che essa non ostacola la costruzione di un ordine sociale giusto. “
Nel “manifesto” ciò che più colpisce è che non si fa polemica con alcuno, non si fa ideologismo, non si perde tempo a polemizzare. Ma si pongono al centro, in modo chiaro e conciso alcuni fondamentali: La democrazia, senza la quale non può esistere neppure una società con valori socialisti. I valori ai quali i socialisti si ispirano e che sono valori nati dalle culture e dalla storia europee con tutte le sue grandezze e tragedie. Il “partito” come strumento non di potere, ma strumento per diffondere i valori del socialismo se vogliamo che al governo vadano poi i valori e non i poteri. Il progetto per l’intera società e non per una parte sola di essa.
Partire da qui, da un progetto di società, e non da una polemica continua contro “tutto e tutti” è a mio avviso il modo migliore per rilanciare anche in Italia le idee di quel socialismo al quale dobbiamo il modello sociale europeo che nonostante i tanti nemici resta ancora insuperato per democrazia diritti libertà e solidarietà.
Buon 2015 a tutti.
cari amici e compagni, la metafora del coltello affilato non è mia, bensì di Bauman!
io ho solo posto il dubbio che il coltello-socialismo non tagli tanto bene...
quanto a Nenni e Saragat, davvero oggi sarebbero socialdemocratici alla Tsipras?
mah, come sempre le opinioni tra i socialisti sono molto variegate!!!
mi auguro che questo dibattito sfoci in qualche iniziativa rosselliana, un caro saluto
Edmondo Rho
Verissimo, la metafora del coltello affilato è di Bauman mentre Edmondo l'ha ripresa affermando che il Socialismo dovrebbe evitare di apparire come un coltello che non taglia. Solo in questo senso l'ho attribuita lui e devo dire che questa volta sono pienamente d'accordo. Infatti da tempo il Socialismo europeo, più che un coltello affilato e tagliente, mi ricorda i coltelli di plastica e di gomma con cui mi divertivo a giocare da bambino. Arrivati a questo punto credo però che sulla terapia rispuntino proprio le opinioni molto variegate ricordate sempre da Edmondo. Io ad esempio ho detto che quando Tsipras sostiene che i trattati europei devono essere rinegoziati mi fa tornare alla mente una famosa intervista rilasciata da Craxi ad Hammamet. E penso che tutto si possa dire di Craxi tranne che fosse un esponente della sinistra radicale.
Maurizio Giancola
Non facciamo confusione: Tsipras non è socialdemocratico, ma neppure un estremista di sinistra. Nenni e Saragat non sarebbero iscritti a Syriza, ma considerati estremisti di sinistra: basterebbe che accennassero per essere arcaici al Programma di Bad Godesberg della SPD del 1959 o alla Carta di Francoforte dell'Internazionale socialista del 1951. Ovvero chiedere l'attuazione del titolo III della parete Prima della Costituzione del 1948 per andare sempre più indietro insieme con il comma 2 dell'art. 3 Cost., che recita "È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese." C...o , altro che socialdemocrazia qui siamo al comunismo sovietico!, anche se l'articolo su formulato dal compagno Basso, un Luxemburghista
Felice C. Besostri
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