domenica 1 settembre 2013

Giovanni Scirocco: Una proposta socialista

che mi sembra attuale (e per questo fa impressione leggere la data) La disoccupazione non è facile da misurare, e ancor più difficile è paragonare il tempo “perduto” rispetto a quello disponibile per le forze lavorative di un paese (…) Il mio scopo era un altro. Di segnalare come, frammezzo a tante eleganti discussioni sulle grandi linee di politica economica, non si senta il bisogno di conoscere meglio l’ampiezza reale del fenomeno e le sue caratteristiche qualitative e quantitative. Noi italiani sappiamo troppo poco sul fenomeno più importante che caratterizza ormai in Europa, con la Germania, il nostro Paese. Ne parliamo moltissimo, ogni giorno, ma ne sappiamo in termini così vaghi e incerti da arrossire ogni volta che uno studioso di altri Paesi ci chiede notizie precise (…) Come vive il disoccupato? Quali sono le condizioni di esistenza della sua famiglia? Viene aiutato da famigliari, da amici, dall’assistenza pubblica? In che misura? Non ci siamo mai curati di saperlo con esattezza. Questa ignoranza sulle condizioni di un decimo della popolazione attiva è uno degli aspetti più gravi delle nostre deficienze, è una delle colpe di omissione più rimproverabili a uno Stato che si dice animato dal desiderio di giustizia sociale. Un’inchiesta sulle condizioni di vita dei disoccupati mi pare necessaria e urgente. Perché noi non siamo soltanto incerti sul fenomeno dal punto di vista quantitativo: siamo del tutto privi di conoscenze sull’aspetto qualitativo. Non sappiamo quanti siano gli operai o gli impiegati di un determinato grado di qualificazione i quali mancano di possibilità di lavoro; non sappiamo esattamente che genere di lavoro facessero e qual tipo di lavoro sono capaci di compiere, quali attitudini e quali deficienze abbiano, se e come queste attitudini possano essere perfezionate, se e come dobbiamo istradarli verso altre qualificazioni. Non è più una frase da romanzi demagogici quella che il disoccupato si sente solo, tremendamente solo, col suo libretto cosiddetto “di lavoro” nelle mani, quando consuma le sue quotidiane energie per sentirsi chiudere venti porte sul viso, accolto sempre come un petulante sgradito. Non chiedo qui se abbiamo diritto di lasciarlo solo, cioè di farne un nemico della società, che è l’unica qualificazione spesso cui è libero di avviarsi. Chiedo per ora se lo Stato ha veramente fatto tutto quel che doveva per seguire da vicino quest’uomo, come il medico segue amorosamente il malato, nelle fasi del suo periodo febbrile. Noi socialisti avevamo chiesto al Governo – or sono tre anni – di presentare un bilancio economico nazionale: ci è dunque riuscita gradita la relazione che, ai primi di quest’anno, il ministro del bilancio ha offerto al Parlamento (…) Ma ora chiediamo al governo di presentarci periodicamente il bilancio umano del Paese, senza del quale il bilancio economico ha un significato parziale. Chiediamo di sapere non soltanto come sono state utilizzate alcune risorse naturali del nostro suolo, ma come è stato utilizzato il patrimonio di energie lavorative del Paese (…) Al governo chiediamo che sia subito condotta l’inchiesta sulle condizioni di vita dei disoccupati; e che si riferisca periodicamente al Paramentol e al Paese, con compiutezza e con tempestività, sul bilancio delle disponibilità lavorative e sulle ragionevoli previsioni per il domani. I problemi di un Paese non si risolvono nella semioscurità. Oggi il cono di luce del proiettore deve illuminare a chiara luce anzitutto questo decimo di popolazione attiva che è in ozio suo malgrado Roberto Tremelloni, Chiediamo il “bilancio umano”, Critica sociale, 16 maggio 1950

6 commenti:

franco ha detto...

Altri tempi davvero. Il "bilancio umano", quando l'economia non era considerata una "tecnica" e basta...Franco Astengo

elio ha detto...




Caro Giovanni, l'inchiesta è di grande attualità anche per distinguere i disoccupati veri che stanno male, anzi malissimo, da coloro che si dichiarano tali, ma nuotano nell'economia sommersa e criminale che è il risultato di molte tipologie di rendite: immobiliare, finanziaria, lavoro nero, riciclaggio, narcotraffico ecc. Uno studio recente di Eurispes nelle Regioni e nelle Province misura la forbice, lo spread, tra la ricchezza dichiarata e quella reale e i risultati sono davvero inquietanti. Elio Veltri

Giampaolo ha detto...

Risposta più che appropriata. Elio.

Possibile che nei Comuni e nei Consigli di quartiere, che dico: e le parrocchie, non si sappia come vive una persona? Che casa ha, che auto, quanto tempo trascorre a casa, dove va a "svernare" e pure "cosa mangia"? Un tempo c'erano le "comari" e si sapeva tutto, ma oggi questo "individualismo di sinistra" per il quale a volte da fastidio anche se saluti il frontista di pianerottolo, perché "intacchi la sua privacy". Direi che serve, non lo spioncino del KGB, ma la socialità propria del rione, del quartiere ecc. che fa si che vi sia più comunità e meno menefreghismo.

Certo è scomodo, ma se davvero ogni testo di diritto parte con l'adagio: Luomo è un animale sociale, tale deve essere anche la filosofia conseguente che comporta solidarietà e partecipazione. Altrimenti si continuia a contestare tutto e si consentono i "paradisi fiscali", a cominciare dalla vicina Svizzera!

E' pensabile che, senza intaccare la libertà (sacra) della "persona", non si riesca ad "individuare" dove un singolo prende in giro un'intera società (civile)?





felice ha detto...

Roberto Tremelloni un socialdemocratico per eccellenza, quando in quel periodo era un insulto






Felice Besostri

elio ha detto...

Caro Giampaolo, non solo è facile intuire da dove arrivano i soldi per fare fronte a una quantità di consumi che un disoccupato o unlavoratore occupato con un salario di mille euro non si può consentire, ma oggi i numeri riguardanti l'economia sommersa, la sua composizione e l'evasione fiscale conseguente ci sono tutti, anche se si tratta di stime, ma attendibili. Così come si conoscono quelli sull'economia criminale e la quantità di denaro sporco che viene riciclato. Come l'esportazione di capitali imboscati nei paradisi fiscali europei ed extra continente e le differenze tra paradisi fiscali, valutari e bancari. Quando il sommerso complessivamente supera il 40% del PIL, produce una evasione di circa 300 miliardi e non diventa oggetto di analisi e proposte per ridimensionarlo da parte delle forze politiche, del sindacato, del governo e del parlamento e ci si convive, vuol dire che qualcosa non va nel profondo della politica italiana e che alle collusioni si aggiunge una grande miopia perchè sarà necessario ridimensionare i servizi primari. Inoltre, evasione, esportazione di capitali e riciclaggio riguardano soprattutto i ricchi. Quindi le diseguaglianze sociali si accentuano. E questo per chi si dichiara di sinistra dovrebbe essere l'abc. Ora nè Grillo, nè Renzi affrontano il problema. Come mai?. Elio Veltri

mario ha detto...

Le amare (ma verissime) considerazioni di Elio meritano davvero –come propone Franco- una qualche iniziativa avvalendoci di economisti, studiosi della materia e dell’amministrazione tributaria (anche comparata), studiosi del costume civile e contribuenti onesti (non credo invece sufficiente la sola qualifica di magistrato). Proprio per capirne e farne capire un po’ di più.
Sono pronto a partecipare per imparare.
Mario Viviani