lunedì 16 luglio 2012

Paola Meneganti: Una patologica, efficace razionalità

Una patologica, efficace razionalità
In alcuni bellissimi testi dei primi anni ’70, Gilles Deleuze e Felix Guattari, a seguito del loro lavoro su “L’anti-Edipo”, indagano sulla natura del capitalismo, mettendo in luce, in particolare, un nesso inedito, tra capitalismo, desiderio e schizofrenia. “Non c’è nessuna operazione, nessun meccanismo industriale o finanziario che non riveli la follia della macchina capitalistica e il carattere patologico della sua razionalità (non una falsa razionalità, ma una vera razionalità di questa patologia, di questa pazzia, perché la macchina funziona, siatene certi). Non c’è pericolo che questa macchina impazzisca, lo è fin dall’inizio, ed è in questa pazzia che trova la sua razionalità”. Parole che rileggo sovente, nel riflettere su meccanismi, parole ed azioni che vediamo svolgersi sotto i nostri occhi, se appena intendiamo andare un po’ oltre la corsa dello spread. Pensiamo ad un premier che parla di "guerra": un linguaggio simbolicamente devastante. Pensiamo: in guerra l'emergenza è massima, si contano i morti ed i feriti, ci si sacrifica senza giustizia ed equità per ottenere la vittoria. L'alternativa è tra uccidere o morire. In guerra, la democrazia è sospesa. Ma ancora: Ida Dominijanni rifletteva, recentemente, a partire dal “fatto assodato”, nell’ordine del discorso dominante, che l'ordinamento democratico escluda la violenza e sia anzi teso a neutralizzarla ogni volta che compare. La conclusione era: questo discorso va scompaginato, anzi si è già scompaginato da sé, perché “nella realtà delle cose, gli ordinamenti democratici vanno a braccetto con guerre illegali violentissime ma definite "giuste" e "umanitarie", con un uso sempre più cinicamente violento di alcuni poteri (per primo quello economico-finanziario), con una governamentalità biopolitica che, con una violenza sempre più subdola, fa presa sui corpi e sulle anime dei governati, con un'esplosione di micro e macroviolenza quotidiana insensata ed efferata contro gli altri (dal cosiddetto femminicidio alle bombe di Brindisi) e contro se stessi (i suicidi da disperazione economica)”.Non a caso, Monti ha detto "siamo in guerra" ed ha criticato pesantemente la "concertazione" (quindi una forma di mediazione, si badi bene, una relazione politica e sociale attenuata rispetto alla stessa contrattazione) parlando all'ABI, cioè alle banche: un ambito in cui giustizia ed equità proprio sono fuori contesto. Nella stessa giornata, la Bce (pensiamo: Banca centrale europea) detta ai governi ulteriori regole in materia di politiche economiche e salariali. E ancora, questo potere usa la paura come strumento potente di controllo e sedazione sociale. In Italia, il fenomeno è accentuato dalla scomparsa della capacità di mediazione dei soggetti politici "classici", ma quanto ho provato a descrivere va in scena anche laddove i partiti hanno ancora voce e sostanza. La conclusione, assai provvisoria? Temo che sia in atto una potente riorganizzazione di tipo autoritario, a rischio di irreversibilità. Lo Stato moderno si è costituito, superando il vassallaggio, attraverso la stipula di un patto sottoscritto tra gli individui non ancora associati. Nel patto, si cede una quota di "libertà" individuale (sottostando a delle regole), in cambio di un sistema di protezione e di rete. Oggi, lo Stato, gli Stati si stanno sottraendo a questo patto fondativo. Non esiste più contrattualismo, bensì imposizione e pratiche predatorie, con una governance dettata dall'"economia", dalla "finanza", apparentemente non politica, che invece lo è profondamente. La democrazia, per come la vorremmo agire, è conflitto, ma non guerra; è dissenso e assenso, in libera contrattazione, non vassallaggio e servaggio, giustificati da una continua emergenza. Non mi hanno mai affascinato le previsioni di apocalittici scenari, ma mi sembra che qualcuno pensi alla costruzione di una sorta di sistema neofeudale (appunto, il vassallaggio), retto da tecnocrazia e finanziarizzazione. E' una feroce, cattiva, violenta riorganizzazione del capitale, della sua razionalità patologica. E, se Deleuze e Guattari avessero ragione, funzionerà. Sta già funzionando.
(ndr: sono debitrice, per alcuni elementi di questo testo, di alcune riflessioni di Maria Pia Lessi)
p.m.
13.7.12

2 commenti:

marco ha detto...

Sono totalmente d'accordo con le osservazioni di Paola Meneganti su
capitalismo e follia. Purtroppo, come ci ricordava Shakespeare, "c'è del
metodo in questa follia".
Marco Brunazzi

franco ha detto...

Dobbiamo tornare ad analizzare il contesto concreto della contraddizione "di
classe" accompagnando questa analisi con quella del ritorno all'arroganza di
ceto. Insomma, un popolo e l'altro sul collo vi sta: quello dei nobili
parassitari del '700 e quello dei padroni della ferriere dell'800. Stiamo
tornando indietro, e non è un modo di dire e abbiamo ceduto troppo al mito
di una presunta "modernità" convinti di trovare nella lotta del potere e non
in quella per il riscatto sociale l'aggancio verso il futuro. Grazie per
l'attenzione Franco Astengo